#MondayAbroad: Murcia

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Murcia, ¡Qué bonica eres!

Sono partita per Murcia il 4 settembre dell’anno scorso ed ero la persona più spaventata del mondo: non sapevo cosa mi avrebbe atteso e avevo già nostalgia della mia famiglia e dei miei amici.

Murcia è la settima città più grande della Spagna ed è anche il nome della regione dove si ubica. È prevalentemente una città universitaria, anche se è capace di offrire molto a chiunque voglia viverci, che sia o meno studente.

L’Erasmus mi ha rubato il cuore: sono rimasta 6 mesi in una residenza universitaria chiamata Colegio Mayor Azarbe, un luogo magico dove ho conosciuto persone che, nonostante mi conoscessero da poco, mi hanno preso per mano e mi hanno accompagnato durante tutta l’esperienza. Grazie ai loro consigli, ai loro abbracci, alle loro risate, ho vissuto il tutto con molto più entusiasmo di quanto già non avessi. In più, mi hanno aiutato a capire le tradizioni spagnole, dalla siesta alla movida, essendo loro in primis spagnoli e non studenti Erasmus come me.

Non so quando effettivamente io mi sia abituata a vedere quelle pareti come fossero effettivamente casa mia, o quando quei ragazzi siano diventati parte integrante della mia famiglia; non so nemmeno quando ho iniziato a dire “acho” (espressione tipica murciana) o quando mi sono resa effettivamente conto di conoscere tutte le canzoni che cantavano i miei compagni, ma è successo (e meno male).

Ho viaggiato, ho studiato, ho fatto amicizia, mi sono innamorata e poi sono dovuta tornare alla realtà: cresciuta, forse diversa, ma sicuramente, molto più adulta. Mi sono sentita più volte la straniera, la “diversa”, l’italiana all’estero, ma sono stati solo momenti: Murcia mi ha voluto bene dal primo momento e io le sarò sempre riconoscente.

Non so come sarei ora se non avessi partecipato a quest’avventura, ma sicuramente sono contenta della persona che mi ha fatto diventare.  

Quindi, cari ragazzi, buttatevi con tutti voi stessi in questo grande viaggio: non prometto che sarà semplice, né tanto meno sempre tutto rosa e fiori, ma non ve ne pentirete.

Muchas gracias por haberme dejado volar en tus cielos, Murcia.
Mi manchi tanto.

¡Hasta siempre!

Ilaria Violi

#FacciamoIlPunto 1novembre 2019

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Cosa, quando, dove e perché è successo. Nelle ultime due settimane.

UNINT

Volge al termine il primo, nonché super impegnativo mese di questo nuovo anno accademico. Finora la vita universitaria è stata costellata di attività, nuove iniziative, eventi e conferenze.

L’Ateneo ha inoltre ospitato la decima edizione del Festival della Diplomazia, a conferma della sua forte vocazione internazionale e della volontà di aprirsi (ed aprirci) al mondo.

Nel frattempo, nelle aule, per i corridoi e all’Ufficio Comunicazione prendeva vita la prima associazione studentesca dell’UNINT: ATHENA. L’associazione è nata con l’obiettivo di creare una rete tra gli studenti e di rafforzarne il legame reciproco, proponendosi di contribuire, mantenere, e migliorare lo stimolante ambiente universitario. La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere” è il suo motto e rispecchia lo spirito guida dell’associazione.

I membri di Athena vi aspettano Martedì 5 novembre alle ore 10 in Aula 18 per conoscervi, ascoltare le vostre proposte e arricchire la vita studentesca. Detto questo, Natale è ancora lontano e noi siamo già stanchi morti.

NEL FRATTEMPO, NEL MONDO

È tempo di proteste e di stato d’emergenza.

Si protesta in Iraq, in Cile, ad Hong Kong e in Catalogna mentre in Sud America è il momento di rivoluzioni politiche con le elezioni in Argentina, in Uruguay e in Bolivia.

Barcellona sta vivendo una forte ondata di proteste indipendentiste, a seguito delle condanne pronunciate contro i leader catalani; in Cile, Pinera ha annunciato la fine dello stato d’emergenza e ha chiesto la rinuncia di tutti i suoi ministri preannunciando ampie riforme all’interno dell’organo di governo.

In Iraq è stato dichiarato lo stato d’emergenza ma si continua a protestare in piazza, nonostante il coprifuoco e i già, purtroppo, numerosi morti.

Nel frattempo, la California è in fiamme e con oltre 200.000 evacuati: il governatore ha dichiarato lo stato d’emergenza.

In Europa il presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, ha annunciato che i 27 paesi membri dell’Unione Europea hanno accettato di rinviare la decisione sulla Brexit al 31 gennaio 2020.

Mentre gli Stati Uniti hanno confermato di aver condotto un raid in Siria che ha procurato la morte del Califfo dell’Isis Abū Bakr al-Baghdadi.

La veridicità di queste affermazioni sembra indiscussa ma, fun fact: la sua morte era già stata dichiarata nel 2014, due volte nel 2015 e altre ben due volte nel 2016. Sette volte morto, insomma.

Intanto in India si è festeggiato il Diwali, il festival delle luci. In particolare, una città dell’Uttar Pradesh (regione nel Nord dell’India) ha battuto ogni record illuminandosi con più di 600.000 candeline.

Questo purtroppo mi costringe a concludere con una notizia pessima ed una ottima. La pessima è che, purtroppo, ora esiste un evento più fotogenico del nostro UNINT Holi Festival. L’ottima notizia invece è che abbiamo già il tema per la prossima festa di inizio anno accademico.

#PeopleOfUNINT

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Mi chiamo Nisrine, ma per tutti ormai sono Nis. Ho 26 anni (direi che mi sto facendo vecchia), sono un’italiana di origine tunisina, ma a dire il vero sono un bel misto di entrambi i mondi.

Cosa amo fare? Partiamo dal fatto che sono una malata della precisione, tanto che mi son ritrovata a fare la Rappresentante del Corso di laurea magistrale in Investigazione, criminalità e sicurezza internazionale.
Amo viaggiare, ma ho visto molto poco di questo strano mondo! Sono stata in Erasmus in Marocco, a Casablanca, e me ne sono innamorata follemente. Subito dopo la laurea triennale in Lingue Orientali, son partita alla volta di Tunisi per fare un Master in Diritto dell’immigrazione e mediazione interculturale (titolo talmente lungo che ci ho messo un po’ ad impararlo tutto). Sicuramente penserete “Beh giocavi in casa”, invece no, ho riscoperto una Tunisia che nel bene e nel male mi ha aperto un mondo.
Ed è stato grazie al Master che poi ho capito cos’era quello che avrei voluto fare: Investigazione, criminalità e sicurezza internazionale.

Quello che mi interessava e che tuttora mi interessa di più è il campo migratorio. Vuoi un po’ per le mie origini, vuoi gli studi approfonditi che ho fatto sui migranti, in particolare donne e bambini, la mia lotta per la tutela dei diritti umani si è fatta sempre più viva.
Così ho iniziato questo percorso, senza sapere in realtà quali strade mi aprirà.

Forse sarà la mia testardaggine, la mia organizzazione quasi ossessiva e la mia disponibilità ad aiutare sempre l’altro a darmi un aiuto in più.
Tutti pregi o difetti che mi hanno portato oggi a essere oltre alla Rappresentante anche la Responsabile della Radio, la Segretaria di Athena (l’associazione Studentesca) e dulcis in fundo la Social Media Manager di alcuni dei progetti Unintrapredenza!

#mondayabroad: “Residencia en la Tierra”.

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En el silencio crece el viento
con su hoja única y su flor golpeada,
y la arena que tiene sólo tacto y silencio,
no es nada, es una sombra,
una pisada de caballo vago,
no es nada sino una ola que el tiempo ha recibido,
porque todas las aguas van a los ojos fríos
del tiempo que debajo del océano mira.

Pablo Neruda, “El sur del océano”, tratta da “Residencia en la Tierra”, 1935 (prima versione)

Benvenuti nel 2019: benvenuti nel futuro.
Benvenuti nel tempo in cui basta sbloccare il telefono per viaggiare in tutti i luoghi del mondo, per conoscere, attraverso un qualsiasi motore di ricerca, le diverse culture, le lingue, le ricette tipiche che tanto ci piacquero quella volta quando andammo in vacanza in quel paradiso. Dal mare alla montagna, dalla pianura alla città, il mondo ci ha regalato la luce del sole perché riuscissimo a sfruttare il suo calore, così come la neve per emozionarci al veder fluttuare ogni fiocco che cade dal cielo.


Non ho scelto una poesia a caso per iniziare questa nuova avventura del #MondayAbroad: si tratta di un componimento tratto da “Residencia en la Tierra”, una raccolta di poesie di Pablo Neruda, il quale decide di ripercorrere le varie fasi della vita, dall’infanzia alla vecchiaia, nella quale il rigore interno del suo simbolismo e della sua natura metafisica aiutano ad appurare il significato della sua indagine.
Siamo tutti residenti di qualche posto, che sia un paese o una città, ma Neruda parlava di un luogo diverso, ben più antico e decisamente più grande: il pianeta Terra.


Nella società odierna, cosmopolita come nessuna mai, in molti si definiscono come “cittadini del mondo”, grazie, magari, ai loro viaggi o alle varie avventure interculturali che hanno caratterizzato molti momenti delle loro vite, prima fra tutte l’Erasmus, una delle più magiche e pazzesche esperienze che possano capitarti nella tua vita.
Non semplice, ma nemmeno complessa, l’Erasmus ti rapisce il cuore e ti aiuta a chiamare “casa” anche il luogo più lontano, così come chiamare “famiglia” le persone che hai appena conosciuto, ma che sai che, sicuramente, capiscono alla perfezione ogni pensiero che ti sta passando per la testa.


Essere, comunque, residenti sulla Terra non è da tutti: ti richiede una buona conoscenza del tuo passato, una forte intraprendenza nel tuo presente e tanta, tanta, tantissima curiosità e buona volontà per il futuro. Neruda non rinnega la sua provenienza, né le sue origini, ma si sente accolto e amato nei molti posti che l’hanno ospitato e quindi decide di auto-definirsi utilizzando questo gioco di parole.


Quindi, Daje Tutta, raga: a chi è intimorito dal domani e a chi non vuole pensarci, a chi è pronto e deciso, a chi ha già trovato il suo posto nel mondo e a chi lo sta ancora cercando. Tanto, presto o tardi, avremo tutti una residencia en la Tierra e un tiempo que debajo del océano (nos) mira.

Ilaria Violi

#PeopleOfUNINT

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Mi chiamo Sara, ho 23 anni, sono cittadina del mondo ma soprattutto: romagnola.

Amo viaggiare: nel giro di pochi anni ho vissuto in Sud America, ho viaggiato in estremo oriente, in medio oriente, ho visitato gli Stati Uniti e l’Europa (manca un continente all’appello: stay tuned!) .
Da questa “fame di mondo” è nato il mio desiderio di studiare le relazioni internazionali e l’arte della diplomazia prima, e la sicurezza internazionale poi.

Sono estremamente curiosa e purtroppo, o per fortuna, anche molto testarda. A 15 anni ho iniziato a leggere il libri sulla vita e sullo straordinario lavoro di Oriana Fallaci: credo che la sua testimonianza abbia forgiato il mio carattere e la mia sete di giustizia e di bellezza.
E poi i miei genitori, che mi hanno cresciuta a “pane e libertà di opinione”, un valore fondamentale che mi ha permesso, nel corso degli anni e tutt’ora, di essere affascinata della diversità e delle opinioni altrui.
Da questo è nata la mia passione per il giornalismo e la mia voglia di dare un microscopico contributo alla libertà di espressione e all’informazione libera.

Proprio con questo spirito ho deciso di seguire il progetto di UNINT BLOG: perché come afferma Paulo Coelho credo che: “le piccole cose sono responsabili dei grandi cambiamenti”.

#mondayabroad: Belgrado

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Belgrado, capitale della Repubblica di Serbia e fino al 1992 della Jugoslavia, è una città che si lascia apprezzare poco a poco, mostrando tutta la bellezza e la forza di un popolo che è riuscito a mantenere la propria identità nel corso degli anni.

Il centro ruota intorno all’antica Fortezza, che sorge nel punto in cui i fiumi Danubio e Sava si incontrano, pertanto è sempre stato considerato un luogo strategico di difesa della capitale fin dai tempi degli Antichi Romani. In questa fortezza, inoltre, è possibile notare alcune delle poche testimonianze della dominazione ottomana presenti in città, come la fontana Mehmet Pascià.

A pochi passi, si erge imponente il Tempio di San Sava, che domina su tutto il centro. È la Chiesa ortodossa più grande al mondo e ospita ancora oggi le ceneri delle reliquie del Santo.

Per una passeggiata, vale sicuramente la pena perdersi per le stradine di Skadarlija, il quartiere bohémien e degli artisti. Con i suoi ciottoli, le sue decorazioni floreali, i suoi ristorantini e le botteghe di artigiani sembra di essere a Parigi, piuttosto che in una città dei Balcani. Il quartiere è ancora oggi il centro della comunità intellettuale serba, nonché il punto di ritrovo dei giovani per tutte le iniziative culturali che la città sa offrire. Si consiglia soprattutto di entrare in uno dei tanti locali della zona per ascoltare musica tradizionale dal vivo.

Belgrado, infine, è sede della Belgrade Bank Academy, una delle mete che gli studenti della UNINT possono scegliere per la loro mobilità internazionale.

#FACCIAMOILPUNTO 18 ottobre

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Cosa, quando, dove e perché è successo. Nelle ultime due settimane.

UNINT

È iniziato l’anno accademico (in caso non ve ne foste ancora accorti…) ed è cominciato alla grande. Giovedì 3 ottobre l’UNINT ha accolto importanti ospiti ad una tavola rotonda dal titolo: “FUTUNINT: in sintonia con quale futuro?” Ebbene, noi di UNINT BLOG li abbiamo intervistati, senza scrupoli e soprattutto: senza ansia.

Antonio di Bella, direttore di Rai News 24; Eugenio Coccia, rettore del Gran Sasso Science Institute, nonché fisico astroparticellare e premio nobel (2017); Alberto Negri giornalista e reporter di guerra.

I loro interventi e le loro risposte ci hanno lasciato importanti spunti su cui riflettere, fra i tanti: la ribalta e l’uso dei social media, l’intelligenza artificiale e la scoperta dell’Universo, la libertà di espressione e di stampa, i nuovi orizzonti internazionali.

In caso non abbiate ancora visto le interviste (ed è quasi impossibile) le trovate a questo link: https://www.youtube.com/user/luspiotv/videos, oppure su Google, o su Facebook, o su Instagram o un po’ dappertutto, insomma.

Sempre giovedì 3 ottobre, finita la cerimonia, ha preso vita la più fotogenica ed originale delle feste universitarie finora, al mondo, esistite: L’UNINT Holi Festival. È stata una bellissima occasione di ritrovo, di condivisione.Per questo ringraziamo tutti quelli che hanno contribuito alla sua realizzazione e ringraziamo, ancor di più, il vento gelido che ci ha accompagnato per tutta la serata e che ha permesso uno spettacolare spargimento di polveri colorate, e di influenze.

Sicuramente, successivamente al 3 ottobre, sono successe tantissime altre cose all’UNINT, ma noi responsabili di progetto dobbiamo ancora riprenderci da questo inizio “in quarta” dunque passo, e chiudo.

NEL FRATTEMPO, NEL MONDO

In Europa, come sempre, poche buone notizie e una grave notizia: la Turchia ha invaso la Siria.

La Germania ha dichiarato lo stop alla vendita delle armi all’esercito di Ankara, poi anche la Francia e poi anche Zingaretti, mentre di Maio ne chiacchierava con l’Unione Europea.

La pronta risposta turca però è stata: “Quelli che evitano persino di rimpatriare i propri cittadini che sono terroristi foreign fighter di Daesh non hanno il diritto di dare lezioni alla Turchia sulla lotta all’Isis”. (ANSA)

Dunque ci ha pensato Trump, con un’acutissima osservazione, dichiarando che: “Le guerre senza fine devono finire”, fine.

Le buone notizie arrivano invece dall’Africa, dove il premier etiope Abiy ha vinto il premio Nobel per la pace, “per i suoi sforzi per raggiungere la pace e la cooperazione internazionale, e in particolare per la sua decisiva iniziativa per risolvere il conflitto di confine con la vicina Eritrea” nella motivazione.

In Francia nel frattempo è stato catturato il mostro di Nantes, anche se non era lui.

Mentre in Corea del Nord, un Kim Jong-un decisamente più rilassato, passeggia a cavallo sulle nevi. E dico sul serio, cercate su internet.

Sara Nardi

#MondayAbroad: Baltics for Dummies

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Vilnius, prima tappa.
In 3 giorni si gira bene tutta. Ci sono musei interessanti, molti parchi e addirittura un quartiere in cui risiede una repubblica indipendente, Užupis, casa di numerosi artisti. Il cibo lituano è molto buono ma molto pesante, consiglio di non mangiare sempre fuori. Ci siamo trovati bene anche con i trasporti: gli autobus e i treni per uscire dalla città sono efficienti ed economici. In più, a meno di 5 euro ci siamo spostati per la città sfruttando servizi di bike sharing e car sharing. Da non perdere è il castello di Trakai, una cittadina a 30 km dalla capitale dove è possibile provare la tipica cucina caraita. Il terzo giorno ci siamo spinti anche più a nord per entrare nella regione dei laghi, siamo andati ad Ignalina, un paese che ci è sembrato fermo negli anni ’80 sovietici sia per l’architettura sia per le persone che abbiamo incontrato. Lì ci siamo fatti un bel giro in bicicletta tra laghi e boschi lituani soffrendo molto il freddo, non eravamo preparati ai 13° ma siamo corsi ai ripari. Un vantaggio per me che studio russo è stato esercitarmi nella lingua con i lituani, perché, anche per ragioni storiche, adottano il russo come seconda lingua. Non è stato facile, soprattutto quando guardavano con aria di disapprovazione ogni errore che facevo, ma dopo un po’ mi sono abituata. Unica pecca finora è la pulizia: bagni privati molto sporchi (cosa che non ci è nuova, dopotutto), divano di casa lurido, utensili da cucina tutti da lavare (accuratamente sterilizzati con il fuoco, ‘n se sa mai) e addirittura la signora che ci ha dato le chiavi dell’Airbnb ci ha fatto vedere tutto l’appartamento a piedi nudi. A piedi nudi. Sul nostro pavimento. Nudi. NUDI.
Cara Vilnius, per te il voto è un 6 e 1\2, il potenziale ce l’hai, ma non ti applichi.

Seconda tappa: Klaipeda e penisola curlandese.
Arriviamo a Klaipeda stanchi dopo un lungo viaggio in pullman, il nostro airbnb si trova in un’ex kommunalka sovietica (molto affascinante) ma, appena sistemati, sorgono dei problemi con il divano letto: lo apriamo e scopriamo che in realtà è composto da un materasso singolo e una conchetta dove uno dei due dovrà dormire, una specie di cassetto sotto al letto per intenderci. Scoraggiati e distrutti andiamo a letto, sapendo che l’indomani ci aspettava Neringa. Affittiamo una macchina la mattina e partiamo con il traghetto per la penisola, biglietto pagato 12 euro + 20 euro di enviromental fee. Neringa è un paradiso, kilometri di natura incontaminata intervallati da paeselli con casette colorate. Ci spingiamo fino a Nida, vicino al confine russo (c’è un oblast‘ russo distaccato dai suoi confini, Kaliningrad). Poi torniamo poco a poco indietro senza farci mancare le passeggiate sulla duna Parnidis, nel bosco sulla collina delle streghe, con sculture di creature fantastiche intagliate nel legno, e infine sulla spiaggia. Per quanto riguarda Klaipeda è la classica cittadina marittima, visitabile in mezza giornata. Caratteristiche sono sempre le casette e il centro storico, ma nulla di troppo particolare.
PS. Durante la seconda notte ci è venuta un’illuminazione: abbassare la spalliera così da rendere il letto a due piazze. Era un tranquillissimo divano-letto matrimoniale di Ikea e ci siamo sentiti molto, molto stupidi. Tra l’altro chi era con me si era fatto una notte nel cassetto sotto al letto. Alla grande.
Neringa e Klaipeda, voto 9 ha dei paesaggi mozzafiato.

Terza tappa: Riga.
Una città deliziosa, un misto di palazzi Art Noveau, edifici storici dallo stile svedese e casette di legno colorate. È una città viva, colorata e accogliente. Per tutta la Lituania, abbiamo incontrato gente con ghigni più che sorrisi, abbiamo ricevuto molte occhiatacce in tante occasioni; qui ti sorridono, ti accolgono, insomma ci siamo sentiti un po’ più a casa. L’appartamento dove abbiamo alloggiato era bellissimo, molto vicino al centro, arredato in modo impeccabile, un giusto incontro tra vecchio e nuovo, mobili in legno vintage, la luce, il verde delle piante: era tutto perfetto! Lo sono stati anche i nostri host, una famiglia disponibilissima con una bimba molto dolce e vivace. Sconsiglio di mangiare in centro città, ci siamo trovati a mangiare in un ristorante medievale che si è rivelato più costoso del previsto. Il mercato è un must di Riga: situato in un ex magazzino per dirigibili, ha diversi padiglioni che offrono tutte le tipologie di carne, pesce, formaggi, dolci e anche degli stand dove fermarsi a mangiare un boccone. La biblioteca nazionale è particolare, offre un buon panorama della città. Per le vie del centro ci è capitato di ascoltare molta musica rockabilly, i lettoni ne vanno pazzi.
Riga è veramente elegante, voto 9.

Quarta tappa: Viljandi.
Devo essere sincera, appena ho messo piede in questa cittadina pioveva, non c’era anima viva, solo case in legno. Sembrava un paesino abbandonato sparso al centro dell’Estonia. Ho pensato “ma che c*** (caspita) ci faccio io qui?!”. Però ormai eravamo là tanto valeva raggiungere la casa e vedere se c’era qualcosa di interessante da fare. Arriviamo nella casa dopo 20 minuti a piedi sotto la pioggia: inizialmente sembra una bella casa vicino al lago; poi invece mi ci soffermo e la trovo molto disorganizzata, diversi stili uniti in un agglomerato di confusione. La nostra stanza è apparentemente normale, anche se vicino alla mia parte del letto c’è un ramo di albero con appesa una piuma dove andrò a sbattere con la testa per tutta la durata del nostro tempo lì. La casa sembra nel suo insieme normale, ma ci sono alcune stranezze che l’hanno resa inquietante. Una di queste era in salotto: dietro al divano c’era una parte del pavimento che era in vetro e sotto mostrava una specie di “buco”, una teca (quasi) con delle luci colorate che illuminavano un telefono wireless, di quelli che abbiamo tutti in casa. Non ho fatto foto perché tutta la casa mi faceva sentire a disagio, soprattutto perché la prima notte nel sonno ho detto di aver visto qualcuno in stanza e non c’era nessuno, perciò non volevo che le stranezze mi condizionassero più di tanto. Anche il cibo non ci è sembrato granché, abbiamo optato per le pizze ma non ci hanno soddisfatto, ce lo aspettavamo comunque (la mia quattro stagioni era divisa in quadranti e in uno c’era l’ananas, mangiabile ma non era pizza). Il secondo giorno è stato quello giusto, ci siamo trovati molto meglio, il centro città è piccolino ma molto caratteristico. Il lago è il vero protagonista della cittadina, abbiamo ammirato i suoi belvedere dalle rovine del castello e questa tappa ci è sembrata meno sbagliata. Tutto sommato è stato rilassante, Viljandi aveva delle cose da offrirci dopotutto, forse sarebbe stato meglio passarci senza restare a dormire, ma ci siamo trovati bene. Voto 7, ma solo dopo gli esami di riparazione a settembre.
P.S. nella casa creepy la doccia e la lavatrice erano in fondo a delle buie e ripide scale nello scantinato. Mi sono lavata ma AIUTO.

Quinta tappa: Tallinn.
Città carinissima, la capitale migliore tra quelle visitate. Il centro storico e il mercato sono un must se si visita Tallinn. La città vecchia è circondata da mura medievali che, insieme a molti edifici ottocenteschi donano un tocco pittoresco al centro. Interessante è anche il quartiere creativo di Telliskivi dove, tra murales e opere d’arte, vi è allestito un grande mercato delle pulci. Volevamo visitare anche il Linnahall, un vecchio edificio sovietico costruito per le olimpiadi di Mosca del 1980 ma non è possibile entrare. Per il resto, Tallin ci ha soddisfatto, voto 8.

Sesta e ultima tappa: Helsinki.
Sfortunatamente, siamo potuti stare solo 2 giorni in questa città, una scelta di cui ci siamo pentiti. Helsinki è molto bella, ecologica e verde. Abbiamo visitato la fortezza nell’isoletta di Suomenlinna, la cattedrale, la chiesa scavata nella roccia e a pranzo abbiamo mangiato al mercato (Il salmone è tanto buono quanto costoso, ma quando mi ricapita di assaggiare salmone finlandese?). Un aspetto che ci ha stupito di Helsinki sono i trasporti pubblici: difficile da credere se si viene da una città come Roma ma qui FUNZIONANO! ABBIAMO ASPETTATO MASSIMO 3 MINUTIIIIIIIII AAAAAAAAH!!!!!! Ci siamo trovati in situazioni che a noi sono sembrate fuori dal mondo! L’autista di un autobus ha aspettato che noi arrivassimo alla fermata prima di partire, in treno per l’aeroporto si sono scusati per soli 2 minuti di ritardo, insomma il paradiso! In più, malgrado la città ci sia sembrata anche un po’ fredda, i suoi abitanti ci hanno trasmesso molto calore accogliendoci sempre con sorrisi e piccole attenzioni che hanno reso il ritorno in Italia più difficile del previsto. In particolare Pauliina, la nostra host, al nostro arrivo aveva lasciato del latte, dei cioccolatini, crema per la pelle e altre piccoli comfort molto apprezzati. È stato difficile tornare, siamo stati tanto bene e quello che ci aspettava a casa era sconfortante. Dalla sessione autunnale, alla laurea di novembre, ai mille problemi del vivere in città, fino alla noiosa routine. Per questo abbiamo deciso di abbandonare tutto, non torneremo più (AHAH) apriremo una fattoria di renne in Lapponia, addio a tutti, ciao.
P.S. per Helsinki il voto è 9 e mezzo, perché la perfezione non esiste.

Martina Lucarelli

Double Degree UNINT – UNWE: Roma chiama Sofia

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Cari lettori, care lettrici, non è facile condensare in un testo tutto ciò che ho vissuto. Ricordo l’emozione prima di partire, le mie aspettative e l’acquolina in bocca al solo pensiero di ottenere il doppio titolo di laurea. Orbene, alla fine di questa esperienza il valore del titolo è stata l’ultima delle cose in ordine d’importanza. Il lettore non ha capito? Mi consenta di esprimermi meglio: nel viaggio di studi all’estero si avvia un processo inconscio e spontaneo di maturazione che termina leggermente prima della partenza. Si può azzardare il momento esatto: quando compri l’ultimo biglietto, quello di sola andata, o forse dovrei meglio dire “solo ritorno” verso casa. Utilizziamo come estremi proprio i due biglietti principali, quello che ti guida verso la porta del Paese ospitante e quello che ti riporta al nido del Domus. Nel mentre, un vortice di emozioni (non tutte positive, sia ben chiaro, altrimenti non si crescerebbe) colpisce anima e corpo con la stessa delicatezza di un tornado nel Midwest americano.

Procediamo con ordine: l’arrivo. Sofia non è una metropoli occidentale, bensì la capitale di uno stato che economicamente parlando rappresenta il fanalino di coda dell’Unione Europea. Non ti senti a casa, ci vuole tempo per abituarti anche a un alfabeto che, se non sei esperto o appassionato di slavistica, fai fatica a render morbido alla vista. Non poteva essere che così, d’altronde Cirillo e Metodio, padri dell’alfabeto cirillico, sono nati lì. In sintesi, con l’eccezione della reboante, seppur piccina, Vitosha Boulevard non hai la percezione di essere in Europa. A tutto ciò si accompagna l’aspetto caratteristico dei locali: tra i paesi che possiamo nominare come “slavi”, questo è il più variegato di tutti, etnicamente parlando. Basta guardare le varie stature dei bulgari: se da un lato è facile imbattersi in taglie 48 di scarpa (il che presuppone che vi siano dei “giganti” che le indossino); dall’altro le tracce di 500 anni di dominazione ottomana si fanno sentire nelle minute stature dei bulgari dall’origine mediorientale. Posso affermare che l’uomo bulgaro se non è alto è largo… no, non mi fraintenda l’attento lettore. I bulgari amano andare in palestra, sono appassionati di sport che prediligono la forza fisica, le grandi masse muscolari e…i capelli corti. Cortissimi! Dai barbieri capitolini il taglio militare abbonda. Ma ora veniamo alle donne: sono un ragazzo che ha viaggiato molto, ma mai mi era capitato di vedere una quantità così elevata di belle ragazze. Bionde, more, alte, basse, a Sofia ce ne è per tutti i gusti. Le bulgare ti possono far girare la testa, ma per rispetto delle lettrici (e dispiacere dei lettori), mi fermerò qui.

Una volta descritti fisicamente, passerò al modus vivendi. Gli abitanti di questa nazione, estesa più o meno quanto il Nord Italia, sono dei grandi lavoratori, lavorano tantissimo! Ho visto cantieri venir su in tempi record, centri commerciali chiudere alle 23 e palestre aperte 18 ore anche la domenica. Tuttavia, accanto a quest’operosità notevole, si trova una povera attenzione al turismo e un Customer Service ai minimi storici: esatto, in Bulgaria può facilmente accadere che debba inalberarti per ottenere ciò che ti spetta di diritto. La burocrazia, in particolar modo, è tagliente anche nei Balcani. Per non divulgarmi troppo vorrei parlare dell’Ateneo: l’università nazionale e mondiale di economia di Sofia è un neo centenaria università bulgara. A primo impatto ricorda La Sapienza di Roma, grande, maestosa e un tantino sovietica all’apparenza. Il colore predominante è un marroncino-beige abbinato al rosso delle insegne indicanti nomi e numeri delle aule. In questo luogo, così diverso dalla mia UNINT, ho conosciuto l’economia: per la prima volta nella mia vita ho studiato questa materia, grazie a docenti che, a differenza dei gestori delle attività in capitale, di Customer Service ne hanno, eccome! L’impatto è stato duro, ma è soprattutto grazie a loro che io e le mie colleghe abbiamo superato l’ostacolo della diversità delle discipline. Esatto, io vengo da una formazione umanistica (ho frequentato il liceo classico) e da un quinquennio universitario d’impronta linguistica (Mediazione in triennale e Interpretariato alla magistrale), per cui, cari lettori, non è stato semplice dover affrontare Global Economics, International Business, Quantitative Analysis, Social Media Marketing, Corporate Governance, Global Strategic Management e le altre. È stato come tuffarsi in un buco nero.

Ma ora torno a Roma, consapevole e arricchito. Mi creda l’attento lettore, che quando ho iniziato a studiare questi insegnamenti non avevo la benché minima idea di cosa fossero e cosa volessero dire i soli titoli, figuriamoci i testi! Testi che fortunatamente erano pochi, i docenti hanno fornito dall’inizio del corso i materiali su cui studiare, venendoci incontro. Devo ammettere però che una cosa che mi ha colpito fin dall’inizio è stata la mentalità dell’ateneo: l’università in Bulgaria permette allo studente di lavorare, posso dire che si tratta di un sistema che non danneggia lo studente lavoratore! Tutti i miei colleghi autoctoni appartenevano a questa categoria. Il loro approccio era meno ansioso del nostro, forse per l’abitudine, forse perché eravamo in dovere di rappresentare il nostro Paese. Tanto che tutte le nostre lezioni erano così articolate: ogni giorno si faceva un solo insegnamento, dalle ore 17:45 alle ore 21:00. Ovviamente su carta, due docenti erano talmente appassionati alla loro materia che avrebbero fatto nottata! Perché questa fascia oraria? Per permettere ai lavoratori di dedicare uno spicchio di giornata al frequentare le lezioni.

Non che fossero assidui attending students, ma ho un piacevole ricordo delle amicizie bulgare dietro i banchi della UNWE. Prima di parlare di una cosa che mi ha davvero stremato, vorrei raccontare un episodio che ho vissuto una sera invernale (a proposito, a Sofia fa freddo, molto freddo), proprio in Ateneo. Venivo da una lezione di Social Media Marketing e avevo dimenticato il cellulare in aula computer. Preoccupato per un eventuale furto, ho contattato una docente e ho deciso di recarmi la mattina non appena fossero stati aperti i cancelli, per riprendere il bene prezioso, accompagnato da una collega. La docente apre la porta dell’aula… e il telefono non c’è: panico! Che fine aveva fatto? Lo avevano preso le anziane Janitors dell’istituto, lo avevano gentilmente messo in carica, ma…avevano ben pensato di chiamare le persone nella mia rubrica per comunicare IN BULGARO che il mio cellulare era rimasto in ateneo. Peccato che i miei genitori, i miei zii e i miei amici non parlano una sola parola di bulgaro. Ergo, le più sfrenate fantasie horror si sono avverate: mi immaginavano rapito, in fin di vita, in pericolo. Hanno, assieme alla mia dimenticanza, contribuito a regalare un momento di terrore ai miei familiari. Simpatico, non trovate?

Ora vi fornirò qualcosa di altrettanto allegro. Si tratta di un dato peculiare: i docenti bulgari sono ossessionati dalle presentazioni. Non ne ho mai preparato così tante in tutta la mia carriera! Ho una cartella piena di presentazioni sugli argomenti più curiosi e disparati. Eppure, per quanto una presentazione possa essere più leggera di un prisma di 800 pagine, solo a pensarci mi sento male. Non nego, tuttavia, la loro utilità. Ho acquisito abilità di ricerca nuove. Sono cresciuto, sono tornato arricchito e ho sviluppato un senso critico che prima non avevo. Questo perché un anno all’estero ti cambia. Quando si è senza la propria famiglia, senza il proprio partner, senza qualcuno che ti voglia bene si è costretti a tirar fuori le unghie, specialmente in uno stato come quello. Ti sveglia! Perché anche un paese come la Bulgaria, che fa storcere il naso agli uditori o a chi ti chiede dove tu sia stato, ti lascia qualcosa, in barba allo stereotipo del camionista bulgaro. Ma cosa lascia? Un seme, un seme che è pronto a germogliare per dar vita a un fiore che si chiama “età adulta”. E ora che sono tornato spero di poter offrire il mio contributo in maniera ancor più incisiva al mio Paese, alla mia famiglia, e all’Università di cui sono innamorato.

Alessandro Bonifazi