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La rassegna stampa internazionale dell’UNINT

EUROPA

In Spagna disordini e scontri sono stati i protagonisti indiscussi del weekend appena trascorso. Solo pochi giorni prima, il governo Sánchez aveva dichiarato il prolungamento dello stato di allarme fino a maggio 2021 e l’imposizione di misure più stringenti per arginare la progressione dei contagi da Covid-19.

Stando a quanto riportato da El Pais, lo scenario spagnolo della seconda ondata pandemica sarebbe attualmente tra i più preoccupanti d’Europa. Tale dato è confermato dal numero ufficiale di decessi raggiunto a partire da luglio: circa 7.100, il terzo tasso di mortalità più alto registrato dopo quello di Romania e Repubblica Ceca.

Nonostante il contagio stia dilagando ad un ritmo incalzante, i numeri allarmanti non hanno fermato azioni di protesta scoppiate in diverse realtà spagnole in risposta alle nuove restrizioni e al coprifuoco. Alcuni cittadini hanno provocato tensioni, degenerate successivamente in manifestazioni violente. Secondo l’articolo di Marca, venerdì sera a Barcellona e a Burgos centinaia di persone si sono scontrate con le forze dell’ordine lanciando pietre, razzi e oggetti contundenti.

Le stesse sommosse, da quanto si apprende invece da El Pais, si sono verificate anche sabato nel capoluogo catalano e in altre città come Madrid, Guadalajara, Sevilla, Granada, coinvolgendo in totale una ventina di centri. Sono stati 56 complessivamente i manifestanti tratti in arresto nella notte di sabato.

Oltre a un clima di preoccupazione generalizzato, la pandemia ha creato una crisi mondiale senza precedenti travolgendo altresì il panorama culturale del Paese. Rtve ha riportato l’esempio del Museo d’arte contemporanea Reina Sofía, uno dei più famosi esistenti. Il 31 ottobre la galleria ha festeggiato il suo 30° anniversario offrendo una giornata a porte aperte. Dalla sua apertura si annoverano oltre 700 esposizioni con opere di Picasso, Dalí, Juan Gris, ecc. Purtroppo, l’avvento del virus ha svuotato le sale e fatto precipitare vertiginosamente il numero di visitatori. La scorsa estate, dato il calo del turismo e la necessità di ridurre gli ingressi, il museo ha accolto il 70% in meno di ospiti e posticipato al 2021 le grandi mostre previste in questo periodo.

F.L.

In Francia, il portavoce del governo Gabriel Attal ha annunciato che dal giorno 3 novembre è stato reimposto il coprifuoco, come prima del lockdown, nella città di Parigi a causa del numeroso traffico per le strade dalle ore 21:00. Secondo la testata Paris Secretl’obiettivo è rafforzare la reclusione nelle proprie abitazioni dei cittadini francesi.

Questo annuncio è stato effettuato da Gabriel Attal alla BFM TV, dopo i 100.000 controlli iniziati giovedì 29 e le 14.000 verbalizzazioni per i cittadini che non rispettavano il lockdown entrato in vigore venerdì 30. L’Île-de-France potrebbe essere proprio la zona più interessata da questo provvedimento. Il governo però ha immediatamente smentito attraverso un tweet le parole del portavoce Attal, dichiarando che questa misura non è mai stata presa in considerazione.

Jean Castex, il primo ministro della Francia e il suo entourage hanno confermato però che un nuovo provvedimento è in fase di studio, questo riguarda stabilire “un orario notturno per la chiusura dei negozi autorizzati ad operare”. Ha aggiunto l’entourage che una decisione in merito a questi aspetti verrà presa nei prossimi giorni, tuttavia adesso non ci sarà nessun coprifuoco in alcuna zona di Parigi, nonostante il traffico e il grande numero di contagi nelle ultime settimane.

Le Figaro aggiunge che gli oppositori del governo non hanno preso di buon occhio questa dichiarazione da parte di Gabriel Attal che ha creato confusione tra moltissimi parigini e soprattutto tra i residenti dell’Île-de-France. Queste lamentele e dissensi sono confluiti nelle parole di disapprovazione del sindaco di Parigi, Emmanuel Grégoire.

G.D.C.

Il Covid-19 non dà tregua in Regno Unito: già da qualche settimana lo spettro di un nuovo lockdown si aggirava nel Paese. Dopo tante smentite, alla fine Boris Johnson è stato costretto a cedere e proprio nella serata di Halloween ha annunciato l’arrivo della seconda chiusura tramite conferenza stampa, di cui Gov.uk ha pubblicato il testo integrale. L’Inghilterra sarà sottoposta a restrizioni più severe a partire dalla mezzanotte del 5 novembre fino al 2 dicembre.

Così come riportato da The Daily Mail, il leader dei laburisti, Sir Keir Starmer, lo ha accusato di aver sprecato settimane preziose rifiutando il blocco statale richiesto dagli esperti a settembre mentre i decessi aumentavano vertiginosamente. 

Il superamento del milione di contagi, secondo Sky News, è ciò che ha convinto definitivamente il primo ministro a prendere una decisione tanto difficile, ma al contempo necessaria, per non mandare in tilt l’intero sistema sanitario. Si tratterebbe, comunque, di una chiusura meno restrittiva rispetto a quella di marzo: per esempio, tra le disposizioni diramate si contempla ancora la possibilità di tenere le scuole aperte.

Mentre Johnson annunciava da Downing Street il nuovo lockdown, una seconda notizia rattristava il mondo dello spettacolo britannico e non solo. Lo scozzese Sean Connery, meglio conosciuto come il leggendario 007, è deceduto all’età di 90 anni nella sua dimora alle Bahamas, dove viveva con la moglie dagli anni ‘90. Ultimamente, scrive The Guardian, l’attore soffriva di demenza senile, una malattia che gli impediva di esprimersi come era solito fare.

In questa cornice di incertezza, lunedì è rimbalzata su tutti i giornali inglesi la notizia della positività al coronavirus del principe William, una notizia risalente in realtà ad aprile e tenuta nascosta per non allarmare la nazione, come ha rivelato The Sun. Nonostante l’erede al trono faticasse a respirare, è riuscito comunque a ultimare quattordici impegni durante la quarantena.

F.L.

In Irlanda, secondo quanto riportato dal giornale The Irish Times il 4 novembre, il governo finanzierà centinaia di corsi di aggiornamento delle competenze, necessari per affrontare la “crisi” dell’offerta di insegnanti. Il fine è quello di incrementare il numero di insegnanti qualificati in matematica, fisica e spagnolo.

Quindi, gli insegnanti delle scuole secondarie potranno richiedere corsi di aggiornamento di terzo livello gratuiti.

Saranno disponibili tre programmi gratuiti, tra cui un diploma professionale per l’insegnamento della fisica (DCU, UL e NUI Galway), un diploma superiore in spagnolo (UCC) e un diploma professionale in matematica (UL, NUI Galway, DCU, TU Dublino, CIT, LYIT e WIT).

I programmi avranno una durata di due anni su base part-time e saranno erogati in modo flessibile per consentire al maggior numero di insegnanti in part-time o piena occupazione di prenderne parte.

Oltre ad una cauzione, che sarà rimborsata all’insegnante partecipante al termine del programma, i posti saranno forniti gratuitamente e si darà priorità agli insegnanti disoccupati e a coloro che insegnano la materia “fuori campo”.

Il processo di candidatura dovrebbe essere aperto a breve e le domande possono essere presentate direttamente all’istituto di istruzione superiore pertinente.

A.B.

Come riportato sul sito del Cremlino, il 2 novembre in Russia, il presidente Vladimir Putin ha tenuto una videoconferenza per discutere del finanziamento e dello sviluppo del settore spaziale e missilistico. Durante il suo discorso, il presidente si è concentrato sulle questioni legate al finanziamento dell’industria spaziale, sottolineando quanto sia importante la decisione e l’approvazione di questi piani, strategici per la Russia e in particolare per l’economia nazionale, per una maggiore sicurezza dello stato e per il mantenimento del primato nel mercato spaziale mondiale. Per fare ciò, al Roscosmos è stato affidato il compito di preparare una gamma di nuovi programmi per il potenziamento del complesso missilistico, per la formazione di un gruppo spaziale nell’ambito del progetto “Sfera” e per un ulteriore sviluppo del sistema GLONASS. Il presidente ha evidenziato che il Roscosmos non abbia ancora approvato alcuni dei programmi e ne ha quindi richiesto l’approvazione nel minor tempo possibile, oltre alle motivazioni di un tale ritardo. Inoltre, il presidente Putin ha sottolineato che il perfezionamento e l’aumento del gruppo spaziale sono tra le priorità del Paese, soprattutto per una maggiore sicurezza e per lo sviluppo dell’economia.

Dopo la videoconferenza, secondo quanto riportato su Pravda.ru, il direttore del Roscosmos Dmitrij Rogozin ha risposto alla critica del presidente Putin, principalmente per l’affermazione fatta da quest’ultimo secondo cui l’istituzione non avrebbe eseguito l’incarico della realizzazione di un razzo super pesante. Rogozin ha risposto che il responsabile del rinvio dei progetti è stato proprio il governo: secondo il top-manager, i progetti erano stati consegnati al Consiglio già ad agosto, scrive Iz.ru. Rogozin ha espresso la speranza che, dopo la conferenza del 2 novembre e grazie all’attenzione portata dal presidente sulla questione, l’importo dei finanziamenti verrà concordato e i progetti verranno approvati. Quest’ultimo, infatti, è sicuro che la critica del presidente porterà all’approvazione dei programmi spaziali entro la fine dell’anno, come riportato su Vesti.ru.

Dal punto di vista sanitario, in Russia così come in molti altri Paesi, con l’autunno è aumentato il numero di casi di coronavirus, riportato giornalmente da Zona.media. Con gli ultimi dati, il numero di malati nel Paese è arrivato a più di 1.600.000, con più di 28.000 decessi. Il 2 novembre, ad esempio, a Mosca sono stati registrati 4.796 nuovi casi di infezione da Covid-19, con 53 decessi. Nel Paese intero, lo stesso giorno, ci sono stati 18.257 nuovi casi, con 238 decessi in totale. Gli ospedali cominciano ad essere sempre più saturi e spesso capita che i pazienti vengano sistemati nei corridoi per mancanza di stanza libere, come è successo nella città di Tomsk. Nel frattempo, il governatore della regione di Krasnojarsk, Aleksandr Ussom, ha vietato, a partire dal 3 novembre, l’utilizzo del Wi-Fi gratuito nei centri commerciali e l’ingresso ai giovani con età inferiore ai 14 anni se non accompagnati dai genitori, in modo tale da diminuire l’affluenza ai centri e ridurre le occasioni di contatto. Sono vietate anche feste di famiglia, come matrimoni e anniversari, e tutti gli eventi sportivi si terranno senza spettatori, scrive Vesti.ru.

Inoltre, secondo le ultime notizie di Vesti.ru, nella periferia di Mosca vige il regime di autoisolamento per gli adulti con età superiore ai 65 anni, i quali verranno aiutati da volontari per l’acquisto di prodotti e medicinali. Per l’accesso a bar e ristoranti sarà necessario essere provvisti di un QR-code o di un SMS. Si potrà salire sui mezzi di trasporto pubblici soltanto indossando guanti e mascherina. Ad oggi, i controllori possono multare non solo passeggeri sprovvisti di biglietto, ma anche chi non indossa i dispositivi di sicurezza: la multa è di 5.000 rubli. Nella regione di Orlovsk, sempre secondo i dati riportati da Vesti.ru, i bambini si ammalano più degli adulti e i casi riguardano per lo più bambini fino ai 14 anni. Il governatore di San Pietroburgo, Aleksandr Belgov, ha affermato che il numero di nuovi casi è pericolosamente elevato: sono stati registrati 923 nuovi casi il 2 novembre, come si legge su Gazeta.ru: Belgov non esclude delle restrizioni gravi a San Pietroburgo per far fronte a questi numeri, e ne parla a Ria.ru.

A Mosca, invece, secondo l’articolo di Iz.ru, il picco della pandemia è previsto per la metà di dicembre. Uno degli ideatori del modello di previsione della situazione Covid-19 in Russia, Aleksej Borovkov, ha parlato di tre curve di distribuzione della malattia da coronavirus. Secondo le previsioni attuali, il picco della pandemia nella capitale è previsto per il 14 dicembre. Il direttore del National Technology Initiative (NTI, in russo Nacional’naja Technologičeskaja Iniciativa) sostiene che in tempi brevi la quantità di malati attivi (il numero di infetti meno il numero di decessi e guariti) crescerà, per diminuire solo verso febbraio. All’inizio di marzo il numero di malati attivi a Mosca potrebbe scendere di e fino a 40 mila unità, e in generale nel Paese di e fino a circa 120 mila. Tuttavia, per l’apertura delle frontiere in tempi brevi, secondo l’esperto, non vale la pena aspettare. Ciò nonostante, secondo il Rospotrebnadzor (Russian Federal Service for Surveillance on Consumer Rights Protection and Human Wellbeing), in Russia potrebbe arrivare un nuovo ceppo di coronavirus proprio dall’Europa, riporta Gazeta.ru.

S.P.

MEDIO ORIENTE

In Siria le regioni nord-occidentali stanno attraversando una crisi complessa. Nella giornata di domenica, nel corso di uno sfollamento in atto nell’area, il regime siriano e le forze russe hanno rinnovato i loro bombardamenti sulla campagna di Idlib, sulla pianura di Al-Ghab e sulla regione montuosa del Jabal Al-Akrad a nord di Lattakia, mentre i gruppi jihadisti hanno preso di mira vari postazioni dell’esercito a sud di Idlib. La ripresa del conflitto avviene in concomitanza con l’aumento dei contagi da coronavirus nella regione e con gli allarmi dell’Onu sul peggioramento delle condizioni degli sfollati nei campi a causa della pandemia e delle difficili condizioni economiche nel Nord del Paese. Dallo scoppio dell’epidemia di Covid-19 a Idlib, le organizzazioni umanitarie hanno espresso il loro timore di una catastrofe sanitaria qualora il virus dovesse diffondersi nelle centinaia di campi profughi sparsi lungo il confine tra il governatorato di Idlib e la Turchia. Gli insediamenti degli sfollati mancano di servizi di base, come una rete idrica e forniture igieniche: lavarsi le mani o fare la doccia sono da considerarsi un lusso che molti non possono permettersi. Durante un discorso davanti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, Mark Lowcock, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, ha dichiarato che il numero di vittime nella Siria nord-occidentale è aumentato di sei volte nell’arco di un solo mese, così come sono aumentate anche nei campi per gli sfollati. Dato il sovraffollamento nella Siria nord-occidentale, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari ha osservato che la principale sfida da affrontare di fronte l’epidemia di Covid-19 è la difficoltà a isolare le persone.          

                                                                                                                                                    
Iraq – Le immagini dei morti e le frasi rivoluzionarie sono quanto resta in piazza Tahrir nel centro della città di Baghdad, teatro della mobilitazione popolare più importante della storia del Paese, dopo che il governo ha deciso di sgomberarla insieme alle strade e i ponti circostanti. Decisione quella del governo che arriva senza aver ancora accolto la richiesta cruciale sollevata negli ultimi mesi, quella di rivelare i responsabili dell’uccisione di oltre 500 manifestanti e decine di migliaia di feriti. Sabato sera, un anno dopo la sua chiusura, i primi mezzi hanno ripreso a circolare sul ponte al-Jumhuriya che collega Piazza Tahrir e la blindatissima Zona Verde, sede dei ministeri, dell’ufficio del primo ministro, delle ambasciate straniere. Le forze di sicurezza e la polizia municipale di Baghdad hanno abbattuto le tende che ancora presidiavano la piazza e sgomberato le strade circostanti, tra cui il tunnel che passa sotto la piazza sulle cui mura i manifestanti hanno raffigurato le effigi dei loro compagni caduti e immortalato le immagini della repressione che ha accompagnato il loro movimento di protesta. In un comunicato stampa, il nuovo sindaco di Baghdad, Alaa Maan, ha ordinato di non pregiudicare i murales e le frasi scritte dai manifestanti nel tunnel di piazza Tahrir, descrivendoli come una documentazione di una fase importante che contribuisce alla rinascita del Paese. Attivisti e giornalisti si sono scagliati contro i colleghi che dapprima avevano appoggiato e sostenuto il movimento di protesta per poi rinnegare le loro posizioni conciliandosi con le posizioni del primo ministro iracheno Mustafa Al-Kazemi – arrivato dopo le dimissioni del suo predecessore, Adel Abdul-Mahdi, sotto la pressione dei manifestanti. Quello che gli attivisti hanno voluto far sapere è che quanto è accaduto nelle scorse ore in Piazza Tahrir non farà desistere il movimento di protesta dal compito storico che gli è stato assegnato.

Arabia Saudita – Stando ad un rapporto pubblicato dall’Istituto per gli studi sulla sicurezza nazionale, think thank israeliana, sarebbero in corso i preparativi per la normalizzazione dei rapporti fra Israele e Arabia Saudita e che la successione al trono da parte del principe ereditario potrebbe agevolare la strada in vista della firma dell’accordo. Il negoziato prevedrebbe dal lato dei sauditi un pacchetto di obiettivi di notevole ambizione, fra cui il miglioramento della sua immagine e posizione internazionale, anche all’interno del Congresso degli Stati Uniti, danneggiata negli ultimi anni dal comportamento imprudente e inaffidabile del principe ereditario Mohammed bin Salman, coerentemente agli sforzi della monarchia di commercializzare un “Islam moderato” come parte del processo di modernizzazione. Secondo l’Istituto israeliano, Israele è desideroso di concludere un accordo di normalizzazione con l’Arabia Saudita, data la sua importanza economica, religiosa e politica. Tuttavia, non è chiaro quando e a quali condizioni il Regno dei Sa’ud sarà in grado di firmare un accordo simile a quello stipulato dagli Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Sudan. L’Istituto conferma che il sostegno dell’Arabia Saudita agli accordi “Abraham” mostra l’entità della sua deviazione politica dalle precedenti posizioni, cambiamento visibile nel permesso concesso agli aerei israeliani di volare nello spazio aereo saudita da e verso gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein, la copertura mediatica positiva nei confronti di Israele e le dichiarazioni degli attuali ed ex alti funzionari nel Regno. Inoltre, nonostante le smentite di alti funzionari sauditi, è probabile che i negoziati e gli accordi con Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Sudan siano stati condotti con la perizia e il sostegno della leadership saudita. In generale, gli accordi firmati con questi Paesi servono gli interessi dell’Arabia Saudita e le forniscono un parametro per valutare i potenziali benefici e rischi di un eventuale accordo con Israele, comprese le reazioni del pubblico. Per quanto riguarda eventuali scenari di negoziazione, le richieste dell’Arabia Saudita saranno probabilmente superiori a quelle degli Emirati Arabi Uniti. Qualora l’accordo israelo-emiratino fermasse il piano israeliano di annettere terre in Cisgiordania, le condizioni saudite potrebbero includere maggiori richieste nei confronti di Israele sulla questione palestinese. Secondo taluni esperti la disponibilità di Israele a prendere provvedimenti per far avanzare il processo di pace alla fine incoraggerà l’Arabia Saudita a normalizzarsi. Ulteriori fattori potrebbero includere un accordo con gli Stati Uniti per la vendita di armi sofisticate e cambiamenti interni al regno riguardanti lo status di Israele nell’opinione pubblica, oltre alle ripercussioni legate alla successione al trono.                                                                                                                                

L. D.

AMERICA

Il Messico conta finora circa 90.000 vittime per coronavirus, ha scritto El Mundo. Anche qui, la crescita esponenziale dei contagi ha avuto un fortissimo impatto sul patrimonio culturale nazionale, privando i suoi abitanti della loro festa tradizionale, El Día de los Muertos.Difatti, per scongiurare assembramenti, le autorità hanno emanato un’ordinanza di chiusura dei cimiteri e cancellato eventi di rilievo con una conseguente perdita economica per i lavoratori.

La pandemia ha quindi costretto i messicani a spostare tutte le celebrazioni in onore degli antenati all’interno delle case. In questo 2020, straziato da un’epidemia globale, El Día de los Muertos ha rappresentato più che mai un momento chiave per riflettere – ma soprattutto ricordare – chi ha perso la vita per il Covid-19. 

F.L.

Come riportato dal BBC News, lo scorso martedì l’uragano Eta ha raggiunto Nicaragua e Honduras e potrebbe arrivare in altri Paesi dell’America Latina e del Caribe con venti e inondazioni catastrofiche. Oltre all’allerta dell’uragano, il centro nazionale di uragani negli Stati Uniti (NHC), ha emesso un avviso per la tempesta tropicale che colpisce la costa nord-orientale dell’Honduras. L’uragano ha causato, oltre ai danni materiali, la morte di un’adolescente di 13 anni che si trovava in casa e di due uomini mentre lavoravano in una miniera nella località di Bonanza, in Nicaragua.         

 Sia il Nicaragua che l’Honduras hanno dichiarato l’allerta rossa in attesa del passaggio di Eta, disponendo il trasferimento di decine di migliaia di persone nelle zone più a rischio in rifugi sicuri quali chiese e scuole.

Infobae riporta che in Chile, le autorità hanno annunciato una riduzione del coprifuoco in quasi tutto il Paese, dovuto al miglioramento dei dati della pandemia. Il nuovo orario sarà dalle 00 alle 5 di mattina in tutta la nazione, tranne nella regione meridionale di Magallanes e nella regione del Los Lagos, due delle aree in cui i contagi continuano a crescere e in cui il coprifuoco prevarrà dalle 20:00 di sera alle 5:00 del mattino. Il ministro della salute, Enrique Paris, ha esortato i cittadini a fare attenzione e a non rilassarsi per evitare che arrivi una seconda ondata come quella che sta soffrendo l’Europa in questo momento.

Cubadebate riporta che a Cuba la comunità scientifica sta lavorando a un terzo vaccino candidato contro il Covid-19, il primo che non è iniettabile e si applicherebbe per via nasale. Sviluppato dal Center for Genetic Engineering and Biotechnology (CIGB), questo progetto si concentra sull’immunizzazione per via nasale poiché il virus SARS-COV-2, è respiratorio. Il Direttore della ricerca Biomenica del CIGB, Gerardo Guillén, ha spiegato che l’immunizzazione attraverso questa via favorisce lo sviluppo di una risposta locale, il cui obiettivo è prevenire la malattia, la colonizzazione e la trasmissione dell’agente patogeno. Inoltre, ha spiegato che il nuovo candidato vaccinale si basa su una proteina del virus dell’epatite B. Cuba ha attualmente due farmaci contro il Covid-19 in fase di sperimentazione clinica (Soberana 01 e Soberana 02) e si prevede che entro la fine del 2020 la comunità scientifica registrerà un quarto vaccino candidato contro la pandemia. SempreCubadebate riporta che l’Organizzazione Mondiale della Salute ha incluso il secondo vaccino candidato di Cuba, Soberana 02 sul sito ufficiale dei progetti in fasi di sperimentazione clinica contro il Covid-19. Con Soberana 02 si prevede che l’immunità raggiunga la mucosa delle vie respiratorie per impedire l’ingresso del virus. Attualmente ci sono 47 candidati registrati in tutto il mondo, due dei quali sono cubani.

Il DW riporta che gli attori politici del Venezuela hanno iniziato lo scorso martedì la campagna elettorale per le elezioni legislative del 6 dicembre, questionate dall’opposizione e dalla gran parte della comunità internazionale, con raduni massici e ignari delle misure di sicurezza imposte dal governo di fronte alla pandemia Covid-19. Come previsto, hanno iniziato a contare i 30 giorni che avranno a disposizione i 14.400 candidati per ottenere i voti che li rendono meritevoli dei 277 seggi dell’Assemblea nazionale, la cui nuova direttiva dovrebbe essere installata il 5 gennaio. Il partito del governo ha utilizzato un macchinario che includeva piattaforme e intense campagne mediatiche per promuovere i suoi candidati. Sebbene meno persone abbiano partecipato a questi primi eventi rispetto agli anni precedenti, la giornata è stata disegnata in modo simile a quella del Venezuela prima della pandemia. Così, candidati come Diosdado Cabello e Jorge Rodriguez hanno potuto fare discorsi alla folla che non ha mantenuto la distanza richiesta e, inoltre, decine di sostenitori non hanno indossato la mascherina.

Infobae riporta che in Perù i membri di un tribunale della regione peruviana di Ica hanno archiviato una denuncia per stupro, la quale è stata presentata nel 2019 da una ragazza di 20 anni con la motivazione che la denunciante indossava biancheria intima rossa. I magistrati includevano nelle loro argomentazioni che l’uso di questo tipo di biancheria intima femminile viene solitamente utilizzata in occasioni speciali per i momenti di intimità, e quindi questo porta a dedurre che la vittima si era preparata o era disposta ad avere rapporti sessuali con l’accusato. I giudici hanno anche menzionato che c’erano omissioni nelle testimonianze del denunciante, mentre l’imputato ha sostenuto di essere stato accusato di vendetta.  Dopo la conoscenza del caso, membri di gruppi femministi e dei diritti umani hanno manifestato davanti alla sede principale del potere giudiziario di Ica e Lima per respingere gli argomenti che erano stati utilizzati per archiviare questo caso con una sentenza sessista. Mentre le attiviste mostravano indumenti intimi rossi, l’organizzazione femminista Flora Tristan ha definito la risoluzione indignante e ha chiesto un’indagine e una sanzione per i magistrati. Il ministero delle donne ha espresso, da parte sua, il suo profondo rifiuto delle argomentazioni dei magistrati e ha ritenuto che non siano conformi alle attuali norme nazionali e internazionali. Sempre in Perù dopo 8 mesi di chiusura forzata a causa della pandemia, riapre le sue porte la fortezza inca di Machu Picchu che sorge sulle Ande, il gioiello più prezioso dei siti turistici peruviani. Per motivi di sicurezza vi potranno accedere solamente 675 al giorno, appena il 30% del numero di visitatori del pre-pandemia. La chiusura dell’area turistica è stato un duro colpo per le decine di migliaia di persone che si guadagnano da vivere con l’industria del turismo locale.

A.C.

Negli Stati Uniti, martedì 3 novembre 2020 sono state aperte le elezioni per votare il nuovo presidente. I candidati sono Donald Trump, 74 anni, e Joe Biden, 77 anni, ex vicepresidente durante l’amministrazione Obama.

Tuttavia, come riporta il New York Times, martedì all’alba, quasi 100 milioni di americani avevano già espresso le loro preferenze per posta. Questa nuova modalità di voto è stata introdotta quest’anno. Il suo scopo è quello di limitare i contagi del Covid 19, dal momento che all’apertura dei saggi elettorali seguono sempre lunghe file.

Ad ogni modo, la campagna elettorale dei due candidati si è conclusa nel seguente modo: Joe Biden ha esortato gli elettori a porre fine a una presidenza che ha “alimentato le fiamme dell’odio”, mentre il presidente Trump ha concluso mettendo in discussione l’equità delle elezioni e sollevando la prospettiva di disordini.

Il giorno successivo alle elezioni, ossia mercoledì 4 novembre, Trump ha vinto una serie di campi di battaglia importanti: Florida, Ohio e Iowa.

Tuttavia, con milioni di voti legittimi che aspettavano ancora di essere contati, Trump ha dichiarato prematuramente e incautamente di aver vinto le elezioni, ha insistito inoltre per un maggiore conteggio dei voti in Arizona dove si trovava indietro e ha chiesto di fermare il conteggio dove era già in vantaggio.

Finora, Trump è riuscito a tenere a bada Biden in due Stati del Sud che l’ex vicepresidente aveva sperato di strappare alla colonna repubblicana: Georgia e Carolina del Nord. Questi non erano stati obbligati a votare per Biden, tuttavia quest’ultimo ha speso molto in entrambi e li ha visitati nel tratto finale della campagna.

Fino allo scorso mercoledì 4 novembre, Joe Biden sembrava avere la meglio in Arizona, Stato conquistato da Trump nel 2016, ma anche in New Hampshire e in Minnesota.

Dunque, sembra che l’ex vicepresidente non tema l’avversario e sollecitando pazienza, ha dichiarato “Vinceremo”.

A.B.

In Québec, il ministro della Salute e dei Servizi Sociali Lionel Carmant ha anticipato una misura nella giornata del 2 novembre, inserita in bilancio, che doveva essere annunciata il 13 novembre. Secondo l’articolo del Journal de Québeclo Stato investirà 100 milioni di dollari per gli interventi destinati alle persone che hanno problematiche di salute mentale. L’importo verrà erogato in più tranche, fino a marzo 2022. Sarà destinato sia ai cittadini che hanno sviluppato problemi d’ansia causata dal Covid-19, sia per chi soffre di gravi disturbi mentali.

Ci sono anche delle critiche nei confronti di questa misura, come quella del Dottor Olivier Farmer, psichiatra di Montreal, il quale ha dichiarato che gli investimenti per avere un reale effetto dovrebbero essere molto maggiori. Ha affermato anche che in questo momento solo un paziente su dieci può essere ricoverato e ricevere il sostegno adeguato.

Anche Martine Fortier, il presidente della Fraternité des policières et policières della città del Québec, non è soddisfatto di questi investimenti che dovrebbero diventare ricorrenti per poter ottenere degli effetti. Quest’ultimo ha infatti citato l’esempio di un uomo che, nonostante le chiamate d’aiuto, era stato dimesso dopo pochi giorni dal suo ricovero e abbandonato a sé stesso si è tolto la vita dopo due settimane.

G.D.C.

ASIA

In base a quanto riportato dall’Asia Times il 31 ottobre, tra Taiwan e la Cina sta aumentando la tensione a causa dell’interferenza delle armi vendute dagli Stati Uniti.

Nello specifico, gli USA, dopo aver ignorato completamente le minacce del portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin in merito all’interruzione della vendita di armi e dei collegamenti militari con Taiwan, hanno sanzionato la vendita di 400 missili antinave Harpoon per Taipei, capitale di Taiwan.

Pertanto, la dichiarazione di Wang “La Cina adotterà misure legittime e necessarie per salvaguardare la propria sovranità e gli interessi di sicurezza con ferma determinazione” non fermò gli Stati Uniti, che invece hanno anche approvato tre importanti nuovi accordi sulle armi.

Dunque, se la vendita dovesse procedere come previsto, Taiwan avrebbe un controbilanciato altamente resistente a qualsiasi potenziale assalto navale da parte delle forze della Repubblica popolare cinese (RPC).

Tuttavia, l’accordo, del valore di circa 2,37 miliardi di dollari, richiede ancora l’approvazione del Congresso e i suoi termini esatti potrebbero essere soggetti a modifiche, ha riferito The War Zone.

Inoltre, e questa sarà la cosa peggiore per la Cina, Taiwan riceverebbe vari pezzi di ricambio e riparazioni, apparecchiature di supporto, formazione del personale e attrezzature per l’addestramento dagli Stati Uniti.

Song Zhongping, un esperto militare della Cina continentale, ha dichiarato che “i missili statunitensi, se scoppiasse la guerra potrebbero rappresentare delle minacce”, continua inoltre dicendo che “Questa è un’ulteriore prova che gli Stati Uniti hanno violato le promesse fatte nei tre comunicati congiunti con la Repubblica popolare cinese di ridurre gradualmente le vendite di armi a Taiwan”.

Cambiando argomento e rimanendo sempre aggiornati grazie all’Asia Times scopriamo che, sempre in Cina il PCC, Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, ha proposto una serie di obiettivi a lungo termine in un piano di sviluppo, affinché il Paese raggiunga sostanzialmente la modernizzazione socialista entro il 2035.

Secondo le proposte, la forza economica, tecnologica e nazionale della Cina aumenterà in modo significativo, pertanto nuovi progressi saranno fatti nella crescita dell’economia e del reddito pro capite dei residenti. Facendo importanti passi avanti nelle tecnologie di base in importanti aree chiave, la Cina, oltre a diventare un leader globale nell’innovazione, diventerà un Paese forte in termini di cultura, istruzione, talento, sport e salute. Grazie a questo sviluppo a tutto tondo dei cittadini, l’etichetta sociale e la civiltà miglioreranno notevolmente.

Cambiando di nuovo argomento, sempre in Cina, a Shanxi, mercoledì 28 ottobre, in base a quanto riportato dal giornale cinese The standard, dopo una sospetta esplosione di gas in una miniera di carbone nella provincia nord-occidentale dello Shanxi, otto minatori sono scomparsi. Quarantadue minatori stavano lavorando sottoterra quando l’incidente è avvenuto, intorno alle 13:00. Secondo la squadra di soccorso di emergenza dei minatori, solo 34 sono stati portati fuori dalla miniera in sicurezza.

Passiamo ora a questioni principalmente economiche. Sempre, secondo l’Asia Times, dopo il Covid-19 l’ultimo segnale della resilienza dell’economia cinese, la quale ha visto una crescita del 4,9% su base annua nel terzo trimestre del 2020, proviene dalla vicina potenza commerciale della Corea del Sud.

Durante la prima metà del 2020, con Covid-19 su tutte le furie, le esportazioni della Corea del Sud verso la Cina sono diminuite solo del 6,4%, rispetto a un calo dell’11,3% delle esportazioni nel mondo in generale, secondo quanto rilevato da un rapporto della Korea Trade Investment Promotion Agency, o KOTRA, raccolto dall’agenzia di stampa Yonhap.

La Cina e la Corea del Sud sono state, rispettivamente, la prima e la seconda nazione a soffrire di infezioni di massa da Covid-19.

Utilizzando strategie molto diverse, da allora entrambe le economie hanno ampiamente contenuto il coronavirus.

Gli acquisti cinesi dalla Corea del Sud sono stati particolarmente forti nei settori dei tessuti e dei componenti elettronici, ha mostrato il rapporto KOTRA.

In Cina c’è stata un’elevata domanda di maschere, articoli per l’igiene personale e abbigliamento sudcoreani.

Gli articoli di moda e cosmetici sudcoreani invece, sono molto ambiti dalla Cina grazie all’influenza di Hallyu, “l’onda coreana” della musica pop, dei film e delle fiction televisive.

Più in alto nella catena del valore, anche le spedizioni di componenti elettronici sono state solide. Infatti, secondo il suo ultimo piano quinquennale, Pechino sta espandendo massicciamente gli investimenti nelle industrie ad alta tecnologia.

In termini più ampi inoltre, l’alleanza della Corea del Sud con Washington ha determinato un enorme vantaggio finanziario per il Paese anche se negli ultimi tre anni le passività hanno iniziato ad accumularsi.

A settembre, Washington ha imposto sanzioni sulle esportazioni di componenti elettronici all’ammiraglia tecnologica cinese Huawei. Samsung e SK Hynix, che utilizzano tecnologie americane nei loro processi e prodotti, quindi non avevano altra scelta che conformarsi.

Dal 2019, la Cina ha rappresentato il 25,5% delle esportazioni totali della Corea nella prima metà dell’anno, secondo KOTRA, rispetto al 25,1% dell’anno precedente. Inoltre, aggiungendo i numeri di Hong Kong, la percentuale della Cina sulle esportazioni totali della Corea del Sud sale al 31,8%. Con la Cina ora in una modalità di crescita in ripresa, i dati recenti confermano le cifre di KOTRA.

Inoltre, se si includono i numeri di Hong Kong (3 miliardi di dollari), la Corea del Sud ha venduto più del doppio alla Cina che agli Stati Uniti.

A.B.

OCEANIA

Come si è visto, il virus sta mettendo in ginocchio un po’ tutta Europa. Al contrario, dall’Australia sono giunti segnali positivi. Nel giorno di Ognissanti la BBC ha comunicato che nello Stato di Victoria, cuore dell’ondata pandemica autunnale, si sono registrati zero casi per il secondo giorno di fila in seguito ad un lockdown durato 112 giorni. Da circa cinque mesi non si aveva un risultato così rincuorante. Sicuramente, un dato del genere potrebbe far ben sperare gli australiani di vivere normalmente le vicine festività natalizie.

Nel frattempo, dal panorama sportivo è giunto l’annuncio dall’Australian Associated Press della cancellazione del Tour Down Under e del Cadel Evans Great Ocean Road Race, due eventi ciclistici internazionali previsti per gennaio. La decisione di annullare le gare con largo anticipo è stata dettata dall’esigenza proteggere la salute dei corridori e degli organizzatori dalla minaccia Covid. Il mondo dello sport si è attestato come uno dei settori più colpiti globalmente dall’epidemia.

F.L.

Rassegna stampa a cura di:


Alessandra Semeraro (responsabile inglese, cinese, portoghese, arabo)
Federica Lo Re, Alissa Bianconi (lingua inglese)
Alissa Bianconi (lingua cinese)
Livio D’Alessio (lingua araba)
Veronica Battista (responsabile spagnolo, tedesco, francese, russo)
Federica Lo Re, Angelica Chimienti (lingua spagnola)
Gaia De Gandia (lingua francese)
Simona Piergiacomo (lingua russa)
Claudia Lorenti (coordinatrice del progetto)

#RECEUSTIONI

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Nappily Ever After – Dacci un taglio sorella!

Oggi parliamo di Nappily ever after, un film presente su Netflix dal 2018 ma che non si è ancora guadagnato l’hype che merita, quindi sono qui per rimediare!

Il titolo italiano è Dacci un taglio, e questo piccolo capolavoro rientra nel genere Dramedy, una sorta di tragi-commedia, trasposizione cinematografica che parte dall’omonimo libro di Trisha R.Thomas e finisce dritto dritto nei nostri cuoricini guys, trust me!

Violet (aka la bravissima Sanaa Lathan) ha un fidanzato perfetto, dei capelli perfetti, e un lavoro perfetto, ma da un momento all’altro si trova con la terra che le frana sotto i tacchi a spillo e da un apparentemente innocuo incidente in un salone di bellezza, si ritrova a mettere in discussione tutta la sua vita (oltre alla sua acconciatura).

Girls, I’m mainly talking to you, I know you can relate! Quante volte ci siamo sentite dire “Oddio, sembri così stanca, ma stai bene?”, quel giorno in cui non avevamo fatto in tempo a metterci un po’ di correttore?

Quante volte ci siamo sentite giudicate per via dei nostri capelli troppo ricci o troppo crespi, o troppo poco perfetti?

Anche Violet, fin da piccola, è costretta da sua mamma Paulette (nientepopodimeno che Dorothea, la mamma ghepardo di Raven Symoné in Cheetah Girls!), a stirarsi letteralmente i capelli afro con un pettine incandescente,  a non poter giocare in piscina coi suoi amici perché nessuno dovesse vederla coi suoi ricci, a controllare il meteo 25363527562 volte prima di organizzare un brunch all’aperto con le sue amiche, a sgattaiolare in bagno all’alba per sistemarsi i capelli prima che il suo ragazzo si svegli e la veda con un capello fuori posto, insomma, a fare l’impossibile per essere assolutamente perfetta.

Se all’inizio può sembrare una delle tante commedie frivole dove alla fine la protagonista trova il principe azzurro nel ragazzo della porta accanto o nel bff di turno, questo film porta in superficie pian piano, come una cartina tornasole, le piccole-grandi lotte quotidiane cui sono costrette le donne afro-americane, che per avere un posto nella società ed essere viste e non solo guardate, devono sminuire una parte fondamentale di sé: i loro capelli afro.

I capelli diventano per Violet un vero tormento, sintomo visibile di un malessere più profondo: la non accettazione di se stessa. Lo stesso principe azzurro per cui lei si sforza fino all’esaurimento di essere perfetta, le rimprovera di essere troppo perfetta, di non lasciarsi mai andare davvero e non lasciar trasparire la vera Violet.

Così ormai sull’orlo di una crisi di nervi, lei si disfa della sua odiata chioma, e si ritrova faccia a faccia con la leonessa finora rinchiusa in quelle acconciature da Barbie donna in carriera.

All’improvviso, mentre la sua testa è letteralmente (finalmente) più leggera, si rende conto di essere invisibile per quegli stessi sguardi che prima la ADORAVANO mentre camminava per strada.

Che alla fine la graduale – e inesorabile- ricrescita dei suoi capelli n-a-t-u-r-a-l-i segni la sua rinascita dalle ceneri dell’autocommiserazione?

Dopo una serie di sfortunati eventi, Violet aprirà gli occhi e appenderà al chiodo quella fintissima happy face, insieme a tutte quelle aspettative di perfezione che da sempre le stanno appiccicate addosso.

“ Women are much more than pretty faces.

Don’t let someone’s negative opinion of you become your reality.”

Chi ti ama non ti vuole diversa, e amarti è un viaggio tra le stradine scoscese del tuo cuore e parte tutto dalla tua testa, non deve aver nulla a che vedere con la perfezione.

La perfezione, oltre ad essere sopravvalutata, NON ESISTE.

Worth the hype, isn’t it?

Let me know!

Francesca Nardella

#UNINTSpeechPressReview

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El día de los muertos

Le macabre tonalità del nostro Halloween si scontrano con i colori sgargianti e vivaci del Día de los muertos, il giorno dei morti, una delle ricorrenze più sentite del Messico, che celebra un inno alla vita ricordando i cari che non ci sono più. La ricorrenza affonda le proprie radici nell’età preispanica, ai tempi degli Aztechi e dei Maya, i quali ritenevano che l’ordine cosmico si basasse su un continuo alternarsi di vita e morte, non credevano né all’inferno né al paradiso, bensì credevano che le anime prendessero strade diverse a seconda del tipo di passaggio che a loro spettava una volta entrati nel regno dei morti.

Sicuramente ne avrete sentito parlare, soprattutto dopo aver visto Coco, l’avvincente film d’animazione Disney Pixar uscito in tutte le sale cinematografiche italiane nel 2017. “Essere dimenticati è un po’ come morire”, questo è il messaggio che ci lascia l’avvincente storia del piccolo Miguel, catapultandoci in una realtà diversa e mostrando la morte da un punto di vista decisamente insolito e curioso, a cui non siamo abituati. Coco ci porta in Messico, nel bel mezzo dei preparativi per il Día de los muertos, giorno in cui i defunti possono raggiungere i parenti vivi attraverso dei varchi posti tra la vita e la morte rappresentati dalle ofrendas, gli appositi altari di commemorazione che hanno lo scopo di accogliere gli spiriti nel regno dei vivi. Nelle ofredas, quindi, sono immancabili le foto dei defunti, fondamentali in quanto senza di esse i cari non possono tornare sulla terra di vivi. Non mancano poi i piatti tipici di questa festa, come il pan de muertos, un pane cosparso di zucchero, anice e di forma simile alle ossa di un teschio, fagioli, riso, i tipici involtini chiamati tamales, candele, fiori, calaveras, ovvero i teschi zuccherati, bicchieri d’acqua affinché i cari possano rifocillarsi dopo il lungo viaggio e sale, simbolo di protezione e purificazione.

Anche gli elementi decorativi hanno un significato ben preciso, per esempio, nel loro ritorno verso casa, i defunti sono guidati dalla scia profumata dei fiori di calendula i cui petali sono cosparsi per tutta la città. A ciò si aggiunge il papado picado costituito da strati di carta traforati a forma di scheletro che rappresentano il vento e la fragilità della vita umana, la cui scelta cromatica (giallo e viola) non è casuale poiché indica il contrasto tra la vita e la morte. Ma il simbolo per eccellenza è la calavera, ovvero i teschi che ci ricordano che la morte è viva, è inevitabile e non deve essere temuta, ma celebrata, ricordandoci di vivere ogni momento come se fosse l’ultimo.

Maschere da teschio, colori sgargianti perfino nei cimiteri, sfilate da brividi, musica per le strade e celebrazioni che vanno avanti per ore: il Día de los muertos è dal 2008 patrimonio immateriale UNESCO e rappresenta, infatti, una delle più antiche espressioni culturali di un popolo che celebra gli antenati, affermando la sua identità e le sue origini, attirando ogni anno milioni di turisti. I festeggiamenti iniziano il 25 ottobre e finiscono intorno al 4 novembre, tuttavia la preparazione è lunga e richiede anche settimane di allestimenti.

Francesca Vannoni

Fonti:

https://www.illibraio.it/news/dautore/coco-709247/, consultato in data 02/11/2020.

https://it.wikipedia.org/wiki/Giorno_dei_morti_(America), consultato in data 02/11/2020.

https://www.vagabondo.net/bramito/perche-andare-in-messico-per-il-giorno-dei-morti-el-dia-de-los-muertos, consultato in data 02/11/2020.

https://www.esquire.com/it/lifestyle/viaggi/a29640413/dia-de-los-muertos-messico/, consultato in data 02/11/2020.

#POLITICAFFÈ

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Attacco jihadista nel cuore dell’Europa. Prima la Francia, ora Vienna… è cominciata un’altra ondata di attentati?

Stampa statunitense

Nella giornata del 2 novembre scorso, il cuore di Vienna è stato colpito da un attacco di matrice jihadista, come rivendicato dall’ISIS. Secondo la ricostruzione del The New York Times, l’attacco è iniziato nei pressi della sinagoga della città quando il primo e forse unico attentatore, equipaggiato con una finta cintura esplosiva, un fucile automatico, una pistola e un machete, ha esploso più di un centinaio di colpi in ogni direzione. Non è ancora chiaro quanti fossero gli attentatori, perché i testimoni hanno riferito di aver sentito più colpi provenire da varie direzioni, il che ha fatto supporre in un primo momento che l’attentatore non agisse da solo.

Cinque persone sono morte, quattro civili e uno degli aggressori, mentre i feriti ammontano a 22. Questo è il bilancio dell’”attacco d’odio” come descritto dal cancelliere austriaco Sebastian Kurz, in un discorso alla nazione, specificando che si è trattato di un attacco terroristico. La CNN sottolinea come le immagini registrate sia dalle telecamere di sorveglianza installate dove è avvenuta la strage sia dai cellulari dei testimoni mostrano i passanti correre alla ricerca di un rifugio tra le strade del quartiere preso d’assalto. Queste immagini ricordano gli attacchi di matrice terroristica che negli ultimi anni si stanno verificando sempre con maggiore frequenza nelle principali città europee. Infatti, la scorsa settimana a Nizza si è verificato un nuovo attacco di matrice jihadista presso la cattedrale di Notre Dame: tre persone sono state uccise e l’attentatore è stato arrestato dalla polizia.

Il ministro dell’Interno Nehammer ha confermato che il terrorista ucciso era un “simpatizzante dello Stato islamico radicalizzato”. Fejzulai Kujtim – questo il nome dell’attentatore – aveva 20 anni ed era già stato condannato a quasi 2 anni di carcere nel 2019 per aver tentato di recarsi in Siria e di entrare nella schiera dei combattenti dello Stato islamico. Era stato rilasciato in anticipo perché rientrava in un regime privilegiato previsto dalla legge a tutela dei giovani. L’attentatore aveva doppia cittadinanza: austriaca e macedone. Era nato e cresciuto a Vienna ma di etnia albanese poiché la famiglia è originaria della Macedonia del Nord, così riporta Abc News.

“È un attacco motivato dall’odio: l’odio per i nostri valori, per il nostro stile di vita, per la nostra democrazia dove tutte le persone hanno eguali diritti e dignità […] È chiaro che non ci faremo intimidire dai terroristi. Questa è una battaglia tra la civilizzazione e le barbarie, noi combatteremo questa battaglia con piena determinazione”. Queste sono le parole di Kurz che hanno accompagnato la diffusione della notizia dell’attentato nella capitale. The Washington Post riporta il tweet del Presidente francese Emmanuel Macron. Subito dopo la strage Macron ha scritto su Twitter un messaggio di solidarietà nei confronti degli austriaci affermando di condividere lo shock e la tristezza dopo l’attacco nella capitale austriaca: “È un paese amico quello sotto attacco. Questa è la nostra Europa. I nostri nemici devono sapere con chi hanno a che fare. Non cediamo”. 

Stampa inglese

Ciò che è accaduto a Vienna ha stimolato nuove riflessioni sulla minaccia jihadista in Europa.

Le squadre investigative della capitale austriaca, dopo l’attacco terroristico che ha causato la morte di alcuni cittadini e provocato diversi feriti, stanno lavorando per capire se altre persone sono coinvolte nella pianificazione e nella conduzione dell’atto violento – così il Financial Times. Infatti, il Ministro dell’Interno Karl Nehammer ha specificato che non è ancora chiaro se l’attentatore abbia agito da solo. Il Presidente francese Emmanuel Macron ha subito espresso la sua vicinanza alla nazione austriaca, dichiarando inoltre, che l’Europa sarà intransigente. Queste parole d’altronde, arrivano in un momento delicato anche per la Francia, dopo l’attentato avvenuto a Nizza pochi giorni or sono.

La BBC precisa che ora il livello di minaccia terroristica in Francia è alto. E l’esplosione di questa violenza islamista è in qualche modo, secondo il quotidiano britannico, più spaventosa rispetto alle ultime ondate di aggressività del 2015. Questo a causa della logica istantanea di azione-risposta, dello sfondo inquietante rappresentato dall’emergenza Covid e, soprattutto, dalla scelta precisa delle vittime, come testimoniato anche dalla decapitazione dell’insegnante Samuel Paty. Un preciso atto simbolico.

Tornando agli episodi di Vienna, sempre la BBC racconta che è stata messa in atto un’importante operazione antiterrorismo. Difatti, l’incidente è iniziato intorno alle 20.00 nei pressi della sinagoga in Seitenstettengasse e già alle 20.09 l’autore è stato colpito a morte. Polizia e forze speciali sono dunque arrivate sulla scena immediatamente. Il responsabile, è stato identificato come un terrorista islamista che aveva avuto una precedente condanna per associazione terroristica. Era stato rilasciato in anticipo a dicembre, dopo essere stato incarcerato per 22 mesi a seguito del suo sprovveduto tentativo di raggiungere la Siria per unirsi ai combattenti dello Stato Islamico.

Tra il 2012 e il 2017 l’Europa attraversava il suo periodo più buio della sfida estremista. In questi giorni dunque, ci si sta chiedendo se gli attentati delle ultime settimane siano il presagio di una nuova ondata di violenza terroristica. The Guardian ammonisce i suoi lettori: la diminuzione degli attacchi non esprime una distruzione della minaccia.

Più esattamente, in quegli anni critici, dopo la rivendicazione degli atti da parte dell’ISIS – allora al culmine del suo potere – si cercava di capire se i simpatizzanti europei autori dei reati, fossero stati guidati o semplicemente ispirati dallo Stato Islamico. Anche oggi, le tragedie più recenti stanno riproponendo lo stesso schema di analisi. I funzionari dell’antiterrorismo dicono che è troppo presto per stabilire fino a che punto i recenti attacchi siano opera di alti leader dello Stato Islamico. È importante però tenere ben presente il fenomeno della radicalizzazione, che a volte risulta caratterizzata da un estremo dinamismo. L’Austria, per esempio, fino a questo momento era stata risparmiata dalla peggiore violenza, ma non dal fenomeno della radicalizzazione tra i giovani delle comunità musulmane, le quali spesso risultano isolate dal resto della società. I ‘lupi solitari’ che agiscono realmente da soli sono davvero pochi – prosegue il quotidiano. Nel caso di Vienna, ci sono rapporti secondo cui l’autore aveva comunicato all’inizio della giornata con due contatti per inviare una sorta di propaganda jihadista. Pertanto, sono ancora molti i dubbi che ruotano attorno alle dinamiche degli ultimi attacchi, e ovviamente, solo le successive indagini potranno fornire delle risposte. In buona sostanza, occorre precisare che ci sono diverse prove di continui tentativi, anche se sporadici, di condurre potenziali aggressori da parte dell’ISIS in Europa. Non a caso, in Spagna e in Polonia ci sono stati diversi arresti su questo fronte. Ha spiegato Gilles de Kerchove, coordinatore antiterrorismo dell’UE, che diverse condizioni sono cambiate rispetto a prima, soprattutto bisogna dire che oggi sono migliorate le capacità europee di individuare e smantellare i complotti terroristi. Basterà questo a fermare una possibile nuova impennata di violenza?

Chiara Aveni e Gaia Natarelli

FONTI:

Vienna shooting: what we know about ‘Islamist terror’ attack disponibile su https://www.bbc.com/news/world-europe-54798508, consultato il 04/11/2020

France attack: three killed in ‘Islamist terrorist’ stabbings disponibile su https://www.bbc.com/news/world-europe-54729957, consultato il 04/11/2020

Does Vienna attack signal new wave of jihadist terrorism? disponibile su https://www.theguardian.com/world/2020/nov/03/does-vienna-attack-suggest-a-return-to-terrorist-violence, consultato il 04/11/2020

Army deployed after Vienna hit by terror attack disponibile su https://www.ft.com/content/25b36ad7-ebde-4491-9246-cde1417e8a5c, consultato il 04/11/2020

Terrorist Shooting in Capital of Austria, disponibile su https://www.nytimes.com/2020/11/02/world/europe/vienna-shooting.html, consultato il 03/11/2020

Vienna on high alert as police raid gunman’s house with explosives after terror attack, disponibile su https://edition.cnn.com/2020/11/02/europe/vienna-shooting-intl/index.html, consultato il 03/11/2020

Vienna gun attack by Islamic State sympathizer shatters an evening of revelry, disponibile su https://www.washingtonpost.com/world/europe/austria-attacks-gunman-islamic-state/2020/11/03/cbb4e6ec-1d6f-11eb-ad53-4c1fda49907d_story.html, consultato il 03/11/2020

At least 4 dead, 15 wounded in ‘apparent terrorist attack’ in Vienna: Police disponibile su https://abcnews.go.com/International/persons-injured-vienna-shooting-police/story?id=73977726, consultato il 03/11/2020

#UniversEAT

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Ciao a tutti amici di #UniversEat, eccoci qui per una nuova ricetta.

Oggi voliamo (anche se solo con il pensiero) in Spagna. Proprio la domenica appena trascorsa era la giornata di Ogni Santi e in alcune regioni della Spagna (Catalunya, Comunitat Valenciana, Illes Balears), è tradizione mangiare i “Panellets”: dei semplici, ma gustosi dolcetti che ho imparato a cucinare durante il mio periodo Erasmus a Barcellona in una masterclass offerta da una pasticceria.

Per fare i Panellets, abbiamo bisogno di pochissimi ingredienti:

  • 500 g di mandorle crude in polvere;
  • 500 g di zucchero;
  • 1 uovo;
  • Acqua;
  • Pinoli.

Ed ora mettiamoci all’opera!

Per prima cosa prepariamo il marzapane: mescoliamo le mandorle in polvere con lo zucchero (in parti uguali); aggiungiamo l’acqua e la chiara di un uovo (100 ml di acqua per 50 ml di chiara).

Una volta ottenuto l’impasto e lavoratolo per bene, lo lasciamo riposare in frigorifero per 24 ore affinché lo zucchero si idrati e si fonda alle mandorle.

Lasciamo trascorrere un giorno: prendiamo l’impasto, facciamo delle palline e ricopriamole con i pinoli. Affinché questi ultimi aderiscano bene alla massa, li possiamo spennellare con un poco di chiara d’uovo (così avremo anche l’effetto lucido).

La cottura al forno è molto rapida: 3 minuti a 250°, più o meno finché non si dorano i pinoli. 

Siete pronti a replicare questi dolcetti sfiziosi? 3, 2, 1… Unint ai fornelli!!

P.S.

Potete provare molte varianti, come la farina di castagne al posto della farina di mandorle; oppure al posto dei pinoli guarnire con delle scaglie di mandorle, cocco grattugiato e perché no, delle gocce di cioccolato!

Ylenia Cossu

#CURIOSITÀDALMONDO

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Trick or treat, smell my feet, give me something good to eat…

Così inizia la filastrocca che i bambini recitano negli Stati Uniti in occasione della festa di Halloween, diffusasi ormai in tutto il mondo e celebrata il 31 ottobre. Quest’anno purtroppo sarà un anno insolito a causa della pandemia, un anno in cui non sarà possibile celebrare Halloween, una festività le cui tradizioni europee e irlandesi si sono consolidate negli Stati Uniti grazie al flusso migratorio verso il Nuovo Mondo. Ciò che non sentiremo pronunciare sono le famose parole “dolcetto o scherzetto” in inglese “trick or treat”. La rubrica di oggi vi informerà su tutto ciò che c’è da sapere su Halloween e in particolare vi svelerà i vari modi di pronunciare “trick or treat” in alcune lingue e le loro rispettive traduzioni.

Si è sempre pensato che la festa di Haloween fosse di origine americana, ma in realtà questa rinomata festività ha origini celtiche, in particolare trova la sua origine in una festa pagana denominata “Semhain”. Questa festa si svolgeva in occasione dell’ultimo raccolto prima dell’inverno, esso rappresentava la fine dell’estate e le famiglie si occupavano delle provviste per preparasi alla stagione rigida. Questo momento dell’anno era molto importante per i celti in quanto non solo rappresentava un nuovo inizio, ma anche un momento in cui i confini tra il mondo dei morti e quello dei vivi si assottigliava e ne rendeva possibile una comunicazione. Era solo travestendosi da streghe, vampiri, fantasmi, zombie che si poteva spaventare i morti.

Successivamente, i Romani fecero coincidere la festa di origine celtica con la festa dei morti, i cristiani invece la fecero coincidere con il 2 novembre, giorno di Ognissanti.  Il termine “Halloween” infatti, comparso per la prima volta nel XVI° secolo, è una variante del termine scozzese All-Hallows-Eve, che significa “vigilia di Ognissanti”.

Simboli e colori

Jack o’lantern, è la leggenda irlandese più famosa e uno dei simboli più spaventosi di Halloween. Essa narra che Jack, un fabbro ubriacone sia riuscito a ingannare il diavolo ben due volte dopo averci stretto un patto. Jack fu bandito dall’inferno e il diavolo lo costrinse a vagare nel mondo dei vivi con una rapa intagliata, al cui interno vi era la fiamma dell’inferno, che non solo fungeva da lanterna, ma serviva a fargli ricordare che lì non vi era posto per lui.

Nasce da qui la tradizione di tagliare rape e patate, il cui scopo era quello di utilizzarle come lanterne e lasciarle sull’uscio della porta per ricordare le anime bandite dal purgatorio. In seguito, si preferì utilizzare la zucca vista la sua facile malleabilità e la tradizione dell’intaglio di zucche risale al 1837.

Come già detto in precedenza, Halloween è una festività che in origine veniva celebrata in occasione anche dell’arrivo dell’inverno. L’idea dell’inverno pertanto era associata a quella della morte, il cui colore è il nero mentre il colore arancione simboleggia l’autunno.

Culture diverse, tradizioni diverse

È ovvio che ogni lingua abbia un suo modo di pronunciare “trick or treat” e risulta interessante analizzare i vari modi di pronunciare tale formula.

In Spagna, quando i bambini bussano alle porte dei vicini formulano la frase “truco o trato”, che letteralmente significa “o uno scherzo o un patto” e recentemente si è aggiunto all’espressione truco o trato caramelo o te mato (ti ammazzo). In russo si utilizza “сладость или гадость” “sladost’ ili gadost’”, letteralmente dolcezza o cattiveria”; in tedesco Süßes oder Saures, ovvero “i dolci o (per te) si mette male”; in francese friandises ou bêtises (“o le caramelle o [farò qualche] stupidaggine”).

Haloween, nonostante le varie correnti di pensiero per motivi etico-religiosi, resta una delle festività più amate e celebrate, infatti negli Stati Uniti si spendono ogni anno quasi 7 milioni di dollari tra decorazioni, costumi e dolciumi. Al contrario c’è chi non ama festeggiare Halloween o addirittura ha maturato una vera e propria paura irrazionale, in tal caso si soffre di Samhainophobia, nome che deriva dal modo originario di chiamare tale festività.

  Rosita Luglietto

#FACCIAMOILPUNTO

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PUÒ UNA RIVOLUZIONE DAVVERO ESSERE LA NOSTRA SOLUZIONE?

Napoli, 23 ottobre. Quella che doveva nascere come una manifestazione pacifica di ristoratori ed imprenditori contro le nuove misure di contenimento imposte da De Luca, si trasforma in poco tempo in un vero e proprio caos. Lanci di bottiglie, petardi, fumogeni, auto e vetrine distrutte, poliziotti e giornalisti presi d’assalto: ‘ ‘a salute è ‘a primma cosa, ma senza sorde nun se cantano messe’. Le immagini che abbiamo visto di Napoli, un po’ ci hanno scosso, un po’ indignato, un po’ preoccupato: la verità è che, per quanto possiamo rigettare la violenza nella sua forma più primitiva, in quella situazione ci siamo sentiti un po’ tutti napoletani. Ci siamo sentiti il ristoratore arrabbiato con l’acqua alla gola che richiede aiuti allo Stato; ci siamo sentiti il poliziotto aggredito senza sapere bene il perché; ci siamo sentiti il cittadino rimasto a casa ad osservare la propria città in balia della violenza. A partire da quel venerdì sera, alcune cose sono cambiate. L’Italia, da Torino a Catania, si è accanita contro il coprifuoco, contro la possibilità di un nuovo lockdown e contro il proprio Governo. Alcune manifestazioni sono pacifiche, organizzate ed approvate dai Comuni, ma al contempo altre si trasformano in vere e proprie guerriglie, come l’episodio di Piazza Castello a Torino. I manifestanti ‘aventi diritto’ di Torino vengono oscurati nella notte del 26 ottobre da una banda di anarchici e ragazzetti; via Roma viene messa a ferro e fuoco e le vetrine di molti negozi distrutte. Sotto lo slogan ‘#italiasiribella’, il nostro Paese si rivolta.

Fare il punto, alla luce di quello che sta succedendo nelle ultime settimane, significa esaminare attentamente l’evoluzione delle circostanze che ci hanno portato alla situazione attuale. Da una parte, ci sono cittadini e lavoratori italiani che richiedono aiuti e sovvenzioni perché non possono fronteggiare l’imposizione di nuove restrizioni; dall’altra, c’è un Governo che si trova in difficoltà di fronte ad una questione di priorità. Il nuovo dilemma in seno allo stato sociale è legato al fatto che favorire  determinate politiche metta a dura prova il quadro economico del nostro Paese. Chiudere determinate attività, come i bar, i teatri ed i cinema, al fine di cercare di contenere la pandemia, va a colpire determinati settori. Gli imprenditori che fanno parte di queste categorie, si vedono da un giorno all’altro nel mirino delle nuove misure senza però alcun tipo di garanzia. Lo Stato moderno non può non mettere al primo posto la salute dei propri cittadini e non può nemmeno ignorare la situazione economicamente drammatica di questi ultimi.

Ed è proprio all’interno di questo dilemma che ci si trova a dover agire, ma gli ostacoli sembrano insormontabili. Ci sono gravi problemi di coordinamento tra comuni, regioni e governo centrale, grattacapi ai quali i principali attori politici non sembrano avere risposte certe. L’opposizione si fionda irreprensibile contro qualsiasi decisione presa dal Governo. Il pensiero della Destra italiana si riassume all’interno dell’ultimo tweet di Giovanni Toti: ‘solo ieri tra i 25 decessi della Liguria, 22 erano pazienti anziani, persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese’.

In breve, le violenze a cui abbiamo assistito nell’ultimo periodo sono il frutto di un Paese in ginocchio, un Paese abituato ad avere poca fiducia nei confronti della propria classe dirigente, ma non avvezzo a scendere in piazza e a manifestare. Il famoso droit de grève è uno dei pilastri della Costituzione francese: scendere in piazza al fine di esprimere il proprio dissenso è una pratica diffusa nell’Esagono. La rivoluzione, la rivolta popolare, ha storicamente sempre portato i suoi frutti, ma siamo sicuri che questo tipo di violenza che sta imperversando nel nostro Paese sia davvero la risposta ai nostri problemi? Distruggere locali di privati, aggredire la polizia, porterà davvero a delle soluzioni concrete? Le manifestazioni di Napoli hanno fatto fare dei passi indietro alla Regione Campania nell’immediato, ma al momento siamo in attesa di un nuovo DPCM che proporrà nuove chiusure. 

Mi rivolto, dunque siamo’ disse Albert Camus nei suoi Scritti Politici: l’uomo in rivolta è un uomo che rifiuta di subire, spinto da una forte volontà legata all’impazienza di agire. Quello che resta da stabilire per il nostro Paese è, in via definitiva, se si tratta davvero del momento giusto per rifiutare.

Martina Noero

#LUXURYMOMENTS: #LUXURYJUICE

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Annalisa Queen, il nuovo fashion brand attento alla sostenibilità

È stata da poco inaugurata a Roma, nel quartiere Monti, la prima boutique monomarca del brand Annalisa Queen della giovane stilista romana Annalisa Caselli. Giovanissima e con un cv invidiabile tra cui le presenze alla Montecarlo Fashion week nel 2018 e la Fiera della Moda Italiana di Kiev nel 2019, la stilista del brand Ethical-Friendly si presenta con un contributo importante e concreto nel mondo green.

Il riciclo rappresenta la vera svolta nelle collezioni della stilista: innovazione, protezione dell’ambiente e la sua salvaguardia investendo sul presente prima ancora che sul futuro. Ogni dettaglio si configura come un’esecuzione perfetta e bilanciata; dai colori alle forme nulla è lasciato al caso persino l’etichetta interna è realizzata con materiale di riciclo. Inoltre, I capi vengono realizzati da un laboratorio, Onlus italiano, che si occupa di ridare lavoro e dignità a donne che provengono da storie difficili.

La collezione in boutique A/1 2020-2021 si presenta come un’iscrizione fiabesca, la breve descrizione di un progetto, un sogno realizzato: “C’era una volta un giardino incantato su un pianeta ancora sconosciuto, tra piante aliene e creature fantastiche, un luogo ancora incontaminato in cui l’uomo ancora non era giunto.”

La boutique, un luogo incantato dove regnano etica, sostenibilità e riciclo. Un luogo dove è possibile trovare qualità ed artigianalità senza dover rinunciare alle nuove tendenze. Un luogo dove i tessuti sono calzanti come una seconda pelle e frizzanti come la vita che portano dentro. Per la collezione F/W 2020 2021 sono stati scelti tre tessuti le cui colorazioni richiamano il cromatismo della stagione: russo ruggine di cotone biologico, un pile in poliestere riciclato con il disegno astratto dagli intrecci tropicali e un tessuto filamentoso con diverse variazioni di colorazione come a richiamare il presagio onirico della tendenza. Tra le altre nuance presenti possiamo trovare: il verde brillante, il viola, la terra bruciata che in boutique si oppongono elegantemente alle pareti soft Pink.

La collezione si compone sia di capi “classici” come pantaloni slim e gonne a ruota sia di capi innovativi e geometrici come i corti destrutturati o i capi in pile dal taglio irregolare fino a capi “composti” vera eccezionalità del brand nati da materiali di scarto di collezioni precedenti. La collezione è inoltre accompagnata da accessori in pelle biologica interamente realizzate attraverso gli scarti dell’ananas come le borse dal design contemporaneo e un bracciale realizzato con scarti di tessuto filamentoso con pochette in coordinato. Completano l’outfit i gioielli in bronzo dove ancora una volta la natura fa da musa ispiratrice con il suo essenzialismo e la sua grazia avvolgente.

La filosofia soggiacente del brand è l’utilizzo sempre maggiore di materiali ecologici e/o riciclati sia per gli abiti che per gli accessori oltre allo stesso arredamento della boutique romana, infatti, piccola oasi eco-sostenibile, è realizzata in materiali di riciclo: dalle vernici Airlite (pittura naturale antibatterica che purifica l’aria) al pavimento FSC (Forest Stewardship Council), marchio di certificazione che garantisce che i materiali legno-cartacei utilizzati derivino da una gestione forestale rispettosa dell’ambiente.

Fanny Trivigno

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Sources:
CS Stefania Vaghi Comunicazione “Annalisa Queen brand etico e sostenibile”;
Photo Credits: Justyna Pawlowska;
https://www.annalisaqueen.com;
https://www.facebook.com/AnnalisaQueen.mhf;
https://www.instagram.com/annalisaqueen/

#InRicordoDi: Gigi Proietti

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“Potrei esserti amico in un minuto, ma se nun sai ride mi allontano. Chi non sa ride, mi insospettisce”.

Ci lascia così, improvvisamente, nel giorno del suo ottantesimo compleanno uno dei più grandi attori di tutti i tempi, Luigi “Gigi” Proietti.

Personaggio poliedrico, grande uomo di spettacolo e intrattenitore; tra le sue chicche, ricordiamo i suoi famosi monologhi, anche visti come momenti di completa e intensa sublimazione e introspezione, per quello che raccontava e per come lo raccontava. 

Nato a Roma il 2 novembre del 1940, inizia la sua carriera nel 1964 ricoprendo piccoli camei con il Gruppo Sperimentale 101, mentre dal 1968 riesce a ottenere ruoli da protagonista in diversi spettacoli del Teatro Stabile de L’Aquila. Negli anni ’70 comincia il suo percorso nel mondo della TV, recitando come protagonista assoluto nel film Gli ordini sono ordini e partecipa, inoltre, ad alcuni film statunitensi di registi celebri come Lumet e Altman. L’apice del suo successo televisivo lo raggiunge con il film Febbre da Cavallo, nel 1976.

Ricordiamo, inoltre, il suo impegno nell’ideazione e nella costituzione del Silvano Toti Globe Theatre, costruito nel 2003 in 3 mesi nei giardini di Villa Borghese a Roma e, proprio a luglio scorso, ha inaugurato l’apertura della stagione estiva di spettacoli dedicati al celeberrimo drammaturgo e scrittore inglese, William Shakespeare.

Impossibile elencare tutti i suoi lavori, che più che tali, possono essere definiti come vere e proprie opere d’arte che formano parte della cultura e della storia Italiana. 

Attore, comico, cabarettista, doppiatore, conduttore televisivo, regista, cantante, direttore artistico e insegnante italiano: un unico volto riusciva a personificare così tanti ruoli e personaggi. 

Un genio, in poche parole, di nome e di fatto (tanti lo ricorderanno sicuramente nel ruolo da doppiatore del Genio di Aladdin nel film d’animazione Disney del 1992), tanto da essere considerato uno dei massimi esponenti della storia del teatro italiano, soprattutto per le sue doti da affabulatore e trasformista. 

Ci stringiamo alla famiglia nel dolore per la perdita del grande Maestro.

Ciao Gigi, stavolta c’hai fatto proprio ‘na Mandrakata.

                                      Alessia Cacace e Ilaria Violi

#POLITICAFFÈ

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La pesca “affonda” la Brexit?
Il divorzio dal continente inciampa in un ostacolo imprevisto

Stampa inglese

Perché la pesca è così importante nei negoziati commerciali sulla Brexit? Lo chiarisce la BBC.

Il Regno Unito ha lasciato l’Unione Europea il 31 gennaio, tuttavia ci sono ancora alcune norme vincolanti che lo tengono legato al contesto europeo. Una di queste è la politica comune della pesca (PCP), che dovrebbe pesare sugli interessi britannici fino alla fine di quest’anno. Per la precisione, la politica comunitaria consente alle flotte pescherecce dei vari Stati membri di accedere alle acque del Paese, a parte le prime 12 miglia nautiche dalla costa. Ecco perché i sostenitori della Brexit vedono la pesca come il simbolo di quella sovranità che verrà riconquistata. Ma l’UE vuole che l’accesso da parte delle sue imbarcazioni continui a essere garantito. Per questo motivo, i diritti acquisiti sulla gestione della pesca rappresentano una importante questione in sospeso nei negoziati. Complessivamente, oltre il 60% del tonnellaggio proveniente dalle acque britanniche viene raccolto dagli altri Paesi. Cioè, la maggior parte del pescato viene esportato e, circa i tre quarti venduti all’interno dell’UE. Con l’uscita dall’Unione, secondo il diritto internazionale, il Regno Unito diventando ‘Stato costiero indipendente’ potrà controllare la sua zona economica esclusiva (ZEE), che si allunga fino a 200 miglia nautiche nel Nord Atlantico. Quando un Paese è invece membro dell’UE, la propria ZEE è gestita appunto in modo congiunto assieme agli altri membri, proprio perché è considerata una risorsa comune. Inoltre, non si tratta solo di esercitare il controllo su chi può pescare nelle proprie acque, ma anche di dove si può pescare e verso quale luogo il pesce può essere venduto.

The Guardian spiega come la dimensione economica dell’industria della pesca nel Regno Unito rappresenti lo 0,1% dell’intera economia; ciò nonostante per le comunità costiere questa attività è vitale. Un esempio è fornito dalla città di Brixham, nel sud del Devon, che vanta la sua storia di pesca già dal XIV secolo. Brixham è diventata il centro più importante del mercato britannico in termini di valore del pesce venduto e, oltre il 70% del suo pescato viene esportato in Francia, Belgio, Paesi Bassi e Spagna. L’UE è dunque il suo principale cliente. Ma – prosegue il quotidiano – il settore della pesca è indubbiamente in contrazione e molti ritengono che l’adesione all’UE sia la causa principale di questo declino. Infatti, secondo i dati del governo, i pescherecci europei catturano fino a otto volte di più nelle acque del Regno Unito rispetto ai pescatori britannici nelle acque europee.

Una successiva lettera di opinione, indirizzata al giornale britannico e pubblicata prontamente pochi giorni fa, chiarisce ulteriormente le dinamiche di tale peggioramento. In pratica, alla fine degli anni Ottanta, furono messe a disposizione alcune sovvenzioni dall’Europa per l’ammodernamento delle barche e delle attrezzature delle comunità dei pescatori. Tali sussidi, dovevano essere ad ogni modo erogati dai governi nazionali, e il Regno Unito non lo fece. Come conseguenza di tutto ciò, i pescatori britannici, non riuscendo a competere con l’efficienza dei pescherecci più moderni, vendettero le loro quote alle società di pesca francesi, olandesi o spagnole, per preservare gli stock ittici. Così si è espressa Veronica Hardstaff.

Stampa statunitense

Il tempo stringe. La Gran Bretagna sarà ufficialmente fuori dall’Unione Europea il 1° gennaio 2021, ossia tra poco meno di due mesi. Il Primo ministro Boris Johnson si trova ad affrontare una questione inaspettatamente complessa: il diritto dei Paesi comunitari di pescare nelle acque territoriali britanniche dopo l’uscita dall’UE. Politics sottolinea come questa questione possa potenzialmente mettere a rischio l’intera negoziazione post Brexit. Il tutto trova la sua origine nel lontano 1973, quando Londra concesse il diritto ai Paesi limitrofi di pescare nelle sue acque. Questo diritto trova la sua origine nell’entrata della Gran Bretagna nell’antenata dell’attuale Unione Europea, la Comunità Economica Europea.

Come riporta The New York Times, nonostante il mercato del pesce contribuisca per meno dello 0,5% del PIL nazionale, esso si è costruito nel corso degli anni delle solide fondamenta politiche, che sembrano inaspettatamente rappresentare l’ago della bilancia nel dibattito sull’addio all’Europa.

The Washington Post ricorda comeil governo di Boris Johnson ha ad oggi la responsabilità di gestire nelle modo più diplomatico e corretto possibile il rapporto con i cinque Stati europei più interessati alla possibilità di pescare nelle acque britanniche del canale della Manica, del mare del Nord e dell’oceano Atlantico: Francia, Irlanda, Danimarca, Belgio ed Olanda. Per la Danimarca in particolare, le decisioni che verranno prese nel breve futuro determineranno la sopravvivenza di un settore vitale per l’economia del Paese. Ma è la Francia di Macron il paese più deciso a raggiungere a breve degli accordi vincolanti. Infatti il Presidente francese chiede espressamente che dopo il 1° gennaio 2021 non ci siano più limitazioni all’accesso di pescherecci UE in acque britanniche, altrimenti ogni altro accordo con Londra perderà la sua valenza, spiega Foreign Policy.

Sono forse queste le premesse per una “guerra del pesce” tra Gran Bretagna ed Unione Europea? Non è ben chiaro chi abbia il coltello dalla parte del manico, ma le economie di entrambe dipendono l’una dall’altra. Quindi il rapido raggiungimento di un accordo è nell’interesse di tutti.

Chiara Aveni e Gaia Natarelli

FONTI:

Brixham’s fishermen hope Brexit will tip the scales for a shrinking industry disponibile su https://www.theguardian.com/business/2020/oct/17/brixhams-fishermen-brexit-tip-scales-shrinking-industry, consultato il 31/10/2020

Letters: Brtitain at fault for Brexit fishing woes disponbile su https://www.theguardian.com/commentisfree/2020/oct/25/britain-at-fault-for-brexit-fishing-woes-letters, consultato il 31/10/2020

Fishing: why is fishing important in Brexit trade talks? disponibile su https://www.bbc.com/news/46401558, consultato il 31/10/2020

The Issue That Might Sink the Brexit Trade Talks: Fishing disponibile su https://www.nytimes.com/2020/10/28/world/europe/fishing-brexit-trade-deal.html, consultato il 31/10/2020

Why Fishing Could Sink Britain’s Brexit Deal With Europe disponibile su https://foreignpolicy.com/2020/10/06/why-fishing-could-sink-britain-brexit-deal-with-european-union/, consultato il 31/10/2020

Flanders will use charter from 1666 to guarantee post-Brexit fishing rights disponibile su https://www.politico.eu/article/flanders-waives-century-old-charter-to-guarantee-post-brexit-fishing-rights/, consultato il 31/10/2020

It’s all about the cod. Boris Johnson threatens a no-deal Brexit as Britain and France fight over fish disponibile su https://www.washingtonpost.com/world/europe/brexit-no-deal-fisheries/2020/10/16/2ec812c0-0f21-11eb-b404-8d1e675ec701_story.html, consultato il 31/10/2020