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Inclusività, dal linguaggio all’istruzione: verso una scuola inclusiva

Il concetto di inclusività riveste un ruolo molto importante non solo dal punto di vista linguistico, ma anche a livello educativo, soprattutto nelle scuole.

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Linguaggio inclusivo e disabilità – per una parola che non sia muro ma ponte

Per moltissimo tempo le persone con disabilità sono state considerate e definite soltanto in base alla loro disabilità. E non solo attraverso storie e narrazioni che hanno sempre messo al centro la presenza di quella “differenza”, che finiva per diventare un tutt’uno con la persona, facendone scomparire ogni altra qualità e caratteristica, ma, prima ancora, attraverso le parole usate per definirle.

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Dal linguaggio all’inclusione sociale: il romanzo “Madre piccola”

Anche nelle modalità di relazionarsi ai luoghi è presente in maniera inevitabile l’eredità della storia e la difficoltà di sentirsi inclusi in una società spesso troppo claustrofobica. Un interessante romanzo della scrittrice Ubax Cristina Ali Farah, intitolato “Madre piccola” raccoglie le storie personali e collettive in un intreccio attraverso la narrazione portata avanti in prima persona da tre personaggi; le cugine Barni e Domenica Axad e il marito della seconda, Taageere.

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Educare e parlare: il linguaggio inclusivo e le identità di genere

Come si può includere se il discorso collettivo non si origina dalla lingua, che performa il pensiero e che crea nuove categorie, nuovi border thinking ibridi, mutabili, flessibili, lontano da ogni categorizzazione e cristallizzazione?

Estendere la lingua italiana, oggi, a tutte le categorie sociali consente di superare ogni tipo di limitazione caratterizzante e tutto ciò che ne consegue: al pari dell’operazione linguistica e della Carta di Roma per il corretto uso mediatico delle parole, il discorso di genere rappresenta una delle tematiche – se non la principale – connessa all’inclusività, verso una lingua che sia in grado di esprimersi e riferirsi senza menzionare il genere e parlando anche a chi non si identifica nel classico sistema binario, ormai obsoleto e da decostruire.

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Credits by Carta di Roma

Linguaggio inclusivo e migrazioni: come e perché parlarne?

È un dato di fatto: negli ultimi anni la configurazione della nostra società si è incredibilmente trasformata.

Oggi, infatti, viviamo in una società in cui siamo intimamente connessi reciprocamente e in cui dipendiamo praticamente l’uno dall’altro, e questo è accaduto perlopiù dell’aumento dei fenomeni migratori, che hanno pressoché eliminato i confini tra i Paesi.

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Linguaggio inclusivo: perché una riscrittura è necessaria

Parlare è, ad oggi, un indubbio atto politico.

E ancor di più (re)insegnare a parlare e prendere coscienza della relatività linguistica non possono che essere atti dovuti, e necessari.

Cresciute in spazi pubblici eterogenei e a contatto coi mass media, sono maggiormente le nuove generazioni ad essere bombardate da un uso non controllato di parole, spesso incapaci di aderire ai nuovi orizzonti e alle nuove visioni in termini di diversità, e ancora veicolate a modelli offensivi e stigmatizzanti. 

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Presentazione

Guardo il foglio con un enorme senso di inadeguatezza cercando di capire cosa scrivere ma non mi viene nulla, ma insieme mi viene tutto; sono le cose apparentemente più elementari quelle più difficili da inserire in una architettura compiuta, davanti a cui le parole sembrano non essere in grado di afferrare i pensieri e si mostrano sempre troppo scontate, troppo ridicole, troppo banali. Per chi si è sempre sentito al margine, poi, è ancor più difficile raggiungere il centro delle cose e trovare un modo adatto per presentarsi.

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La (colpevole) proiezione di Mercatore e la sua visione eurocentrica

Come abbiamo visto insieme nello scorso episodio, una carta geografica non è – e non può essere – neutrale, ma sempre strettamente connessa al contesto storico e geografico in cui viene prodotta; frutto quindi di un preciso posizionamento, di una politica nazionale e della visione geopolitica di uno Stato che utilizza la cartografia per proiettare la propria potenza.

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La politica del posizionamento e il mapclash: quando la geografia non è mai neutrale

Con la liquefazione della società in epoca postmoderna decade un macro-sapere onnicomprensivo e le “grandi narrazioni” vengono delegittimate. L’uomo della società liquida si libera – o meglio, tenta di liberarsi – dal pesante fardello della tradizione e dai sistemi centenari a cui sa dire un sacro no, partecipando in maniera attiva alla costruzione della propria identità mutevole, ibrida e negoziabile.

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Roma, l’ambiente habesha di etiopici ed eritrei

Roma è, insieme a Milano, la città italiana con il più grande ambiente habesha, termine che fa riferimento a un gruppo di popolazioni presenti nelle odierne Etiopia ed Eritrea che hanno numerosi elementi comuni alle popolazioni indigene e mediorientali, come la condivisione di lingue appartenenti al ceppo semitico (ovvero affini a quelle dell’attuale Medio Oriente), ed elementi culturali molto simili nella tradizione della chiesa ortodossa eritrea e etiope. Secondo l’uso colloquiale del termine, habesha investe si utilizza principalmente per la diaspora etiope e eritrea verso Nord America e Europa.