Dal linguaggio all’inclusione sociale: il romanzo “Madre piccola”

Anche nelle modalità di relazionarsi ai luoghi è presente in maniera inevitabile l’eredità della storia e la difficoltà di sentirsi inclusi in una società spesso troppo claustrofobica. Un interessante romanzo della scrittrice Ubax Cristina Ali Farah, intitolato “Madre piccola” raccoglie le storie personali e collettive in un intreccio attraverso la narrazione portata avanti in prima persona da tre personaggi; le cugine Barni e Domenica Axad e il marito della seconda, Taageere.

La scelta della polifonia, congiuntamente al costante richiamo dell’oralità, si ricollega non solo all’obiettivo del romanzo ma anche alla missione che per Ali Farah la letteratura dovrebbe incarnare: essere una melodia a più voci che lo scrittore orchestra in maniera funzionale alla società, nel senso che lo scrittore restituisce alla società quello che da lei riceve. Pur essendo consapevole del rischio di farsi portavoce di un’intera cultura (è indispensabile, infatti, riconoscerne l’eterogeneità) il desiderio è quello di un ritorno a una letteratura impegnata o semplicemente “civile” che indaghi le dinamiche di potere sia sul piano storico sia su quello geografico attraverso la rimappatura degli spazi. Il concetto di spazio che si delinea in “Madre Piccola” non è tanto legato a luoghi fisici che vengono rimappati alla luce della storia coloniale italiana rimossa, quanto piuttosto un concetto intimo, mutevole, connesso al desiderio di sentirsi realmente appartenere ai luoghi abitati e di essere accettati nella società italiana. La stessa scelta della prima persona, come l’autrice spiega, è motivata dal desiderio di instaurare un dialogo intimo tra personaggi e lettore; «Preferisco la prima persona perché mi dà la possibilità di far uscire la voce dei personaggi e mi interessa utilizzare l’interlocutore esterno, perché chi parla modula sempre il proprio linguaggio e il proprio comportamento in base a chi ha di fronte.»

Nello specifico i personaggi femminili, dotati di una personalità più forte, danno particolare rilievo alla valenza simbolica dei luoghi e del concetto di “casa”: “La nostra casa la portiamo con noi, la nostra casa può viaggiare. Non sono le pareti rigide che fanno del luogo in cui viviamo una casa. Dentro la nostra casa io, Domenica Axad e il piccolo Taariikh troviamo conforto e riparo, piantiamo le nostre fondamenta per avere la forza di combattere quotidianamente.”

Da qui risulta ben evidente la necessità intrinsecamente umana di ancorarsi ai luoghi e di vedersi legittimati in essi. Rispetto ai personaggi maschili – uomini che appaiono incompleti, in continua peregrinazione e ricerca – i personaggi femminili del romanzo sembrano adeguarsi in maniera migliore ad una nuova condizione e al nuovo spazio; Barni infatti riesce, seppur con fatica, a costruirsi un equilibrio grazie all’ingresso nel mondo lavorativo e al tipo di professione che pratica mentre Domenica, dopo circa un decennio di peregrinazione, decide infine di ricongiungersi con la cugina durante la gravidanza. Il ritrovamento di un legame perduto, congiuntamente alla maternità e all’amore posto nella cura degli altri, consente alle donne del romanzo di appropriarsi gradualmente degli spazi che abitano e di riscoprire le proprie radici che sembravano ormai apparentemente perdute.

Il concetto di inclusione sociale, di vera appartenenza a un luogo e di accettazione nella società – come esemplificato dal romanzo di cui sopra – nonché il legame che ogni individuo riesce a instaurare con il mondo, ma soprattutto con il contesto in cui vive, oggi appare estremamente importante.

Oggi viviamo in una società sempre più eterogena, in cui sono presenti innumerevoli convinzioni, valori e appartenenze, che però costituiscono un valore aggiunto per la società stessa, e che consentono a quest’ultima di diventare così forte e ricca.

A fronte di tale ricchezza a livello sociale e alla luce di quanto esposto, emerge, ancora una volta il concetto di inclusione.

In particolare, i concetti di inclusione e di integrazione a livello sociale sono molto importanti. Inclusione significa offrire uno spazio libero e pubblico, in cui ogni persona è allo stesso livello e riesce a confrontarsi e a dialogare l’una con l’altra, riuscendo a scoprire nuovi mondi, visioni di pensiero, linguaggi e culture, indipendentemente dalle proprie. Inoltre, con il termine integrazione si indica Cioè offrire occasioni di inserimento nella società, pur nel rispetto della diversità. Minoranze e maggioranza sono messe in contatto, e viene promossa l’interazione reciproca, ma non la loro fusione.

Tali concetti vanno di pari passo con il linguaggio, la cultura e la comunicazione, elementi fondamentali per garantire un’inclusione a livello sociale.

In particolare, per quanto riguarda il linguaggio e il suo legame con la società, è bene ricordare innanzi tutto che alcuni sociologi, come Peter e Brigitte Berger, concordano nel ritenere che il linguaggio sia l’istituzione sociale per eccellenza, e così dicendo, il linguaggio sarebbe una sorta di programma imposto dalla società al comportamento degli individui.

Il linguaggio, però, si adatta e anzi, si deve adattare ai cambiamenti sociali. Infatti, sulla base di quanto appena esposto e della ricchezza della nostra società, appare ancora più evidente come sia necessario trovare nuove forme per esprimersi, che vadano oltre la lingua strutturata per esprimere una società che, ormai, non esiste più.

Quindi, a livello linguistico, proprio per cercare di garantire l’inclusione sociale a chiunque, è necessario sperimentare, introducendo innovazioni come nuove strutture linguistiche, che vadano incontro a ciascun individuo, cosicché chiunque abbia la possibilità di esprimersi. Pensiamo, ad esempio, a ciò che abbiamo illustrato negli articoli precedenti, come l’uso dello schwa, o ancora l’impiego di forme linguistiche che non richiedano l’uso del maschile o del femminile, l’utilizzo di espressioni che non siano discriminatorie a livello di genere e così via.

Infatti, come già visto, l’attenzione ai linguaggi è oggi centrale nel dibattito attuale sull’inclusione sociale. La comunicazione è specchio della realtà, ma è anche strumento per diffondere, e rafforzare modelli e valori (come pure disvalori e stereotipi). L’uso inclusivo della lingua è la capacità di rappresentare e raggiungere ogni persona, senza esclusione di alcuna categoria o gruppo di persone, ma attribuendo pari riconoscimento e visibilità sociale.

Perciò, la lingua e la sua evoluzione, nonché il suo adattamento al nuovo contesto sociale e il legame con la comunicazione, sono influenzate appunto dalla società e dalla cultura, che definiscono la forma del linguaggio proprio perché quest’ultimo è quel mezzo indispensabile che la società ha per comunicare notizie e trasmettere informazioni, per creare definizioni necessarie alla comprensione del mondo, delle persone e dei sentimenti, per evolversi.

Dunque, il linguaggio non è soltanto un mezzo di comunicazione, ma è uno dei modi attraverso il quale una comunità esprime la sua cultura, le sue tradizioni, i suoi valori, i suoi modelli sociali. E’ un meccanismo vivente che si evolve, così come i gruppi e le persone che con esso si rappresentano e si definiscono, e costituisce un elemento che consente l’inclusione anche a livello sociale di ciascun individuo.

Evelyn De Luca, Federica Zunino