Il mio rapporto con le lingue nasce
da quando sono piccola, come per tutti, dall’esigenza di comunicare con gli
altri. Ho avuto la fortuna di viaggiare molto, di visitare tanti paesi e stare
a contatto con molte culture e lingue diverse. Di esse, la prima lingua con cui
sono entrata in contatto e che ho appreso, è stata l’italiano. Non ricordo il
rapporto iniziale che avevo con essa, ma questo man mano ha iniziato a
deteriorarsi sempre di più.
Da bambina ho visitato spesso la Spagna
con i miei familiari; ero circondata da una lingua per me straniera, che non
capivo assolutamente. Durante il corso degli anni ho imparato a conoscerla meglio
e a comprenderla, ma non tanto attraverso lo studio, quanto grazie alla
frequentazione della cultura spagnola. Da piccola ero una bambina molto
socievole, in quanto riuscivo anche a fare amicizia e a comunicare con bambini
non madrelingua italiani. Ho questo ricordo di me che giocavo con una bambina
inglese quando avevo solo sette anni. Non avevo ancora la capacità di parlare e
comprendere la lingua; ma nonostante ciò riuscivo a capire e a comunicare senza
grossi problemi. Ricordo anche che i miei genitori ne rimasero sorpresi, poiché
loro non riuscivano a fare lo stesso con i genitori della bambina.
Sono andata in Spagna, con i miei
parenti, per circa sei anni e lì abbiamo conosciuto una famiglia che ogni anno tornavamo
a trovare. La famiglia era composta da persone solari e simpatiche, riuscivamo
a comunicare poiché loro parlavano un po’ di italiano e mio nonno con mia zia parlavano
in spagnolo. Avevano una figlia di un anno più piccola di me; quando giocavo
con lei e con i miei cugini italiani dovevo fare da intermediario, in quanto
loro non riuscivano a capirla anche se avevamo passato lo stesso periodo di
tempo in Spagna. Dopo alcuni sfortunati eventi, abbiamo smesso di andare in
Spagna e siamo rimasti in Italia.
Tra le elementari e il liceo, ho
iniziato a vedere video su internet di ragazzi americani e inglesi.
Inizialmente non riuscivo a comprendere nulla; ma pian piano, durante gli anni
e con l’aiuto dello studio della lingua, ho iniziato a capire l’inglese. Devo
ammettere, però, che il mio scopo principale non era quello di imparare la
lingua inglese, ma era quello di riuscire a capirla quanto bastava per svagarmi.
Nell’ambiente familiare sono stata circondata
da persone che parlavano diversi dialetti del Lazio. I miei nonni materni e
paterni, quando parlavano in dialetto, non riuscivano a capirsi tra di loro
poiché vivevano in due paesi distanti, anche se pur sempre della stessa regione.
Ma non erano gli unici a non capirsi: anche io non riuscivo a capire loro. Ho
dovuto imparare con il tempo a comprenderli, anche chiedendo loro i significati
delle varie parole.
Alle medie, nonostante la mia
esperienza in Spagna, ho scelto di studiare francese poiché avevo timore della
grammatica spagnola e non volevo rovinarmi i bei ricordi che avevo con quella
lingua. Il francese è una lingua elegante e sinuosa che ho iniziato ad
apprezzare con il tempo anche grazie all’insegnante madrelingua che ci ha
trasportato in una realtà linguistica diversa dalla nostra. Terminate le medie
non ho più avuto modo e desiderio di conoscere tale lingua.
Al liceo non ho intrapreso un
percorso linguistico, ma scientifico, il quale mi ha comunque fatto avvicinare ancora
di più alle lingue, specialmente all’inglese. Durante l’estate del primo anno sono partita per
due settimane a Londra per un viaggio studio. Devo ammettere che non sono stata
molto in contatto con la lingua del luogo dato che ero circondata da italiani, ed
infatti non ho appreso molto. Sono ripartita, sempre in viaggio studio, durante
l’estate del terzo anno. Sono stata per due settimane in un college a Dublino.
Questa esperienza mi ha aiutato con l’inglese. Ho amato la città e le persone
del posto, ho parlato molto in inglese con loro e mi sono immersa nella cultura
irlandese. Inoltre, nel corso dei cinque anni scolastici sono venuta a contatto
con tre diverse persone provenienti rispettivamente da Turchia, Grecia e
Georgia. Ci hanno parlato in inglese, spiegandoci il loro rapporto con la
lingua e raccontandoci dei loro paesi di provenienza. Una cosa che mi è rimasta
in mente ancora oggi è la frase di un ragazzo che disse: “Inizi a comprendere
bene una lingua e a farla tua quando riesci a sognare in quella determinata
lingua”. Durante l’ultimo anno di liceo, attraverso vari programmi su internet,
sono venuta a contatto con il norvegese, una lingua che fin da subito mi ha
affascinato. Ho iniziato a studiarla da autodidatta ma in seguito ho dovuto
lasciarla per motivi scolastici.
Dopo il liceo ho intrapreso un
percorso sbagliato e, dopo aver capito che non faceva per me, ho deciso di
abbandonarlo e ho iniziato a studiare da autodidatta il coreano prima di
intraprendere questo nuovo percorso all’UNINT. Grazie al coreano, al quale mi
sono avvicinata attraverso la musica e vari telefilm, ho conosciuto una cultura
diversa e lontana anni luce dalla mia. Grazie alla musica coreana ho conosciuto
molte persone da varie parti del mondo con cui ancora oggi sono in contatto; specialmente
ho conosciuto due ragazzi coreani, uno dei quali è venuto questa estate a Roma.
Ci siamo incontrati e abbiamo parlato per tutto il tempo in inglese, poiché era
una lingua che ci accomunava. Mi ha spiegato molte cose sulla sua cultura e ho
notato le differenze con quella europea, ma al tempo stesso, ora che studio
cinese, noto molte similitudini con la cultura cinese.
In questo viaggio in cui ho descritto
brevemente il mio rapporto con le lingue voglio affrontare come ultima lingua
l’italiano, poiché è una lingua che tutti noi riteniamo importante e fa parte
della nostra quotidianità. Io ho avuto e ho tutt’ora un brutto rapporto con
l’italiano. Ancora oggi porto con me questo peso, dal momento che la ritengo
una lingua difficile che raramente tendo a parlare correttamente. Al liceo sono
riuscita ad apprezzare e a comprendere la grammatica e la letteratura italiana
grazie ai miei professori; ma la base impartitami dagli insegnanti primari mi
ha lasciato con il peso che mi porto dietro. Eppure, la difficoltà ad imparare
correttamente tale lingua non mi ha portato a ritenere lo studio di essa
inutile, anzi ritengo, come riteneva Antonio Muratori, che non bisogna essere
ignoranti della propria lingua natìa.
In conclusione, ritengo che il mio
rapporto con le lingue, è assolutamente da ritenersi positivo; sono avida di
sapere e conoscere culture lontane dalla mia e che questo avvenga con diverse modalità,
come la musica, i film, i libri e l’insegnamento stesso non può che essere per
me una grande opportunità per essere in ogni momento “qui” ma allo stesso tempo
“in ogni dove”.
I COLOSSI
SOSTENGONO GLI OSPEDALI E LA MODA SI REINVENTA
Una domanda che tutti si pongono in
questo momento di estrema difficoltà, dove le abitudini che fanno parte della
nostra vita stanno cambiando segnalando importanti conseguenze sulla potenza
che ha spinto fino ad oggi il motore dell’economia è: che impatto avrà sulla moda e come stanno reagendo le più famose Maison?
Questo nuovo virus chiamato “Covid-19” è
entrato prepotentemente nella vita di tutti, senza escludere nessuno, avvolgendo
come un tornado, invadendo e oscurando come una nube, tutto ciò che ci
circonda.
La moda, la più alta forma d’arte in tutte le sue sfaccettature, che vede l’Italia come protagonista indiscussa su
tutte le passerelle del mondo, ha fatto e fa ancora sognare, sorprendendoci
sempre di più con tessuti preziosi, con l’Alta Moda e con l’eleganza delle sue modelle che
assomigliano alle inimmaginabili Dee scese dall’olimpo.
La Moda non può fermarsi e non deve
fermarsi. Si trasforma e questa volta non lo fa creando meravigliosi capi d’abbigliamento ma in qualcosa di
inaspettato; capisce il problema di fondo e come per osmosi, assume la forma
più calzante per risolvere e aiutare ciò che è prioritario in questa situazione,
procedendo con il lustro e l’eleganza che la rende da sempre protagonista e
unica. Inverte la rotta, come fanno le leggiadre indossatrici che alla fine del
Catwalk ruotano su sé stesse elegantemente, per mostrare tutta la loro bellezza,
indossando capi unici e pregiati. Un momento atteso da tutti e che rimane
impresso nelle nostre menti, come in fermo immagine.
La moda scende in campo e lo fa
sostenendo, donando e reinventandosi. Lo
fa cominciando dai colossi come LVMH Group, multinazionale che raggruppa
circa 76 marchi del settore moda, che si è fatto avanti donando, nei giorni
scorsi, 2 milioni di euro alla Croce Rossa cinese. Il gruppo Kering, che
riunisce marchi come Gucci, Yves Saint Laurent, Bottega Veneta, Balenciaga,
Stella McCartney e Alexander McQueen, ha donato 983 mila euro e L’Oréal, altri 655 mila
euro: tutte donazioni destinate all’acquisto di forniture mediche come
mascherine, occhiali e indumenti protettivi.
Estée Lauder ha donato circa 29.0264 mila euro,
mentre Shiseido 127 mila euro. Il marchio di abbigliamento Manila Grace ha invece deciso di sostenere la ricerca del Dipartimento
di Malattie Infettive dell’ASST FBF dell’Ospedale Sacco di Milano, devolvendo 5 euro per ogni
scontrino emesso nel mese di marzo.
Il gruppo Armani, a sua volta, hadonato 1 milione e 250 mila euro agli ospedali“Luigi Sacco”, San
Raffaele, Istituto dei Tumori di Milano, Spallanzani di Roma e a supporto
dell’attività della protezione civile; inoltre “Re Giorgio” (Armani ndr) ha
deciso di riconvertire la produzione dei suoi stabilimenti per confezionare
camici monouso, destinati alla protezione del personale sanitario impegnato
negli ospedali e nella lotta al Covid-19. Per l’uomo più pragmatico della moda
continuare a far moda vuol dire trovare soluzioni diverse ed è tempo di dover identificare ciò che è veramente necessario in questo
momento. Prada ha convertito la produzione per
aiutare gli ospedali avviando la fabbricazione di 80.000 camici e 110.000
mascherine da destinare al personale sanitario. Camici e mascherine sono stati
prodotti internamente, presso l’unico stabilimento del
Gruppo – Prada Montone (Perugia) rimasto operativo per questo scopo e da una
rete di fornitori esterni sul territorio italiano. Bulgari, che dopo aver
fatto un’importante donazione all’ospedale Spallanzani per l’acquisto di un
nuovo microscopio 3D ad alta definizione indispensabile per la ricerca, ha
deciso di produrre insieme al suo storico partner di fragranze, ICR (Industrie Cosmetiche Riunite, Lodi), migliaia di
flaconi di gel disinfettante per le mani, da fornire in via prioritaria a tutte
le strutture mediche. Gucci ha risposto all’appello della regione Toscana per la
produzione di mascherine e camici per il personale sanitario, così come il gruppo Miroglio, attivo da 70 anni nell’abbigliamento, ha scelto di
riconvertire la sua produzione industriale e ha avviato la produzione di
mascherine chirurgiche in cotone idrorepellente ed elastan, lavabili e
riutilizzabili una decina di volte; anche H&M e tanti altri diventano alleati potenti contro il “Coronavirus”. Tutti uniti, per condurre per mano, abbracciando,
seppur virtualmente ma con concretezza e soprattutto fattivamente, questo
pianeta che combatte un male impercettibile ma feroce.
Tutto questo, rappresenta il lato più profondo della gigante macchina della moda, quella che si trasforma come per magia e ci regala anche nella sofferenza, l’eleganza, l’arte e la maestria. E infine che dire, non è da tutti indossare camici griffati Armani, mascherine Gucci e utilizzare disinfettanti Bulgari. Oltre alla loro indispensabile utilità, esprimono un fascino unico e indiscusso.
PH. by Giulia Razzauti- Styling Claudio Marfurt Make-up Pablo Face – Hair style Alessia Spagnuolo Model Dania Manna
ABOUT LUXURY
MOMENTS
« La mode n’est pas quelque chose qui existe uniquement dans les vêtements. La mode est dans l’air, portée par le vent. On la devine. La mode est dans le ciel, dans la rue ». (Coco Chanel)
Cari lettori, dalla famosa citazione di Coco Chanel, si evince che la moda si presenta come un fatto sociale, una chiave di lettura per capire i vari comportamenti e aspirazioni delle singole Società. La moda non è qualcosa che esiste solo negli abiti: la moda è nell’aria, per le strade, deve avere a che fare con delle idee, con il mondo in cui viviamo e con quello che succede. Viviamo circondati di tendenze che illustrano il nostro tempo e così la moda viene percepita come uno stile di vita. Si parla di moda del mangiare, del bere, del vestire, delle vacanze, del ballare, della musica, di quella letteraria e artistica. La moda è diventata un fattore universale definisce uno status symbol e rispecchia l’atteggiamento della collettività, inoltre risulta influenzata dai comportamenti predominanti in un determinato periodo storico.
La moda è anche business, lavoro e imprenditoria, da sempre implicata inuno scenario che fa da sfondo al modo di fare, di agire ed esprime il termometro del costume sociale e politico. Imprenditori e manager del settore devono confrontarsi con i diversi elementi, fattori, cause e motivi che in maniera determinante condizionano lo scenario della moda e del lifestyle.
Avallando questo punto di vista, la moda continuerà a essere condizionata dalla Politica e si adatterà ai numerosi principi, ideali ed esigenze che circondano le varie consuetudini, tradizioni, contrattempi e novità, motivo per il quale nasce, nel blog della UNINT #unintblog, la rubrica #luxurymoments che racconterà e riferirà notizie, confidenze, segreti e rivelazioni sul mondo della Moda & del Lifestyle, rubrica desiderata da alcuni studenti del corso in Terminologia della Moda e dell’Enogastronomia. #luxurymoments raggrupperà i suoi argomenti in 4 hashtag #luxuryjuice che svelerà le storie di moda e di stile; #charm che unirà i segreti della bellezza al benessere; #destinationgems farà sognare con viaggi, vacanze ed eventi e infine non potrà mancare il #glamytaste che scoprirà i segreti dello stare a Tavola associato ad alcune ricette Internazionali.
Non esitate a scoperchiare #luxurymoments, a condividere le vostre visioni e i vostri pareri. Siete i benvenuti… Share your #luxurymoments #unintblog #unint
Maria Christina Rigano
Maria Christina Rigano – PH. by Francesca Santopadre
Fu l’ultima sovrana d’Egitto, nonché l’ultima esponente della dinastia di origine macedone, i Tolomei, che aveva governato per lungo tempo su una delle più ricche e importanti capitali del mondo antico, Alessandria. Stiamo parlando di Cleopatra, figura dotata di genio politico e notevoli doti diplomatiche, grazie alle quali riuscì a mantenere una posizione dominante a corte.
Sapevate che…?
Era una donna estremamente colta e curiosa: la sua educazione, curata da Filostrato, fu particolarmente vasta e comprendeva varie discipline fra le quali retorica, filosofia, astronomia, aritmetica e medicina. Secondo lo storico greco Plutarco, cui dobbiamo il merito di averne tracciato il ritratto più fedele, conosceva non meno di otto lingue, fra cui il copto, il greco (sua lingua madre) e l’egizio, che volle imparare contrariamente a quanto fatto dalla sua famiglia.
È stata sempre descritta come una donna dotata di rara bellezza, che le permise di conquistare Giulio Cesare e Marco Antonio. Studi recenti, tuttavia, sembrano essere concordi sul fatto che il suo fascino risiedesse in realtà sulla sua intelligenza e simpatia piuttosto che bellezza fisica: era infatti piuttosto bassa e aveva un naso aquilino, piuttosto pronunciato. Insomma, l’immagine che ci viene restituita dalle effigi non ritrae quella che oggi sarebbe considerata una donna particolarmente attraente.
Pare, inoltre, che anche le circostanze del suo suicidio siano state romanzate: le fonti principali, Plutarco compreso, raccontano che la regina si uccise facendosi mordere da un aspide, che si fece portare all’interno di una cesta di fichi. Tuttavia, tale specie non è presente nel Nord Africa: sembra pertanto più plausibile la versione sostenuta da studi recenti, secondo la quale la sovrana sarebbe invece ricorsa a una miscela di veleni.
La rassegna stampa
internazionale dell’UNINT sul COVID-19
“L’errore più grande che si può fare in situazioni come questa è
dare informazioni sbagliate, soprattutto quando si devono chiedere
sacrifici” ha affermato l’ex Presidente americano Barack Obama aggiungendo “Dite
la verità. Parlate chiaramente. Parlate con empatia”.
Queste parole
sottolineano l’importanza della comunicazione e soprattutto mettono in luce gli
enormi rischi legati all’attività di disinformazione, più che mai frequente e
cruciale, in momenti di smarrimento come quello che stiamo attraversando.
Il suo messaggio
incoraggia ancora di più il nostro lavoro e alimenta il nostro profondo
desiderio di raccontare in maniera corretta e consapevole questa situazione
mondiale che tutti accomuna.
Sara Nardi
In Portogallo sono più di 2
milioni gli studenti portoghesi che
dal 16 marzo hanno dovuto abbandonare i banchi di scuola ed hanno iniziato a
seguire da casa le lezioni online. Gli studenti di ogni ordine e grado stanno
affrontando un periodo difficile a causa del Covid-19 ed è proprio per questo
che l’Osservatorio sulle politiche della IeFP (Istruzione e Formazione
Professionale), con il sostegno dell’Università di Coimbra, sta
analizzando l’impatto psicologico che il confinamento sociale sta avendo su di loro.
La coordinatrice dello studio Ana Benavente afferma che “la scuola ha un
valore straordinario dal punto di vista della socializzazione. Anche se ai
ragazzi non piace andare a scuola, essi apprezzano lo stare insieme ai
compagni”.
A tal proposito, dallo studio emerge che quasi i due terzi
degli studenti portoghesi (64,7%) non vede l’ora di tornare a scuola.
Quindi anche in Portogallo il Governo si è subito adoperato per rendere
possibile la didattica a distanza,
ma questa ha marcato, ancor di più, la disuguaglianza sociale tra gli studenti.
I dirigenti scolastici ed i professori hanno da subito fatto presente che
circa il 5% delle famiglie con figli fino ai 15 anni non ha una connessione ad
internet (dati dell’Istituto Nazionale di Statistica 2019) ed 1 studente su 5
non ha un computer a casa (studio di marzo 2020).
Come dichiara il Ministro dell’istruzione la priorità in questo momento è
“garantire a tutti gli alunni una continuità didattica”.
Per questo motivo il Governo ha stretto un accordo con l’RTP (Radio e
Televisione del Portogallo) per trasmettere contenuti educativi sulle reti
nazionali per tutti gli studenti della scuola dell’obbligo.
Questa modalità non è nuova al Portogallo che, con la “Telescola”, aveva già adottato questa soluzione dal 1965 al 1987,
con lezioni che andavano in onda dal lunedì al venerdì dalle 14.00 alle
19.00.
La “Telescola” fu un’iniziativa che permise a migliaia di studenti
portoghesi di avere accesso all’educazione e soprattutto di portare a termine
il percorso di studi iniziato e da molti interrotto al 4° anno poiché, le zone
più interne del Paese, erano del tutto scollegate ed isolate. È proprio da
questo tipo di insegnamento che il Ministero dell’istruzione ha preso spunto per
concludere questo insolito anno scolastico creando un supporto complementare
alle lezioni a distanza che sono attive già da quasi un mese.
Dal 20 Aprile la RTP trasmetterà programmi educativi dal lunedì al venerdì
dalle 9.00 alle 17.50. Le lezioni saranno suddivise in 4 annualità miste (1° e
2° anno, 3° e 4° anno, 5° e 6° anno, 7° e 8° anno) più una sola per il 9° anno.
Ognuna di queste avrà programmi specifici da seguire con una durata di soli 30
minuti per mantenere alta l’attenzione degli alunni.
Vi saranno lezioni di ogni materia, dall’ora di lettura per le prime classi
alla lezione di chimica e fisica per i più grandi.
In Australia le cerimonie religiose per la
Pasqua sono state trasmesse online tramite iniziativa personale dei parroci e
dalla chiesa di St Mary a Sydney in TV. Nel frattempo, sono stati accolti voli
di ritorno per gli australiani bloccati all’estero, serviti dalla compagnia di
bandiera Qantas. La scorsa settimana
infatti sono partiti voli da Argentina, Perù, Sud Africa, Nepal, Cambogia e
India, ogni passeggero si è autofinanziato. La prima ministra per gli affari
esteri Marise Payne ha affermato che continueranno i lavori per rimpatriare gli
australiani in modo sicuro; è stato stimato che durante la pandemia siano
tornati più di 200.000 cittadini. Mentre l’andamento dei casi rimane stabile a
quota più 6300, gli operatori sanitari hanno indirizzato una lettera alle autorità,
preoccupati per la scarsa distribuzione dei dispositivi di protezione
individuale negli ospedali, dove hanno dovuto improvvisare mascherine e camici
di fortuna. Il personale sanitario rappresenta il 12% di infetti e dato il
numero di casi in aumento al suo interno, gli operatori sanitari temono di
diventare i principali untori.
Il primo ministro
del Regno Unito, Boris Johnson, ha
ringraziato dottori e infermieri del sistema sanitario nazionale, dopo essere
stato dimesso dall’ospedale St. Thomas di Londra la domenica di Pasqua: “gli
devo la vita” si legge nel The Guardian. Quando, il primo ministro ha
iniziato la sua convalescenza a Backinghamshire, la Regina Elisabetta II ha
trasmesso un altro messaggio alla nazione via radio: “Il coronavirus non ci
batterà” e così facendo ha cercato di risollevare la nazione e colmare il
momentaneo vuoto di potere a Downing Street. Nel frattempo, il numero dei
decessi ha superato i 10.000: “non bisogna dimenticare che questo poteva essere
evitato” ha scritto Nesrine Malik nel The Guardian. Infatti, si è
prodotto un tragico scenario dovuto all’impossibilità di prevedere la velocità
di diffusione del virus, nel quale “il Regno Unito non solo ha visto con i
propri occhi l’esperienza dell’Italia prima che il virus colpisse le proprie
coste, ma ha anche ricevuto espliciti avvertimenti dagli italiani riguardo agli
errori da evitare” ha continuato il giornalista. Il Regno Unito potrebbe essere
di fatto il paese più colpito in Europa, secondo quanto ha affermato David
Shukman, uno dei maggiori esperti scientifici del governo.
Negli Stati Uniti, il distanziamento sociale
sta dando i primi frutti, ma la voglia di tornare a lavoro è direttamente
proporzionale al numero dei contagi. Trump aveva promesso che dopo Pasqua, ci
sarebbe stato un punto di svolta, tuttavia ora non può ignorare le
raccomandazioni degli esperti, poiché sarebbe da irresponsabili. Infatti,
Anthony Fauci, esperto di malattie infettive, ha sottolineato che riaprire ora
sarebbe sbagliato e aggiunge che un contenimento tempestivo avrebbe salvato
molte vite. Tali affermazioni hanno scatenato la risposta del presidente, che
in un tweet ha intimato di voler licenziare il signor Fauci. In Massachusetts è
stato identificato il primo super diffusore: un team di medici dell’azienda
farmaceutica Biogen è infatti
risultato positivo al virus dopo un incontro annuale. Intanto, l’epidemia ha
continuato a mietere vittime: negli scorsi giorni, sono morti a 78 anni Stanley
Chera, amico di Trump e a 48 anni Anthony Carusi, uno dei fotografi sportivi
più adorati.
“…serás un héroe de los que hoy hacen falta, serás un
héroe para mi” (trad. “sarai un eroe di cui oggi si ha bisogno, sarai un eroe
per me) così cantano i figli del personale medico-sanitario dell’Ospedale Reina
Sofia di Cordoba, i quali hanno aderito all’iniziativa partita lo scorso 21
marzo dallo stesso ospedale e hanno interpretato la canzone Los héroes llevan bata (trad. “Gli eroi
indossano il camice”) per dare sostegno e forza a tutto il paese, visto che
risulta essere tra i più colpiti al mondo dal Covid-19.
Come riportato dal sito del Ministerio
de Sanidad spagnolo, sono esattamente 166.019 i casi confermati nel
paese: una situazione senza dubbio delicata, ma che non ha impedito al
Presidente del Governo Pedro Sánchez di riaprire, ignorando il parere degli
esperti in materia sanitaria, alcune attività non essenziali chiuse dallo
scorso 30 marzo, come alcuni lavori nel settore edile e gli uffici legali.
Questa decisione è accompagnata dal rinforzo delle misure di prevenzione:
il Governo sta, difatti, procedendo alla somministrazione di mascherine per
tutti coloro che riprenderanno a lavorare, senza, però, tener conto che il 95%
delle imprese coinvolte in questa riapertura hanno attestato di non avere le
misure cautelative imposte dal Governo stesso.
Per la popolazione, il confinamento obbligatorio durante la Settimana di
Pasqua ha portato a un totale di 10.245 multe e più di 100 arresti in tutta la
Spagna solo nelle ultime 24 ore: alcuni hanno optato per un barbecue per
strada, altri per un bagno in mare, altri ancora per stare semplicemente in
compagnia nella piazza del paese.
Spostandoci in America Latina, la paura e l’incertezza si fanno
strada nei meandri degli ospedali e degli organi di Stato: oltre alla grande
battaglia per l’elevato bisogno di mascherine, camici, respiratori e macchinari
per la ventilazione dei polmoni, il Governo peruviano innalza un grido di
protesta contro lo sciacallaggio e il furto di molti aiuti provenienti dalla
Cina.
Il ministro della salute del Perù, Victor Zamora, afferma che, vista la
grande domanda di materiale sanitario proveniente dai paesi europei, è logico
che la loro richiesta finisca alla fine della coda; ciò non toglie che,
comunque, si debba trattare la situazione latinoamericana, come meno importante
a livello mondiale.
Infine, riportiamo quanto affermato da Daniel Titelman, presidente della División de Desarrollo Económico de la
Comisión Económica para América Latina y el Caribe (Cepal), secondo il
quale esiste uno spiraglio di speranza economica: vista la grande crisi
vissuta, le imprese dovranno pianificare nuovi modelli di sviluppo nei quali il
ruolo del settore pubblico dovrà essere maggiore a quello degli ultimi 30/40
anni. La pandemia ci ha, difatti, segnalato la mancanza di prevenzione sociale
alla quale si può rimediare attraverso modelli di globalizzazione.
Ilaria Violi
In Svizzera la
Pasqua è stata insolita, contraddistinta da raccolte virtuali di uova su
Minecraft, trasmissioni in eurovisione della messa pasquale e messaggi vocali
con letture di salmi inviati dalle parrocchie. Il fotografo Jean-Paul Guinnard
ha ritratto strade e città deserte, mentre i custodi dello zoo di Basilea hanno
dovuto inventare nuovi giochi per intrattenere gli animali. Nel Ticino, il
cantone più contagiato, la polizia ha istituito posti di blocco per evitare
ingressi immotivati; intanto a Berna è partito un progetto di test per
coronavirus drive in, ma nei cantoni romandi c’è scetticismo perché questo test
implicherebbe poca accuratezza.
In Belgio, il Covid-19 ha colpito duramente l’economia delle
famose chocolateries che, pur
organizzando un sistema di e-commerce, hanno subito perdite senza precedenti
nel periodo pasquale. In queste giornate sono state organizzate diverse
iniziative radiofoniche e televisive come RadioHitalia,
rivolta alla comunità cristiana italo-belga, ha dato la possibilità di seguire
le funzioni religiose a distanza; anche il canale RTL ha trasmesso in diretta tv una panoramica di Bruxelles grazie a
un elicottero che, pur nel rispetto delle misure preventive, ha
consentito un evento di umanità “virtuale”. In molte città del mondo la sospensione delle attività dell’uomo ha
permesso alla natura di riprendersi i propri spazi.
La stampa in Francia ha stemperato il clima di
crisi nazionale e mondiale riportando molti cambiamenti ambientali positivi e
avvistamenti di animali in diverse città nel mondo: a Venezia i battelli, fermi
e attraccati ai moli, hanno permesso all’acqua di ritrovare il suo colore
trasparente di un tempo, tuttavia la notizia della presenza di delfini nei
canali si è rivelata dubbia. Non si può definire dubbia invece la presenza del
puma che si è avventurato per le strade di Santiago del Cile, della volpe nei
quartieri di Londra e dei pavoni alla scoperta di Madrid.
Quanto all’Africa non esita a tendere la mano all’Italia. Una
missione tunisina, composta da sette medici e infermieri, è infatti atterrata
lo scorso 11 aprile a Milano. L’equipe è composta da professionisti di un corpo
medico militare, specializzati in rianimazione, anestesia e sicurezza
biologica. L’iniziativa è nata a seguito di una conversazione telefonica
svoltasi il 23 Marzo, tra il Presidente Mattarella e il suo omologo tunisino
Kais Saied. Gli specialisti africani presteranno il loro servizio per almeno 15
giorni nella regione Lombardia, che in Italia sta pagando, il prezzo più alto
di questa pandemia.
In Canada, il
Québec si prepara già al “nuovo mondo”, che seguirà la pandemia, per rilanciare
e sostenere l’economia canadese e mondiale. Le proposte procedono verso
investimenti nel campo dell’innovazione tecnologica e della previsione di
impatti economici; tuttavia la crisi economica avanza e il dibattito sulle
tecniche da attuare è ancora aperto.
Nei giorni scorsi, Angela Merkel nel corso di un forum economico a Berlino
ha affermato che: “anche se il nuovo
Covid-19 si diffonderà ulteriormente in Germania, ciò non significa in
alcun modo che tutto quello che stiamo facendo in ogni Paese sulla Terra, anche
in Germania, per spezzare le catene d’infezione con misure di quarantena sia
invano”, ribadendo che le misure servono a conquistare “tempo prezioso”.
In questo difficile quadro di lotta contro il virus, ci sono alcuni segnali
che possono far sperare in un’evoluzione positiva della situazione.
L’Accademia Nazionale delle Scienze, si è espressa sulla situazione tramite
un comunicato nel quale è stato suggerita la riapertura delle scuole il più
presto possibile, adottando tutte le opportune misure di prevenzione volte a
contenere una nuova espansione del contagio (obbligo di mascherine, distanze
interpersonali, ecc.).
Questa presa di posizione è basata sulle aspettative di stabilizzazione del
virus su livelli più bassi così da permettere una graduale ripresa della
quotidianità.
La stessa Merkel ha definito questo studio molto importante per gli
sviluppi futuri della gestione della pandemia.
Le ultime notizie che arrivano dai Länder forniscono elementi confortanti
in un contesto che si mantiene comunque critico: come riportato da fonti ufficiali
tedesche, per la prima volta dall’inizio dell’emergenza, in Germania ci sono
più persone guarite che persone ancora affette da Covid-19.
Nel frattempo, il Robert Koch Institut (RKI), ha lanciato l’app “Corona
Data Donation” per monitorare i contagi attraverso smartwatch e braccialetti
fitness.
L’app raccoglie le informazioni utili a stabilire dove e quanto velocemente
si diffonde il Covid-19 in Germania.
Il Prof. Lothar H. Wieler, direttore
del RKI, ha sottolineato che: “L’app
permetterà di registrare il battito cardiaco a riposo e durante l’attività
motoria e in alcuni casi anche la temperatura corporea. L’uso è su base
volontaria e l’anonimato viene protetto, difatti non verrà utilizzata per
tracciare gli individui ma aiuterà ad identificare meglio gli hotspot
dell’infezione e ad ottenere un quadro più accurato dell’efficacia delle misure
per combattere il Covid-19.”
In questo contesto, il presidente del Parlamento tedesco Schäuble, sta
pensando di intraprendere per la ripresa delle attività fissate per il 20
aprile, delle sedute virtuali. A tale riguardo, ha inviato a tutti i
parlamentari una nota per modificare le forme di rappresentanza introdotte dopo
l’emergenza Covid-19 che prevedevano una presenza fisica in aula dei
parlamentari nel rapporto di 1:4.
La proposta di svolgere sedute virtuali, non ha trovato il pieno sostegno
da parte dei rappresentanti di tutte le forze politiche. In molti hanno
espresso le loro critiche appellandosi alla costituzione tedesca, dove non è
citata la possibilità di riunirsi e dove la presenza fisica svolge un ruolo
centrale.
Ivan Denaro
L’Italia continua la lotta contro il Coronavirus. Durante
un’intervista ad al-Jazeera, Giuseppe Conte ha spiegato che il
suo Governo non aveva previsto una diffusione così capillare e ha avuto solo
poche settimane per affrontare l’emergenza. Il Premier ha anche sottolineato
che si tratta di un momento cruciale nella storia dell’Unione Europea, per cui
si richiede assoluta solidarietà. Un esempio viene dal Qatar che, nella
giornata di mercoledì scorso, ha consegnato all’Italia un ospedale da campo,
nel quadro della lotta alla pandemia da Covid-19.
Lo stesso Iraq,che non vive una situazione rosea né dal
punto di vista politico né da quello economico, beneficia ora della solidarietà
di altri paesi: da un lato, gli USA hanno annunciato di voler donare undici
dispositivi per sottoporre al test centinaia di cittadini e poter diagnosticare
loro il virus; dall’altro, la Cina metterà a servizio dell’Iraq la sua
esperienza nella battaglia contro la pandemia. Le autorità irachene, infatti,
trasformeranno tre hotel della provincia di Bassora in centri di isolamento per
malati di Coronavirus, attrezzati proprio con strumenti cinesi. Su questa
linea, il Ministero del Petrolio Iracheno ha chiarito che la Basrah Oil Company
collaborerà con aziende cinesi e l’Amministrazione provinciale per fornire alle
strutture dispositivi e strumenti avanzati, necessari per le cure. Inoltre, il
Ministero dell’Interno ha rafforzato le disposizioni di sicurezza con
l’obiettivo di contenere il virus, estendendo il coprifuoco fino a quando non
si noterà una concreta diminuzione dei contagi. Il membro della Commissione
Economica del Parlamento dell’Iraq, Nada Shaker Jawdat, ha avvertito che ciò
potrebbe causare un aumento del tasso di criminalità dovuto alla povertà e una
violazione delle stesse disposizioni, a cui si aggiunge il crollo dei prezzi
del petrolio e la mancanza di un governo di crisi. La leadership irachena,
infatti, è stata ampiamente criticata perché mette in secondo piano anche una
pandemia della portata del Covid-19, a differenza di molti altri stati che
hanno accantonato temporaneamente vecchie rivalità per fronteggiare una
situazione eccezionale. A pagare il prezzo di tutto sono sempre le classi meno
abbienti, e in Iraq «chi non è morto di Coronavirus muore di fame». Tra le
testimonianze raccolte vi è quella di Amad, commerciante in uno dei quartieri
più poveri della capitale, il cui salario era l’equivalente di appena 60
dollari mentre ora, in seguito alla sospensione delle attività, non sa come
sostenere la sua famiglia. In questo periodo di stasi, anche la Chiesa ha
dovuto adattarsi alla situazione, trasmettendo le celebrazioni principali in
streaming. Dopo più di cento anni, la Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme
ha chiuso nuovamente le porte per evitare il contagio. Anche se l’atmosfera
spezza il cuore dei fedeli,i palestinesi inviano un messaggio di
speranza: «nonostante tutta l’energia negativa che ci circonda, dobbiamo
cercare un po’ di positività».
Valentina Baldo,
Roberta Elia, Maria Antonietta Reale
In Russia
la situazione sta lentamente precipitando. Il numero dei contagi sale a 15770 e
la popolazione, che da oltre una settimana si trova in stato di quarantena, sta
cominciando a trasgredire le leggi dell’autoisolamento, tra questi per la
maggior parte giovani, adolescenti e adulti. Il problema acquisisce maggiore
rilevanza se si pensa che queste trasgressioni di oggi, potranno influenzare
negativamente la situazione futura e il decorso della pandemia. Perché, così
come hanno dichiarato gli esperti, se oggi non si riuscirà a fermare
propagazione del COVID-19, a novembre potrebbe ripresentarsi una seconda
ondata, più dura e che imporrà il ricorso a limitazioni ancor più rigide.
La domanda sorge
spontanea: come possono occupare il tempo in maniera proficua i russi in
quarantena? Tra le varie opzioni vi è la possibilità di cercare lavoro: a
Mosca, proprio per contrastare le terribili conseguenze economiche della
pandemia, sono stati creati dei siti web dove è possibile consultare le ultime
offerte di lavoro, registrarsi in qualità di disoccupato e ricevere un consulto
da parte di specialisti. I siti web messi a disposizione sono due: “Il mio
lavoro” e “La mia carriera”.
Sul sito “Il mio
lavoro” è possibile presentare domanda di lavoro e avere accesso alla banca dati
dei posti vacanti; sono attivi i servizi di assistenza psicologica e aiuto
nello sviluppo di start-up. I datori di lavoro, invece, possono presentare
liste personali di posti vacanti, dare informazioni sui prossimi licenziamenti
e/o trasferimenti dei collaboratori. Vi è anche la possibilità, per
quest’ultimi, di presentare limiti di assunzioni di personale giovanile. Oltre
a ciò nel sito sono stati creati 180 corsi online volti alla formazione di
persone con più di 50 anni, disoccupati e donne in congedo di maternità.
Sul centro
d’impiego online “La mia carriera”, invece, sono attivi più di 100 corsi di
formazione per lo sviluppo delle soft skills, dove è possibile redigere
il proprio curriculum vitae, fare una ricerca fra i posti vacanti, proporsi per
colloqui e organizzare il proprio tempo libero. Su questa piattaforma online
alla fine di aprile verrà aperta la sezione “Lavoro per i maggiorenni aventi
più di 18 anni”. Questa seconda piattaforma, come la prima, offre una serie di
servizi dedicati ai datori di lavoro, i quali potranno frequentare delle video
lezioni riguardanti, ad esempio, sul come rapportarsi sul posto di lavoro con
persone anziane. Ogni datore di lavoro registrato sul portale, avrà diritto ad
un ufficio online personale e privato nel quale poter sostenere seminari,
condurre dei colloqui e presentare le offerte lavorative delle proprie aziende.
Inoltre, si
ricorda che sul sito web mos.ru è possibile redigere vari documenti e ricevere
certificati, fissare appuntamenti medici, registrare il proprio animale
domestico presso un veterinario, pagare affitti per gli alloggi e multe.
Paola D’Onofrio
L’8 aprile, il
presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, ha presieduto
all’incontro del Politburo di Partito, dove sono stati riportati gli
ultimi dati sulla ripresa industriale del paese e le misure anti-Covid adottate
dai vari governi locali negli ultimi giorni. Il presidente Xi ha dichiarato:
“Bisogna tornare alle nostre abitudini il prima possibile, fornire delle
soluzioni efficaci per la ripresa economica del paese, fare del nostro meglio
per ristabilizzare tutti i settori danneggiati dall’epidemia e tornare
concentrati sui nostri due grandi obiettivi: la lotta alla povertà e la
realizzazione della “moderately prosperous society” (programma politico
emblematico del mandato di Xi, in carica sin dal 2013).
Come riportato da un
articolo del Renmin Ribao (tra i quotidiani più letti su tutto il
territorio nazionale), “in momenti di crisi economica globale come questo, il
popolo cinese riesce sempre a convertire queste difficoltà in opportunità per
sfruttare al massimo l’enorme potenziale industriale del paese”, a
dimostrazione del fatto che la Cina è intenzionata ad uscire da questa crisi
non solo a testa alta, ma più forte di quanto già lo fosse prima dell’epidemia.
Sullo stesso articolo
del Renmin Ribao, si legge: “Il percorso di sviluppo economico della
Cina non è mai stato semplice. Ci siamo sempre dovuti imbattere in nuove sfide,
che però ci rendevano più forti ogniqualvolta ne uscivamo vincitori”. Tutto ciò
grazie alla determinazione e alla forza di un intero popolo che – ricorrendo ad
un antico proverbio cinese tradotto letteralmente – “sa affrontare e
sconfiggere il nemico anche nei vicoli stretti” ( 狭路相逢勇者胜).
Il 10 aprile il
presidente Xi, ancora una volta in seduta comune con il Politburo di
Partito, ha annunciato che la Cina aumenterà le misure di sicurezza per le
industrie, incrementando il controllo nei processi produttivi, al fine di
ridurre al minimo i rischi di incidenti sul lavoro. “La sicurezza viene prima
di tutto”, afferma Xi, aggiungendo che “lo sviluppo economico dell’intera
nazione necessita di adeguate e ulteriori misure di sicurezza e prevenzione,
che non devono essere assolutamente considerate come mere formalità
burocratiche”.
Intanto, il South
China Morning Post (quotidiano con sede a Hong Kong) riporta che
diverse “organizzazioni criminali” in Italia hanno cominciato a distribuire
alimenti e fornire prestiti a tasso zero ai più bisognosi. Le varie
organizzazioni mafiose sono pronte a farsi vive quando le imprese saranno
sull’orlo del fallimento, considerato che i fondi europei tardano ad arrivare.
Il motivo di questi aiuti? Controllo, potere e consensi politici.
Infine il quotidiano
honkonghese riporta le parole di Roberto Saviano in risposta all’ articolo
pubblicato il 9 aprile dal Die Welt in cui si legge che “la mafia
italiana aspetta solo una nuova pioggia di soldi da Bruxelles”. Saviano
risponde affermando che “è esattamente il contrario, meno soldi all’Italia, più
potere alle organizzazioni criminali”.
Il quotidiano del popolo Renmin
Ribao e il quotidiano
internazionale Guoji Ribao riportano
le parole del primo ministro italiano, Giuseppe Conte, che ha affermato, in
un’intervista alla BBC che se l’Italia continuasse a riscontrare un
rallentamento dei contagi, alcune misure restrittive potrebbero essere
allentate già entro la fine di aprile. Conte ha anche avvertito che l’Italia
non abbasserà la guardia da un momento all’altro, sottolineando che questo
processo non potrà che essere graduale. Ha inoltre risposto a delle domande
riguardo il futuro dell’Unione Europea, dichiarando: “Questa è una grande sfida
per la storia dell’Europa. È un grande appuntamento con la storia a cui io e
gli altri leader europei non possiamo mancare”. E aggiunge: “Se non approfittiamo
di rilanciare il progetto europeo, il rischio che l’UE cada a pezzi è reale”.
Infine, Conte ha ribadito che l’Unione Europea deve intraprendere misure di
coordinamento per aiutare i paesi più colpiti dal virus.
Intanto, viene anche riportata la decisione del Presidente della regione
Sicilia, Nello Musumeci, ha indetto la chiusura dello Stretto di Messina, per
evitare gli spostamenti durante le vacanze pasquali.
#MondayAbroad: se chiudo gli occhi sono a… Siviglia!
“A
Siviglia non s’invecchia. È una città in cui si sfuma la vita in un sorriso
continuo, senz’altro pensiero che di godersi il bel cielo, le belle casine, i
giardinetti voluttuosi.” – Edmondo De Amicis
Quando
ho chiesto ad Alessandra di raccontarmi la sua esperienza a Siviglia, ho notato
subito una grande allegria con un pizzico di malinconia nei suoi occhi:
Siviglia innamora, il suo fascino è famoso e senza eguali.
L’Alcázar è sicuramente il monumento che più l’ha affascinata: per chi non lo sapesse, l’alcázar (parola con origini arabe che significa letteralmente “palazzo”) è un palazzo reale edificato durante il dominio arabo ed è uno dei migliori esempi di architettura mudéjar, stile sviluppatosi durante il regno cristiano della Spagna, ma con non poche influenze architetturali islamiche. “Non è tanto quello che c’è dentro… quello che mi ha colpito di più è stato il giardino, dove passerei intere giornate, e la cura per i dettagli presenti sui muri e sulle colonnine… solo a pensare a quanta pazienza nei lavori! Per non parlare del Cuarto Real Alto, la residenza estiva dei reali di Spagna… che effetto stare negli alloggi del re!”
Per
gli appassionati: in questo palazzo hanno girato anche qualche scena de “Il
Trono di Spade”! 🙂
La chiacchierata si è poi spostata sul cibo (era l’ora di pranzo, sarebbe stato impossibile non cadere su quest’argomento eheh): il Flamenquín (un rotolo di prosciutto e formaggio tipico di Cordoba, a un’ora di distanza da Siviglia più o meno) e le varie crocchette (di patate, di prosciutto e formaggio ecc.) sono ciò che le papille gustative di Alessandra hanno più apprezzato.
“Secondo
te, è giusto tornare dove si è stati bene?”
“Secondo
me, si presentano sempre nuove occasioni e attività: tornando a Siviglia, per
esempio, sono riuscita a fare il tour dei tetti della Cattedrale: da lì si vede
tutta la città e vale proprio la pena. Per questo penso che sia stato
meraviglioso tornare.”
Infine, ho chiesto ad Alessandra che cosa la città le avesse lasciato: “Siviglia mi ha lasciato un senso di libertà che non ho mai provato a Roma. Passeggiare lungo le sue vie, respirare la sua aria pulita e pura, immergermi nei suoi colori, veder i sorrisi e l’allegria dei suoi abitanti… Siviglia e la sua libertà di espressione rimarrà sempre un grande insegnamento e io non smetterò mai di ringraziarla per questo.”
Dopo
aver pronunciato questa celebre espressione, Jurij Gagarin decollò dalla base
spaziale di Bajkonur, in Kazakhstan, a bordo della navicella spaziale Vostok 1.
Destinazione? Le orbite terrestri. Era il 12 aprile del 1961 e l’umanità
intera, quel giorno, fu testimone di un evento epocale: per la prima volta
nella Storia, i confini terresti venivano lasciati alle spalle, fino a
diventare sempre più piccoli e lontani alla vista. Una nuova prospettiva si
apriva all’uomo: lo Spazio, oltre un singolo pianeta, sempre verso un orizzonte
costantemente da definire.
La
navicella rimase in orbita terrestre per 108 minuti, completando un’orbita
ellittica intorno alla Terra e raggiungendo un’altitudine massima di 302 km e una minima di 175 km, viaggiando a una velocità
di 27.400 km/h.
Durante il volo, Gagarin venne promosso a pilota di prima
classe con il grado di maggiore, il tutto mediante un ordine speciale.
«Il
cielo è molto nero, la Terra è azzurra. Si vede tutto molto chiaramente»
Non
arrivò sulla Luna, Gagarin: a quello ci avrebbero pensato i colleghi statunitensi
Edwin “Buzz” Aldrin e Neil Armstrong, otto anni più tardi, ma la missione fu un
trionfo per il programma spaziale sovietico e il governo di Nikita Kruscëv,
lieto di aver superato gli USA nella corsa allo Spazio (almeno per il momento),
gli conferì il titolo di eroe nazionale. Successivamente, Gagarin si trasferì a
Città delle Stelle, centro militare di
addestramento e ricerca spaziale situato nell’Oblasť di Mosca, dove si occupò
della progettazione di veicoli spaziali riutilizzabili.
Prima di Gagarin, gli unici ospiti terrestri ad
aver visitato lo spazio erano stati solo animali: i più famosi sono stati lo
scimpanzé Ham e la cagnetta Laika, morta durante il volo. Dopo Gagarin,
Armstrong e Aldrin, bisognerà attendere gli anni ‘80 prima di veder decollare
il primo Shuttle, inaugurato in occasione della prima missione della Nasa dallo
Shuttle Colombia.
Ultimo evento “spaziale”, ma non meno
importante, è stata l’entrata di Samantha Cristoforetti negli equipaggi
dell’Agenzia Spaziale Europea nel 2009 e la sua partenza per la missione Futura
42/43. Cristoforetti è stata la prima donna in assoluto a viaggiare nello
spazio, realizzando il sogno di migliaia di donne costrette ad ammirare tanta
bellezza dietro le quinte di una base spaziale.
Oggi, naturalmente, questi eventi non sono
stati lasciati in qualche dimenticatoio impolverato: l’Organizzazione delle
Nazioni Unite, nel 2011, ha istituito la Giornata Internazionale dei viaggi
dell’uomo nello spazio, che ricade il 12 aprile di ogni anno, per celebrare proprio
l’inizio dell’era spaziale per l’umanità. Indubbiamente, scienze come
l’astrofisica e l’ingegneria aerospaziale hanno contribuito enormemente a un
netto miglioramento del benessere dei popoli della Terra e degli Stati,
offrendo anche prospettive concrete di sviluppo sostenibile, oggi più cruciali
che mai.
Apparentemente infinito allo sguardo, seppur finito, il mare, inteso come vastità di acqua salata, è protagonista indiscusso della Terra, ricoprendone circa il 71% della superficie, e lasciando solo il 29% ai continenti e alle isole.
Simbolo indiscusso di libertà, suscita, agli occhi dei suoi spettatori disattenti e molto spesso poco educati, emozioni variopinte: dalla paura al coraggio, dalla morte all’amore, dall’avventura al profumo di casa. Ma anche il senso di abbandono, dell’imprevisto e dell’esilio.
Si potrebbe quindi dire che il mare è dei poeti, che hanno saputo fin dall’antichità farlo giacere in un letto di opere e capolavori di ogni genere letterario, di ogni angolo del pianeta, in un’ampia scelta di temi trattati, dal classico naufragio, il cui archetipo è Ulisse nella sua Odissea, dalla «robinsonneide» di Defoe, a quella meravigliosa raccolta che sono i Naufragi dello scrittore cileno Francisco Coloane. Molte di queste opere sono state trasformate in film, per adulti e per piccini, come il famoso Walt Disney “La sirenetta”, cartone animato fra i più classici, ispirato dalla fiaba dello scrittore danese Hans Christian Andersen.
È stato anche, specialmente in epoca barocca,
spettatore silente di incontri amorosi, sfondo preferito dei più romantici. In
poche parole: paesaggio più versatile del mare, non ce n’è.
Tralasciando la letteratura però, bisogna oggi, giornata internazionale del mare, concentrarsi sulla terribile malattia che lo attanaglia, un cancro che lo sta soffocando, uccidendo i suoi abitanti, indifesi protagonisti dell’incapacità umana nel rispettare qualcosa che, di fatto, non ci appartiene.
Secondo
le ultime ricerche e gli ultimi studi pubblicati infatti, negli oceani si
scaricherebbero 8 milioni di tonnellate di rifiuti l’anno. Pensate che solo nel
mar Mediterraneo secondo quanto riportato dal WWF, finiscono 570.000 (sì, avete
letto bene, cinquecentosettantamila) tonnellate di plastica, l’equivalente di 33.800
bottigliette di acqua al minuto. L’88%
dei casi, spesso mortali, di indigestioni e intrappolamenti di cui sono vittima
gli animali marini è causato infatti dai rifiuti di
plastica.
Quasi
sempre sono oggetti usa e getta, usati per pochi minuti ma che rischiano
di inquinare il mare per sempre. Non bisogna pensare solo alle grandi
discariche di rifiuti industriali, anche le nostre “disattenzioni” estive
possono avere un forte impatto ecologico, prima nel mare, e dopo sul litorale.
Si sa infatti che il mare riporta quasi sempre a riva ciò che inghiottisce. Per
meglio intenderci: il patrimonio costiero italiano è composto da 8.000 km di
spiagge, ma, sempre secondo uno studio del wwf, soltanto il 30% è rimasto allo
stato naturale, sia a causa dell’inquinamento sia per colpa della
cementificazione selvaggia.
Ecco quindi un semplice e chiaro decalogo, preso dal sito di Focus, per poter vivere le vacanze estive (ma anche una semplice passeggiata domenicale), in maniera rilassata e pulita, senza danneggiare gli oceani:
1) È una spiaggia, non una discarica. Una
cannuccia impiega dai 20 ai 30 anni a decomporsi, un fazzoletto di carta 3
mesi, una bottiglia di vetro non si degrada mai completamente. Se avete portato
il pic-nic in riva al mare, raccogliete gli avanzi (gettarli tra le onde non
vale).
2) Attenti ai sacchetti di plastica. Basta un
colpo di vento per farli finire in acqua, dove diventano trappole mortali per
molti animali marini. Delfini, tartarughe marine e balenottere, per esempio, li
scambiano per meduse, e nel tentativo di raggiungerli finiscono soffocati.
3) Fumatori sì, ma responsabili. Gettate i
mozziconi in un apposito portacenere portatile (in commercio ne esistono di
ogni tipo, ma nel caso, è sufficiente un bicchierino di plastica, che poi
getterete nella spazzatura). Una sola “cicca” di sigaretta può
inquinare un metro quadrato di mare. E non dimenticate l’accendino ai piedi
dell’ombrellone: ha tempi stimati di decomposizione che vanno dai 100 ai 1000
anni.
4) Se avete intenzione di entrare in acqua
scegliete solamente creme contenenti filtri solari a base di minerali. La
maggior parte delle creme ad alta protezione, disciolte in acqua, danneggiano
l’ecosistema marino, in particolare i coralli. Gran parte dei filtri chimici
per raggi UVA e UVB scatena infatti virus e infezioni latenti nella
zooxantella, un’alga unicellulare che vive in simbiosi con i coralli, contribuendo
allo sbiancamento del reef.
5) Quando fate la doccia, sia in spiaggia che in
barca, evitate di usare shampoo e bagnoschiuma (a meno che non usiate prodotti
al 100% naturali): alcune sostanze in essi contenute risultano fortemente
inquinanti per il mare. A voi sarà sufficiente un risciacquo per eliminare il
sale dalla pelle.
6) Niente “souvenir”. I pezzetti di
corallo o di granito, le conchiglie e i gusci dei paguri che avete raccolto
stavano meglio dov’erano prima: si tratta di patrimoni naturali e parti
fondamentali dell’ecosistema che portati a casa sembrerebbero solo un macabro
trofeo.
7) No ai falò. Non accendete fuochi in spiaggia
o nella macchia mediterranea limitrofa. Potreste accidentalmente causare
incendi disastrosi.
8) Se possedete un natante a motore rispettate
scrupolosamente i limiti imposti dalle Capitanerie di porto per l’avvicinamento
alla spiaggia. Non è permesso arrivare a riva con il motore acceso. E a un giro
in motoscafo, se potete, preferite una più ecologica e salutare uscita in
pedalò o con la tavola da surf.
9) Rispettate la fauna marina e terrestre: Non
catturate gli organismi marini che vivono sulle rocce, come granchi e molluschi
bivalvi, né cavallucci e stelle marine.
10) Fatevi sentire. E non parliamo di
maleducazione da spiaggia: se osservate in un altro bagnante un comportamento
che vi sembra scorretto o dannoso dal punto di vista ecologico, fateglielo
educatamente notare.
Cerchiamo di amare e rispettare il più possibile il mare, qualunque esso sia, in qualunque angolo del mondo. La bellezza va preservata e curata. Buon mare a tutti!
La rassegna stampa internazionale dell’UNINT sul COVID-19
Il Covid-19 si lega fortemente alla sfera dei diritti e dei doveri, non
solo quelli dell’essere umano, ma anche a quelli istituzionali nazionali e
internazionali.
Fra questi, il diritto di poter accedere liberamente ai servizi sanitari è
oggi più che mai cruciale.
L’assenza di questo infatti, da un lato rende vulnerabili anche gli Stati
più solidi e stabili, dall’altro costringe a riflettere sulla vasta fascia di
popolazione mondiale che non ne gode.
E poi c’è il dovere alla solidarietà.
Il trattato di Lisbona del 2007, ad esempio, che disciplina il
funzionamento dell’Unione Europea, prevede una clausola di solidarietà.
Secondo questa, gli Stati membri devono agire congiuntamente e in maniera
solidale nei confronti degli Stati dell’Unione che siano colpiti da avversità
militari, umane o naturali.
Il Covid-19 rappresenta quindi, forse, l’ora di rinnovare lo spirito di buona volontà e di mutua assistenza che a partire dal quotidiano e individuale si proietti nel permanente e globale, garantendo l’adempimento dei doveri necessari e la tutela dei diritti fondamentali, nessuno escluso.
Sara Nardi
Dopo Cina, Italia
e Spagna anche il Portogallo si è
dovuto fermare a causa del Covid-19. Nel Paese lusitano il primo caso è stato
accertato lo scorso 2 marzo e lo stato di allerta è stato dichiarato dal Primo
Ministro António Costa il 13 dello stesso mese.
Da quel momento
sono state prese tutte le misure di sicurezza tra cui la restrizione della
mobilità dei cittadini, la chiusura degli esercizi privati e delle imprese (ad
esclusione di negozi di generi di prima necessità e farmacie) e la promozione
dello smart-working.
Come riporta il
bollettino epidemiologico dell’8 aprile, pubblicato dalla Direzione Generale
della Salute, in Portogallo i casi accertati di Covid-19 sono 13.141 (con +712
nuovi casi rispetto al giorno precedente) e di 380 decessi (+ 34 morti rispetto
al 7 aprile). La zona più colpita dall’epidemia è il nord con 7386 casi
confermati, più del doppio di quelli della regione di Lisbona (3424). Dal punto
di vista comunale (conselhos) invece
troviamo al primo posto Lisbona con
699 casi confermati, a seguire Porto
con 689 e Vila Nova de Gaia con 518.
Il giornale
“Sapo” riporta che circa l’86% dei deceduti ha un’età superiore ai 70 anni.
L’epidemia
portoghese viene definita “epidemia al contrario” in quanto, nella fascia di
età 50-70 anni le donne sono più colpite dal virus rispetto agli uomini: il
54,9% dei contagiati sono donne contro il 45,1% degli uomini (dati del 1°
aprile) con un andamento completamente opposto a quello italiano.
Inoltre, lo
scorso 30 marzo è stata approvata dal Consiglio dei Ministri la
regolarizzazione, almeno fino al 1° luglio, dei migranti senza permesso di
soggiorno ma con richiesta in sospeso al SEF (Serviço de Estrangeiros e
Fronteiras).
Questo
provvedimento ha così aperto le porte della sanità pubblica anche ai più
vulnerabili, così da non lasciare nessuno da solo e cercando di contenere il
numero dei contagi. La portavoce del
Ministero degli Interni Claudia Veloso ha dichiarato che “Le
persone non dovrebbero essere private del diritto alla sanità e ai servizi
pubblici solo perché la
loro domanda non è stata ancora elaborata (…). In questa emergenza, i diritti dei migranti devono essere garantiti”. Secondo l’ultimo
censimento portoghese dell’INE (l’Istituto Nazionale di Statistica) del 2018,
dei 10.291.027 abitanti del Portogallo ben 477.472 erano gli stranieri
residenti nel paese lusitano.
Il primo
ministro António Costa ha dichiarato che il Governo ha attivato i controlli per
la violazione delle ordinanze, ma allo stesso tempo si appella anche al buon
senso dei cittadini affermando che ognuno deve essere “la polizia di se
stesso”.
Anche il
Presidente della Repubblica Marcelo Rebelo de Sousa, il 2 aprile ha rinnovato
lo stato di emergenza fino al 17 aprile ed ha rivolto un lungo messaggio di
solidarietà e di speranza ai suoi cittadini esortandoli a rimanere a casa per
porre fine il prima possibile a questa pandemia.
M. Clotilde Benvenuti
Nel Regno Unito il numero di decessi
giornalieri, per la prima volta ha superato i 900, di cui 828 in Inghilterra e
108 tra Galles, Scozia e Irlanda del Nord. Anche qui gli effetti economici del lockdown cominciano a farsi sentire: “In
questa situazione si può dire che l’Unione Europea non abbia fatto nulla di
significativo” afferma l’economista Mark Littlewood in una video conferenza.
Questa emergenza ha accentuato ancora di più il divario economico all’interno
popolazione britannica: vi sono famiglie numerose che abitano in appartamenti
davvero molto piccoli, come anche persone diversamente abili che potenzialmente
hanno bisogno di cure particolari e quindi di potersi muovere. “Dunque il virus
non fa discriminazioni, ma il lockdown
sì” scrive il giornalista Jason Farrel. Nel frattempo, da Downing Street arriva
la notizia che il Primo Ministro Boris Johnson è stato trasferito in terapia
intensiva, poiché le sue condizioni sembrano peggiorare. Pare comunque che stia
rispondendo piuttosto bene alle cure e che si stia riprendendo.
Mentre l’Australia entra nella quarta settimana
di misure di forti restrizioni, si conferma un graduale appiattimento della
curva con poco più di 6000 casi totali e si comincia a ipotizzare il passaggio
ad una seconda fase. Per velocizzare i tempi è stato allargato il campione dei
controlli in vista di una mappatura dettagliata del virus. Il governo invita
fortemente la popolazione a limitare i festeggiamenti di Pasqua e restare in
casa; il Primo Ministro afferma che questo fine settimana sarà cruciale per gli
sviluppi della lotta contro il virus. Particolare attenzione sarà data ai
controlli nelle spiagge, alcune sono già state chiuse, e ai controlli su
strada, attraverso un’operazione di polizia su larga scala che prevede multe
salate.
In Canada, il premier Trudeau annuncia con
cautela una possibile riapertura “graduale e ponderata” fra alcuni mesi.
L’obiettivo è di riprendere le attività economiche e al contempo contenere la
propagazione del virus”. Anche dopo la quarantena, il distanziamento sociale
dovrà essere mantenuto: “quando torneremo alla normalità, non torneremo alla
normalità” afferma Trudeau. Nella provincia canadese della British Columbia, un
boyscout congegna e dona agli operatori sanitari delle fasce di supporto per
mascherine.
Negli Stati Uniti, ad oggi, sono circa
430mila i casi confermati, 149mila solo a New York. Almeno due persone
sarebbero morte nei corridoi del Pronto Soccorso dello Sinai-Grace Hospital a
Detroit: i sette infermieri di turno non sarebbero riusciti a raggiungere i
pazienti in questione, in quanto impegnati nel fronteggiare l’emergenza
Covid-19. A livello sociale, numerosi sono stati i gesti di solidarietà e a
commuovere particolarmente, è la storia di Mario Salerno, carrozziere
italoamericano, proprietario di 18 edifici a Brooklyn che, con un cartello, ha
annunciato ai suoi circa 200 inquilini che non dovranno pagare l’affitto per il
mese di aprile. Un gesto che ha risollevato l’animo di coloro che, a causa del
virus, hanno perso il lavoro e la possibilità di poter persino fare la spesa o
pagare le bollette.
Il Ministero della Salute spagnolo ha reso noto che nelle ultime 24 ore si
è verificato un calo dei decessi (683) rispetto ai 757 del giorno precedente.
In Spagna, quindi, la situazione in numeri è la seguente: 154.446 casi
totali, 15.238 decessi e 48.021 guariti.
Pedro Sánchez, Presidente del Governo spagnolo, propende per un’estensione
dello stato di emergenza fino al 26 aprile in quanto sono proprio le misure
adottate ad aver consentito di tenere la pandemia “sotto controllo”. Inoltre,
nel rivolgersi all’Unione Europea ha affermato che “Se manca la solidarietà,
l’UE sarà in pericolo. La situazione richiede incisività. L’austerità e i tagli
non rappresentano la giusta direzione”.
A New York il 34% dei decessi causati da Covid-19 sono di origine ispanica,
nonostante questi rappresentino solo il 29% della popolazione. Il sindaco Bill
de Blasio spiega che tale dato è largamente dovuto alle disparità, in termini
economici, che non permettono a tutti di ricevere assistenza sanitaria. “Le disuguaglianze sono chiare (…), la verità
è che gli effetti negativi del coronavirus, il dolore che sta causando, si sono
aggiunti ad altre profonde disparità a cui abbiamo assistito negli ultimi anni
e negli ultimi decenni”.
Rispetto all’Europa, l’arrivo del coronavirus in America Latina è stato
tardivo, ma costituisce comunque una grave minaccia. In Messico cresce
la preoccupazione per i casi di contagio all’interno degli ospedali, che
coinvolgono direttamente il personale sanitario. In meno di 24 ore sono stati
registrati 60 casi positivi in soli tre ospedali. Le testimonianze da parte di
chi lavora in prima linea contro il virus raccontano di condizioni di lavoro
pericolose in cui mancano materiali e protezioni adeguati. Al momento i casi
confermati sono 3181 con 174 decessi; continua l’isolamento parziale e
volontario con attività commerciali chiuse fino al 30 aprile.
L’Argentina ha raggiunto i 1795 casi e l’estensione della quarantena
è per ora prorogata oltre la Settimana Santa. A Bogotà, capitale della Colombia,
è stato annunciato un irrigidimento delle misure ristrettive: dal 13 al 27
aprile si applicherà una restrizione che consentirà alle donne di circolare nei
giorni pari e agli uomini in quelli dispari.
Nel frattempo, a Cuba si contano 457 contagi e 12 decessi. Negli ultimi giorni, inoltre, le autorità cubane parlano alla popolazione del Prevengho-Vir: una “medicina omeopatica preventiva” che inizierà a essere applicata come “misura preventiva per impedire la diffusione del Covid-19”, come affermato dal Direttore Generale di Igiene e Epidemiologia presso il Ministero della Salute Pubblica (MINSAP). È chiaro che una simile notizia abbia in poco tempo scatenato l’ira di alcuni studiosi ed esperti che giudicano questa decisione come “spazzatura, beffa, irresponsabile e criminale”.
Alessia De Meo, Martina Valeriano
La Francia è tecnicamente in recessione, Le Figaro annuncia dati economici poco confortanti per il paese
transalpino. Secondo le stime della Banca di Francia, l’economia francese ha
registrato un calo del 6% nel primo trimestre del 2020 rispetto ai tre mesi
precedenti: il peggior dato di crescita dal 1945. Secondo il quotidiano Les
Echos, i dati riportati dall’Organizzazione mondiale del commercio, in una
situazione come questa, non sorprendono: nel settore commerciale si prevede un
crollo del 13% nel migliore dei casi e del 32% nel peggiore.
Il Belgio, a seguito di una serie di infrazioni
delle misure di contenimento, si è visto costretto a far scendere in campo le
forze armate. Dopo diversi episodi spiacevoli, l’ultimissimo nella città di
Arlon, è stato stabilito che atti come lo sputare e il tossire intenzionalmente
addosso a qualcun altro siano reati punibili per legge. Analogamente punibili
sono i cosiddetti lockdown party,
contro i quali è stato autorizzato l’intervento diretto della polizia.
Peraltro, in via eccezionale, i militari affiancano l’ormai carente personale
medico collaborando nelle case di riposo.
In Svizzera, la politica “cercherà di
aiutare le piccole e le medie imprese” dichiara il consigliere federale
Keller-Sutte, malgrado ciò i sindacati chiedono la chiusura dei cantieri a
causa dell’assenza di misure sanitarie. La proposta di aiuti finanziari ai
media è stata bocciata dal governo federale, mentre per l’agricoltura i
raccolti proseguono grazie ai numerosi volontari e per i bambini sono state
sviluppate nuove app educative. I provvedimenti di contenimento stanno dando i
loro risultati ed è stata organizzata una giornata nazionale di solidarietà,
tuttavia nelle principali attrazioni svizzere la sorveglianza sarà
intensificata nel weekend pasquale.
Quanto all’Africa, l’ipotesi di condurre uno studio sul vaccino BCG
(bacillo di Calmette-Guerin) su un campione di popolazione africana ha
suscitato forte indignazione in tutto il continente.Il desiderio
condiviso di sconfiggere il Covid-19 non giustifica tali dichiarazioni del
ricercatore Camille Locht dell’Istituto francese di ricerca medica (Inserm) e
del capo servizio dell’ospedale di Cochin. Jean-Paul Mira Abdou Latif
Coulibaly, ministro della Cultura del Senegal, afferma di essere stato
“scioccato, come molti cittadini africani, persino traumatizzato” dal
“disprezzo dimostrato per la vita degli africani”.
In Canada, nella provincia del Québec, Thérèse Laferrière,
professore presso l’Università Laval, afferma che dopo il primo maggio
bisognerebbe riportare in classe almeno gli alunni che hanno maggiori
difficoltà, rispettando comunque le norme di distacco sociale che rimarranno in
vigore ancora a lungo. Sostiene che ci sarà la necessità di un ritorno a scuola
parziale e che bisognerà affidarsi al giudizio professionale degli insegnanti
per determinare quali sono gli studenti che hanno maggiore necessità di tornare
sui banchi di scuola.
La Germania ha oltrepassato i
100 mila casi di Covid-19, divenendo il quarto
Paese al mondo per numero di contagi.
Il ‘gabinetto di crisi’ del governo
di Berlino ha deciso quanto segue: i cittadini tedeschi, i cittadini dell’UE o
le persone che hanno vissuto in Germania per molti anni e che ritornano
nel paese dopo un soggiorno all’estero di diversi giorni saranno
messi in quarantena per due settimane. Questa disposizione dovrebbe
entrare in vigore a partire da venerdì.
La cancelliera Angela
Merkel continua ad escludere la possibilità di un allentamento delle
numerose restrizioni alla vita pubblica ed economica prima del 19
aprile. La Merkel ci tiene a ribadire che la priorità al momento è la
tutela della salute. Il governo sta ovviamente riflettendo
sulle possibili strategie da adottare per una futura
ripresa graduale.
Il ministro delle Finanze
Olaf Scholz e Il ministro dell’Economia Peter Altmaier hanno
stabilito che le piccole e medie imprese possono ottenere prestiti fino a
800.000 euro senza valutazione del rischio e con garanzia statale al 100%. I
prestiti rapidi della banca statale di sviluppo KfW hanno lo scopo di
evitare un’ondata di fallimenti tra le PMI, difatti queste ultime devono poter
accedere più facilmente ai prestiti di cui hanno urgente bisogno.
La situazione tra Italia e Germania
per la questione Coronabond è molto tesa nelle ultime ore. Ieri la
testata giornalistica tedesca “Der Spiegel”, diretta da Steffen
Klusmann, si è schierata a favore dell’Italia,
considerando l’opposizione ai Coronabond di Merkel come
“gretta e meschina” e “non solidale”. Il direttore invitava il suo
paese a ricordare “per un momento chi è stato a cofinanziare la
ricostruzione della Germania nel Dopoguerra” e ancora ha sottolineato che i
bond “non sono un’elargizione” generosa dei paesi del Nord.
Oggi invece è scoppiata la
polemica in seguito alla pubblicazione di un articolo sul quotidiano tedesco
“Die Welt”: il giornalista Cristoph B. Schiltz invita la
cancelliera a “puntare i piedi” e a non cedere alle richieste italiane sugli
aiuti europei per l’emergenza Covid-19. Quello che ha fatto indignare è
stato principalmente il seguente passaggio: “In Italia la mafia è forte e sta
aspettando i nuovi finanziamenti a pioggia di Bruxelles. L’Ue controlli
l’utilizzo dei fondi”. La risposta del ministro degli Esteri Luigi Di
Maio non si è fatta attendere: “Trovo vergognosi e inaccettabili i
toni usati dal giornale tedesco. Mi auguro che Berlino li condanni e si
dissoci”.
L’Austria è pronta ad allentare le misure restrittive già a
partire dal 14 aprile. Ad annunciarlo è stato il cancelliere Sebastian Kurz, il
quale ha precisato che la decisione “dipenderà dal modo in cui i cittadini
continueranno a seguire le regole del distanziamento sociale”. Si
procederà innanzitutto alla riapertura di piccoli negozi fino a locali da
400 metri quadrati, i primi di maggio dovrebbe invece riprendere l’attività di
tutto il settore commerciale.
Rosa Palumbo
“La Russia
aiuterà la Bielorussia nella lotta contro il coronavirus” ha dichiarato
a RIA Novosti il portavoce del presidente Vladimir Putin Dmitry Peskov;
quest’ultimo, giustificando la scelta, ha affermato che la battaglia contro il
COVID-19 è “una sfida comune”. Non si conoscono ancora i dettagli dell’accordo.
Il quotidiano Kommersant ha scritto che già il primo aprile Minsk si era
rivolta a Mosca col fine di chiedere aiuti.
La situazione in
Bielorussia effettivamente inizia a peggiorare: all’8 aprile il numero dei
contagiati ammonta a 1486 e i morti a 16. Secondo il Ministro della Sanità
Vladimir Karanik, il picco dei contagi è previsto tra la fine di aprile e gli
inizi di maggio.
La Bielorussia
però si è rivolta anche all’UE. Alla fine di marzo infatti, è stata resa nota
l’intenzione da parte dell’UE di inviare più di un miliardo di euro per
sostenere i paesi dei Balcani occidentali ed il partenariato orientale. Tale
iniziativa comprenderebbe la distribuzione di 140 milioni di euro destinati ad
Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina ed il re
indirizzamento di fondi già esistenti fino a 700 milioni di euro per mitigare
le conseguenze socioeconomiche della crisi coronavirus nell’area.
L’Alto
rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza
Josep Borrell ha commentato la richiesta della Bielorussia:
“La
Bielorussia ha chiesto aiuto per il sistema sanitario e per combattere
l’impatto macroeconomico di questa situazione. Ha anche chiesto assistenza
finanziaria. Stiamo ora esaminando come possiamo rispondere. […] L’importo
totale non è stato ancora determinato, ma potrebbe ammontare a circa 60 milioni
di euro”.
Il presidente del
Paese Alexander Lukashenko ha dichiarato che l’emergenza coronavirus non sembra
arrestarsi, ma che non è ancora a livelli critici.
La situazione in Ucraina
sembra peggiorare. A Kiev, negli ultimi giorni, il numero dei contagiati si è
quasi triplicato. Nella capitale si contano già 335 casi. In sole 24 ore sono
stati registrati 41 nuovi contagi tra cui quello di una neonata di appena sei
mesi. Ci sono stati nuovi ricoveri, mentre altri cittadini contagiati sono
stati sottoposti a monitoraggio da casa.
Secondo i calcoli
effettuati dal Ministero della Salute, a partire dal 9 aprile i nuovi contagi
potrebbero ammontare a più di 300. Anche il Presidente Volodymyr Zelens’kyj è
stato sottoposto al test. Si è deciso inoltre di monitorare la vendita delle
mascherine nelle farmacie e saranno previste sanzioni per le farmacie
sprovviste delle stesse: “Si è deciso di monitorare la presenza di mascherine
chirurgiche protettive in tutte le farmacie” ha comunicato il presidente a
seguito di una riunione. Durante la medesima riunione è stato annunciato
l’arrivo di tre aerei dalla Cina con un carico di dispositivi medici necessari
che verranno consegnati non solo negli ospedali, ma anche alle grandi catene di
distribuzione al dettaglio.
Il Ministro degli interni Arsen Avakov ha
affermato che la cittadinanza sta prendendo sempre più coscienza
dell’importanza dei mezzi di protezione: secondo i sondaggi, infatti, il 90%
dei cittadini usa la mascherina e il 50% i disinfettanti.
Clarissa Giacomini, Angela Doria
Ad oggi l’Africa
ha raggiunto in totale più di 10.000 casi di Coronavirus. Nella regione del
Nord Africa, dove si registrano i numeri più elevati, l’Algeria risulta
al momento il Paese più colpito, con 1572 casi positivi; il Marocco
conta invece 1275 casi, la Tunisia 628 e la Libia 21. Ma a
preoccupare l’Africa purtroppo non è soltanto il virus: non bisogna infatti
sottovalutare la precarietà e la fragilità di quelle aree geografiche che non
godono degli stessi benefici e sviluppi a cui noi siamo generalmente abituati.
Come noto già da
settimane, continua a propagarsi anche nel Maghreb la crisi
economico-sanitaria che vede ormai protagonisti i quattro angoli del mondo. E
se da un lato le misure restrittive adottate per contenere il virus stanno
producendo i primi risultati positivi a livello sanitario, dall’altro però
gravano sull’economia nazionale e internazionale.
Fatta eccezione
per i settori sanitario e agroalimentare, che continuano a restare pienamente
operativi, i restanti settori hanno subito una sospensione della produzione, e
ciò ha portato ad una crisi ulteriormente aggravata dalle condizioni climatiche
che colpiscono quest’area geografica da diverso tempo. Infatti, nonostante
Marocco, Tunisia e Algeria non siano tra i principali responsabili del
surriscaldamento globale, ne sono le vittime, in quanto da mesi registrano una
significativa assenza di piogge che potrebbe incidere negativamente sull’intero
anno agricolo.
Secondo le
previsioni di Omar Al-Kettani, analista economico intervistato dal quotidiano Noon
Presse, non vi è alcun dubbio che l’attuale crisi avrà degli effetti
disastrosi sull’economia magrebina, che nel migliore dei casi registrerà
perdite pari all’8% del reddito nazionale, di cui un 3% a carico del settore
agricolo. E per risollevarsi completamente da questa crisi il Maghreb
necessiterà di almeno tre anni, in quanto, stando alle sue parole, l’economia
sarebbe una catena interconnessa e la perdita di un solo nodo, quale in questo
caso il settore agricolo, si ripercuoterebbe su tutti gli altri.
In Marocco,
Paese politicamente stabile grazie alla presenza della monarchia, su ordinanza
del Re Mohammed VI è stato istituito un fondo pandemico per garantire al
sistema sanitario e all’economia nazionale tutti i mezzi necessari alla lotta
contro il virus. Nello specifico, sono stati stanziati circa 2 miliardi di
dirham (1 € = 11,13 dhm), la cui somma verrà impiegata principalmente per l’acquisto
di apparecchiature sanitarie, quali: 1000 posti letto per la terapia intensiva,
550 respiratori, 100.000 tamponi, 100.000 altre apparecchiature, tra cui
macchinari a raggi X, medicinali e altri prodotti ad uso medico.
Valeria Di Bonaventura, Arianna Mercuriali, Giulia Roncella
Un altro carico di aiuti dalla Cina è arrivato in Italia. Lo ha riferito
lunedì il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze dell’Ue (ERCC).
La Commissione Europea ha dichiarato in un comunicato stampa che l’aereo cinese
atterrato in Italia conteneva due milioni di mascherine chirurgiche,
duecentomila mascherine N95 e cinquantamila kit per effettuare i test.
Suzhou, megalopoli situata presso la provincia dello Jiangsu (Cina orientale),
ha attivato martedì una linea di autobus in tutta la città pensata
esclusivamente per gli studenti. L’obiettivo è quello di ridurre al massimo i
rischi di contagio durante la fase di riapertura delle scuole. Pronte le misure
adottate dagli enti locali, soprattutto in termini di disinfezione e
ventilazione dei luoghi pubblici.
A Wuhan, dopo 76 giorni di totale lockdown, si ricominciano a vedere
le code chilometriche sulle autostrade e sempre più gente presso le stazioni
metro: il segno di un parziale ritorno alla normalità nell’epicentro della
pandemia, dove da mercoledì sono state rimosse alcune delle restrizioni sugli
spostamenti.
Le lingue: un mondo affascinante e profondo, imprescindibile nella vita di ognuno di noi fin dall’infanzia. Nonostante il ruolo fondamentale che riveste nella quotidianità, la maggior parte delle persone utilizza questo strumento di comunicazione in maniera inconsapevole, ignorando la complessità che si cela dietro al suo sviluppo e alla sua continua evoluzione.
Io mi sono sempre interessata allo studio delle lingue perché ho avuto modo di entrare in contatto fin dall’infanzia con diverse realtà linguistiche. Il ramo paterno della mia famiglia infatti è di origine umbra, per cui mi sono spesso trovata ad ascoltare conversazioni e proverbi in dialetto che mi incuriosivano data la differenza con il modo di parlare a cui ero abituata. Ciò che mi colpiva era come, già all’interno del mio nucleo famigliare, ci fosse una differenza linguistica così accentuata.
Crescendo,
il mio contatto con le lingue aumentava, grazie anche all’influenza di mia
madre, che mi ha sempre incoraggiata ad imparare l’inglese mediante la
frequentazione di corsi privati fin da quando avevo otto anni.
Durante il
mio percorso alle scuole medie, oltre a rafforzare la mia conoscenza
dell’inglese, ho avuto modo di ampliare il mio panorama linguistico con lo
studio dello spagnolo. La musicalità della lingua, unita al fascino della
cultura, ha reso lo spagnolo una delle mie lingue preferite, sebbene abbia
deciso di non inserirlo nei miei studi universitari. Questa decisione però non
deve far sottovalutare l’importanza che ha avuto nella mia vita: infatti è
stato proprio l’amore per lo spagnolo ad indirizzarmi verso la scelta del liceo
linguistico.
Alle scuole
superiori quindi ho avuto l’opportunità di apprendere una nuova lingua: il
francese, con il quale inizialmente ho avuto molte difficoltà. Nonostante la
mia avversione però, grazie all’aiuto del mio professore sono riuscita a comprendere
i complicati meccanismi di grammatica e pronuncia ed ho iniziato ad apprezzare
veramente questa lingua. Durante gli anni, il mio rapporto col francese è
andato via via rafforzandosi soprattutto attraverso la lettura in lingua
originale di grandi classici della letteratura, tra cui autori come Voltaire,
Zola e Camus.
Il motivo
per cui ho deciso di continuare il mio percorso con la lingua francese
all’università è stata l’importanza che ai miei occhi riveste nell’ambito
internazionale e diplomatico, coerente con il mio sogno di diventare
un’interprete parlamentare.
Una cosa per
cui mi ritengo particolarmente fortunata è l’opportunità che ho avuto di
entrare in contatto con queste lingue non solo a livello accademico, ma anche a
livello personale. Ho iniziato a viaggiare sin da piccola con mia madre e ho
visitato molti Paesi, diversi tra loro ma ognuno meraviglioso a modo suo. Lo
Yucatan, Zanzibar e Dubai ne sono la prova. Nonostante mi sia immersa in mondi
diametralmente opposti, non ho potuto fare a meno di amarli proprio per le loro
peculiarità. Vedere con i miei occhi realtà differenti dalla mia quotidianità e
farne esperienza concreta mi ha stimolata sempre più in questo mio percorso,
spinta dalla voglia di comprendere e di essere parte del mondo.
L’ultimo arrivato, in termini di studio linguistico, è il russo, che ho deciso di iniziare all’università. Ad essere sincera, la mia è stata una scelta azzardata, fatta in nome della mia passione più grande, la danza. La Russia è infatti la patria del balletto classico, che io amo, e la voglia di migliorare la mia conoscenza di questo paese dal punto di vista culturale mi ha spinta ad inserire questa lingua nel mio corso di laurea. Inoltre, il mio desiderio era studiare una lingua fuori dal comune in prospettiva del mio futuro lavorativo.
In
conclusione, guardandomi indietro, posso dire che mi sono trovata quasi
involontariamente ad interagire con lingue diverse, ma ora, guardando avanti,
ho deciso volontariamente che esse facciano parte della mia vita per sempre.