PUÒ UNA RIVOLUZIONE DAVVERO ESSERE LA NOSTRA SOLUZIONE?

Napoli, 23 ottobre. Quella che doveva nascere come una manifestazione pacifica di ristoratori ed imprenditori contro le nuove misure di contenimento imposte da De Luca, si trasforma in poco tempo in un vero e proprio caos. Lanci di bottiglie, petardi, fumogeni, auto e vetrine distrutte, poliziotti e giornalisti presi d’assalto: ‘ ‘a salute è ‘a primma cosa, ma senza sorde nun se cantano messe’. Le immagini che abbiamo visto di Napoli, un po’ ci hanno scosso, un po’ indignato, un po’ preoccupato: la verità è che, per quanto possiamo rigettare la violenza nella sua forma più primitiva, in quella situazione ci siamo sentiti un po’ tutti napoletani. Ci siamo sentiti il ristoratore arrabbiato con l’acqua alla gola che richiede aiuti allo Stato; ci siamo sentiti il poliziotto aggredito senza sapere bene il perché; ci siamo sentiti il cittadino rimasto a casa ad osservare la propria città in balia della violenza. A partire da quel venerdì sera, alcune cose sono cambiate. L’Italia, da Torino a Catania, si è accanita contro il coprifuoco, contro la possibilità di un nuovo lockdown e contro il proprio Governo. Alcune manifestazioni sono pacifiche, organizzate ed approvate dai Comuni, ma al contempo altre si trasformano in vere e proprie guerriglie, come l’episodio di Piazza Castello a Torino. I manifestanti ‘aventi diritto’ di Torino vengono oscurati nella notte del 26 ottobre da una banda di anarchici e ragazzetti; via Roma viene messa a ferro e fuoco e le vetrine di molti negozi distrutte. Sotto lo slogan ‘#italiasiribella’, il nostro Paese si rivolta.

Fare il punto, alla luce di quello che sta succedendo nelle ultime settimane, significa esaminare attentamente l’evoluzione delle circostanze che ci hanno portato alla situazione attuale. Da una parte, ci sono cittadini e lavoratori italiani che richiedono aiuti e sovvenzioni perché non possono fronteggiare l’imposizione di nuove restrizioni; dall’altra, c’è un Governo che si trova in difficoltà di fronte ad una questione di priorità. Il nuovo dilemma in seno allo stato sociale è legato al fatto che favorire  determinate politiche metta a dura prova il quadro economico del nostro Paese. Chiudere determinate attività, come i bar, i teatri ed i cinema, al fine di cercare di contenere la pandemia, va a colpire determinati settori. Gli imprenditori che fanno parte di queste categorie, si vedono da un giorno all’altro nel mirino delle nuove misure senza però alcun tipo di garanzia. Lo Stato moderno non può non mettere al primo posto la salute dei propri cittadini e non può nemmeno ignorare la situazione economicamente drammatica di questi ultimi.

Ed è proprio all’interno di questo dilemma che ci si trova a dover agire, ma gli ostacoli sembrano insormontabili. Ci sono gravi problemi di coordinamento tra comuni, regioni e governo centrale, grattacapi ai quali i principali attori politici non sembrano avere risposte certe. L’opposizione si fionda irreprensibile contro qualsiasi decisione presa dal Governo. Il pensiero della Destra italiana si riassume all’interno dell’ultimo tweet di Giovanni Toti: ‘solo ieri tra i 25 decessi della Liguria, 22 erano pazienti anziani, persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese’.

In breve, le violenze a cui abbiamo assistito nell’ultimo periodo sono il frutto di un Paese in ginocchio, un Paese abituato ad avere poca fiducia nei confronti della propria classe dirigente, ma non avvezzo a scendere in piazza e a manifestare. Il famoso droit de grève è uno dei pilastri della Costituzione francese: scendere in piazza al fine di esprimere il proprio dissenso è una pratica diffusa nell’Esagono. La rivoluzione, la rivolta popolare, ha storicamente sempre portato i suoi frutti, ma siamo sicuri che questo tipo di violenza che sta imperversando nel nostro Paese sia davvero la risposta ai nostri problemi? Distruggere locali di privati, aggredire la polizia, porterà davvero a delle soluzioni concrete? Le manifestazioni di Napoli hanno fatto fare dei passi indietro alla Regione Campania nell’immediato, ma al momento siamo in attesa di un nuovo DPCM che proporrà nuove chiusure. 

Mi rivolto, dunque siamo’ disse Albert Camus nei suoi Scritti Politici: l’uomo in rivolta è un uomo che rifiuta di subire, spinto da una forte volontà legata all’impazienza di agire. Quello che resta da stabilire per il nostro Paese è, in via definitiva, se si tratta davvero del momento giusto per rifiutare.

Martina Noero