Fu l’ultima sovrana d’Egitto, nonché l’ultima esponente della dinastia di origine macedone, i Tolomei, che aveva governato per lungo tempo su una delle più ricche e importanti capitali del mondo antico, Alessandria. Stiamo parlando di Cleopatra, figura dotata di genio politico e notevoli doti diplomatiche, grazie alle quali riuscì a mantenere una posizione dominante a corte.
Sapevate che…?
Era una donna estremamente colta e curiosa: la sua educazione, curata da Filostrato, fu particolarmente vasta e comprendeva varie discipline fra le quali retorica, filosofia, astronomia, aritmetica e medicina. Secondo lo storico greco Plutarco, cui dobbiamo il merito di averne tracciato il ritratto più fedele, conosceva non meno di otto lingue, fra cui il copto, il greco (sua lingua madre) e l’egizio, che volle imparare contrariamente a quanto fatto dalla sua famiglia.
È stata sempre descritta come una donna dotata di rara bellezza, che le permise di conquistare Giulio Cesare e Marco Antonio. Studi recenti, tuttavia, sembrano essere concordi sul fatto che il suo fascino risiedesse in realtà sulla sua intelligenza e simpatia piuttosto che bellezza fisica: era infatti piuttosto bassa e aveva un naso aquilino, piuttosto pronunciato. Insomma, l’immagine che ci viene restituita dalle effigi non ritrae quella che oggi sarebbe considerata una donna particolarmente attraente.
Pare, inoltre, che anche le circostanze del suo suicidio siano state romanzate: le fonti principali, Plutarco compreso, raccontano che la regina si uccise facendosi mordere da un aspide, che si fece portare all’interno di una cesta di fichi. Tuttavia, tale specie non è presente nel Nord Africa: sembra pertanto più plausibile la versione sostenuta da studi recenti, secondo la quale la sovrana sarebbe invece ricorsa a una miscela di veleni.
La rassegna stampa
internazionale dell’UNINT sul COVID-19
“L’errore più grande che si può fare in situazioni come questa è
dare informazioni sbagliate, soprattutto quando si devono chiedere
sacrifici” ha affermato l’ex Presidente americano Barack Obama aggiungendo “Dite
la verità. Parlate chiaramente. Parlate con empatia”.
Queste parole
sottolineano l’importanza della comunicazione e soprattutto mettono in luce gli
enormi rischi legati all’attività di disinformazione, più che mai frequente e
cruciale, in momenti di smarrimento come quello che stiamo attraversando.
Il suo messaggio
incoraggia ancora di più il nostro lavoro e alimenta il nostro profondo
desiderio di raccontare in maniera corretta e consapevole questa situazione
mondiale che tutti accomuna.
Sara Nardi
In Portogallo sono più di 2
milioni gli studenti portoghesi che
dal 16 marzo hanno dovuto abbandonare i banchi di scuola ed hanno iniziato a
seguire da casa le lezioni online. Gli studenti di ogni ordine e grado stanno
affrontando un periodo difficile a causa del Covid-19 ed è proprio per questo
che l’Osservatorio sulle politiche della IeFP (Istruzione e Formazione
Professionale), con il sostegno dell’Università di Coimbra, sta
analizzando l’impatto psicologico che il confinamento sociale sta avendo su di loro.
La coordinatrice dello studio Ana Benavente afferma che “la scuola ha un
valore straordinario dal punto di vista della socializzazione. Anche se ai
ragazzi non piace andare a scuola, essi apprezzano lo stare insieme ai
compagni”.
A tal proposito, dallo studio emerge che quasi i due terzi
degli studenti portoghesi (64,7%) non vede l’ora di tornare a scuola.
Quindi anche in Portogallo il Governo si è subito adoperato per rendere
possibile la didattica a distanza,
ma questa ha marcato, ancor di più, la disuguaglianza sociale tra gli studenti.
I dirigenti scolastici ed i professori hanno da subito fatto presente che
circa il 5% delle famiglie con figli fino ai 15 anni non ha una connessione ad
internet (dati dell’Istituto Nazionale di Statistica 2019) ed 1 studente su 5
non ha un computer a casa (studio di marzo 2020).
Come dichiara il Ministro dell’istruzione la priorità in questo momento è
“garantire a tutti gli alunni una continuità didattica”.
Per questo motivo il Governo ha stretto un accordo con l’RTP (Radio e
Televisione del Portogallo) per trasmettere contenuti educativi sulle reti
nazionali per tutti gli studenti della scuola dell’obbligo.
Questa modalità non è nuova al Portogallo che, con la “Telescola”, aveva già adottato questa soluzione dal 1965 al 1987,
con lezioni che andavano in onda dal lunedì al venerdì dalle 14.00 alle
19.00.
La “Telescola” fu un’iniziativa che permise a migliaia di studenti
portoghesi di avere accesso all’educazione e soprattutto di portare a termine
il percorso di studi iniziato e da molti interrotto al 4° anno poiché, le zone
più interne del Paese, erano del tutto scollegate ed isolate. È proprio da
questo tipo di insegnamento che il Ministero dell’istruzione ha preso spunto per
concludere questo insolito anno scolastico creando un supporto complementare
alle lezioni a distanza che sono attive già da quasi un mese.
Dal 20 Aprile la RTP trasmetterà programmi educativi dal lunedì al venerdì
dalle 9.00 alle 17.50. Le lezioni saranno suddivise in 4 annualità miste (1° e
2° anno, 3° e 4° anno, 5° e 6° anno, 7° e 8° anno) più una sola per il 9° anno.
Ognuna di queste avrà programmi specifici da seguire con una durata di soli 30
minuti per mantenere alta l’attenzione degli alunni.
Vi saranno lezioni di ogni materia, dall’ora di lettura per le prime classi
alla lezione di chimica e fisica per i più grandi.
In Australia le cerimonie religiose per la
Pasqua sono state trasmesse online tramite iniziativa personale dei parroci e
dalla chiesa di St Mary a Sydney in TV. Nel frattempo, sono stati accolti voli
di ritorno per gli australiani bloccati all’estero, serviti dalla compagnia di
bandiera Qantas. La scorsa settimana
infatti sono partiti voli da Argentina, Perù, Sud Africa, Nepal, Cambogia e
India, ogni passeggero si è autofinanziato. La prima ministra per gli affari
esteri Marise Payne ha affermato che continueranno i lavori per rimpatriare gli
australiani in modo sicuro; è stato stimato che durante la pandemia siano
tornati più di 200.000 cittadini. Mentre l’andamento dei casi rimane stabile a
quota più 6300, gli operatori sanitari hanno indirizzato una lettera alle autorità,
preoccupati per la scarsa distribuzione dei dispositivi di protezione
individuale negli ospedali, dove hanno dovuto improvvisare mascherine e camici
di fortuna. Il personale sanitario rappresenta il 12% di infetti e dato il
numero di casi in aumento al suo interno, gli operatori sanitari temono di
diventare i principali untori.
Il primo ministro
del Regno Unito, Boris Johnson, ha
ringraziato dottori e infermieri del sistema sanitario nazionale, dopo essere
stato dimesso dall’ospedale St. Thomas di Londra la domenica di Pasqua: “gli
devo la vita” si legge nel The Guardian. Quando, il primo ministro ha
iniziato la sua convalescenza a Backinghamshire, la Regina Elisabetta II ha
trasmesso un altro messaggio alla nazione via radio: “Il coronavirus non ci
batterà” e così facendo ha cercato di risollevare la nazione e colmare il
momentaneo vuoto di potere a Downing Street. Nel frattempo, il numero dei
decessi ha superato i 10.000: “non bisogna dimenticare che questo poteva essere
evitato” ha scritto Nesrine Malik nel The Guardian. Infatti, si è
prodotto un tragico scenario dovuto all’impossibilità di prevedere la velocità
di diffusione del virus, nel quale “il Regno Unito non solo ha visto con i
propri occhi l’esperienza dell’Italia prima che il virus colpisse le proprie
coste, ma ha anche ricevuto espliciti avvertimenti dagli italiani riguardo agli
errori da evitare” ha continuato il giornalista. Il Regno Unito potrebbe essere
di fatto il paese più colpito in Europa, secondo quanto ha affermato David
Shukman, uno dei maggiori esperti scientifici del governo.
Negli Stati Uniti, il distanziamento sociale
sta dando i primi frutti, ma la voglia di tornare a lavoro è direttamente
proporzionale al numero dei contagi. Trump aveva promesso che dopo Pasqua, ci
sarebbe stato un punto di svolta, tuttavia ora non può ignorare le
raccomandazioni degli esperti, poiché sarebbe da irresponsabili. Infatti,
Anthony Fauci, esperto di malattie infettive, ha sottolineato che riaprire ora
sarebbe sbagliato e aggiunge che un contenimento tempestivo avrebbe salvato
molte vite. Tali affermazioni hanno scatenato la risposta del presidente, che
in un tweet ha intimato di voler licenziare il signor Fauci. In Massachusetts è
stato identificato il primo super diffusore: un team di medici dell’azienda
farmaceutica Biogen è infatti
risultato positivo al virus dopo un incontro annuale. Intanto, l’epidemia ha
continuato a mietere vittime: negli scorsi giorni, sono morti a 78 anni Stanley
Chera, amico di Trump e a 48 anni Anthony Carusi, uno dei fotografi sportivi
più adorati.
“…serás un héroe de los que hoy hacen falta, serás un
héroe para mi” (trad. “sarai un eroe di cui oggi si ha bisogno, sarai un eroe
per me) così cantano i figli del personale medico-sanitario dell’Ospedale Reina
Sofia di Cordoba, i quali hanno aderito all’iniziativa partita lo scorso 21
marzo dallo stesso ospedale e hanno interpretato la canzone Los héroes llevan bata (trad. “Gli eroi
indossano il camice”) per dare sostegno e forza a tutto il paese, visto che
risulta essere tra i più colpiti al mondo dal Covid-19.
Come riportato dal sito del Ministerio
de Sanidad spagnolo, sono esattamente 166.019 i casi confermati nel
paese: una situazione senza dubbio delicata, ma che non ha impedito al
Presidente del Governo Pedro Sánchez di riaprire, ignorando il parere degli
esperti in materia sanitaria, alcune attività non essenziali chiuse dallo
scorso 30 marzo, come alcuni lavori nel settore edile e gli uffici legali.
Questa decisione è accompagnata dal rinforzo delle misure di prevenzione:
il Governo sta, difatti, procedendo alla somministrazione di mascherine per
tutti coloro che riprenderanno a lavorare, senza, però, tener conto che il 95%
delle imprese coinvolte in questa riapertura hanno attestato di non avere le
misure cautelative imposte dal Governo stesso.
Per la popolazione, il confinamento obbligatorio durante la Settimana di
Pasqua ha portato a un totale di 10.245 multe e più di 100 arresti in tutta la
Spagna solo nelle ultime 24 ore: alcuni hanno optato per un barbecue per
strada, altri per un bagno in mare, altri ancora per stare semplicemente in
compagnia nella piazza del paese.
Spostandoci in America Latina, la paura e l’incertezza si fanno
strada nei meandri degli ospedali e degli organi di Stato: oltre alla grande
battaglia per l’elevato bisogno di mascherine, camici, respiratori e macchinari
per la ventilazione dei polmoni, il Governo peruviano innalza un grido di
protesta contro lo sciacallaggio e il furto di molti aiuti provenienti dalla
Cina.
Il ministro della salute del Perù, Victor Zamora, afferma che, vista la
grande domanda di materiale sanitario proveniente dai paesi europei, è logico
che la loro richiesta finisca alla fine della coda; ciò non toglie che,
comunque, si debba trattare la situazione latinoamericana, come meno importante
a livello mondiale.
Infine, riportiamo quanto affermato da Daniel Titelman, presidente della División de Desarrollo Económico de la
Comisión Económica para América Latina y el Caribe (Cepal), secondo il
quale esiste uno spiraglio di speranza economica: vista la grande crisi
vissuta, le imprese dovranno pianificare nuovi modelli di sviluppo nei quali il
ruolo del settore pubblico dovrà essere maggiore a quello degli ultimi 30/40
anni. La pandemia ci ha, difatti, segnalato la mancanza di prevenzione sociale
alla quale si può rimediare attraverso modelli di globalizzazione.
Ilaria Violi
In Svizzera la
Pasqua è stata insolita, contraddistinta da raccolte virtuali di uova su
Minecraft, trasmissioni in eurovisione della messa pasquale e messaggi vocali
con letture di salmi inviati dalle parrocchie. Il fotografo Jean-Paul Guinnard
ha ritratto strade e città deserte, mentre i custodi dello zoo di Basilea hanno
dovuto inventare nuovi giochi per intrattenere gli animali. Nel Ticino, il
cantone più contagiato, la polizia ha istituito posti di blocco per evitare
ingressi immotivati; intanto a Berna è partito un progetto di test per
coronavirus drive in, ma nei cantoni romandi c’è scetticismo perché questo test
implicherebbe poca accuratezza.
In Belgio, il Covid-19 ha colpito duramente l’economia delle
famose chocolateries che, pur
organizzando un sistema di e-commerce, hanno subito perdite senza precedenti
nel periodo pasquale. In queste giornate sono state organizzate diverse
iniziative radiofoniche e televisive come RadioHitalia,
rivolta alla comunità cristiana italo-belga, ha dato la possibilità di seguire
le funzioni religiose a distanza; anche il canale RTL ha trasmesso in diretta tv una panoramica di Bruxelles grazie a
un elicottero che, pur nel rispetto delle misure preventive, ha
consentito un evento di umanità “virtuale”. In molte città del mondo la sospensione delle attività dell’uomo ha
permesso alla natura di riprendersi i propri spazi.
La stampa in Francia ha stemperato il clima di
crisi nazionale e mondiale riportando molti cambiamenti ambientali positivi e
avvistamenti di animali in diverse città nel mondo: a Venezia i battelli, fermi
e attraccati ai moli, hanno permesso all’acqua di ritrovare il suo colore
trasparente di un tempo, tuttavia la notizia della presenza di delfini nei
canali si è rivelata dubbia. Non si può definire dubbia invece la presenza del
puma che si è avventurato per le strade di Santiago del Cile, della volpe nei
quartieri di Londra e dei pavoni alla scoperta di Madrid.
Quanto all’Africa non esita a tendere la mano all’Italia. Una
missione tunisina, composta da sette medici e infermieri, è infatti atterrata
lo scorso 11 aprile a Milano. L’equipe è composta da professionisti di un corpo
medico militare, specializzati in rianimazione, anestesia e sicurezza
biologica. L’iniziativa è nata a seguito di una conversazione telefonica
svoltasi il 23 Marzo, tra il Presidente Mattarella e il suo omologo tunisino
Kais Saied. Gli specialisti africani presteranno il loro servizio per almeno 15
giorni nella regione Lombardia, che in Italia sta pagando, il prezzo più alto
di questa pandemia.
In Canada, il
Québec si prepara già al “nuovo mondo”, che seguirà la pandemia, per rilanciare
e sostenere l’economia canadese e mondiale. Le proposte procedono verso
investimenti nel campo dell’innovazione tecnologica e della previsione di
impatti economici; tuttavia la crisi economica avanza e il dibattito sulle
tecniche da attuare è ancora aperto.
Nei giorni scorsi, Angela Merkel nel corso di un forum economico a Berlino
ha affermato che: “anche se il nuovo
Covid-19 si diffonderà ulteriormente in Germania, ciò non significa in
alcun modo che tutto quello che stiamo facendo in ogni Paese sulla Terra, anche
in Germania, per spezzare le catene d’infezione con misure di quarantena sia
invano”, ribadendo che le misure servono a conquistare “tempo prezioso”.
In questo difficile quadro di lotta contro il virus, ci sono alcuni segnali
che possono far sperare in un’evoluzione positiva della situazione.
L’Accademia Nazionale delle Scienze, si è espressa sulla situazione tramite
un comunicato nel quale è stato suggerita la riapertura delle scuole il più
presto possibile, adottando tutte le opportune misure di prevenzione volte a
contenere una nuova espansione del contagio (obbligo di mascherine, distanze
interpersonali, ecc.).
Questa presa di posizione è basata sulle aspettative di stabilizzazione del
virus su livelli più bassi così da permettere una graduale ripresa della
quotidianità.
La stessa Merkel ha definito questo studio molto importante per gli
sviluppi futuri della gestione della pandemia.
Le ultime notizie che arrivano dai Länder forniscono elementi confortanti
in un contesto che si mantiene comunque critico: come riportato da fonti ufficiali
tedesche, per la prima volta dall’inizio dell’emergenza, in Germania ci sono
più persone guarite che persone ancora affette da Covid-19.
Nel frattempo, il Robert Koch Institut (RKI), ha lanciato l’app “Corona
Data Donation” per monitorare i contagi attraverso smartwatch e braccialetti
fitness.
L’app raccoglie le informazioni utili a stabilire dove e quanto velocemente
si diffonde il Covid-19 in Germania.
Il Prof. Lothar H. Wieler, direttore
del RKI, ha sottolineato che: “L’app
permetterà di registrare il battito cardiaco a riposo e durante l’attività
motoria e in alcuni casi anche la temperatura corporea. L’uso è su base
volontaria e l’anonimato viene protetto, difatti non verrà utilizzata per
tracciare gli individui ma aiuterà ad identificare meglio gli hotspot
dell’infezione e ad ottenere un quadro più accurato dell’efficacia delle misure
per combattere il Covid-19.”
In questo contesto, il presidente del Parlamento tedesco Schäuble, sta
pensando di intraprendere per la ripresa delle attività fissate per il 20
aprile, delle sedute virtuali. A tale riguardo, ha inviato a tutti i
parlamentari una nota per modificare le forme di rappresentanza introdotte dopo
l’emergenza Covid-19 che prevedevano una presenza fisica in aula dei
parlamentari nel rapporto di 1:4.
La proposta di svolgere sedute virtuali, non ha trovato il pieno sostegno
da parte dei rappresentanti di tutte le forze politiche. In molti hanno
espresso le loro critiche appellandosi alla costituzione tedesca, dove non è
citata la possibilità di riunirsi e dove la presenza fisica svolge un ruolo
centrale.
Ivan Denaro
L’Italia continua la lotta contro il Coronavirus. Durante
un’intervista ad al-Jazeera, Giuseppe Conte ha spiegato che il
suo Governo non aveva previsto una diffusione così capillare e ha avuto solo
poche settimane per affrontare l’emergenza. Il Premier ha anche sottolineato
che si tratta di un momento cruciale nella storia dell’Unione Europea, per cui
si richiede assoluta solidarietà. Un esempio viene dal Qatar che, nella
giornata di mercoledì scorso, ha consegnato all’Italia un ospedale da campo,
nel quadro della lotta alla pandemia da Covid-19.
Lo stesso Iraq,che non vive una situazione rosea né dal
punto di vista politico né da quello economico, beneficia ora della solidarietà
di altri paesi: da un lato, gli USA hanno annunciato di voler donare undici
dispositivi per sottoporre al test centinaia di cittadini e poter diagnosticare
loro il virus; dall’altro, la Cina metterà a servizio dell’Iraq la sua
esperienza nella battaglia contro la pandemia. Le autorità irachene, infatti,
trasformeranno tre hotel della provincia di Bassora in centri di isolamento per
malati di Coronavirus, attrezzati proprio con strumenti cinesi. Su questa
linea, il Ministero del Petrolio Iracheno ha chiarito che la Basrah Oil Company
collaborerà con aziende cinesi e l’Amministrazione provinciale per fornire alle
strutture dispositivi e strumenti avanzati, necessari per le cure. Inoltre, il
Ministero dell’Interno ha rafforzato le disposizioni di sicurezza con
l’obiettivo di contenere il virus, estendendo il coprifuoco fino a quando non
si noterà una concreta diminuzione dei contagi. Il membro della Commissione
Economica del Parlamento dell’Iraq, Nada Shaker Jawdat, ha avvertito che ciò
potrebbe causare un aumento del tasso di criminalità dovuto alla povertà e una
violazione delle stesse disposizioni, a cui si aggiunge il crollo dei prezzi
del petrolio e la mancanza di un governo di crisi. La leadership irachena,
infatti, è stata ampiamente criticata perché mette in secondo piano anche una
pandemia della portata del Covid-19, a differenza di molti altri stati che
hanno accantonato temporaneamente vecchie rivalità per fronteggiare una
situazione eccezionale. A pagare il prezzo di tutto sono sempre le classi meno
abbienti, e in Iraq «chi non è morto di Coronavirus muore di fame». Tra le
testimonianze raccolte vi è quella di Amad, commerciante in uno dei quartieri
più poveri della capitale, il cui salario era l’equivalente di appena 60
dollari mentre ora, in seguito alla sospensione delle attività, non sa come
sostenere la sua famiglia. In questo periodo di stasi, anche la Chiesa ha
dovuto adattarsi alla situazione, trasmettendo le celebrazioni principali in
streaming. Dopo più di cento anni, la Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme
ha chiuso nuovamente le porte per evitare il contagio. Anche se l’atmosfera
spezza il cuore dei fedeli,i palestinesi inviano un messaggio di
speranza: «nonostante tutta l’energia negativa che ci circonda, dobbiamo
cercare un po’ di positività».
Valentina Baldo,
Roberta Elia, Maria Antonietta Reale
In Russia
la situazione sta lentamente precipitando. Il numero dei contagi sale a 15770 e
la popolazione, che da oltre una settimana si trova in stato di quarantena, sta
cominciando a trasgredire le leggi dell’autoisolamento, tra questi per la
maggior parte giovani, adolescenti e adulti. Il problema acquisisce maggiore
rilevanza se si pensa che queste trasgressioni di oggi, potranno influenzare
negativamente la situazione futura e il decorso della pandemia. Perché, così
come hanno dichiarato gli esperti, se oggi non si riuscirà a fermare
propagazione del COVID-19, a novembre potrebbe ripresentarsi una seconda
ondata, più dura e che imporrà il ricorso a limitazioni ancor più rigide.
La domanda sorge
spontanea: come possono occupare il tempo in maniera proficua i russi in
quarantena? Tra le varie opzioni vi è la possibilità di cercare lavoro: a
Mosca, proprio per contrastare le terribili conseguenze economiche della
pandemia, sono stati creati dei siti web dove è possibile consultare le ultime
offerte di lavoro, registrarsi in qualità di disoccupato e ricevere un consulto
da parte di specialisti. I siti web messi a disposizione sono due: “Il mio
lavoro” e “La mia carriera”.
Sul sito “Il mio
lavoro” è possibile presentare domanda di lavoro e avere accesso alla banca dati
dei posti vacanti; sono attivi i servizi di assistenza psicologica e aiuto
nello sviluppo di start-up. I datori di lavoro, invece, possono presentare
liste personali di posti vacanti, dare informazioni sui prossimi licenziamenti
e/o trasferimenti dei collaboratori. Vi è anche la possibilità, per
quest’ultimi, di presentare limiti di assunzioni di personale giovanile. Oltre
a ciò nel sito sono stati creati 180 corsi online volti alla formazione di
persone con più di 50 anni, disoccupati e donne in congedo di maternità.
Sul centro
d’impiego online “La mia carriera”, invece, sono attivi più di 100 corsi di
formazione per lo sviluppo delle soft skills, dove è possibile redigere
il proprio curriculum vitae, fare una ricerca fra i posti vacanti, proporsi per
colloqui e organizzare il proprio tempo libero. Su questa piattaforma online
alla fine di aprile verrà aperta la sezione “Lavoro per i maggiorenni aventi
più di 18 anni”. Questa seconda piattaforma, come la prima, offre una serie di
servizi dedicati ai datori di lavoro, i quali potranno frequentare delle video
lezioni riguardanti, ad esempio, sul come rapportarsi sul posto di lavoro con
persone anziane. Ogni datore di lavoro registrato sul portale, avrà diritto ad
un ufficio online personale e privato nel quale poter sostenere seminari,
condurre dei colloqui e presentare le offerte lavorative delle proprie aziende.
Inoltre, si
ricorda che sul sito web mos.ru è possibile redigere vari documenti e ricevere
certificati, fissare appuntamenti medici, registrare il proprio animale
domestico presso un veterinario, pagare affitti per gli alloggi e multe.
Paola D’Onofrio
L’8 aprile, il
presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, ha presieduto
all’incontro del Politburo di Partito, dove sono stati riportati gli
ultimi dati sulla ripresa industriale del paese e le misure anti-Covid adottate
dai vari governi locali negli ultimi giorni. Il presidente Xi ha dichiarato:
“Bisogna tornare alle nostre abitudini il prima possibile, fornire delle
soluzioni efficaci per la ripresa economica del paese, fare del nostro meglio
per ristabilizzare tutti i settori danneggiati dall’epidemia e tornare
concentrati sui nostri due grandi obiettivi: la lotta alla povertà e la
realizzazione della “moderately prosperous society” (programma politico
emblematico del mandato di Xi, in carica sin dal 2013).
Come riportato da un
articolo del Renmin Ribao (tra i quotidiani più letti su tutto il
territorio nazionale), “in momenti di crisi economica globale come questo, il
popolo cinese riesce sempre a convertire queste difficoltà in opportunità per
sfruttare al massimo l’enorme potenziale industriale del paese”, a
dimostrazione del fatto che la Cina è intenzionata ad uscire da questa crisi
non solo a testa alta, ma più forte di quanto già lo fosse prima dell’epidemia.
Sullo stesso articolo
del Renmin Ribao, si legge: “Il percorso di sviluppo economico della
Cina non è mai stato semplice. Ci siamo sempre dovuti imbattere in nuove sfide,
che però ci rendevano più forti ogniqualvolta ne uscivamo vincitori”. Tutto ciò
grazie alla determinazione e alla forza di un intero popolo che – ricorrendo ad
un antico proverbio cinese tradotto letteralmente – “sa affrontare e
sconfiggere il nemico anche nei vicoli stretti” ( 狭路相逢勇者胜).
Il 10 aprile il
presidente Xi, ancora una volta in seduta comune con il Politburo di
Partito, ha annunciato che la Cina aumenterà le misure di sicurezza per le
industrie, incrementando il controllo nei processi produttivi, al fine di
ridurre al minimo i rischi di incidenti sul lavoro. “La sicurezza viene prima
di tutto”, afferma Xi, aggiungendo che “lo sviluppo economico dell’intera
nazione necessita di adeguate e ulteriori misure di sicurezza e prevenzione,
che non devono essere assolutamente considerate come mere formalità
burocratiche”.
Intanto, il South
China Morning Post (quotidiano con sede a Hong Kong) riporta che
diverse “organizzazioni criminali” in Italia hanno cominciato a distribuire
alimenti e fornire prestiti a tasso zero ai più bisognosi. Le varie
organizzazioni mafiose sono pronte a farsi vive quando le imprese saranno
sull’orlo del fallimento, considerato che i fondi europei tardano ad arrivare.
Il motivo di questi aiuti? Controllo, potere e consensi politici.
Infine il quotidiano
honkonghese riporta le parole di Roberto Saviano in risposta all’ articolo
pubblicato il 9 aprile dal Die Welt in cui si legge che “la mafia
italiana aspetta solo una nuova pioggia di soldi da Bruxelles”. Saviano
risponde affermando che “è esattamente il contrario, meno soldi all’Italia, più
potere alle organizzazioni criminali”.
Il quotidiano del popolo Renmin
Ribao e il quotidiano
internazionale Guoji Ribao riportano
le parole del primo ministro italiano, Giuseppe Conte, che ha affermato, in
un’intervista alla BBC che se l’Italia continuasse a riscontrare un
rallentamento dei contagi, alcune misure restrittive potrebbero essere
allentate già entro la fine di aprile. Conte ha anche avvertito che l’Italia
non abbasserà la guardia da un momento all’altro, sottolineando che questo
processo non potrà che essere graduale. Ha inoltre risposto a delle domande
riguardo il futuro dell’Unione Europea, dichiarando: “Questa è una grande sfida
per la storia dell’Europa. È un grande appuntamento con la storia a cui io e
gli altri leader europei non possiamo mancare”. E aggiunge: “Se non approfittiamo
di rilanciare il progetto europeo, il rischio che l’UE cada a pezzi è reale”.
Infine, Conte ha ribadito che l’Unione Europea deve intraprendere misure di
coordinamento per aiutare i paesi più colpiti dal virus.
Intanto, viene anche riportata la decisione del Presidente della regione
Sicilia, Nello Musumeci, ha indetto la chiusura dello Stretto di Messina, per
evitare gli spostamenti durante le vacanze pasquali.
Le lingue: un mondo affascinante e profondo, imprescindibile nella vita di ognuno di noi fin dall’infanzia. Nonostante il ruolo fondamentale che riveste nella quotidianità, la maggior parte delle persone utilizza questo strumento di comunicazione in maniera inconsapevole, ignorando la complessità che si cela dietro al suo sviluppo e alla sua continua evoluzione.
Io mi sono sempre interessata allo studio delle lingue perché ho avuto modo di entrare in contatto fin dall’infanzia con diverse realtà linguistiche. Il ramo paterno della mia famiglia infatti è di origine umbra, per cui mi sono spesso trovata ad ascoltare conversazioni e proverbi in dialetto che mi incuriosivano data la differenza con il modo di parlare a cui ero abituata. Ciò che mi colpiva era come, già all’interno del mio nucleo famigliare, ci fosse una differenza linguistica così accentuata.
Crescendo,
il mio contatto con le lingue aumentava, grazie anche all’influenza di mia
madre, che mi ha sempre incoraggiata ad imparare l’inglese mediante la
frequentazione di corsi privati fin da quando avevo otto anni.
Durante il
mio percorso alle scuole medie, oltre a rafforzare la mia conoscenza
dell’inglese, ho avuto modo di ampliare il mio panorama linguistico con lo
studio dello spagnolo. La musicalità della lingua, unita al fascino della
cultura, ha reso lo spagnolo una delle mie lingue preferite, sebbene abbia
deciso di non inserirlo nei miei studi universitari. Questa decisione però non
deve far sottovalutare l’importanza che ha avuto nella mia vita: infatti è
stato proprio l’amore per lo spagnolo ad indirizzarmi verso la scelta del liceo
linguistico.
Alle scuole
superiori quindi ho avuto l’opportunità di apprendere una nuova lingua: il
francese, con il quale inizialmente ho avuto molte difficoltà. Nonostante la
mia avversione però, grazie all’aiuto del mio professore sono riuscita a comprendere
i complicati meccanismi di grammatica e pronuncia ed ho iniziato ad apprezzare
veramente questa lingua. Durante gli anni, il mio rapporto col francese è
andato via via rafforzandosi soprattutto attraverso la lettura in lingua
originale di grandi classici della letteratura, tra cui autori come Voltaire,
Zola e Camus.
Il motivo
per cui ho deciso di continuare il mio percorso con la lingua francese
all’università è stata l’importanza che ai miei occhi riveste nell’ambito
internazionale e diplomatico, coerente con il mio sogno di diventare
un’interprete parlamentare.
Una cosa per
cui mi ritengo particolarmente fortunata è l’opportunità che ho avuto di
entrare in contatto con queste lingue non solo a livello accademico, ma anche a
livello personale. Ho iniziato a viaggiare sin da piccola con mia madre e ho
visitato molti Paesi, diversi tra loro ma ognuno meraviglioso a modo suo. Lo
Yucatan, Zanzibar e Dubai ne sono la prova. Nonostante mi sia immersa in mondi
diametralmente opposti, non ho potuto fare a meno di amarli proprio per le loro
peculiarità. Vedere con i miei occhi realtà differenti dalla mia quotidianità e
farne esperienza concreta mi ha stimolata sempre più in questo mio percorso,
spinta dalla voglia di comprendere e di essere parte del mondo.
L’ultimo arrivato, in termini di studio linguistico, è il russo, che ho deciso di iniziare all’università. Ad essere sincera, la mia è stata una scelta azzardata, fatta in nome della mia passione più grande, la danza. La Russia è infatti la patria del balletto classico, che io amo, e la voglia di migliorare la mia conoscenza di questo paese dal punto di vista culturale mi ha spinta ad inserire questa lingua nel mio corso di laurea. Inoltre, il mio desiderio era studiare una lingua fuori dal comune in prospettiva del mio futuro lavorativo.
In
conclusione, guardandomi indietro, posso dire che mi sono trovata quasi
involontariamente ad interagire con lingue diverse, ma ora, guardando avanti,
ho deciso volontariamente che esse facciano parte della mia vita per sempre.
La rassegna stampa internazionale dell’UNINT sul COVID-19
Ci sono momenti ed immagini che fanno la storia. E ci sono poi uomini e parole che fanno la storia. Il 27 marzo 2020, Papa Francesco, la più alta autorità della Chiesa Cattolica, ha parlato all’uomo: a quello credente, in ogni religione, e a quello non credente. Ha parlato all’essere umano in quanto tale, in quanto essere bisognoso di coraggio, di comunità e di universalità in questo doloroso momento in cui le pagine della storia del mondo si riscrivono. “Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli.” (Papa Francesco)
Sara Nardi
Ad
oggi la situazione dei PALOP (Paesi Africani di Lingua Portoghese) è la
seguente:
Angola:Si verificano già gravi conseguenze
come l’aumento dei prezzi dei beni prima necessità, il che porta ancora più
disagio alle persone che hanno già grandi difficoltà ad arrivare alla fine del mese.
Tante persone hanno bisogno di lavorare, e molte di queste lavorano proprio per
strada come ambulanti. Una delle raccomandazioni fondamentali
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è quella di lavarsi le mani. Poiché
in Africa, ci sono gravi problemi legati alla reperibilità delle risorse
idriche, si sta lavorando molto sulla prevenzione. Già da settimane infatti, si
fanno campagne per invitare i cittadini a lavarsi le mani ogni volta possibile o
utilizzare gel disinfettanti.
Guinea – Bissau:
al momento sono stati registrati 8 casi di infezione da Covid-19. Il Paese
inoltre non sta attraversando un momento facile: Amnesty International, proprio
qualche giorno fa, ha affermato che i leader politici stanno approfittando dello
stato di emergenza per favorire l’istaurazione di regimi più autoritari,
violando i diritti umani.
Mozambico e
Capo Verde: hanno dichiarato lo
stato di emergenza da qualche giorno.
San Tomé e Principe: è
l’unica zona di lingua portoghese in Africa che sembra essere rimasta
miracolosamente illesa dal Covid-19.
In
pochi sanno invece che in Asia il portoghese è lingua ufficiale in ben tre Stati.
Macao: è
una delle regioni amministrative speciali della Cina (insieme ad Hong Kong) e
proprio per la sua collocazione si è trovata prima tra tutti nell’occhio del
ciclone. La pandemia ha raggiunto ufficialmente la regione il 22 gennaio 2020
nonostante la chiusura con la Cina continentale nelle precedenti 48 ore. Al 28
marzo il numero di casi totali (pubblicati dal sito istituzionale del Governo
di Macao) è pari a un totale di 3211 casi positivi dei quali 34 con
sintomatologia, 10 guariti, 224 persone in isolamento (tra cui 58 residenti a
Macao recentemente tornati dalla Corea del Sud o dall’Italia) e 0 decessi.
Goa: il più piccolo
stato federato dell’India. Al 25 marzo sono stati riscontrati i primi 3 casi
positivi sul territorio e il Ministro della salute Vishwajit Rane dichiara che
il Governo sta agendo come di dovere applicando tutte le precauzioni
necessarie.
Timor Est:
Il primo caso di Covid-19 dell’isola è stato rilevato il 21 marzo e da lì il Presidente
della Repubblica Francisco Guterres ha dichiarato lo stato di emergenza. Il
territorio affronterà lo stato di quarantena fino al 26 aprile. Sono stati
inoltre proibiti tutti gli incontri ed eventi sociali in programma.
Beatrice
De Luca Chiara Ruscio
Con
più di 215.000 casi, gli Stati Uniti ad
oggi continuano a essere il primo paese al mondo per numero di contagi. Il
virus colpisce anche il mondo della politica: l’ex Vice Presidente Joe Biden,
al Jimmy Fallon Show, ha dichiarato che è a rischio la Democratic National
Convention (Convention Nazionale del Partito Democratico) prevista per gli
inizi di luglio. Aumentano anche gli accessi al sito NYC Hope (sito dedicato
alle risorse contro la violenza domestica) con circa 1240 visite totali nel
periodo che va dal 18 al 30 marzo, indice del fatto che il “lockdown” sta mettendo numerose donne e
bambini a rischio. Trump alimenta la disinformazione sull’ epidemia da Covid-19
dichiarando che l’emergenza finirà tra un mese e che la carenza di respiratori
era imprevedibile. In Texas invece, 44 studenti in vacanza per l’inizio
dell’estate hanno violato le ordinanze restrittive risultando successivamente
positivi al coronavirus.
In
Canada, 248 passeggeri canadesi sono
bloccati a bordo delle navi da crociera Ms Zaandam e della sua gemella Ms
Rotterdam, e si contano 200 casi di contagio da coronavirus. Ron DeSantis,
governatore della Florida, si sarebbe inizialmente opposto all’approdo delle
imbarcazioni. De Santis nega adesso la discesa dei passeggeri, spiegando che la
priorità è quella di preservare i letti in ospedale per i residenti. Donald
Trump rassicura che il rimpatrio dei passeggeri canadesi è già in programma.
In
Australia, il governo ha annunciato
martedì il terzo fondo economico per la pandemia, e il più grande fino ad ora:
130 miliardi di dollari in sussidi alle aziende per sostenere i lavoratori a
casa. Inoltre, il ministro per l’Economia, Turismo e Investimento ha annunciato
un piano di assistenza per lo scambio merci internazionale, poiché sabato la
nazione ha denunciato la carenza di attrezzatura medica e il blocco delle
frontiere non permette scambi commerciali regolari. Il piano consta di 110
milioni di dollari e prevede l’esportazione di prodotti agroalimentari
australiani in cambio di attrezzature mediche per l’emergenza al momento da
paesi quali Cina, Giappone, Hong Kong, Singapore e Emirati Arabi Uniti.
Nel
Regno Unito, in data 1 aprile 2020,
sono saliti a 25,150 i contagi e 1789 i decessi. Il governo si dice furioso
contro la Cina, sostenendo che i numeri potrebbero essere 40 volte superiori a quelli
effettivamente dichiarati dal governo cinese. Un funzionario britannico afferma
che Pechino dovrà affrontare la “resa dei conti” una volta che l’epidemia da
Covid-19 sarà terminata. Alcuni esperti sostengono che la Cina stia
approfittando della situazione per espandersi economicamente. Intanto, il
sistema sanitario inglese sta lavorando su un’App che permetterà agli utenti di
essere avvisati qualora entrino in contatto con un soggetto positivo: questa
mossa potrebbe preparare il terreno per una sospensione del blocco. Gli esperti
prevedono il picco del contagio verso Pasqua.
La
Spagna è sul punto del collasso e la curva dei contagi e dei morti continua
a essere estremamente alta: nelle ultime 24 ore sono stati confermati 8.102
nuovi casi positivi al Covid-19 e 950 morti. Le vittime hanno raggiunto così la
drammatica cifra di 10.003 dall’inizio della pandemia. Ad oggi sono stati
confermati 110.238 casi positivi al COVID-19, quasi 27.000 guariti e più di
54.000 persone hanno avuto bisogno di assistenza ospedaliera.
Secondo
quanto riportato in un rapporto dell’Università Johns Hopkins di Baltimora,
circa 937.000 persone sono state contagiate in tutto il mondo e il numero delle
vittime registrate si attesta intorno a 47.000.
Dinanzi
alla progressione irrefrenabile della pandemia, l’Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS) sottolinea l’importanza di individuare i casi asintomatici, i
principali responsabili dei contagi, per cercare di frenare l’avanzata del
virus. Il Ministro della Salute spagnolo, Salvador Illa, si presenterà
quest’oggi di fronte alla Commissione Sanitaria del Congresso dei Deputati (Comisión de Sanidad del Congreso de los Diputados, in spagnolo), per informarli riguardo alle misure
adottate nel paese per far fronte alla pandemia.
Da un punto di vista economico,
gli effetti del coronavirus sul mercato lavorativo spagnolo stanno avendo
conseguenze disastrose. Nelle ultime 3 settimane si è registrato un crollo
dell’occupazione senza precedenti: dal 12 marzo hanno perso il lavoro quasi
900.000 persone. Per farsi un’idea dell’impatto e della gravità della
situazione, il ministro José Luis Escrivá ha paragonato quanto è appena
successo in poco più di 3 settimane con quanto accadde tra l’ottobre del 2008 e
il febbraio del 2009, periodo che tutti ricordano come l’inizio della grande
crisi economica a livello mondiale.
In Argentina nelle ultime
24 ore sono stati confermati 79 nuovi casi di COVID-19: sale così a 1.133 il
numero dei contagiati. Questo mercoledì il paese ha registrato 6 nuovi decessi.
Questo è quanto afferma il bollettino rilasciato dal Ministero della Salute
argentino. Entrando più nel dettaglio, dei 79 infettati 12 sono di Chaco, 11 di
Santa Fe, 10 di Mendoza, 10 di Santa Cruz, 10 di Buenos Aires, 10 in provincia
di Buenos Aires, 6 di Córdoba, 4 di Neuquén, 2 di Salta, 1 di Entre Ríos, 1 di
Corrientes, 1 di San Luis e 1 di Tucumán.
In
Messico il governo ha deciso di prorogare la sospensione delle attività
non essenziali fino al 30 di aprile, includendo anche il settore privato. Il
paese fino ad ora ha registrato 1.378 casi positivi e 37 morti.
In
Cile, Ecuador e Repubblica Domenicana i contagi aumentano sempre più
velocemente, rispettivamente con 2.770, 2.300 e 1.000 casi, con un tasso di
mortalità intorno al 5%. La maggior parte dei paesi del Sud America è, quindi,
in quarantena per cercare di limitare il contagio da COVID-19.
Karen Marinelli
Il settimanale Courrier
International riporta le parole del presidente Macron il quale si dice
favorevole a “un intervento economico solido” da parte dell’UE. Rimarcando la
necessità di “una solidarietà europea forte”, la Francia si schiera
quindi a fianco di Italia e Spagna, respingendo le visioni di Germania e
Olanda. L’idea di una solidarietà europea si ritrova anche nel giornale
francese L’est républicain che pone l’accento sul sostegno tra
cittadini, impegnati ad aiutarsi gli uni con gli altri; un’unione forte e
positiva che consolida ulteriormente l’appartenenza del popolo alla Francia.
In Svizzera, il Covid-19 ha colpito le case di
riposo, soprattutto nel Canton Vallese. A Ginevra hanno distribuito dispositivi
elettronici per permettere agli anziani in isolamento di avere contatti con i
loro parenti. Aumentano gli ordini online di cibo, i cittadini riscoprono hobby
culinari: lievito e farina presi d’assalto. Le università avvertono che ci
saranno cambiamenti per la sessione estiva: esami garantiti e professori
disponibili ai cambiamenti. Gli ospedali devono affrontare anche una sfida
finanziaria. Con l’hashtag #VersusVirus tutti possono aiutare alla lotta contro
il Covid-19.
La leggenda dell’afro-jazz camerunense Manu Dibango è la
prima vittima tra le celebrità mondiali. L’universo politico africano registra
tanti altri casi: in Burkina Faso, oltre ai diversi ministri contagiati,
si registra il decesso della seconda vicepresidente dell’assemblea nazionale
Rose Marie Compaoré. In Nigeria, il capo dello staff del presidente
risulta positivo al Covid-19. Sono stati messi in quarantena il Capo dello
Stato del Botswana, il Primo Ministro della Costa d’Avorio Amadou
Gon Coulibaly, il Presidente della Commissione dell’Unione Africana Moussa Faki
e la famiglia del leader dell’opposizione Freeman Mbowe in Tanzania.
In Italia, nella piccola città di Cremona, circa otto
medici canadesi hanno preso parte a un team medico e di supporto composto
da 70 persone, allestendo un ospedale da campo in un parcheggio fuori dal
principale ospedale di Cremona. Questo è stato reso possibile grazie alla
donazione finanziata dalla ONG (Organizzazione non Governativa) cristiana Samaritan’s
Purse (letteralmente Borsa del Samaritano), che ha provveduto a
inviare i medici canadesi in Italia. Finora, sotto la loro custodia, è morto un
solo paziente, ormai malato da giorni.
Da qualche settimana
si è constatato un aumento di richieste d’aiuto sul numero verde belga da parte
dei giovani. Il numero di chiamate per riportare casi di abuso di minori è
triplicato e si è notato anche che coloro che contattano la linea per la prima
volta, lamentano spesso di conflitti a casa che derivano dalle rigide misure di
contenimento. In materia politica, in Belgio, come in Italia, i partiti
di estrema destra e populisti sembrano trovare terreno fertile nell’attuale
crisi sanitaria, strumentalizzando la situazione per ribadire le proprie teorie
antiglobalizzazione e di difesa dei confini nazionali.
Dopo
aver prolungato le restrizioni fino al 19 aprile, i tedeschi si vedono
costretti non solo ad annullare le imminenti vacanze pasquali ma anche a fare i
conti con i contagi in costante aumento. Sono infatti ormai oltre 67 mila i
cittadini affetti da Covid-19 e si contano ormai più di 700 morti.
Gli
esperti in Germania affermano che la situazione degli ospedali tedeschi
è ancora sotto controllo ma il Paese si sta comunque organizzando per aumentare
i posti in terapia intensiva in previsione dell’ormai vicino picco di contagi
che potrebbero mettere in crisi anche il sistema sanitario della Germania.
Nel
frattempo, 130 militari tedeschi insieme a virologi e ingegneri, stanno
testando applicazioni per tracciare i contagi, su modello del metodo già
utilizzato nella Corea del Sud. Il governo pensa che tale metodo per contenere
i contagi potrebbe essere disponibile già dopo Pasqua.
I
contagi però, così come in tutti gli altri paesi, non sono l’unica
preoccupazione in questo momento, alla quale si aggiunge anche quella della
conseguente crisi economica. Si stima infatti che, se le restrizioni dovessero
essere messe in atto per due settimane in più rispetto al tempo finora
previsto, il PIL potrebbe essere in calo di un ulteriore 2%.
Anche
la Germania, però, sta offrendo aiuti all’Italia. Se fino alla scorsa
settimana i pazienti italiani ricoverati nelle cliniche tedesche erano 47,
questa settimana ne sono stati accolti altri, per un totale di 73 pazienti.
In
Austria, anch’essa fortemente colpita dai contagi di Covid-19, si prevede
che le restrizioni entrate in vigore lo scorso 26 marzo saranno sciolte già a
partire dal 13 aprile, data in cui, secondo il governo, si dovrebbe pensare
alla riapertura di aziende, scuole e negozi per l’immediata ripresa
dell’economia. Contrariamente ad altri paesi però, l’Austria ha attuato
ulteriori restrizioni anche per quanto riguarda gli orari di apertura delle
attività ancora aperte perché necessarie ed essenziali. I supermercati,
infatti, sono aperti solo fino alle 19.00 e accessibili solo se muniti di
mascherine protettive. Un punto di vista differente, invece, sembra avere la
Germania che non vede ancora la necessità di imporre l’uso di mascherine
protettive per i cittadini.
Le
ultime notizie austriache in relazione all’emergenza in corso riguardano l’idea
del governo di effettuare tamponi in massa per essere in grado di dividere la
popolazione fra contagiati, possibili contagiati ed individui contagiati ma
asintomatici. Il ministro degli interni austriaco Karl Nehammer, che si mostra
molto fiducioso a riguardo, afferma che l’utilità di questo metodo sarebbe
infatti per i pazienti che hanno già contratto l’infezione da Covid-19, senza
magari esserne a conoscenza e che, una volta superata, potrebbero tornare a
condurre una vita normale al più presto per favorire la ripresa dell’economia.
Jasmin
Pick
La situazione Covid-19 in Russia sta peggiorando.
Così parla il 1 aprile il presidente Putin: “Nel paese la situazione sta
diventando sempre più difficile: si contano più di 850 malati e più di 2777
contagi.”. La vicepremier Tatiana Kolikova ha affermato che i casi sono in
aumento, ed è per questo che si è deciso di aumentare il numero dei test: “In
totale abbiamo già fatto 536000 test, non solo nelle ultime 24 ore, coprendo
quasi il 19% della popolazione; continueremo, in quanto sia i malati, sia i
contagi crescono a dismisura.” Inoltre, secondo quanto dichiarato dalla Kolikova,
nei laboratori russi si sta lavorando su alcuni prototipi per creare un
vaccino. Dal 29 giugno si potrà passare alla fase sperimentale nella quale si
raccomanda la partecipazione di più di 60 volontari.
Una tra le ultime misure adottate è stata legalizzare la
vendita di farmaci on-line: si potranno ordinare e riceverli a domicilio. Una
decisione radicale, ma necessaria presa dalla Duma. “La legge predispone la possibilità di vendere farmaci
soggetti a prescrizione medica, ad eccezione di quelli contenenti alcune
sostanze, come quelle psicotrope e narcotiche” ha dichiarato il presidente
della Duma Vyacheslav Volodin. Il guadagno delle farmacie russe è cresciuto del
20% poiché i prezzi delle medicine sono aumentati del 11%. Le misure di supporto, invece, variano
da ragione a regione. A Mosca, ad esempio, il governo stanzierà 2,6
miliardi di rubli per il sostegno di determinati settori come trasporto aereo,
turismo, ristorazione, educazione, fisica e sport. “Abbiamo ampliato la
possibilità di rinegoziare i prestiti precedentemente emessi e semplificato e
ridotto i requisiti necessari per l’erogazione di nuovi prestiti per pagare gli
stipendi dei dipendenti” ha detto il primo ministro Mikhail Mishustin.
Il 2 aprile il presidente russo si è rivolto nuovamente
ai suoi concittadini ringraziando tutti coloro che, in prima linea, stanno
combattendo l’emergenza. Il presidente sottolinea come le misure contenitive
siano state efficaci e che abbiano fatto guadagnare del tempo prezioso in
termini di gestione della pandemia. Le sue parole: “Ho deciso di prolungare la
chiusura delle attività fino alla fine del mese, cioè fino al 30 aprile
compreso, sottolineo, pur mantenendo i salari per i dipendenti. Tuttavia, la
situazione sta cambiando e […] la malattia si diffonde in maniera non omogenea.
Il nostro è un grande paese, molto grande, caratterizzato da diversa densità di
popolazione, ci sono aree della Federazione in cui il coronavirus ha già
rappresentato una grave minaccia per le persone, ad esempio a Mosca, dove non è
possibile invertire la tendenza, nonostante le misure adottate dalle autorità
federali e cittadine. E ci sono aree, che sfortunatamente sono sempre
meno, dove non si sono ancora verificati casi, grazie a Dio.” Conclude il suo
discorso richiamando l’intera popolazione al rispetto delle regole.
Paola D’Onofrio, Angela
Doria, Clarissa Giacomini
La pandemia del Coronavirus da mesi turba gli equilibri
mondiali non risparmiando nessuno, incluse quelle zone del mondo, come il Levante,
che da decenni devono fare i conti con gli orrori e le conseguenze della
guerra. Emblematico è il caso della Siria: alle accuse mosse da medici
ed esperti contro il regime per aver nascosto la diffusione dell’epidemia fino
alla scorsa domenica, si aggiunge l’invito del Segretario Generale delle
Nazioni Unite alle parti coinvolte «a sostenere il suo appello lanciato di
fronte alla necessità di un cessate il fuoco in tutte le aree dove sono
presenti conflitti armati e di adoperarsi per fronteggiare il virus». Nel
vicino Libano, nonostante finora non ci siano contagiati nei campi e
nelle comunità palestinesi, la paura regna sovrana: è necessario considerare
che un solo caso di Coronavirus in uno qualsiasi dei campi, è sufficiente per
farlo diventare un epicentro, date le condizioni di vita precarie e la pessima
situazione sanitaria. Va chiarito che la gestione dei campi per rifugiati
nell’area siro-libanese è di competenza di diverse organizzazioni, solitamente
non governative, o agenzie delle Nazioni Unite. In un primo momento, per
arginare il virus, lo stesso Consiglio dei ministri libanese aveva adottato
misure che, però, non includevano i campi profughi, portando così i leader
palestinesi a chiedere di gestire l’emergenza in maniera più responsabile,
guardando anche ai rifugiati: trovandosi sul suolo libanese è implicito che
essi siano colpiti e influenzati da ciò che gli succede intorno. Tuttavia, Huda
Samra, corrispondente dell’UNRWA in Libano, ha chiarito che sin dal primo
momento l’agenzia e il personale sanitario hanno effettuato un meticoloso
follow-up e intrapreso una campagna di sensibilizzazione sul virus attraverso i
mass media. Una fotografia differente descrive la situazione in Giordania,
dove il Ministero degli Interni – che
da tempo coopera con le organizzazioni internazionali e regionali pertinenti –
ha introdotto disposizioni al fine di offrire l’assistenza sanitaria necessaria
ai profughi siriani presenti nel territorio. Anche il portavoce dell’UNHCR di
Amman, Al-Hiwari, ha sottolineato che gli ospedali all’interno dei campi sono
adeguati a rispondere a qualunque situazione, poiché le procedure sono simili a
quelle adottate al di fuori di essi e in linea con le decisioni del governo
giordano. Secondo il rappresentante dell’UNHCR in Giordania, Dominik
Bartsch, «finora nessun rifugiato in Giordania è stato colpito dal virus, ma
dobbiamo essere pronti e il governo deve continuare a sostenerci». Ha espresso altresì la sua gratitudine verso il governo
per aver concesso ad alcuni operatori i permessi necessari per recarsi nei
campi profughi di Zaatari e Zarqa affinché vengano erogati i
servizi fondamentali.
È proprio nei momenti come
questo, in cui il mondo intero è in ginocchio, che non bisogna dimenticare chi,
ordinariamente, vive situazioni di precarietà.
Baldo Valentina, Reale Maria Antonietta, Elia Roberta
Il Comitato Centrale del Partito Comunista e il Consiglio
di Stato Cinese, dopo un lungo dialogo sul da farsi sulla questione Gaokao
(esame equivalente al nostro Esame di Stato), sono giunti ad una conclusione
ufficiale. Per la prima volta dopo la Rivoluzione Culturale (1966-1976),
l’esame nazionale del Gaokao è stato rinviato. Verrà posticipato di un
mese, precisamente al 7 e 8 luglio 2020. Una notizia che coinvolge più di 10
milioni di studenti cinesi, i quali avranno un mese di tempo in più per
prepararsi alla prova didattica più importante della loro vita. La possibilità
di accedere a qualsiasi università all’interno della nazione, infatti, dipende
indissolubilmente dal risultato finale dell’esame. Solo chi ottiene un
punteggio alto può ambire alle università più prestigiose.
Come riportato da Shanghai Fabu, le sedi d’esame saranno
scelte in base agli standard di sicurezza, ovvero strutture che possano
garantire una distanza minima tra gli studenti. Saranno condotte operazioni di
sterilizzazione a tappeto di tutte le strutture scolastiche così i come
controlli sanitari a tutti i soggetti coinvolti, dagli esaminatori agli
studenti, dai dirigenti scolastici agli addetti delle pulizie. Tuttavia,
l’intera provincia dello Hubei e Pechino rimangono le uniche due aree dove il
Ministero dell’Istruzione ha preferito temporeggiare prima di annunciare una
data ufficiale per l’inizio dell’esame.
Passando ai numeri più recenti dei casi confermati, a
seguito dell’incontro di lunedì 30 marzo del “Gruppo Covid-19”, gruppo speciale
affiliato al Governo Centrale e diretto dal Primo Ministro Li Keqiang,
quest’ultimo ha esortato le autorità “ad essere più proattive nel capire bene
la situazione dei casi asintomatici”. Infatti, come dimostrato dai dati
pubblicati dal Governo Centrale stesso, “i contagiati asintomatici fino alla
fine di febbraio sono stati 43,000”. Purtroppo, nessuno di questi è stato
inserito nel conteggio ufficiale dei casi confermati. D’altro canto, un team
non governativo di medici cinesi rivela che il 60% circa di coloro che hanno
contratto il virus nella città di Wuhan erano asintomatici. Cifre senz’altro discordanti e che ispirano poca
trasparenza.
Chang Jile, direttore della Commissione per
la Prevenzione delle Malattie, ha dichiarato che dal 1 aprile verrà fatta più
chiarezza sui casi asintomatici e sulle loro condizioni attraverso analisi e
trattamenti nelle zone di maggiore interesse, così da poterli inserire nel
conteggio totale dei casi confermati. Un modus operandi sicuramente poco
conforme con le direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo
cui le autorità di ogni paese sono tenute ad includere il numero dei pazienti
sintomatici così come gli asintomatici per il conteggio totale dei “casi
confermati”. In realtà, i criteri adottati dal governo cinese all’inizio
dell’epidemia erano paradossalmente conformi a quelli dell’OMS. Tuttavia, dal 7
febbraio in poi, si è deciso di tenere conto solo dei pazienti sintomatici.
Fondamentale
sta diventando sempre di più l’aiuto della Cina all’Italia, soprattutto
nell’inviare rifornimenti medici quali 40.000 mascherine, 20.000 per uso
ospedaliero, mentre altre 20.000 per uso comune, la maggior parte destinate
principalmente in Lombardia. Tutti questi articoli ospedalieri provengono da
Shengze, molto vicina a Suzhou (Jiangsu) famose entrambe nel mondo per essere i
luoghi natii della seta. Queste due città inoltre hanno un rapporto molto
speciale con Milano (capitale economica e della moda) e Como (importante centro
industriale della seta in Italia).
Secondo l’agenzia
di stampa cinese Xinhua, Wang Yibing, governatore della città di Shengze, si è
espresso in merito alla situazione in Italia come di seguito: “non
dimenticheremo mai quando l’Italia ci ha aiutati nell’avviamento nell’industria
della moda, e per far fronte alla pandemia, vogliamo fornire tutto il nostro
supporto necessario”. Non è solo a Milano che arrivano gli aiuti, poiché
l’associazione giovani cinesi in Italia ha donato mascherine indirizzate alla
polizia e ad altri volontari dell’ANPS di Roma. Inoltre il simbolo della
cooperazione tra Italia e Cina non è solamente il donare le mascherine, poiché
ultimamente in Italia è approdato il terzo gruppo di medici esperti provenienti
dalla regione a sud est della Cina (Fujian), i quali stanno cercando di
applicare i metodi usati in Cina per poter curare in modo efficace i pazienti
infetti dal coronavirus.
Mattia Del Vecchio, Fabrizio Ubbriaco
FONTI e SITOGRAFIA
Per la lingua PORTOGHESE
Manuel Lamba. Angola Covid-19: Angolanos violam regras de prevenção. Covid-19:
Angolanos
violam
regras de prevenção. 01.04.2020.
Redazione.
COVID-19 in Mozambico: 7 casi confermati e solo 2mila tamponi disponibili. Radio
Popolare. 27.03.2020
Redaçao. Guiné-Bissau: Estado de emergência "usado para legitimar
golpe. ASemana. 31.03.2020
Redaçao. Covid-1 9 : Cabo Verde regista mais quatro casos suspeitos.
ASemana. 31.03.2020
Com agências, mp, mc. Covid-19: África tem quase 3,3 mil infeções.
Notícias. 27.03.2020
Graça Henriques. Coronavírus. Histórias de quem já não recebe um tostão. Diário
de Notícias. 31.03.2020
Reuters, 2020. “Trump Urges Florida to Welcome Cruise
Ship With Deadly Coronavirus Outbreak”, The New York Times.
Star Staff Wire Services, 2020. “Ontario patients
triple in a week with 2,850 confirmed or probable COVID-19 cases, including 83
deaths; Online phone scams on the rise”, The Star.
Worthington B., 2020, “Federal Government offers $130b in coronavirus wage subsidies for
businesses to pay workers”,Politics,
ABCNews
Sin da quando ero bambina ho sempre avuto un ottimo rapporto con la lingua italiana; ricordo che alla scuola primaria, quando la maestra assegnava i compiti di scrittura, li svolgeva appena tornata a casa, tentando di trasmettere su un foglio di carta tutto il mio entusiasmo e la mia immaginazione.
Col passare del tempo questa passione è aumentata sempre di più, e alla scuola media ho iniziato a scrivere qualche piccolo componimento che rispecchiava le mie emozioni e le mie sensazioni provate durante quel periodo della mia vita.
L’amore per le lingue straniere, invece, non è nato tra i banchi di scuola, poiché a mio parere in Italia esse non vengono insegnate correttamente, dunque questa mia passione, in particolar modo per la lingua inglese, è nata quando i miei genitori hanno ospitato per un mese una ragazza americana. Da quel momento ho pensato quanto potesse essere affascinante approfondire le altre lingue per conoscere i costumi degli altri popoli; questo è il motivo per cui ho scelto di frequentare il liceo linguistico, e andando avanti ho scoperto che la conoscenza delle lingue è fondamentale al giorno d’oggi, non solo perché offre un vasto campo di lavoro, ma soprattutto per un proprio bagaglio culturale che ognuno di noi porta con sé. Padroneggiare una lingua è importante per comunicare con persone che provengono da altri paesi, per conoscere le loro culture e tradizioni. Conoscere le lingue straniere è un modo per aprirsi al mondo e non restare chiusi nella propria mentalità. Ed è proprio per questo motivo che ho scelto di intraprendere questo percorso universitario, in quanto io credo fermamente che sia importante sperimentare nuove culture per guardare verso nuovi orizzonti. Inoltre dentro di me è sempre rimasta accesa la passione per i viaggi. Quando si viaggia si esce dalla solita routine, si ammirano paesaggi diversi, l’architettura e i monumenti del posto, si scoprono nuovi sapori e odori. L’apprendimento delle lingue aiuta a rendere il tutto più piacevole e a capire molte più cose sui luoghi e sulle abitudini delle persone.
Prendendo spunto da un proverbio ceco (“Imparate una nuova lingua e avrete una nuova anima”), spero vivamente che tutti i miei sogni si possano realizzare attraverso questo percorso che avrò la possibilità di intraprendere in questi anni.
Civita Castellana è un borgo situato su altissimi speroni di tufo al centro della Tuscia, l’antica terra degli Etruschi nell’Alto Lazio. Si trova lungo la via Flaminia, a metà strada fra il capoluogo di provincia, Viterbo, e la città di Roma.
La cittadina, dall’interessante patrimonio culturale, storico e archeologico, è nota per essere stata, in epoca pre-romana, la capitale della popolazione dei Falisci, che qui vi abitavano prima degli Etruschi; il suo nome, difatti, era Falerii Veteres prima che il paese fosse distrutto a opera dei romani (che ne avviarono in seguito la ricostruzione).
Civita Castellana offre panorami di suggestiva bellezza, come quello che è possibile ammirare dall’imponente Ponte Clementino, fatto edificare da Papa Clemente VI nel 1709, che divide il centro storico dalla parte nuova della cittadina.
Nel Rinascimento fu residenza papale: fra i pontefici più influenti che vi soggiornarono, Alessandro VII Borgia, che diede avvio alla costruzione del Forte Sangallo, e Giulio II della Rovere.
Fra i luoghi di interesse che è possibile visitare, la Cattedrale di Santa Maria Maggiore (nota anche come Duomo dei Cosmati), principale luogo di culto del paese, dove il musicista austriaco Wolfgang Amadeus Mozart, di passaggio a Civita Castellana, ebbe l’occasione di suonare l’organo durante la funzione liturgica della domenica mattina dell’11 luglio 1770.
Per la sua fiorente attività artigianale, diffusa sul territorio sia in epoca antica che moderna, è nota come “Città della Ceramica“, la cui produzione nel corso dei secoli è documentata anche dal Museo della Ceramica presente all’interno della Chiesa romanica di San Giorgio.
Da Roma, è raggiungibile sia con mezzi Atac e Contral, che con il treno. Per gli automuniti che vogliono visitarla, occorre semplicemente seguire le indicazioni per Civita Castellana.
Non si tratta di un reboot del
romanzo di Gabriel García Márquez, bensì di un titolo molto inflazionato nelle
storie e nei post dei giovani laureati di questo periodo, che descrive una
realtà fattasi strada nel contesto della pandemia che in Europa ha colpito per
prima l’Italia, diffondendosi poi a macchia d’olio in tutte le nazioni del
continente e al di là della Manica. Infatti, un gruppo di studenti
dell’Università degli Studi Internazionali di Roma ha consumato un breve
momento di celebrazione e gioia all’interno delle loro quattro mura domestiche,
mentre il mondo fuori dalla loro finestra combatteva un nemico invisibile; è
stata la fioritura del germe del futuro, che è sbocciato in una serra fertile e
protetta, mentre fuori c’era una primavera secca.
“Mi sono laureata ai tempi del coronavirus”, sarà
questa la frase che diranno ai posteri i 73 laureati della UNINT di Roma che
hanno conseguito il titolo per via telematica; non sarà però facile spiegare
cosa questo significhi realmente, perché sarebbe riduttivo dire solamente che
un percorso universitario si è concluso dentro il proprio domicilio, davanti ad
un computer quando fuori c’era un virus che viaggiava dal nord al sud
dell’Italia, costringendo l’intera nazione a casa, dato che il sistema
sanitario era vicino al collasso. Parleranno di isolamento, di restrizioni, di
spirito di adattamento e di distanze, ma anche del potere dei social media e
dello spirito di comunità che ha unito tutti virtualmente e spiritualmente per
festeggiare un traguardo meritato; parleranno di come un momento straordinario
in una condizione straordinaria sia stato condiviso da molti giovani, i quali si
aspettavano di discutere la tesi davanti ad una commissione, vestiti di tutto
punto e di festeggiare nelle loro facoltà e poi in qualche locale con i propri
cari, magari facendo foto con corone d’alloro, tocchi e mazzi di fiori, ma che poi
hanno dovuto ridimensionare tutto e adattarsi alla situazione. Quindi, anche se
ognuno di questi si è ritrovato a parlare a immagini catturate da webcam sparse
in tutta la penisola, nel confinato spazio della propria cameretta o del
proprio salone, erano tutti lì, nella stessa piattaforma, seppur virtualmente.
I protagonisti di questo evento si sono resi disponibili a dare il proprio
contributo per ricostruire l’intera vicenda, fornendo la loro prospettiva e
dopo essere stati contattati tramite un gruppo Facebook creato due anni fa per
facilitare la comunicazione tra compagni di corso, hanno condiviso la loro
esperienza, ricorrendo allo stesso software usato per discutere la tesi e per
la proclamazione: Skype. È stato chiesto loro di raccontare come avessero
vissuto l’esperienza in una videochiamata tête-à-tête ed è subito risultato chiaro come ogni storia fosse a sé, ma
in qualche modo simile alle altre, disegnando così la fitta rete che ha messo
in connessione i membri della micro comunità di laureati.
Tutto è iniziato il 4
marzo 2020 con la notizia arrivata dal Presidente Giuseppe Conte, che
annunciava la sospensione delle attività didattiche per far fronte
all’emergenza dovuta alla diffusione del coronavirus. Ovviamente, i
provvedimenti emanati da Palazzo Chigi hanno impiegato alcune ore per
percorrere i 5,6 chilometri di strade e venir posti in essere all’interno della
sede dell’Università degli Studi Internazionali di Roma; ore piene di
incertezza e preoccupazione per i futuri laureandi, incollati al televisore
insieme alle famiglie, i coinquilini, gli amici e i propri cari, per capire
quale fosse stato il destino della nazione. Inevitabilmente, dopo aver appreso
la notizia, il loro pensiero è andato anche alla sessione di laurea ed è così
che sono iniziate le supposizioni in merito ai possibili scenari: la rimandano?
Si farà a porte chiuse? Non mi laureerò mai? E altri dubbi che alimentavano il
disorientamento dato all’intero contesto.
Le risposte sono
arrivate giovedì 5 marzo con una comunicazione che annunciava la decisione di
svolgere le lauree a porte chiuse, vietando anche i festeggiamenti nelle
immediate prossimità dalla struttura per non creare assembramenti e vanificare
le misure di contenimento; a quel punto si sono diffusi sentimenti contrastanti
negli animi degli studenti laureandi: c’era chi voleva “solamente laurearsi”,
chi invece ha messo in moto la rete dei rappresentanti degli studenti per poter
parlare con la presidenza e richiedere almeno di far entrare in aula due
invitati per candidato. Lo smarrimento si era tinto di disapprovazione e
delusione; Giulia racconta “mio padre mi ha detto: ‘mi stai dando una
pugnalata’. Però poi entrambi i miei genitori mi hanno mostrato grande sostegno
per risollevare almeno il mio di morale” e aggiunge “sinceramente all’inizio mi
sembrava tutto surreale e neanche ci pensavo troppo alla laurea, ero più
preoccupata per la salute dei miei genitori e dei miei nonni”. Ma tutto il
dissenso si è placato alla successiva comunicazione, che è stata accolta anche
con più consapevolezza dei rischi da parte degli studenti: il 10 marzo
l’università ha comunicato la chiusura della sede e la coerente e conseguente
scelta di svolgere le lauree per via telematica a seguito del decreto che
dichiarava l’estensione della zona rossa a tutta l’Italia. Gli studenti si sono
rassegnati davanti alla gravità della situazione, rinunciando a tutti i piani
che si erano costruiti per questo giorno che doveva essere il culmine della
loro carriera universitaria; Virginia dice “avevo perso l’entusiasmo,
non volevo quasi più laurearmi, ho proprio deciso di fregarmene”, anche Alice
denuncia lo stesso sconforto “non mi andava giù”. Un’altra Giulia (che
per comodità chiamerò L’altra Giulia) dice “in quel momento mi sembrava
che la laurea stesse perdendo il suo valore simbolico. Ero molto dispiaciuta”; hanno
iniziato, quindi, a provare rifiuto per l’intera situazione, tanto che Giulia
(questa volta si tratta de LaPrima Giulia) confessa
“inizialmente mi sembrava una barzelletta, tanto che mi è tornata in mente una
storia fatta dalla mia collega Clarissa quando non si sapevano ancora le nostre
sorti, dove ironizzava sul fatto che avrebbe preferito quasi laurearsi in
pigiama a casa e mi ricordo di averci riso su per l’assurdità della cosa”; Vita
invece racconta “ero a Roma nella mia stanza in affitto, lontana dalla mia
famiglia e quando mia madre l’ha saputo, ha iniziato a piangere e credo abbia
pianto tutti giorni fino a quando non mi hanno proclamata”. Successivamente è
arrivata la fase dell’accettazione, dove ormai gli studenti si erano abituati
all’idea e hanno iniziato a reagire: un’altra Giulia (che chiamerò L’ultima
Giulia) dice “il decreto è uscito proprio il giorno in cui ho ritirato la
copia cartacea della tesi. Mi è dispiaciuto, ma mi sono rassegnata” poi
aggiunge “mi sono detta di rimanere positiva, perché volevo concludere questo
percorso”, la stessa conclusione alla quale è arrivata Alice “pensare
positivo era l’unica cosa che restava da fare, l’unica cosa che ci rimane”; La
Prima Giulia è sulla stessa linea “ho pensato che quasi era meglio così,
perché almeno avrei avuto la mia famiglia con me, nella stessa stanza”. Anche Virginia
con il passare dei giorni ha iniziato a reagire: “ho metabolizzato la cosa. Ho
pensato a cosa mettere e ho cominciato a lavorare alla presentazione”. Enrico
invece, si è mostrato positivo fin da subito: “l’ho subito vista come
un’opportunità”, mentre dall’altra parte c’è stato chi si è sentito privato di un’occasione
di riscatto, ad esempio Isabella con un po’ di amaro in bocca dice: “ero
curiosa di vedere cosa si provasse ad aspettare davanti all’Aula Magna con le
gambe che tremano e il discorso in mano, per poi parlare al microfono davanti
ad una commissione, perché alla triennale non abbiamo vissuto una laurea del
genere. Non potrò dire di aver mai discusso una tesi nella modalità canonica”. Lo
stesso dice Laura con un animo ancora più deluso “mi ero buttata molto
giù, perché alla triennale non avevo sostenuto una vera discussione con i miei
cari alle spalle e aspettavo la magistrale per farlo. La delusione era talmente
tanta che avevo deciso di non ripetere neanche la presentazione” aggiunge “non
mi sono mai comportata così, sono andata a tutti gli esami sempre più che
preparata. Solo qualche ora prima del mio discorso, ho iniziato a rivedere il
PowerPoint”.
Sta di fatto che nei
giorni prima del grande evento fuori dall’ordinario, si sono attivati tutti,
grazie anche al sostegno dei familiari, degli amici e niente po’ po’ di meno
che dei rispettivi relatori; alcuni hanno organizzato dirette su Facebook,
Twitch e Instagram per accorciare le distanze e condividere il momento in
sicurezza, creando un piccolo spazio virtuale di celebrazione e affetto. La
maggioranza ha vissuto in tranquillità i giorni precedenti alla laurea, senza
troppa ansia, tanto che Flavia, come altri, ammette di non averci
proprio pensato quasi, fino a che non si è ritrovata davanti al suo computer ad
aspettare la chiamata dalla facoltà e La Prima Giulia la sera prima dice
di avere risposto alla domanda della sue amiche sul suo stato d’animo con un
secco e spensierato “sto guardando Harry
Potter sul divano”.
Il giorno è arrivato
inesorabilmente, COVID o non COVID, i nostri ragazzi hanno preparato la postazione
nella propria cameretta o nel soggiorno e hanno aspettato, anche più del dovuto
per via di imprevisti tecnici; l’attesa in alcuni casi è salita addirittura a
due ore e questa potrebbe essere la dimostrazione che la tecnologia ha fatto
passi da gigante, ma non riesce ancora a raggiungere l’uomo in tempo. Francesca
racconta “la mattina stessa abbiamo deciso di fare come se fossimo dovute
andare a Roma. Abbiamo fatto colazione, trucco e parrucco e poi dal bagno sono
andata in sala praticamente” facendo quasi finta che quello fosse il tragitto
dalle Marche a Roma; mentre, La Prima Giulia e Federica dicono di
non esser riuscite a portare da Roma i vestiti che avevano comprato per
l’occasione e si sono viste costrette a rimediare qualcosa di già usato o, come
ha confessato Federica, di andare a frugare nell’armadio della mamma.
Molti invece non si trovavano a casa con i propri cari, ma piuttosto con i
coinquilini in un appartamento nella capitale; Valerio infatti ci dice
“ero rimasto a Roma con la mia ragazza. Ho provato ansia solo nei minuti che
hanno preceduto la discussione, ma ho sciolto la tensione parlando su WhatsApp
con i miei colleghi, che erano nella mia stessa situazione” e precisa “ecco,
forse è questa la cosa che mi è mancata di più: non poterli avere fisicamente
con me e festeggiare con loro il completamento di un percorso che abbiamo
condiviso in tutti i suoi aspetti”. L’ansia si è fatta avanti, un po’ per
tutti, negli attimi prima della chiamata, quando alcuni dei candidati hanno
iniziato a fare avanti e dietro per la stanza, a maturare preoccupazioni
relative al funzionamento di internet e agitazione per quanto stava per
accadere.
Accesi microfono e
webcam, si è dato inizio alla sessione, in un’atmosfera che via via è diventata
sempre più distesa, grazie anche alla presenza sullo schermo delle facce note
di colleghi e professori; la sensazione di tutti è stata quella di aver vissuto
una chiamata molto veloce e come afferma Irene, quasi da non rendersi
conto di essersi laureati; Alice inoltre dichiara “ho avuto l’impressione
che fosse tutto più informale di quello che mi aspettavo. Mi è mancato un po’
l’aspetto rituale dell’evento” anche nelle parole de La Prima Giulia c’è
sostegno per questa tesi “non c’erano tutti i fronzoli di una laurea classica,
ma il valore ce l’ha avuto lo stesso” poi aggiunge “ho potuto vedere gli occhi
lucidi di mio padre in piedi davanti a me, cosa che non sarebbe successa de
fossi stata in un’aula universitaria con lo sguardo rivolto verso la
commissione”; in quasi tutti i laureati, quel velo di delusione piano piano è svanito,
lasciando il posto all’emozione e alla contentezza che si è sfogata in
centinaia di chiamate ai parenti e videochiamate e anche alcune nonne sono
diventante social per l’occasione. Ovviamente, non sono mancate bottiglie di
spumante stappate con coinquilini o familiari, infatti Laura afferma “i
miei coinquilini si sono impegnati molto per farmi sentire speciale e regalarmi
dei festeggiamenti degni”; Clarissa racconta “il mio ragazzo e il mio
coinquilino hanno preparato dei lancia coriandoli con un rotolo finito della
carta igienica e un palloncino attaccato in fondo” e una cosa simile l’ha fatta
anche la famiglia di Francesca “abbiamo tagliato dei giornali a forma di
coriandolo e li abbiamo lanciati dopo la proclamazione”. Valerio, dal
suo canto, dice “per festeggiare ho fatto una cosa per me inusuale: ho ordinato
la pizza a domicilio e insieme alla mia ragazza abbiamo preparato una torta”; anche
Alice e Federica si sono date alla cucina, preparando una
crostata nelle rispettive case. Ilaria invece afferma “eravamo solo io e
la mia coinquilina ma non siamo riuscite a brindare, perché non abbiamo fatto
in tempo a comprare lo spumante, dato che le file alle casse dei supermercati
durano ore”. Di sicuro i festeggiamenti non sono stati in linea con le
aspettative e La Prima Giulia sottolinea infatti che qualcosa è mancato
particolarmente: “il più grande rammarico di mio padre è quello di non avermi
potuto regalare dei fiori, perché era tutto chiuso”; da questo punto di vista Federica
e Francesca sono state invece più fortunate, perché hanno potuto
confezionare un piccolo mazzetto con i fiori dei loro giardini e Flavia
ha ricevuto da parte di sua madre una corona fatta da lei stessa. L’alloro in
testa è mancato a molti, tanto che alcuni hanno riesumato le vecchie corone
secche della triennale oppure di qualche coinquilina laureata da poco, come è
stato il caso di Virginia o si sono arrangiati con vecchi tocchi, altri
invece come Alice non sono riusciti ad avere né tesi stampata né
contrassegni vari, infatti dice di aver pubblicato una sua foto del giorno
senza alcun elemento che richiamasse una laurea dove ha scritto: “mi sono
appena laureata, mi dovete credere”. Non sono mancati comunque momenti di
comunità, soprattutto con gli amici in diretta sui social e con il vicinato che
ha testimoniato le celebrazioni: Vita ci racconta infatti che, appena si
è conclusa la chiamata con la commissione, ha iniziato a esultare e a saltare
insieme alla sua coinquilina, che l’ha sostenuta in tutto il processo, si sono spostate
poi in balcone e vedendo il vicinato affacciato per il flash mob delle 18, la neolaureata ha urlato “mi sono laureata”
sentendo la necessità di condividere un momento avvenuto lontano dallo sguardo del
mondo e che rischiava di passare in sordina. È lì che da tutti i balconi del
circondario sono arrivate le congratulazioni per il suo traguardo e i condomini
hanno addirittura tirato fuori i calici per brindare a distanza insieme a lei; è
simile un po’ a quello che è successo a Flavia,che uscendo in
balcone per festeggiare, è stata accolta dall’Inno d’Italia che poi ha fatto da
sottofondo a cori di congratulazioni. Clarissa ha invece trovato una
lettera per lei attaccata al suo portone, firmata “la ragazza dell’appartamento
di sopra” dove questa sua coetanea, deducendo cosa stesse succedendo dai
festeggiamenti, si congratulava con lei per il traguardo raggiunto, con un
gesto spontaneo e inaspettato; a questo proposito, aggiunge Clarissa “mi
sono sentita parte di una comunità. Già dopo che sono stata riconosciuta nel
video dei The Jackal ho ricevuto
tanta solidarietà da parte degli utenti dei social, anche da persone che non
conoscevo”. Come detto prima alcuni hanno organizzato delle dirette con i
propri amici e come dice Enrico “nella sfortuna sono stato fortunato,
perché avevo lì con me in diretta miei amici un po’ da tutto il mondo, anche
dall’Australia, che in una condizione ‘normale’ non avrebbero mai potuto
prendere parte alla mia laurea. Persino mia nonna ha guardato la mia diretta” e
anche Vita ha detto lo stesso “mi hanno potuto vedere anche miei amici
dalla Spagna”; essere rimasti a casa, inoltre, ha sicuramente fatto sentire ad
alcuni più calore, perché come dice Federica “se fossi stata a Roma le
persone a me care non sarebbero potute essere presenti e magari non sarei stata
giù di tono, ma sicuramente sarei stata sottotono”. In alcuni casi, le persone
care erano però distanti dai laureati, ma si sono comunque fatti sentire anche
in videomessaggi e come dice Clarissa “hanno trovato il modo di essere
ugualmente come me”. Ma ovviamente, tutti concordano sul fatto che i grandi
festeggiamenti sono solo rimandati a data da destinarsi e ovviamente saranno
l’occasione perfetta per stare tutti insieme e non solo per festeggiare la
laurea. Relativamente a ciò, La Prima Giulia dice “anche questa è una
cosa straordinaria, perché in una situazione normale non avrei mai potuto
sperare che avrei festeggiato la mia laurea ancora dopo due mesi”.
Ho lasciato poi spazio
alle loro riflessioni in merito all’intera vicenda, chiedendo loro di fare un
appello ai ragazzi che si sarebbero laureati nella loro stessa modalità e hanno
lanciato tutti messaggi carichi di speranza, dipingendo il lato positivo di
questa situazione; come Irene che sottolinea “è stato il nostro modo di
contribuire a queste emergenza” e L’ultimaGiulia aggiunge
“bisogna pensare che andrà tutto bene e imparare ad apprezzare le piccole cose
e non bisogna smettere di sognare neanche ora”. A questo pensiero si unisce
anche la riflessione di Clarissa: “a volte ci preoccupiamo troppo di
come andranno le cose, ma una volta che queste passano e volgiamo lo sguardo
indietro, ci rendiamo conto che quelli che vedevamo come macigni erano in
realtà dei sassolini”. La Prima Giulia riporta le stesse parole che ha
detto a suo cugino, che si laureerà a breve sempre telematicamente: “è stata
una bellissima sensazione e un’esperienza nuova. Abbiamo comunque vissuto un
giorno di allegria e felicità in un periodo così buio e ci siamo sentiti
straordinari!”; Federica sottolinea “siamo la dimostrazione che nulla
può fermarci! Non ci siamo abbattuti e ce l’abbiamo fatta: abbiamo raggiunto il
nostro obiettivo”. Nella sua testimonianza, Enrico fa una sua
riflessione “mi ha colpito molto una cosa che mi ha detto un mio amico: ‘mia
nonna si è laureata nel 1944 in un rifugio antiaereo’. Anche se fuori non ci
sono bombardamenti, mi sono riconosciuto nella situazione e se ce l’hanno fatta
loro, ce la faremo anche noi ad uscire da questa guerra”.
Come nota conclusiva, ho
chiesto loro di condividere con me la prima cosa che vorrebbero fare quando
l’emergenza finirà e tutti hanno parlato di passeggiate all’aperto e viaggi,
anche se, come sottolinea L’altra Giulia, ci sarà un po’ di
preoccupazione nel guardare al di là dei confini una volta che l’Italia ne sarà
uscita, dato che probabilmente alcuni paesi saranno nel cuore dell’emergenza. A
parte questo, come dice La Prima Giulia: “ci sarà una grande voglia di
stare insieme e di condivisione. Sarà tutto più sentito” ma anche di affetto,
come rivela Vita: “vorrei prendere una persona X alla quale tengo e che
non ho visto in tutto questo tempo e abbracciarla in silenzio per alcuni
minuti”. Molti hanno approfittato di
questo periodo per prendersi cura di se stessi, come sta facendo Isabella:
“sicuramente questa situazione mi ha regalato molto più tempo per capire cosa
voglio, così da arrivare a delle consapevolezze che mi potranno indirizzare nel
lavoro”; altri sono rimasti attivi nella ricerca di un impiego come Irene
che mentre fa lezioni su Skype di lingua, continua a mandare CV sperando che,
una volta tornati alla normalità, ci possano essere altre opportunità
lavorative. Ilaria aveva invece trovato un tirocinio in Spagna ed è per
questo che era rimasta a Roma, ma è stato bloccato a causa dell’emergenza:
“vorrei sfruttare questo periodo per formarmi: seguo webinar e provo ad
imparare lo spagnolo. Ma quando sarà finito tutto vorrei tornare a casa e farmi
una passeggiata al mare”. Anche Laura stava lavorando per la Regione
Lazio quando il governo ha tagliato i fondi per gli stage: “ero riuscita a
crearmi la mia indipendenza a Roma e vorrei solo riavere il mio posto nel
mondo”.
Per quanto la situazione sia incerta, ognuno ha conservato i propri sogni e non sarà una pandemia a fermare la determinazione di realizzarli; chi ha le redini nel mondo degli adulti deve però ascoltare il nostro grido di rivalsa che si diffonde più rapidamente di un virus e risuona più forte di un tuono ripetendo: fateci posto!
Mi chiamo Sara, nome che mi è stato dato da mia sorella perché
deriva dall’ebraico שָׂרָה (Sarah)
che significa ‘signora’ o ‘principessa’, ma in famiglia mi
chiamano spesso con il nome della mia bisnonna Marietta, una donna che ricordo dolce
e allo stesso tempo testarda, alla quale assomiglio moltissimo.
I miei genitori sono
italiani, papà di origine napoletana e mia madre romana.
Da bambina andavo spesso a
Sant’Agata De Goti, in provincia di Benevento, il paese di mio nonno paterno e
quando tornavo a casa mi capitava di avere un accento molto simile a quello
napoletano. I dialetti influenzano molto il modo di parlare ed io mi divertivo
ad impararli tutti fino a mescolarli completamente.
Considerato che dalla scuola
materna alla scuola secondaria di primo grado sono andata in un istituto
privato frequentato anche da ragazzi audiolesi, per dialogare con loro imparai
la “LIS”, la lingua dei segni italiani che mi influenzò così tanto da
arrivare ad utilizzare questi gesti ogni volta che parlavo con una persona.
Per me gli anni
dell’adolescenza sono stati molto importanti perché mi hanno aiutata a crescere
e a capire un po’ chi sono. Nel periodo in cui avevo 12 anni mio padre scoprì
di avere un altro fratello che viveva in America. Era nato a New York dalla
relazione, avuta prima del matrimonio, di mio nonno paterno con una donna
italiana che si trasferì successivamente negli Stati Uniti, dove poi nacque mio
zio. Dopo circa un anno di vita del bambino, la madre, purtroppo, venne a
mancare e il bambino venne adottato da una buona famiglia che lo portò a
conoscenza della sua situazione. Nel suo cuore restò sempre un desiderio,
quello di conoscere i suoi fratelli, e dopo circa 60 anni ha ritrovato quello
che stava cercando, noi. È stato un incontro emozionante alla Carramba
che sorpresa.
I miei genitori non parlano
molto bene l’inglese, mentre mio zio conosce il Broccolino, una specie
di dialetto napoletano nato dalla fusione di termini inglesi e napoletani,
parlato dagli italo-americani di Brooklyn che erano emigrati in America tra
l’800 e il ’900 e che non avevano una grande padronanza della lingua italiana.
A questo punto ho fatto da intermediario linguistico tra i miei genitori e mio
zio. Da qui è nata la volontà di studiare le lingue straniere. Iniziai a vedere
serie tv in spagnolo e in inglese, ad appassionarmi alla moda e al liceo
linguistico mi ritrovai a studiare tre lingue: inglese, francese e spagnolo.
Agli ultimi anni del liceo
iniziai a pensare a come proseguire gli studi. Molti dei miei coetanei volevano
fuggire da questo “paese senza
speranza” e questo non mi rincuorava affatto. Bisogna ammettere che per
molti giovani lavorare all’estero non è più un’opportunità ma una strada quasi
obbligatoria e quindi rimanere è un rischio che molti di noi non sono pronti a
correre, a causa dei tanti problemi in cui versa l’Italia.
Nonostante ciò alcuni hanno
deciso di scommettere proprio sull’Italia raccogliendosi addirittura intorno al
movimento “io voglio restare”,
fondato nel 2012 per dare voce a chi vuole fare qualcosa per il nostro Paese. È
quello che vorrei fare io se le circostanze me lo permetteranno: restare qui,
crearmi un futuro, una famiglia e contribuire a ringiovanire questo “paese di anziani”.
Così ho deciso di iscrivermi all’università, al corso di interpretariato e traduzione, di iniziare a studiare il tedesco ed allargare le mie conoscenze e la mia cultura anche a quella degli altri paesi, senza dimenticare mai le mie origini.
Stiamo attraversando un momento storico destinato a lasciare un solco profondo nelle nostre memorie. Sarà uno di quegli avvenimenti dalla portata talmente grande da segnare un nuovo ciclo nelle vite individuali e nella vita politica, sociale ed economica internazionale. Uno stravolgimento che toccherà tutte le sfere della quotidianità e che ci farà riscoprire il senso del termine: umanità. L’intero genere umano infatti si ritrova ad affrontare un nemico comune ed invisibile, che sfonda i confini degli Stati nazionali e che costringe ad un ripensamento delle dinamiche e dei meccanismi di difesa e di protezione convenzionali. È una storia senza precedenti, quella che si sta scrivendo nelle ultime settimane. Per questo motivo noi studenti della UNINT, a conferma della profonda vocazione internazionale del nostro Ateneo, abbiamo deciso di raccontare gli sviluppi e gli scenari mondiali che si andranno a delineare sfruttando il più importante strumento per il superamento delle barriere che ci è dato: la conoscenza delle lingue straniere. Per questo motivo riporteremo le ultime notizie e i dati aggiornati acquisiti dallo studio dei media e delle fonti di informazione dei paesi di lingua portoghese, inglese, spagnola, francese, tedesca, russa, araba e cinese.
È un momento storico, è la nostra storia, e noi cittadini del mondo vogliamo fare la nostra parte. Sara Nardi
Dobbiamo e vogliamo essere sincere: se non ci fossimo documentate sull’origine dell’epidemia ancora faremmo confusione fra COVID-19 e coronavirus. E voi? Sapevate, per esempio, che sbagliamo a pensare che siano la stessa cosa? Perciò facciamo prima di tutto un po’ di chiarezza sulla questione. Il COVID-19 è una malattia infettiva delle vie respiratorie causata da un virus conosciuto come SARS-CoV-2, appartenente a una grande famiglia virale: quella dei coronavirus (CoV). Sapevate, inoltre, che questa famiglia di virus era stata già scoperta intorno al 1960? Il primo scienziato a identificare il virus è stato il virologo hongkonghese Leo Poon ed è stato sempre lui a dichiarare l’origine zoonotica del COVID-19. Nonostante ciò alcune persone sostengono che questa epidemia – recentemente dichiarata pandemia dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) – sia stata creata in laboratorio. Secondo quanto detto sul sito portoghese SAPO, durante la scorsa settimana la Direção-Geral da Saúde (DGS) -istituzione portoghese che funge da Ministero della Salute- ha rivelato il numero di contagi nel Paese: 1280 fra cui 12 vittime. Di questi casi più di 600 sono situati a nord del Paese, più di 400 nell’area di Lisbona e di Vale do Tejo e 31 ad Algarve. Per quanto riguarda invece le regioni autonome si contano 5 casi nell’arcipelago di Madera e 3 in quello delle Azzorre. Per garantire il funzionamento delle attività sotto lo stato di emergenza ormai dichiarato, il Governo ha stabilito alcune regole come, per esempio, lo smart working o il supporto telefonico od online per tutti i servizi pubblici. Si assicura il regolare funzionamento dei supermercati, delle farmacie e dei benzinai ma qualsiasi altro tipo di attività commerciale è al momento sospesa. Anche i ristoranti sono chiusi al pubblico ma mantengono comunque operativo il servizio di take-away (per fortuna!). Secondo il quotidiano portoghese Jornal de Notícias, il Governo ha inoltre decretato una serie di misure volte a regolare gli spostamenti dei cittadini. In particolar modo le persone contagiate o sotto osservazione hanno l’obbligo di rispettare l’isolamento imposto dalle autorità, mentre tutti i membri della Comunità sono invitati al raccoglimento domiciliare. Ciò significa che è possibile muoversi esclusivamente se necessario: per assistere i familiari, accompagnare i minori o per portare fuori gli animali domestici. In caso di infrazione delle misure imposte dallo stato di emergenza, per i trasgressori è prevista una pena fino ad un anno di reclusione. Il Governo garantisce inoltre il rimpatrio degli studenti portoghesi in Erasmus che intendano rientrare. In questo momento si fa appello al buon senso di ciascun individuo invitando soprattutto i residenti dei grandi centri urbani ad evitare gli spostamenti verso le zone interne del Portogallo poichè è proprio lì che risiede la maggior parte della popolazione considerata “a rischio”: gli anziani. In fine, con lo scopo di garantire la distanza di sicurezza prevista e di limitare la diffusione del virus, il Ministro dell’Ambiente João Pedro Matos Fernandes ha firmato ulteriori ordinanze n vigore a partire dalla giornata di lunedì 23 marzo – le quali prevedono una riduzione del 30% del servizio di trasporto pubblico e una riduzione del numero di passeggeri massimo consentito, pari ad 1/3 della capacità delle vetture. Giulia Arresta – Alessia Santella
Nel Regno Unito ad oggi, risultano essere più di 5.683 i positivi al Covid-19. Venerdì sono state annunciate le prime misure per contrastare la crisi: “lo stato sta chiudendo il paese, sostenendo le imprese e pagando i nostri salari”. Dopo l’Irlanda del Nord, anche l’Inghilterra annuncia la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, mentre in Scozia e Galles avevano già annunciato la chiusura mercoledì scorso. Boris Johnson ha dichiarato che in due mesi “Il Coronavirus farà i bagagli”. Tuttavia, secondo il The Telegraph, le misure di contenimento dovrebbero prolungarsi per altri sei mesi, per sortire degli effetti. “Il primo ministro britannico”, afferma Beth Ridgy: “corre il rischio di spacciare false speranze” e conclude: “stiamo per entrare nelle ore più buie”, citando Winston Churchill così come fece il Presidente Giuseppe Conte. “Questa è una guerra”[1] scrive Angela Giuffrida raccontando del “fronte italiano”: gli anziani muoiono soli e i medici si infettano aiutando i malati. Si allinea ai provvedimenti anche l’Australia che, sempre da venerdì, ha chiuso ufficialmente i confini e limitato i raggruppamenti di persone a 100 in spazi chiusi e 500 in spazi aperti, stabilendo una distanza di sicurezza di un metro e mezzo. Ad oggi, il numero di casi ammonta a 1.700, dopo un aumento esponenziale durante il finesettimana per via della noncuranza della popolazione, che si è riversata sulle spiagge, violando le norme di sicurezza e portando alla chiusura delle stesse. Stanziati 189 miliardi di dollari per far fronte all’emergenza, con possibile aumento del budget, per tutelare cittadini ed economia nei prossimi sei mesi. Sabato notte annunciate nuove misure: da lunedì locali, palestre e luoghi di culto chiusi; bar e ristoranti chiusi, ma con servizio a domicilio. Scuole ancora aperte fino a Pasqua. Chiusi i confini di Tasmania e Nuova Zelanda e quelli interni con l’obbligo di quarantena di 14 giorni per chi si è spostato. Ancora misure blande in Canada, dove questa settimana, il Primo Ministro Justin Trudeau raccomanda l’isolamento e la distanza di sicurezza e vieta il movimento ingiustificato fra le province. Alcune di quest’ultime hanno dichiarato lo stato di emergenza[2] e 30 milioni di dollari sono stati stanziati per una campagna su isolamento e norme di prevenzione. Negli Stati Uniti sono oltre 35.000 casi, è il terzo paese nel mondo per numero di contagi. Molti Stati sono in “lockdown” dopo l’invito all’isolamento arrivato dalla Casa Bianca insieme alla dichiarazione d’emergenza. Il caso più preoccupante è quello di New York, dove i casi superano quota 15.000. Il paese si sta preparando al cambiamento più radicale dalla seconda guerra mondiale, con la chiusura di scuole e centri sportivi. Le strutture sanitarie sono in affanno, data la scarsità di presidi medici[1] e Trump chiede agli ospedali di preparare dei piani di emergenza. Lucia Capriglione – Claudia Cesetti – Diana Fagiolo – Laura Forcella – Emanuele Spina
La situazione spagnola riguardo al nuovo coronavirus Covid-19 conta già 29.068 casi di contagio in tutto il paese, di cui 1.804 deceduti e 2.575 curati, dati reperibili da fonti del Ministero della Salute e delle Comunità Autonome. Il rapido incremento di casi in tutto il mese di marzo ha, difatti, fatto sì che il Governo chiedesse al Congresso una proroga dello stato di emergenza fino all’11 aprile 2020. Pedro Sánchez, presidente del Governo spagnolo, ha proposto di aspettare alcuni giorni per vedere l’efficacia delle dure misure adottate fino a questo momento, oppure provare con un’azione di chiusura totale della produzione di generi di seconda necessità, prendendo esempio e spunto dall’ultimo DPCM firmato da Giuseppe Conte. Secondo i dati ufficiali del Governo spagnolo, sono ben 100.000 i posti di lavoro persi nella prima settimana di quarantena (iniziata circa una settimana dopo l’Italia, firmata da Sánchez il 14 marzo): c’è da ricordare, che oltre al già elevato tasso di deceduti e all’imminente collasso sanitario, anche il settore economico ne sta soffrendo particolarmente, arrivando a stimare una diminuzione del 12% del PIL trimestrale[1]. A tutto ciò si contrappone la meravigliosa reazione di un popolo culturalmente non troppo lontano dal nostro: potranno anche essere in quarantena, ma non sarà certo questo periodo di reclusione a fermare il corazón caliente di tutti quegli spagnoli che, alle 20:00, si danno appuntamento sui propri balconi per cantare, applaudire e darsi coraggio gridando all’unisono: ¡Vamos, chavales! (“Forza ragazzi!”). Passiamo ora all’America Latina, dove il virus ha già contagiato, seppur molto meno rispetto agli elevati numeri europei, tutti gli stati (l’ultimo è stato Haiti, il 19 marzo) e, di conseguenza, ogni presidente ha deciso di prendere le misure rispetto alla situazione che sta vivendo. L’Argentina, per esempio, ha riscontrato il primo caso il 7 marzo e, una settimana più tardi, il presidente Alberto Fernández ha consigliato la quarantena, fino a farla diventare obbligatoria il 20 marzo. Solo due giorni dopo, la Bolivia ha preso la stessa decisione a proposito della quarantena fino al 31 marzo. Gli altri stati, un po’ più in generale, sono arrivati alla conclusione che, per il momento, è meglio mantenere chiuse soprattutto le scuole e limitare i voli internazionali, obbligando la quarantena di 14 giorni alle persone provenienti dagli stati più colpiti d’Europa. A livello economico, la Colombia è tra i paesi più colpiti per la caduta delle borse internazionali, tant’è che il Governo locale ha già intrapreso varie azioni per aiutare i settori maggiormente colpiti, tra cui il turismo. Ilaria Violi
In Francia, da gennaio si è espansa una nuova epidemia di Coronavirus COVID-19 proveniente dalla Cina: si tratta di una famiglia di virus responsabili di infezioni respiratorie dalla sospetta origine animale, ma gli scienziati stanno ancora accertando la veridicità di questa ipotesi. “Covid19: l’Italia allerta il mondo su ciò che lo aspetta” scriveva Le Figaro il 19 marzo scorso, aggiungendo che gli italiani, con ben 4.825 vittime, sono stati i primi, dopo i cinesi, a essere colpiti da questa epidemia: coscienti della sua gravità e dell’alto tasso di mortalità, implorano il resto del mondo di “proteggersi da questo assassino invisibile”. Infatti, il virus è stato responsabile anche della morte di 562 persone in Francia. Il Presidente della Repubblica francese Macron, seguendo l’esempio italiano, ha annunciato severe restrizioni per il contenimento del Covid-19. Il 18 marzo 2020, il Belgio ha preso le misure di contenimento valide fino al 5 aprile. Viaggi limitati all’essenziale e università, bar, negozi e ristoranti chiusi fino a Pasqua. Anche le scuole resteranno chiuse, ma la supervisione dei bambini sarà fornita a coloro i cui genitori lavorano nel campo dell’assistenza. In prima pagina, il record di decessi in Italia: 793 al 21 marzo. Tra le principali cause di un bilancio così drammatico, l’età media avanzata e la mancanza di personale sanitario. Non manca l’ottimismo: a Milano la concentrazione di NO2 diminuisce ogni settimana del 10%. Mentre l’epidemia di Coronavirus si affaccia sul continente africano, l’OMS lancia un appello: l’Africa si deve “preparare al peggio”. I casi di COVID-19 registrati al 22 marzo 2020 in tutto il continente hanno superato il numero 1.000, per un totale di 37 paesi coinvolti. Sebbene la pandemia che sta mettendo in crisi l’intero pianeta sembri avanzare più lentamente in Africa, il timore di una sua rapida diffusione fa tremare l’OMS così come i presidenti africani. Il sistema sanitario del continente non è assolutamente in grado di affrontare un’emergenza tale, per questo sono numerosi i paesi africani che stanno adottando misure preventive ferree. In Svizzera ci sono 8.060 contagiati e 66 decessi per Covid-19. Il governo federale ha vietato assembramenti di più di 5 persone, pena multe fino a 250 franchi. I medici non ricevono direttive precise da parte del governo centrale, si coordinano tra di loro a livello locale. 8.000 militari sono stati spediti negli ospedali a supporto dei medici. 42 miliardi sono stati stanziati in aiuto alle imprese. I cittadini all’estero saranno rimpatriati dalla DFAE (Dipartimento Federale degli Affari Esteri). La situazione italiana è usata per promuovere consapevolezza nel Paese, e il lavoro degli ospedali italiani viene replicato dai medici svizzeri. Emanuela Batir – Carolina Benucci – Laura Bruno – Flavia Lucarelli D’Ortenzi – Giulia Marinucci – Solange Ngwikem Manfo – Sibilla Parlato – Eleonora Valente – Elen’Alba Vitiello
I giornali tedeschi riportano i dati dei contagiati in Italia, che salgono a 59.138 in data 23 marzo, e dei decessi che superano i 5.400, con picco di 800 morti nella giornata del 21 marzo. In Germania si punta però l’attenzione specialmente sulla provincia di Bergamo. Nei telegiornali le immagini più mostrate sono quelle dei mezzi militari impegnati a portare le salme in altre regioni per la cremazione. Ciò che sembra sconvolgere di più, oltre alla situazione negli ospedali, definita dai giornali tedeschi “fuori controllo”, è però la scarsa attenzione da parte degli italiani nel rispetto delle regole che impediscono gli spostamenti che non siano di stretta necessità. Si sembra infatti voler sottolineare il fatto che le drastiche restrizioni prese non sono ancora accettate da alcuni cittadini italiani che continuano ad uscire più del dovuto, soprattutto nella provincia di Milano. Nelle scorse settimane le misure prese dall’Italia venivano giudicate esagerate ma, negli ultimi giorni, anche la Germania sta cercando di ridurre la diffusione del virus con restrizioni che, dato il sistema federale, non sono uguali in tutti i Bundesländer. Nelle ultime settimane, infatti, erano solo stati proibiti eventi con più di mille partecipanti, partendo dalle partite di calcio e concerti. A partire dalle ore 00:00 del 21 marzo, sette dei sedici Bundesländer hanno aumentato le misure restrittive vietando assembramenti nelle strade e nei parchi. Nella città di Amburgo si permettono però assembramenti fino a gruppi di sei persone, diversamente da Colonia che vieta di uscire se si è più di due. Alcune delle città che invece non hanno aumentato le misure per frenare la diffusione dell’infezione sono Dresda e Berlino, ma anche qui le strade appaiono ogni giorno meno affollate. La cancelliera Merkel, nella conferenza stampa svoltasi nella giornata di martedì 17 ha ribadito che le misure prese per il momento sono sufficienti e devono essere rispettate per non vedersi costretti a prendere le stesse misure dell’Italia. Si cerca dunque di evitare restrizioni più severe, sperando nella collaborazione di tutto il popolo tedesco. Nella seconda conferenza stampa di domenica 22 marzo, la Cancelliera ha deciso di optare per la chiusura di locali, ristoranti e negozi in tutti i Bundesländer, permettendo però l’attività fisica all’aperto e incontri con massimo una persona esterna al nucleo famigliare purché si mantenga la distanza minima di 1,5 m. Poco dopo la conferenza, è stato effettuato il tampone alla Cancelliera per aver avuto contatti con il suo medico che è risultato positivo al Covid-19. Jasmin Pick
Il COVID-19 non conosce limiti ed è per questo che, purtroppo, è arrivato anche nella lontana Russia. Le città più colpite sono due: Mosca e San Pietroburgo. San Pietroburgo ha già avvisato tutti i cittadini di restare a casa e di evitare, soprattutto per gli over 65 anni, i posti affollati. Sul sito dell’amministrazione pietroburghese, però è solo stato raccomandato di astenersi il più possibile da spostamenti interni alla città, in tutto il territorio della federazione e di non partire per viaggi all’estero. Anche le scuole hanno lasciato “libertà” decisionale: dal 16 marzo al 30 aprile i presidi hanno incaricato i genitori stessi di scegliere se mandare i propri figli a scuola o meno. Gli aeroporti, più precisamente l’aeroporto Pulkovo, hanno dichiarato di adottare un trattamento di disinfezione per tutti gli arrivi provenienti dalle zone rosse. È stato inoltre ampliato il regime di difesa contro il COVID-19 per tutte le superfici aeroportuali. A Mosca, invece un discreto numero di persone si sono messe in auto quarantena. In termini economici si è stimato un risparmio sul budget familiare pari quasi al 30%. In situazioni normali, il denaro destinato alle spese ammontava a 5,7 mila rubli. Di seguito i dati di alcune importanti città russe: di Archangel: 12,5 mila rubli (46,1% dei consumi), Mosca: 17,8 mila rubli (45,1% dei consumi). Si è parlato di un vero e proprio “lockdown” su Mosca, nel momento in cui nei supermercati hanno cominciato a scarseggiare beni di prima necessità, sono state chiuse le strutture mediche e sono stati ridotti i trasporti. Il Centro di Informazione e Comunicazione russo ha negato le notizie secondo cui le autorità siano propense a introdurre misure al fine di rallentare la diffusione del coronavirus nel paese, riferisce RIA Novosti, citando una fonte senza nome. Il giornalista Andre Ballin nel suo articolo per Der Standard parla della situazione attuale in Russia e ne elogia l’operato. Ha ricordato, infatti, che alla fine di gennaio, il confine terrestre della Russia con la Cina era già stato chiuso e che la comunicazione ferroviaria tra i due paesi era stata interrotta. Dal 1° febbraio, la comunicazione aerea con la RPC è stata limitata e dal 20 febbraio è stato introdotto un divieto di ingresso per i cittadini cinesi, ha osservato il giornalista. Inoltre, le restrizioni all’ingresso hanno interessato cittadini di altri paesi in cui sono stati registrati focolai di coronavirus. Ballin ha sottolineato che nella fase iniziale per la Russia è stata una fortuna che sul suo territorio fossero presenti solo due nativi della Cina infettati da coronavirus. Pertanto, secondo lui, le autorità russe dispongono di un vantaggio di tempo prezioso. Solo l’11 marzo, infatti, l’OMS ha annunciato ha dichiarato lo stato di emergenza pandemica per infezione da coronavirus. Per quello che concerne la religione queste sono le parole del patriarca Kirill durante un sermone nella chiesa cattedrale del Santo Principe Igor Chernigovsky a Mosca il 22 marzo: “I credenti non dovrebbero soccombere alle chiamate a trascurare la preghiera per seguire le misure per prevenire la diffusione del coronavirus”. Paola D’Onofrio – Clarissa Giacomini
«Sapete anche chi ha suggerito l’igiene personale e la quarantena durante la diffusione dell’epidemia?»: è questo l’interrogativo che la scorsa domenica ha fatto capolino su un articolo di al-Jazeera. Lo stesso riprende gli hadith1 menzionati dal sociologo statunitense Concidine, usati con lo scopo di invogliare la popolazione a adottare una serie di misure pratiche per superare il coronavirus. È stato «Maometto, il Profeta dell’Islam che 1.400 anni fa quando non era per niente un esperto di epidemie mortali», a suggerire l’igiene personale e la quarantena durante l’epidemia come metodi più efficaci per circoscrivere il virus. «La pulizia è parte della fede» e i suoi consigli anticipano quelli, ormai noti a tutti, diffusi dall’OMS. Al di là della fede, al-Jazeera rintraccia il successo della Cina di contenere il coronavirus nell’aver adottato misure necessarie dopo solo tre settimane dalla comparsa del virus a cui si aggiunge la scelta di non sminuirne la portata neanche di fronte alla paura di una possibile alterazione degli equilibri socioeconomici e, di conseguenza, causare panico tra la gente come, invece, fanno i leader arabi. Rispetto ad altri paesi, le autorità cinesi hanno fatto ricorso anche al GPS dei cellulari per monitorare i movimenti delle persone. Tali misure sono difficili da applicare soprattutto nei paesi democratici che godono della tutela dei dati personali. Una mancata azione ha portato a disastrose conseguenze. Emblematici, da un lato, il caso dei governi arabi dittatoriali che hanno investito miliardi in tecnologie per tracciare i movimenti dei cittadini, ma poi risparmiano quando si tratta di proteggerli dalle grinfie del virus e, in alcuni casi, continuano a negare in assoluto l’esistenza di vittime; dall’altro, vi è l’Italia che è caduta nella trappola del virus in quanto si credeva che il problema riguardasse esclusivamente la Cina. L’Italia non si è mossa in tempo e ciò è stato aggravato dal fatto che possieda l’aspettativa di vita più alta tra i paesi europei. L’Italia resta al centro dell’attenzione anche per una serie di fake news che dilagano sui siti arabi, smentite poi dalla rivista libanese an-Nahar. Tra le tante, ve ne è una che coinvolge il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. In una falsa traduzione di un suo tweet si legge: «l’Italia getta la spugna. Abbiamo completamente perso il controllo. L’epidemia ci sta uccidendo. Abbiamo esaurito tutte le soluzioni, tutto dipende dal cielo». Gli arabi si sentono impotenti di fronte all’epidemia. In particolare, sul quotidiano al-Maal viene riportato il discorso tenuto dal Primo Ministro libanese Hassan Diab che riporta il numero dei contagiati, ora a 230. La mancanza di impegno dei cittadini è indice di una superficialità che ha portato il governo libanese a enfatizzare il ruolo dell’esercito e a imporre del coprifuoco. L’articolo si chiude con le parole del Primo Ministro: «Cari Libanesi, siamo in una fase molto difficile. Cerchiamo di ridurre le nostre perdite. Dio dice “Vi metteremo alla prova con la paura, la fame, la mancanza di beni, di denaro e di vittime. Ebbene, dà la buona novella a coloro che saranno azienti”». Valentina Baldo – Roberta Elia
Prima Wuhan, capoluogo della provincia dello Hubei nonché originario epicentro del virus, e poi a seguire tutta la Cina, hanno dimostrato al mondo intero, che ci sono delle sfide che anche l’essere umano del terzo millennio non è capace di “vincere facile”. In Cina, dopo due mesi dallo scoppio dei contagi, è una realtà diversa a palesarsi, ovvero quella di una nazione più unita che mai, la quale dopo aver messo in campo tutte le forze necessarie, si sta rialzando e sta lanciando al contempo un messaggio molto chiaro al mondo intero: “Si fa così, punto”. Da una situazione che sembrava irrisolvibile, la Cina è oramai a poche decine di chilometri dal traguardo. La quotidianità di un tempo torna a regnare sovrana. Molti cittadini sono ritornati alla vita di prima, come quei milioni di abitanti dello Hubei che hanno fatto ritorno nelle loro città d’origine. A Qinghai, circa 144 tra università e scuole hanno riaperto i loro campus, mentre le fabbriche hanno ricominciato a funzionare nelle province a est del paese. Il turismo sta lentamente ripartendo nelle provincie dello Sichuan, Yunnan e Guizhou. Diversi esperti hanno affermato che il peggio sembra essere passato. Tuttavia, nonostante le severissime misure per contenere i contagi, non è da sottovalutare il rischio di una seconda ondata. Secondo un rapporto dell’Unità Scientifica Militare del Dipartimento della Difesa di Stato Cinese, un vaccino anti-CoVid-19 “ha superato i test clinici”. In base alle stime ufficiali, servirebbero minimo 16 settimane di esperimenti affinché il vaccino possa essere impiegato. Non è mancato l’appello alla sanità cinese da parte del Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, che ha dichiarato: “Nonostante l’umanità abbia raggiunto livelli di sviluppo straordinari in tutti i settori, non bisogna considerare lo sviluppo scientifico e tecnologico come terminato. Anzi, bisogna rinnovare continuamente entrambi i settori”. La comunità scientifica internazionale non possiede ancora gli strumenti necessari per comprendere a fondo la natura del virus, ad esempio se esso possa causare o meno danni permanenti al sistema respiratorio del paziente. Un primo passo che sicuramente sta dando già risultanti tangibili, è quello di poter già incrementare l’efficacia delle cure e sviluppare ulteriormente i dispositivi di diagnosi, mentre sono già in corso cure sperimentali a base di cellule staminali e anticorpi monoclonali. Per quanto riguarda la situazione attuale degli ospedali cinesi, come riportano i dati della Commissione Nazionale della Salute Cinese, sono 504 le persone che vengono dimesse giornalmente, mentre il numero totale dei dimessi ammonta a 59.432. Anche i pazienti in gravi condizioni sembrano diminuire. Come afferma un rapporto pubblicato dalla Commissione Nazionale della Salute Cinese, i casi accertati, sin dall’inizio dell’epidemia, corrispondono attualmente a 81-054[2]. Stando alle cifre attuali, come dimostra lo stesso rapporto sopramenzionato, gli ultimi casi accertati sono perlopiù pazienti stranieri, la maggior parte dei quali di ritorno dai loro paesi verso la Cina. Ecco i dati aggiornati (al 23/03/2020, escludendo i pazienti dimessi e i decessi): 106 casi a Pechino; 328 a Shanghai; 70 nel Guangdong; 11 nel Fujian; 4 nello Sichuan; 2 nello Jiangsu; 213 a Hong Kong; 10 a Macao; 139 a Taiwan. Adesso, chiunque debba recarsi in Cina, è obbligato a trascorrere i 14 giorni di auto-isolamento presso strutture apposite e a spese proprie. Prima del famoso crollo dell’albergo per le quarantene a Quanzhou, infatti, le strutture messe a disposizione per chi si recasse in Cina erano gratuite (hotel a 2 stelle). Fabrizio Ubbriaco
FONTI e SITOGRAFIA
Per la lingua PORTOGHESE – https://eco.sapo.pt/2020/03/21/coronavirus-ja-fez-12-mortos-em-portugal-total-de-casos-confirmados-sobe-para-1-280/?fbclid=IwAR0VLpZt1qU0d1SshCdk6LvfCskzvpR1rDWRk3Q-dCNtneT-TyCBGm4DahA – https://www.rtp.pt/noticias/mundo/covid-19-a-situacao-ao-minuto-em-portugal-e-no-mundo_e1213375?fbclid=IwAR1-i4wBp5WY4yl4H1LAr7EiAWV1URhRyGHvRn47s6jga14zRT6NAOqsxrE – http://www.saude.sp.gov.br/resources/cve-centro-de-vigilancia-epidemiologica/areas-de-vigilancia/doencas-de-transmissao-respiratoria/coronavirus.html
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Per la lingua TEDESCA – Mitteldeutscher Rundfunkt. (2020) Pressekonferenz von Angela Merkel. https://www.mdr.de/video/mdr-plus-videos/video-392268.html – Tagesschau.de. (2020) https://www.tagesschau.de/multimedia/sendung/ts-36251.html – Welt. (2020) https://www.welt.de/vermischtes/article206756761/Coronavirus-Ueber-600-neue-Tote-in-Italien-am-Montag.html
Per la lingua RUSSA – https://ria.ru/20200322/1568965018.html – https://www.vesti.ru/doc.html?id=3250119 – https://iz.ru/989973/2020-03-22/patriarkh-kirill-prizval-ne-prenebregat-merami-po-profilaktiktike-koronavirusa – https://www.pravda.ru/politics/1482141-close2020/ – https://www.pravda.ru/world/1481598-itacovid19/
Per la lingua ARABA – Quotidiano al-maal news (link: https://almalnews.com/%d9%84%d8%a8%d9%86%d8%a7%d9%86-%d9%8a%d9%82%d8%b1%d8%b1-%d8%ad%d8%b8%d8%b1-%d8%aa%d8%ac%d9%88%d9%84-%d8%b0%d8%a7%d8%aa%d9%8a-%d9%88%d9%8a%d8%a3%d9%85%d8%b1-%d9%82%d9%88%d8%a7%d8%aa-%d8%a7%d9%84%d8%a3/) – Quotidiano an-nahar (link: https://www.annahar.com/article/1148179-%D8%A5%D9%8A%D8%B7%D8%A7%D9%84%D9%8A%D8%A7-%D8%A3%D8%B9%D9%84%D9%86%D8%AA-%D8%A7%D9%84%D8%A7%D8%B3%D8%AA%D8%B3%D9%84%D8%A7%D9%85-%D9%88%D9%85%D8%A7-%D8%AD%D9%82%D9%8A%D9%82%D8%A9-%D9%82%D9%88%D9%84-%D9%83%D9%88%D9%86%D8%AA%D9%8A-%D9%84%D9%82%D8%AF-%D9%81%D9%82%D8%AF%D9%86%D8%A7-%D8%A7%D9%84%D8%B3%D9%8A%D8%B7%D8%B1%D8%A9-factcheck – Al-jazeera (link: http://mubasher.aljazeera.net/opinion/%D9%88%D8%B3%D8%A7%D8%A6%D9%84-%D8%B9%D9%85%D9%84%D9%8A%D8%A9-%D9%84%D9%84%D8%AA%D8%BA%D9%84%D8%A8-%D8%B9%D9%84%D9%89-%D9%81%D9%8A%D8%B1%D9%88%D8%B3-%D9%83%D9%88%D8%B1%D9%88%D9%86%D8%A7
Per la lingua CINESE http://www.nhc.gov.cn/xcs/yqtb/202003/be74d71b2f784cae917cc830f244caa9.shtml http://www.nhc.gov.cn/xcs/yqtb/202003/be74d71b2f784cae917cc830f244caa9.shtml http://www.nhc.gov.cn/xcs/yqtb/202003/be74d71b2f784cae917cc830f244caa9.shtml
Ricordata per il suo carattere determinato, volitivo e autoritario, la regina Vittoria viene considerata una delle donne più influenti del XIX secolo, al punto che a partire dal suo nome venne definita l’”epoca vittoriana”, un’era che si distinse per la profonda evoluzione culturale, politica, scientifica e militare che ha avuto come protagonista il Regno Unito.
Sapevate che…?
Nata nel 1819, era la figlia di Edoardo, duca di Kent, quartogenito di Giorgio III, e di Vittoria Maria Luisa, figlia di Francesco di Sassonia-Coburgo. Alla bambina venne dato il nome Alexandrina Victoria in quanto il Principe reggente, per fare un dispetto al fratello, invitò lo zar Alessandro I di Russia a far da padrino al fonte battesimale. In famiglia, tuttavia, la chiamavano Drina e, appena salita al trono, la regina si disfece del primo nome, che detestava, restando solo Victoria.
Al momento della nascita, era in realtà soltanto la quinta in linea di successione al trono dopo suo padre e gli zii: Giorgio IV di Hannover, Principe Reggente, il Duca di York e il Duca di Clarence. Suo padre, tuttavia, morì qualche mese dopo la sua nascita e nessuno degli zii riuscì ad avere eredi; così, nel 1837, appena diciottenne, Vittoria ebbe la successione dello zio Guglielmo IV e divenne regina.
Nel 1836 conobbe il suo futuro marito, Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha, principe tedesco nonché suo cugino di primo grado. I due si sposarono nel 1840 ed il loro fu un matrimonio particolarmente felice. Durante la cerimonia, Vittoria indossò un memorabile abito bianco adornato da alcuni merletti che fece la storia: a partire da quel momento, infatti, sempre più spose scelsero di vestirsi di bianco consolidando una tradizione che permane ancora oggi.
La modernità di Vittoria è testimoniata anche dalle innovazioni di cui fu fautrice durante il suo regno, fra le quali si annoverano la diffusione del sistema ferroviario e la stampa del primo francobollo al mondo, che avvenne nel 1840: si tratta del cosiddetto Penny Black, che riproduceva un’effigie della Regina stessa.
Con il suo regno durato 63 anni, 7 mesi e 2 giorni, Vittoria è stata inoltre la monarca più longeva della storia fino al 2015, quando il primato è stato superato dall’attuale regina del Regno Unito Elisabetta II, sua pronipote.