#LOSAPEVATECHE

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Il latte è buono: il primo impatto con Roma di un ex colonizzato

Qual è la prima impressione che hai avuto di Roma? E qual è la prima impressione che Roma ha avuto di te?

Il romanzo Il latte è buono di Garane Garane, pubblicato nel 2005, racconta proprio le difficoltà di integrazione, quei piccoli e grandi ostacoli in una metropoli così variegata e fervida. Il semplice titolo di questo romanzo indica poi il desiderio più caro nella vita di un nomade del Corno d’Africa, «poiché quando c’è la pace, piena e intera, il latte è più dolce, più schiumoso del solito».

Il protagonista del romanzo è Gashan, discendente di Kenadit, futuro sindaco di Mogadiscio e Ministro dei Trasporti dopo il colpo di Stato somalo di Siad Barre. L’autore Garane e il suo personaggio Gashan condividono una educazione improntata sul sistema scolastico italiano, sulla sua letteratura e la sua lingua; il personaggio, infatti, decide di abbandonare la Somalia per emigrare in Italia con cui sente una forte connessione culturale e identitaria.

La permanenza di Gashan in Italia – che non durerà a lungo, poiché il personaggio prediligerà la Francia come spazio di ricerca della propria identità – mostra fin dai primi passi la difficoltà di integrazione sotto uno sguardo italiano spesso ostile. L’arrivo in Italia del protagonista è ricolmo di speranze, principalmente dovute all’immagine di una Italia studiata e mistificata:

Era felicissimo! Roma l’eterna era lì con le sue eccelse mura, di fronte ai suoi umili occhi […] Ma già nell’aeroporto si sentiva solo, in un posto chiuso e inospitale. C’erano facce che assomigliavano più agli arabi che ai Romani che lui si era immaginato attraverso letture storiche. […] Cominciò a frugare nella sua borsa. Trovò il passaporto in cui era scritto Repubblica di Somalia. Lo guardò assorto. Era somalo, ma bianco dentro. Era un bianco dalla maschera nera. Il problema era che aveva sempre creduto che ciò che è interno può essere esterno anche.

L’ambiente che accoglie Gashan si caratterizza per una forte debolezza sociale, non all’altezza della formazione sia culturale sia linguistica del personaggio. L’Italia è un Paese che Gashan pensa di conoscere e a cui sente di appartenere.

Il primo impatto con la realtà rivela però subito agli occhi di Gashan come la realtà gli sia ostile; non vi è nessuna corrispondenza tra lo spazio in cui si inserisce e quello immaginato. Gashan viene accolto con sospetto già dal momento in cui mostra il passaporto ad un poliziotto romano: come fa ad essere scritto in italiano? E come fa Gashan a parlare così perfettamente italiano?

Gashan nel momento in cui arriva, smette di riconoscersi in una duplice identità somala e italiana; non percepisce più questa condizione come una ricchezza ma la percepisce – e viene percepita anche dallo spazio esterno con cui si rapporta – come una identità difettosa e incompleta. Invece di sentirsi a tutti gli effetti italiano per la conoscenza perfetta della cultura e della lingua, smette di sentirsi sia somalo sia italiano. Il poliziotto che incontra ulteriormente mette in discussione il senso di appartenenza di Gashan dimostrando un razzismo velato e una immediata emarginazione che gettano il protagonista nella disillusione.

L’emigrazione di Gashan, dunque, risulta fondamentale per osservare le modalità con cui l’identità nazionale italiana viene immaginata. Questo ed altri testi della diaspora somala consentono di sviluppare una visione critica della storia e della cultura italiana evidenziando come il legame tra i due Paesi non possa arrestarsi alla fine del protettorato italiano in Somalia (1960); la connessione tra le due società e le due culture permane infatti nelle menti degli ex colonizzati attraverso l’industria culturale, l’educazione e la rappresentazione nei media.

L’opera di Garane Garane può essere interpretata come una denuncia del problematico rapporto tra città metropolitana e diversità, tanto che Gashan decide di abbandonare l’Italia e la Francia per tornare in Somalia – durante gli anni della guerra civile – e riuscire finalmente ad accettare la propria identità multiculturale ed ibrida mai realmente integrata nelle comunità a cui aveva pensato di appartenere.

Evelyn De Luca

#ReceUstioni

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Antrum: The Deadliest Film Ever Made

Bentornati a tutti, cari lettori di #Receustioni. Questa settimana la recensione sarà leggermente diversa da quella di “Dolittle”, un po’ meno divertente -I know, eravate qui per le risate, ma questa settimana faccio la seria, sorry-, e un po’ più… scottante, in tutti i sensi. Questa settimana, udite udite, parliamo di un film horror. Quindi amanti del genere, a me.

Da anni ormai, più precisamente da quando Netflix è sulla piazza, si parla spesso di film horror prodotti da queste piattaforme streaming, e a volte emergono titoli, come ad esempio “Veronica”, che sembrano essere l’Horror con la H maiuscola, capace di non farti dormire per settimane -un po’ come “The Ring” quando eravamo pischelli noi-. And it happened again. Quest’anno infatti su Prime Video è uscito un mockumentary horror che ha fatto molto discutere gli amanti del cinema: “Antrum”. A onor del vero, Prime Video ne è solo il distributore a livello globale, perché in realtà il film è una pellicola indipendente, girata da Amito e Laicini, uscita nel 2018 e proiettata durante vari festival cinematografici.

Ma, mes amis, procediamo con calma: innanzitutto che cosa significa mockumentary? Un mockumentary è un falso documentario, quindi in breve “Antrum” su Prime Video è strutturato come un documentario, con la pretesa di raccontare la vera storia del film horror “Antrum” uscito negli anni ‘70. Oui, je sais mes amis, sento la vostra confusione. Mi spiego meglio. La trama del film è sviluppata come la sesta stagione di “American Horror Story” (per chi se ne intende): si inizia con un documentario in cui si parla di questo horror uscito negli anni ‘70, che ha portato alla morte di diverse persone a causa di attacchi d’isteria in seguito alla visione del film; poi ci si ritrova catapultati nel 2018, quando viene rinvenuta una copia di questa pellicola, che viene per la prima volta ridistribuita al pubblico… E qui inizia l’horror vero e proprio. La presunta pellicola parla di due bambini, fratello e sorella, che vanno in una foresta maledetta per accedere all’Inferno e poter rivedere il loro cane. Je sais, è inquietante come trama, per me basta già questo a farmi avere le palpitazioni, ma iniziamo la nostra receustione.

Signori e signore, chapeau. Questo film è un CA-PO-LA-VO-RO. I brividi sono assicurati, e badate bene che le scene splatter sono quasi inesistenti in questo film, non sono il sangue o la violenza a fare paura, bensì sono le colonne sonore, le immagini e la recitazione degli attori a rendere il tutto spaventoso. Quando parte la pellicola del presunto film horror degli anni ‘70, sembra proprio di guardare un film degli anni ‘70: i colori, i vestiti dei protagonisti, l’audio… tutto sembra così realistico che diventa facile credere che effettivamente questa pellicola maledetta sia esistita sul serio.

Le scene in cui i due bambini eseguono rituali occulti per poter accedere all’Inferno sono state studiate con molta cura dai due registi -nonché sceneggiatori- Amito e Laicini, che si sono concentrati sui dettagli per rendere il tutto il più realistico possibile. Oralee, la sorella maggiore, ha con sé un libro dell’occulto con tutti i rituali da fare per poter man mano scendere nei gironi Infernali, e ci sono anche Cerbero e Caronte: l’Inferno di Dante è stato usato come fonte d’ispirazione, e penso che ciò renda il tutto ancora più poetico e terrificante -forse anche in memoria della mia professoressa delle medie che ci fece studiare quasi tutto l’Inferno a memoria… alcune terzine me le sogno ancora la notte-.

Gli attori sono spettacolari: i due protagonisti sono Rowan Smyth (oggi 14 anni sulla carta, candidato già a vari premi per il suo film “I believe”, uscito nel 2017) e Nicole Tompkins (doppiatrice di Jill Valentine nel videogioco “Resident Evil 3” e comparsa nella quinta stagione di “American Horror Story”). Le espressioni facciali della Tompkins sono il punto forte del film, riescono a veicolare quella sensazione di inquietudine che fa stare con il fiato sospeso, e il piccolo Rowan Smyth riesce a farti immedesimare nel protagonista… Insomma, sono entrambi giovanissimi e bravissimi, spero proprio che ne sentiremo ancora parlare in futuro.

Per quanto riguarda la colonna sonora invece, non ho niente da dire perché non saprei proprio da dove partire. Avete presente la sensazione di irrequietezza che si prova guardando “Shining”? Quella scena in cui la famigliola viaggia in macchina per dirigersi verso l’hotel, e c’è quella musica che vi fa già salire l’ansia -che poi io sia l’ansia fatta persona è una cosa a parte-? Ecco, questa colonna sonora trasmette le stesse sensazioni. La narrazione procede un po’ a rilento: ci sono molte inquadrature sul viso dei protagonisti e sulla foresta, e tutto ciò rende il tutto ancora più terrificante.

Ammetto di essere debole di cuore di mio, ma vi garantisco che questo film vi lascerà con il battito accelerato e una strana sensazione addosso… Fa uno strano effetto guardarlo, e lo definirei un vero e proprio Horror -sì, con l’H maiuscola-. Quindi se avete una serata libera, possibilmente in compagnia di un fratello/genitore/coinquilino non deboli di cuore, guardate questo capolavoro e fatemi sapere se ne è valsa la pena!

À bientôt mes amis!

Emanuela Batir

#UNINTSPEECHPRESSREVIEW

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Il Signore degli Anelli, traduzioni italiane a confronto

Il 30 Ottobre del 2019 è uscita la nuova traduzione del Signore degli Anelli di Tolkien. Abbiamo raccolto pareri, considerazioni, confronti sulla rete per offrirvi una panoramica completa di quali sono stati i criteri delle due traduzioni e quali sono i rispettivi punti di forza e punti deboli.

Presentiamo innanzitutto i due principali protagonisti (per una volta non invisibili): i traduttori.

Vittoria Alliata è stata la prima traduttrice del Signore degli Anelli, libro che affrontò all’età di 15 anni. La sua traduzione de La compagnia dell’anello è stata pubblicata da Astrolabio nel 1967. Tuttavia, questa edizione vendette pochissimo e pochi anni dopo i diritti passarono alla Rusconi. La casa editrice si avvalse della traduzione di Vittoria Alliata, facendola tuttavia revisionare ampiamente da Quirino Principe, prima di pubblicarla nel 1970.

Nei cinquant’anni successivi, l’edizione del Signore degli Anelli sarebbe passata nelle mani della Bompiani e sarebbe stata sottoposta, ciclicamente, a ulteriori piccole revisioni. Quando, nel 1974, era ancora nelle mani della Rusconi l’opera avrebbe subito una revisione in cui si sostituiva la parola gnomo con elfo, per esempio. Invece, nel 2003 Bompiani pubblicherà una nuova edizione con l’aiuto della Società Tolkieniana Italiana, sempre con la traduzione Alliata-Principe, ma in cui erano stati corretti diversi refusi e orchetti veniva sostituito con orchi. Recentemente, la Bompiani ha ingaggiato un traduttore professionista, Ottavio Fatica, per ritradurre Il signore degli anelli.

Molti di voi ricorderanno la famosa poesia dell’Anello, presente anche all’inizio della versione cinematografica di Peter Jackson. Eccone i tre versi finali:

Poesia originale Traduzione Alliata Traduzione Fatica
“One Ring to rule them all.
One Ring to find them,
One Ring to bring them all and in the darkness bind them
In the Land of Mordor where the Shadows lie.”
Un Anello per domarli,
un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli,
Nella Terra di Mordor, dove l’Ombra cupa scende.
Un Anello per trovarli,
Uno per vincerli,
Uno per radunarli e al buio avvincerli
Nella Terra di Mordor dove le Ombre si celano.

Nell’insieme, la traduzione della trilogia realizzata da Ottavio Fatica è tendenzialmente più vicina al testo originale rispetto a quella di Vittoria Alliata. Qui, però, si nota una certa libertà nell’inversione dei verbo “trovarli” e “vincerli”. Nonostante si crei un certo effetto da parte del lettore abituato alla versione di Alliata (così come a quello abituato alla versione cinematografica), estraneo alla musicalità della nuova traduzione, possiamo dire che il nuovo poema funzioni.

Allora come mai tanta controversia per la nuova traduzione?

Un aspetto chiave è quello dei nomi. Fatica segue con cura quella che è la Guide to the Names in The Lord of the Rings scritta personalmente da Tolkien per i traduttori.

Quelli che erano Grampasso, Samvise diventano Passolungo e Samplicio. In particolare, rimanendo incuriositi da quest’ultimo cambiamento, potremmo andare all’Appendice F per scoprire il nome hobbit di Sam: Banazîr, che significa half-wise, simple, reso da Tolkien con Samwise rifacendosi all’Anglosassone samwís. Quindi, con Samplicio Fatica riesce a rendere il significato e la sfumatura del nome (rimandando a un personaggio semplice), ma allo stesso tempo lo adatta nella lingua finale così come era desiderio di Tolkien. Al contrario, il nome Samvise della prima traduzione non avrebbe alcun legame con il significato originale e non indurrebbe il lettore a capirlo. Tuttavia, ricordiamo che la versione di Alliata era stata approvata dallo stesso Tolkien, che ne era rimasto soddisfatto.

Tra le scelte contestate ad Alliata da Fatica troviamo quella del “Gaffiere”, soprannome calco dell’originale Gaffer, però inesistente in italiano.

Inoltre, tra le due traduzioni c’è una differenza che si percepisce immediatamente: il registro linguistico. Leggendo la trilogia di Tolkien in lingua originale vediamo che gli hobbit parlano tra loro con un linguaggio molto colloquiale (vedi Sam, che però si sforza di parlare forbito con Frodo e Gandalf, con un risultato comico), ma il linguaggio diventa improvvisamente ricercato quando si rivolgono agli Elfi e così via.

Un esempio, quando nei libri Sam parla con il suo amato cavallino:

Originale Alliata Fatica
Bill, my lad,’ he said, ‘ you oughtn’t have took up with us. You could have stayed here and et the best hay till the new grass comes Bill, ragazzo mio», disse, «hai fatto male a venir con noi. Saresti potuto rimaner qui a masticare il miglior fieno del mondo fin quando spunta l’erba fresca   Bill, ragazzo mio,” disse, “non avresti dovuto metterti con noi. Potevi startene qui a manducare il meglio fieno fino a quando non rispunta l’erba fresca.

La versione di Fatica presenta un Sam giardiniere che parla un linguaggio più basso, senza pretese. Quella di Alliata invece trasmette l’immagine di un Sam colto, elegante.

Per concludere, non c’è dubbio che la traduzione di Alliata abbia offerto agli italiani una trilogia che ricorda il genere cavalleresco, con un registro costantemente elegante e ricercato, un lavoro di altissimo livello (ricordiamo che iniziò a tradurlo quando aveva solo 15 anni). Non siamo sicuri che sia sempre stata la scelta migliore, trovandoci a volte più vicini alla traduzione di Fatica, ma vi lasciamo il beneficio del dubbio.

Una curiosità: ecco i versi della poesia dell’Anello che avete trovato anche all’inizio dell’articolo, scritti nel linguaggio nero, la lingua di Mordor:

«Ash nazg durbatulûk, ash nazg gimbatul,
ash nazg thrakatulûk, agh burzum-ishi krimpatul.»

Nazg si traduce con anello, da qui i Nazgûl (nazg = anello; ûl = spettro).

Marco Riscica

Fonti:

#POLITICAFFÈ

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La Spagna supera il milione di casi Dichiarato lo stato di emergenza

Stampa spagnola

Un’emergenza indica una situazione di difficoltà o di pericolo a carattere tendenzialmente transitorio. E la situazione giuridica che deriva dall’accertamento ufficiale di tale condizione di gravità assume denominazioni specifiche, a seconda dei presupposti e degli effetti giuridici.

Nell’ordinamento spagnolo, l’articolo 116 della Costituzione del 1978 invia a una ‘Ley Orgánica’ (varata pochi anni dopo, la 4/1981) la disciplina dei tre stati eccezionali previsti (alarma, excepción, sitio). Secondo questa legge, l’«estado de alarma» ˗ il più blando dei tre – è il migliore per fronteggiare una circostanza epidemica (su tali temi sì è tenuto un convegno alla UNINT, i cui atti sono consultabili su www.dpceonline.it).

Ebbene, il premier spagnolo Pedro Sánchez, ha dichiarato nel fine settimana tale stato di emergenza per fronteggiare la nuova ondata di contagi da coronavirus. Ad ogni modo, il decreto governativo ha una durata limitata di 15 giorni; per la proroga è necessaria, infatti, una successiva autorizzazione del Congresso dei Deputati.

El País specifica che il coprifuoco, stabilito dal nuovo decreto, si estenderà dalle 23:00 alle 06:00 del mattino in tutta la Spagna, ad eccezione delle Isole Canarie. Inoltre, i governi autonomi hanno la possibilità di limitare l’ingresso e l’uscita delle persone nei propri territori. Ancora poca chiarezza c’è riguardo alle leggi che verranno utilizzate per sanzionare il mancato rispetto delle nuove misure. Gli esperti legali del quotidiano ipotizzano che molto probabilmente si andrà a fare riferimento alla ‘Ley Orgánica 4/2015’, che ha come oggetto quello di tutelare la sicurezza dei cittadini, e a cui è stato fatto richiamo durante la prima ondata.

Ciò che ha spaventato di più i cittadini e che sta creando maggiore attrito nell’area decisionale, è la volontà del Governo di prolungare lo stato di emergenza per i prossimi sei mesi. Il Partido Popular (PP) si è fatto portavoce di questo dissenso. Il leader del movimento Pablo Casado ha, infatti, avanzato due richieste per sostenere la decisione governativa. La prima, che lo stato di emergenza venga protratto per un massimo di otto settimane. La seconda, che l’Esecutivo elabori un ‘piano B’, ossia una modifica normativa per approvare restrizioni sugli spostamenti senza che venga attivato questo strumento costituzionale. Anche gli altri partiti di opposizione stanno esercitando pressioni affinché la durata venga modificata. Ciudadanos ha definito eccessiva tale decisione: Inés Arrimadas ha dichiarato che procederà verso una negoziazione dei termini.

Dal canto suo, il Governo si dichiara fermo rispetto alla sua decisione. E la richiesta di autorizzazione per la durata dei sei mesi dovrebbe essere approvata proprio oggi 29 ottobre.  

El Mundo fa sapere che sul versante economico, Pablo Casado ha chiesto ancora una volta una riduzione generale delle tasse. Puntando in particolare, alla riduzione dell’IVA sulle mascherine. Casado ritiene, infatti, che per affrontare nel migliore dei modi le conseguenze della pandemia, sia necessario avere una certa flessibilità e pagare meno tasse.

Il giornale economico Expansión si preoccupa di porre l’accento sulle esigenze degli imprenditori. Durante il 23° Congresso Nazionale delle Imprese Familiari tenutosi a Madrid, i presenti hanno chiesto che il Governo proceda con importanti accordi politici e riforme strutturali. Non a caso, secondo un’indagine condotta dall’ente imprenditoriale IEF, il 53% degli industriali è convinto che recupererà i precedenti livelli di fatturazione non prima del primo o secondo trimestre del 2022.

Stampa statunitense

Sono settimane difficili quelle che stanno affrontando i governi dei Paesi europei a causa del Covid-19. Domenica scorsa il Governo spagnolo ha dichiarato lo stato di emergenza dopo aver superato il milione di casi la settimana passata. In Francia, dove le morti stanno aumentando poiché gli ospedali stanno avendo difficoltà nel gestire un numero di pazienti costantemente e vertiginosamente in aumento, il governo si trova a dover studiare nuove misure per contenere questa seconda ondata. Allo stesso modo l’Italia, il primo paese europeo ad aver imposto un lockdown generale all’inizio dello scoppio di questa pandemia, sta andando incontro a nuove restrizioni volte ad evitare l’imposizione di una seconda chiusura.

Come riporta The New York Times, la Spagna, oltre ad aver dichiarato lo stato di emergenza, ha ordinato un coprifuoco esteso a tutto il territorio nazionale a partire dalle 23 fino alle 6, ad eccezione delle Isole Canarie, dove ad oggi si sono registrati pochi casi. La scorsa settimana la Spagna è divenuta il primo paese europeo ad aver superato il milione di casi confermati. Per questo motivo il Primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez, ha chiesto al Parlamento di approvare lo stato di emergenza fino a maggio 2021.

In Francia, i numeri continuano a crescere e si è raggiunto il record di più di 50 000 casi registrati in una sola giornata. Anche qui è stato imposto un coprifuoco per evitare lo spostamento dei cittadini almeno in orario notturno.

Racconta Bloomberg che l’Italia, che detiene ancora il triste primato di Paese con il numero maggiore di morti in Europa, ha aumentato le restrizioni e ha disposto la chiusura anticipata di bar e ristoranti e quella totale di palestre, piscine, teatri, cinema e discoteche. Per il prossimo mese bar, pub, gelaterie, pasticcerie e ristoranti potranno rimanere aperte al pubblico nei fine settimana, ma dovranno rispettare la chiusura alle 18. Il governo italiano ha raccomandato ai cittadini di aumentare il lavoro da casa e di non lasciare le proprie abitazioni se non per lo stretto indispensabile. 

Abc News riporta le parole di Sánchez il quale descrive la situazione spagnola come “estrema” e specifica che non è previsto alcun confinamento in casa dei cittadini durante lo stato d’emergenza. Il Primo ministro ha rinnovato il suo invito alla popolazione di rimanere in casa e, nel tentativo di stimolare la responsabilità collettiva, ha ribadito che tutti sanno come devono comportarsi in questa situazione di crisi. Le autorità vogliono evitare un secondo e completo lockdown perché ci sarebbero inevitabilmente delle ripercussioni severe sull’economia già in crisi. Infatti, la Spagna è entrata in una fase di recessione e sono centinaia di migliaia i posti andati persi a causa della pandemia. Il Primo ministro ha sottolineato la necessità di salvaguardare sia la salute dei cittadini sia l’economia del Paese.

Che cosa dice l’opposizione? Reuters riporta lo scontento del partito conservatore Partido Popular di Pablo Casado e del partito di centro-destra Ciudadanos di Inés Arrimadas. Il primo ha affermato che il suo partito è favorevole alla dichiarazione dello stato di emergenza ma per una durata di otto settimane e non di sei mesi. Nel suo messaggio a reti unificate, Sánchez ha specificato che lo stato di emergenza dovrà durare sei mesi perché è questo il tempo necessario secondo gli esperti per superare questa seconda ondata e la fase più pericolosa di questa pandemia. Evidentemente il Primo ministro faceva riferimento al fatto che al momento non esiste né un vaccino né un farmaco specifico per sconfiggere la malattia. Quindi, si può interpretare la dichiarazione dello stato di emergenza come un altro tentativo di vincere questa corsa contro il tempo, cercando di limitare la diffusione del virus tra la popolazione, sperando che la comunità scientifica riesca a trovare una cura o un vaccino nel minor tempo possibile. 

Chiara Aveni e Gaia Natarelli

Fonti:

Casado se abre a apoda el estado de alarma si dura solo ocho semanas y se aprueba un plan b jurídico disponibile su https://elpais.com/espana/2020-10-26/casado-se-abre-a-apoyar-el-estado-de-alarma-si-dura-solo-ocho-semanas-y-se-aprueba-un-plan-b-juridico.html, consultato il 26/10/2020

Un estado de alarma que devuelve el protagonismo a la ‘ley mordaza’ disponibile su https://elpais.com/espana/2020-10-26/un-estado-de-alarma-que-devuelve-el-protagonismo-a-la-ley-mordaza.html, consultato il 26/10/2020

Pablo Casado propone un estado de alarma de ocho semanas per el Gobierno insiste en seis meses disponibile su https://www.elmundo.es/espana/2020/10/26/5f96b84ffdddffd3858b4616.html, consultato il 26/10/2020

Los empresario piden al Gobierno reformas de calado y acuerdos políticos para recuperar la confianza tras la crisis disponibile su https://www.expansion.com/economia/2020/10/26/5f969df5468aeb922c8b45e5.html, consultato il 26/10/2020

For Europe, the numbers keep climbing disponibile su  https://www.nytimes.com/live/2020/10/25/world/covid-19-coronavirus-updates/for-europe-the-numbers-keep-climbing, consultato il 28/10/2020

Spain’s COVID-19 state of emergency faces backlash disponibile su https://www.reuters.com/article/us-health-coronavirus-spain-idUSKBN27B1Q2, consultato il 28/10/2020

Europe Steps Closer to Lockdown-Level Curbs in Italy and Spain disponibile su https://www.bloomberg.com/news/articles/2020-10-25/italy-spain-move-to-extend-restrictions-as-virus-cases-surge, consultato il 28/10/2020

Spain orders nationwide curfew to stem worsening outbreak disponibile su https://abcnews.go.com/Health/wireStory/spain-pm-works-state-emergency-curb-outbreak-73814670, consultato il 28/10/2020

#UniversEAT

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MUFFIN ALLA GRICIA

Ciao ragazzi, sono di nuovo io, la vostra Sandra!

Oggi ci trasferiamo sul salato e vi porto una ricetta velocissima e perfetta per assaporare uno dei piatti tipici della cucina romana sotto un’altra forma.

Prima che arrivino commenti del tipo “SACRILEGIOOO LA GRICIA NON SI TOCCAAA!!” vi dico che sono romana anche io e anche che dovete provare per credere!

Bando alle ciance e ciancio alle bande: iniziamo subito!

  • 250g di farina 00
  • 2 uova
  • 200 ml di latte
  • 1 bustina di lievito per salati (sono 16g di solito)
  • 200g di guanciale
  • 60 ml di olio di semi di arachide
  • 30-60g di pecorino grattugiato (io sono andata a occhio e a gusto)
  • 20g di parmigiano grattugiato
  • q.b. di pepe
  • 2g di sale

Ottimo, adesso tutti con le mani in pasta!

  1. In una ciotola bella capiente mettete le uova, il latte, la farina e l’olio di semi;
  2. Mescolate il tutto con una frusta fino a che non vedrete più grumi;
  3. Unite quindi il lievito ed assicurativi sempre che non ci siano grumi;
  4. A questo punto unite il sale, il pepe, il parmigiano, il pecorino e mescolare bene. Assaggiate quello che è venuto e vedete se aggiustare di sapore (ricordatevi che c’è il lievito e che quindi avrà un sapore “strano”);
  5. Per ultimo aggiungete il guanciale e mescolate con un cucchiaio o una spatola in modo da non distruggere i pezzi di guanciale;
  6. Ungete uno stampo per muffin (a me ne sono usciti 10) e versate il composto fino a poco più della metà, non di più perché altrimenti straboccano;
  7. Infornate a 180° per 20 minuti (ricordatevi la prova dello stecchino!!);
  8. Fate intiepidire e togliete dallo stampo le vostre creazioni.

I muffin verranno morbidissimi e il guanciale cotto a puntino (per questo non è stato precotto in padella prima di aggiungerlo al composto).

Siete pronti a pasticciare? 3…2…1… UNINT AI FORNELLI!

Ricordatevi di farci vedere le vostre creazioni, vi aspettiamo!!

Alessandra “Sandra” Alfano

#LUXURYMOMENTS: #GLAMYTASTE

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Lo strudel trentino: “Winter must eat”

Lo strudel è un dolce tipico con mele, uvetta, pinoli, cannella e pasta sfoglia accomunato all’Austria e al Trentino Alto-Adige. Il dolce rappresenta un vero e proprio must per le stagioni fredde grazie alla quantità di mele disponibile sul mercato, inoltre la sua preparazione non è particolarmente impegnativa sia che il suo ripieno venga avvolto dalla pasta sfoglia più leggera o dalla pasta frolla più consistente, il risultato è sempre garantito grazie ad alcuni accorgimenti durante la preparazione.

Per quanto riguarda la sua storia, lo Strudel parte da origini orientali, riportandoci indietro fino alla Mesopotamia. È stato infatti trovato un manoscritto del VIII secolo a.C. in cui si parla di un dessert preparato alla corte assira composto da una serie di strati sottili di sfoglia farciti con mele, frutta secca e miele. Da quel momento l’invitante dessert comincia a viaggiare per il mondo: dalla Turchia alla Grecia per tutto il Mediterraneo, evolvendosi attraverso l’uso di una pasta sfoglia croccante. Dalla combinazione della pasta croccante e la frutta secca si arrivò alla realizzazione di piccoli dolcetti monoporzione con pinoli, pistacchi, sfoglia e melassa spesso consumati a colazione. Questi dolci presero il nome di Baklavà e si diffusero in maniera incredibilmente celere grazie ai mercanti delle rotte Asia-Europa Orientale. In seguito, la ricetta fu rivisita dai pasticceri turchi che, intuendo il grande potenziale dei prodotti utilizzati, cercarono di apportare delle modifiche in base al gusto dei loro clienti. La sfoglia utilizzata per la preparazione del dessert, ormai disponibile in molte varianti, non era più la “classica” ma piuttosto rappresentava un’alternativa più leggera forse proprio per bilanciare la ricchezza del suo ripieno. Col passare degli anni, i dolcetti di pasta sfoglia passarono dalla Turchia all’Ungheria dove crebbero anche di dimensione racchiudendo sempre frutta secca, frutta fresca o composte. Successivamente quando nel 1699 l’Ungheria venne annessa all’Impero Austro-Ungarico, il dolce ormai divenuto celebre venne importato a Vienna e prese subito il nome di strudel che letteralmente significa “rotolo” o “vortice”. Qui i pasticceri austriaci lo modificarono ulteriormente: rinnovarono la sfoglia ormai sottilissima ed aggiunsero ingredienti tipici della zona. Vennero quindi impiegate le mele, l’uvetta ed i pinoli dichiarando la svolta del famoso dolce denominato Apfelsrudel.

Oggi Vi propongo una ricetta altoatesina, tutelata con un disciplinare che ne stabilisce gli ingredienti e che garantisce che la ricetta originale della pasticceria italiana venga riprodotta come segue.

Ingredienti per la sfoglia sottile:

  • 300 g di farina
  • 100 ml di acqua
  • 3 cucchiai di olio di semi
  • 1 uovo
  • 1 pizzico di sale

Ingredienti per la farcitura:

  • 50 g di zucchero
  • 50 g di pangrattato
  • 800 g di mele sbucciate e tagliate a fettine
  • 50 g di uvetta
  • 2 cucchiai di rum
  • 30 g di pinoli
  • 50 g di burro
  • 40 g di pinoli
  • 1 pizzico di cannella

Fanny Trivigno

Sources:

https://www.tribugolosa.com/articoli-2001-vi-sveliamo-i-trucchi-per-un-vero-strudel-trentino.htm

https://www.paginegialle.it/magazine/food/lo-strudel-origine-e-storia-di-un-dolce-invernale-2397

#FAIRPLAY

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Il gioco che affascina sempre di più: il PADEL

Oggi vi parlerò di uno sport particolare: il padel.

Anzitutto partiamo dalla nascita di questo sport che avvenne in Messico in quelli che sono ricordati come gli anni ’70. Qui, un abitante del posto (Enrique Corcuera) decise di sfruttare in qualche modo l’area che circondava la sua dimora in modo da poter giocare a Tennis; tuttavia si rese conto che lo spazio a disposizione era ridotto rispetto ad un campo regolamentare e dunque, questa riduzione e impiego di muri a ridosso del campo provocò la creazione di un campo del tutto particolare. Una volta costruito il campo, compose il gioco e lo chiamo Padel.

La diffusione iniziò a superare i confini messicani arrivando in Spagna, dove avvenne una propria espansione di questo sport grazie all’intervento di un principe che nel suo hotel di lusso di Marbella si fece costruire un campo con le stesse caratteristiche di quello fatto dal messicano. Da questo progetto di campo derivò un’ampia conoscenza e praticabilità dagli ospiti di tutto il mondo che permanevano lì.

Fino all’inizio degli anni ’80, il Padel era un gioco di élite e solo quando diversi viaggiatori presero l’iniziativa, una volta tornati nel loro paese di origine, di far costruire dei campi e garantire una maggiore visibilità in ampia scala internazionale. Si può affermare come vero sport a partire dagli anni ’80: successivamente all’espansione in Spagna, arrivò in Brasile, Argentina, Francia e USA. Questo dato è importante poiché, ci fa comprendere il perché nelle classifiche della World Padel Tour ci troviamo invasi di giocatori con nazionalità maggiormente spagnoli e latino-americani.

Arrivò nel nostro territorio nazionale solo nel 1991, con lo scopo di sensibilizzare e promuovere questa disciplina e solo nel 2008 venne riconosciuto dal C.O.N.I attraverso l’introduzione del settore Padel nel ramo della Federazione Italiana Tennis (FIT). Dal 2013, larga propagazione di campi nella capitale. Di recente, la piattaforma italiana Sky, ha acquistato i diritti televisivi per la trasmissione delle tappe del World Padel Tour.

Il campo è composto da pannelli di vetro, di rete metallica (da non confondere con la rete che divide le due parti del campo) e di due porte laterali. Questi elementi in campo rendono una maggior fluidità durante lo svolgimento del gioco facendo non uscire la pallina dal terreno (tranne qualche volta che può risultare andare fuori una volta che ha rimbalzato sul campo, ad esempio, dopo uno smash, e qui il giocatore deve essere abile nella lettura della pallina ed uscire dalla porta laterale nel tentativo di rimetterla in gioco). I pannelli colpiti risultano validi solo se prima la pallina ha rimbalzato prima sul terreno di gioco.

Si gioca tramite l’uso di una racchetta chiamata “pala”, più piccola rispetto ad una di tennis e con un piatto composito di forellini. In quanto alla pallina, è di minima differenza con quella del tennis, ovvero, quella usata per il Padel è con meno pressione al loro interno. Il punteggio è come nel tennis e occorrono 4 giocatori.

Ed ora, tu lettore se non hai ancora provato questo sport cosa aspetti a farlo?? Ti assicuro che il divertimento è assicurato.

#dontbelazybeactive

Aldo Landini

#MondayAbroad

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#MondayAbroad se chiudo gli occhi sono a… San Pietroburgo!

Cari amici e colleghi,

continuano a essere tempi duri per chi, come noi, ha questo grande desiderio di evadere dalla realtà quotidiana disperdendosi in una delle infinite mete che il mondo ci offre.

Tra le nuove misure di contenimento e l’arrivo della stagione sempre più invernale, è sempre più prorompente la voce che riecheggia dentro alle nostre teste: quando torneremo a viaggiare con l’adeguata spensieratezza che un tempo ci caratterizzava?

Ovviamente, non so la risposta certa, ma so che se stringiamo i denti e ricordiamo l’importanza di pochi semplici gesti (tra questi l’utilizzo della mascherina e un corretto lavaggio delle nostre mani), i nostri occhi potranno meravigliarsi nuovamente e al più presto degli spettacoli che ci offre il nostro pianeta.

La mia vittima di oggi è Cristiana, la responsabile della nostra Radio d’ateneo.

Cristiana è una ragazza brillante e solare; chiacchierare con lei è sempre un gran piacere, sia per le sue capacità d’argomentazione, sia per la sua musicalità innata.

Quando le ho proposto di partecipare alla rubrica, non ha avuto dubbi sulla meta da prediligere: parliamo di San Pietroburgo, signori miei!

Il viaggio le è rimasto a tal punto nel cuore, che ha deciso di scrivere lei il suo #Monday e io, da emozionata spettatrice di un ricordo che più che questo mi ricorda un bellissimo sogno, non posso che lasciarvi alle sue preziose parole.

“Non so se sia stato un caso oppure il cosiddetto destino, ma un motivetto ridondante nella mia infanzia recitava così:

Sembra come un attimo, dei cavalli s’impennano.
Sento quella melodia nella memoria mia.
Forse un giorno tornerò; il mio cuore lo sente!
Ed allora capirò il ricordo di sempre.
Ed un canto vola via;
quando viene Dicembre“.

La domenica era una tappa fissa riguardare questo cartone con mia madre, è il nostro cartone! Quindi la Russia, la sua storia e la magia dei suoi luoghi credo mi abbiano sempre accompagnata.

Ivan il Tempestoso (perché è così che si traduce, signori miei!), Pietro il Grande, Caterina la Grande, Nicola II: tutti fantasmi, provenienti dalla Russia del passato, che hanno fatto da protagonisti nella stesura della mia prima tesi.

Tuttavia, è dalla canzone sopramenzionata che voglio iniziare a raccontarvi del mio viaggio a San Pietroburgo, in particolare rifacendomi all’immagine di quei “cavalli che s’impennano”.

Nella fotografia allegata all’articolo, al di là del soggetto principale assai discutibile, sullo sfondo si vede la statua dedicata a Pietro Il Grande, denominata “Medny Vsadnik” (cavaliere di rame) anche se in realtà è di bronzo!

Il cavallo, simbolo del vigore dei combattenti dell’antica Roma, si dirige verso la Svezia e questo perché a quel tempo era dagli svedesi che la città stava proteggendosi: e si dice persino che, finché quella statua resterà a San Pietroburgo, la città e la Russia tutta non subirà mai alcuna sconfitta!

Quella dei cavalli è un’immagine che si ripete e ripete a San Pietroburgo; persino ai lati di alcuni dei suoi ponti, sul Neva!

Ah…il Neva! Camminare sui ponteggi ti faceva raggelare anche le punte dei capelli, ma il freddo di San Pietroburgo riesce a scaldarti il cuore. Anche il tea e le vellutate di zucca fanno la loro parte!

È stato il mio primo viaggio in compagnia di quelle che, ancora oggi e da cinque anni a questa parte, considero le mie più care amiche; forse anche per questo le lunghe passeggiate, le cene da Gogol’ e all’Eliseevskij (due dei ristoranti più eleganti ed emblematici della città) e la visita alla residenza estiva dei Romanov, Carskoe Selo, mi sono sembrate ancora più belle!

A proposito! Carskoe Selo… Un vero e proprio museo sia all’esterno che all’interno! Mentre ne percorrevo i chilometrici corridoi pensavo: “Dio mio, e pensare che qui Anastasia scorrazzava da una stanza all’altra persino a cavallo di un triciclo!”. Vi lascio immaginare quanto lunghi fossero quei corridoi!

E l’eleganza baroccheggiante delle immense sale, degli abiti esposti, dei vasi, delle rifiniture degli infissi, i giardini ampi a tal punto da far credere a qualunque visitatore di star perdendosi! La Russia è mastodontica e non mi riferisco alla sua estensione territoriale, ma alla grandiosità dei suoi palazzi! In merito posso dirvi questo: ognuno pompa il suo Ego come più ritiene opportuno! Non mi dilungo oltre su questo, magari ne parleremo in separata sede.

Tornando al nostro itinerario, voglio lasciare per ultimo il Palazzo d’inverno; anche se in realtà è stata la prima cosa che abbiamo visitato il giorno dopo essere arrivate!

L’Ermitage non è tanto meraviglioso quanto dicono; lo è molto di più. Già soltanto il fatto che si trovi all’interno del palazzo simbolo di una delle Rivoluzioni più trasformanti della storia lo rende ulteriormente affascinante.

Ma la conclusione del mio racconto di viaggio giunge con un ricordo così tangibile che, ad occhi chiusi, riesco a rivivere quelle immagini come se fossero concrete davanti a me

Avevamo appena finito di visitare una delle ultime sale, stavamo percorrendo i corridoi del museo; camminavamo l’una distante dall’altra perché, come sempre capita, qualcuna si sofferma di più e qualcun’altra di meno sull’una o l’altra opera d’arte.

La sento anche adesso la voce della mia amica Paola che esclama “Oddio, la neve!“. Ho corso: all’interno di un museo dove non si dovrebbe correre io ho fatto uno scatto di sì e no 4 metri per arrivare alla finestra da lei.

E nevicava. E ho versato forse un paio di lacrime perché per me era quella l’opera d’arte più bella; il palazzo d’inverno innevato, un’immagine che avevo sempre sognato.

Per me era quello “il ricordo di sempre”.

Cristiana Petrillo

#POLITICAFFÈ

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USA: l’Iran e la Russia egemonizzano il dibattito presidenziale.
I due Paesi accusati di gravi interferenze nella campagna elettorale

La United States Intelligence Community (IC) – che comprende 17 agenzie – è stata istituita da Ronald Reagan nel 1981 e rappresenta la struttura che conduce attività di intelligence a sostegno della politica estera e della sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Una successiva riforma ha posto l’IC sotto la supervisione dell’Ufficio del Direttore dell’Intelligence Nazionale (ODNI) il quale è a sua volta amministrato dal Direttore dell’Intelligence Nazionale (DNI).

Stampa inglese

Il Direttore dell’Intelligence Nazionale John Ratcliffe, durante una conferenza stampa annunciata mercoledì 21 ottobre, ha affermato che Iran e Russia hanno ottenuto alcune informazioni sugli elettori statunitensi.

In particolare, l’Iran è responsabile di aver inviato alcune e-mail minacciose agli elettori democratici. Ma sia l’Iran che la Russia negano di aver esercitato interferenze di questo tipo – spiega la BBC. Il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano Saeed Khatibzadeh ha dichiarato che per l’Iran è indifferente quale candidato riuscirà a emergere come il prossimo presidente degli Stati Uniti. E il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, che ha parlato proprio ai microfoni della BBC, ha commentato la vicenda dicendo che queste accuse sono tutte completamente infondate. Ratcliffe ha spiegato che le ‘e-mail contraffatte’ dell’Iran, in cui si intimava di votare per Trump, sarebbero state spedite agli elettori degli Stati oscillanti – tra cui Florida e Pennsylvania – in modo da creare disordini e danneggiare il Presidente Trump. Non a caso, le e-mail in questione sembravano provenire dal gruppo di estrema destra Proud Boys. 

The Telegraph spiega che l’Iran avrebbe potuto appropriarsi, molto semplicemente, degli indirizzi di posta elettronica ottenuti dagli elenchi di registrazione degli elettori statali. Che includono appunto, l’affiliazione al partito, gli indirizzi di casa e, ove possibile, gli indirizzi e-mail e i numeri di telefono. Per di più, sempre l’Iran sarebbe responsabile di aver diffuso un video che ammoniva gli americani sulla presenza di truffe nel voto. Ossia, hanno fatto credere che sarebbero giunte dall’estero schede fraudolente.  

Tuttavia, i democratici hanno criticato l’enfasi di Ratcliffe posta sul fatto che l’Iran stesse diffondendo disinformazione con lo scopo di danneggiare Trump – così The Guardian. Infatti, hanno prontamente etichettato il Direttore dell’Intelligence come un “partisan hack”, un termine solitamente utilizzato per disprezzare un membro affarista dell’apparato di un partito politico. 

Stampa statunitense

A poco più di una settimana dalla chiamata alle urne per i cittadini statunitensi, torna vivo il dibattito sull’influenza straniera sulle elezioni presidenziali. Il direttore dell’intelligence nazionale John Ratcliffe ha affermato che sia la Russia che l’Iran hanno ottenuto informazioni importanti riguardo la registrazione degli elettori statunitensi con l’obiettivo di interferire nelle elezioni presidenziali statunitensi. Così spiega The New York Times in seguito alla conferenza con la stampa che si è tenuta la scorsa settimana. In quell’occasione, affiancato da Chris Wray, il direttore della FBI, Ratcliffe ha sostenuto che l’Iran è responsabile di aver condotto e di condurre ancora una campagna e-mail spacciandosi per il gruppo di estrema destra Proud Boys (gruppo notoriamente visto di buon occhio da Trump). Sia Wray che Ratcliffe hanno affermato che l’obiettivo di queste operazioni è duplice: comunicare false informazioni agli elettori registrati e creare confusione per minare la fiducia nella democrazia statunitense.

ABC News riporta l’appello di Ratcliffe rivolto ad ogni americano: “Chiediamo ad ogni americano di fare la sua parte per difenderci da quelli che ci vorrebbero danneggiare”. Il direttore ha accusato in particolar modo l’Iran di condurre operazioni volte a compromettere il normale svolgimento delle elezioni presidenziali, diffondendo informazioni false che generano confusione e dubbi tra gli elettori circa la sicurezza e la democraticità delle elezioni. Ratcliffe ha accusato l’Iran di ottenere dati su coloro che andranno a votare per seminare confusione in vista delle elezioni di novembre. Le accuse di Ratcliffe rivolte alla Russia riprendono anche i fatti del 2016, ossia l’interferenza russa nelle elezioni presidenziali a favore dell’attuale Presidente Trump. Tuttavia, rispetto all’attività svolta dall’Iran, non si registra lo stesso livello di “attacchi” da parte russa.

La motivazione di Teheran a condurre tali attività è guidata dalla percezione diffusa che la rielezione del Presidente Trump potrebbe comportare il persistere della pressione statunitense sull’Iran con il fine di condurre ad un cambiamento di regime nel Paese, sottolinea USA Today.  Inoltre, Ratcliffe ha evidenziato come gli analisti di intelligence abbiano registrato un minor livello di attività da parte della Russia, ribadendo  che anche questo Paese è riuscito ad ottenere informazioni rilevanti sugli elettori. Il direttore ha aggiunto che queste azioni sono “disperati tentativi messi in atto da avversari disperati”, per sottolineare il fatto che l’intelligence statunitense ha la situazione sotto controllo.

A tal proposito, la CNN riprende la dichiarazione rilasciata la scorsa estate da William Evanina, il direttore del Centro nazionale di controspionaggio e sicurezza degli USA. Quest’estate la stampa internazionale ha spesso parlato di Cina, Iran e Russia riferendosi alla minaccia che questi tre Stati stavano ponendo alle elezioni presidenziali del 2020. Lo scorso agosto, Evanina aveva affermato che quasi certamente l’Iran aveva adottato un comportamento simile per paura di una seconda rielezione di Trump, poiché potrebbe avere ripercussioni sul regime iraniano. Il direttore riferendosi poi alla Russia aveva sottolineato che il Paese aveva messo in campo una serie di tecniche per denigrare l’ex Vicepresidente Joe Biden e il suo establishment apertamente anti-russo, giacché durante l’amministrazione Obama offrì supporto all’Ucraina e all’opposizione contro Putin all’interno del Paese.

A poco più di una settimana dal voto e conclusosi anche l’ultimo dibattito tra l’attuale Presidente in carica ed il suo sfidante, ci si domanda quanto queste strategie possano effettivamente influenzare gli elettori al momento del voto. Iran e Russia riusciranno ad avere l’impatto desiderato e condizionare i risultati? Attraverso e-mail false e attacchi informatici riusciranno a minare la fiducia del cittadino medio statunitense nel sistema democratico del suo Paese?

Chiara Aveni e Gaia Natarelli

FONTI:

FBI says Iran and Russia have US voter information disponbile su https://www.bbc.com/news/election-us-2020-54640405, consultato il 23/10/2020

Iran and Russia are trying to influence the US election, FBI warns disponibile su telegraph.co.uk/news/2020/10/22/us-intelligence-officials-sayiran-sent-emails-intimidating-american/, consultato il 23/10/2020

Russia and Iran obtained US voter data in bid to sow unrest before election, FBI warns disponibile su https://www.theguardian.com/us-news/2020/oct/21/russia-iran-us-voter-data-security-fbi-election, consultato il 23/10/2020

Feds say Russia and Iran have interfered with the presidential election disponibile su https://edition.cnn.com/2020/10/21/politics/fbi-election-security/index.html, consultato il 22/10/2020

FBI announces Russia, Iran have obtained US voter information and are attempting to influence the 2020 election disponibile su https://www.abc.net.au/news/2020-10-22/fbi-russia-iran-influence-2020-election/12801440, consultato il 22/10/2020

Iran, Russia obtained voter registration info to sow confusion in presidential election, US officials say disponibile su https://eu.usatoday.com/story/news/politics/elections/2020/10/21/john-ratcliffe-iran-russia-interfering-presidential-election/3721622001/, consultato il 22/10/2020

Iran and Russia Seek to Influence Election in Final Days, U.S. Officials Warn disponibile su https://www.nytimes.com/2020/10/21/us/politics/iran-russia-election-interference.html, consultato il 22/10/2020

#LOSAPEVATECHE

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Come una pianta d’incenso nell’Orto di Roma può cambiarti la vita

Alle pendici del Gianicolo, attorno al palazzo romano di Villa Corsini nel cuore di rione Trastevere, si trova il bellissimo Orto Botanico di Roma con una varietà straordinaria non solo di vegetazione, ma anche di storie umane. Proprio alla scoperta di una storia di accettazione ed inclusione è dedicata questa tappa nel nostro itinerario tra i luoghi romani, indagando le profonde connessioni con la questione coloniale italiana e le problematiche di tutti i ragazzi di seconda generazione. Siete pronti?

L’orto Botanico di Roma è lo scenario di un interessantissimo racconto – che vi consiglio di leggere – dal titolo “Rapdipunt” dell’autrice italo-somala Ubax Cristina Ali Farah. Nello specifico Rapdipunt è un monologo della protagonista che si rapporta ad un gruppo di adolescenti, tutti maschi di origine africana, ispirati alle vicende della Comitiva Flaminio negli anni ’80 il cui luogo di ritrovo era piazzale Flaminio a Roma. Nel gruppo di ragazzi le difficoltà tipiche dell’età si aggiungono alla questione identitaria e a quella disillusione che si genera fin dalla prima adolescenza riguardo le false promesse sul proprio futuro italiano. Nonostante siano molto giovani, i personaggi sono infatti descritti con serietà e sembrano possedere una forma di scetticismo nei riguardi della realtà che li circonda.

Il racconto di Ali Farah rappresenta una scena di vita quotidiana che si svolge in storici luoghi romani, elementi integranti della crescita e della costruzione identitaria dei ragazzi che appartengono tutti alla seconda generazione, con una perfetta dominanza della lingua e soprattutto del dialetto romano. Nonostante ciò, permane in questi giovani un senso di inadeguatezza e manca il senso di una piena inclusione sul territorio. La coesistenza e l’oscillazione tra due identità diverse nei giovani di seconda generazione – identità non sempre in grado di conciliarsi armonicamente – genera un senso di spaesamento e l’incapacità di sentirsi realmente appartenere agli spazi. L’idea che fatica ancora ad entrare nell’opinione comune è però che la sensibilità nuova di cui si fanno portatori i ragazzi della comitiva consente di avere uno sguardo innovativo sugli spazi.

Uno dei ragazzi di origine somala del racconto – Mauro, nato e cresciuto a Roma – ascolta da un signore incontrato per strada storie e leggende sulla resistenza somala e viene condotti all’Orto Botanico di Roma per vedere una piccola e apparentemente insignificante pianta di incenso tipica ed originaria della Somalia.

Trovare in un luogo così importante per Roma una piccola pianta d’incenso rappresenta per i ragazzi della compagnia la riscoperta di un legame col passato e un parziale radicamento al presente. Quel che emerge infatti continua ad essere la disillusione delle seconde generazioni e l’impatto della rimozione storica sui luoghi, sulle storie personali e sul processo di integrazione; la relazione storica tra Somalia e Italia è in questo caso ineludibile, ma gli stessi ragazzi della compagnia non avvertono più una vicinanza emotiva con gli spazi e con le persone che li abitano.

La pianta di incenso, dunque, e il fatto che sia reperibile nell’Orto Botanico di Roma, sotto gli occhi di tutti ma nello stesso tempo lontana, consente ai ragazzi di recuperare un legame con la terra in cui vivono; un legame che non si limiti ad essere solo geografico – considerando l’Italia come meta prediletta per l’emigrazione, per la sua ubicazione nel Mediterraneo – ma che sia soprattutto un legame storico ed affettivo.

Evelyn De Luca

Fonti

Ubax Cristina, Ali Farah, Rapdipunt, in La letteratura postcoloniale italiana, dalla letteratura d’immigrazione all’incontro con l’altro, a cura di T. Morosetti, numero monografico di “Quaderni del’ ‘900”, IV, 2004.

Caterina, Romeo, Riscrivere la nazione: la letteratura italiana postcoloniale, Le Monnier Università, Firenze, 2018.