#RECEUSTIONI

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Borat seguito di film cinema

Bentornati cari lettori di #ReceUstioni, oggi protagonista del nostro articolo sarà un film un po’ controverso: mes amis, aujourd’hui parleremo del film “Borat: Seguito di Film Cinema”, ideato da Sacha Baron Cohen.

Molti di voi avranno visto nelle ultime settimane vari post divertenti, soprattutto su TikTok e Instagram, che ironizzano sul come indossare correttamente la mascherina; tutto ciò è direttamente ispirato a “Borat: Seguito di Film Cinema”, o meglio dire alla locandina del film. Per chi non lo sapesse, questa pellicola, come il titolo stesso evidenzia, è il seguito del film uscito nel 2006 “Borat – studio culturale sull’America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan”, che aveva scatenato varie polemiche negli Stati Uniti.

Di cosa parlano queste pellicole? I due film sono frutto della mente geniale di Sacha Baron Cohen, che tramite la parodia vuole criticare la società americana, e lo fa nelle vesti di un -finto- giornalista kazako. Per il primo film Cohen aveva ricevuto molte minacce, infatti la seconda pellicola è stata girata in piena pandemia, in segreto, con l’intento di arrivare sugli schermi giusto in tempo per le elezioni americane.

Uscito su Amazon Prime, il film è stato girato da Jason Woliner (regista televisivo che negli anni ha diretto varie puntate di diverse serie TV Fox), con Maria Bakalova (giovane attrice bulgare, ha fatto anche la comparsa in una puntata di “Gomorra”) ad affiancare Cohen come co-protagonista: quest’aggiunta di una controparte femminile permette a Cohen di prendersi gioco -e denunciare- quelle realtà in cui la donna viene considerata inferiore, quasi come un oggetto. L’altro grande tema trattato in “Borat: Seguito di Film Cinema” è il governo americano, in particolare durante l’emergenza Covid-19.

Il ritorno di Borat fa ridere e fa riflettere: chi non conosce il lavoro di Cohen potrebbe lasciarsi ingannare dalle locandine demenziali del film e pensare che si tratti di una volgarità senza arte né parte. In realtà “Borat: Seguito di Film Cinema”è un racconto pieno di spunti su cui riflettere, e mentre vi fa ridere fino alle lacrime, accende quella lampadina della vostra coscienza che vi spinge a ragionare su alcuni aspetti della nostra società. Non è un film per stomaci delicati, perché tutto viene stigmatizzato ed esagerato, e se non riuscite ad andare oltre le apparenze vi perdete la vera essenza di questo capolavoro.

Il film è un susseguirsi di situazioni al limite dell’immaginabile: scordatevi il politically correct mes amis, perché l’intera pellicola si svolge attorno al politicamente scorretto, che diventa l’espediente narrativo di cui Cohen si avvale per denunciare la società contemporanea. Ogni singolo dettaglio e ogni singola battuta sono stati attentamente studiati per poter esprimere apertamente una critica e per spingere gli spettatori a rifletterci; particolarmente presi di mira da Cohen sono Trump e Pence, ma non mancano riferimenti ad altre personalità famose, come ad esempio Kevin Spacey -tirato in ballo per le accuse di molestie a suo carico- o Rudolph Giuliani.

Come avveniva nella precedente pellicola, anche in “Borat: Seguito di Film Cinema” viene ripresa la questione dell’antisemitismo, a cui si aggiunge l’odio per gli zingari e per gli immigrati, ma anche l’uso improprio delle armi. Grande protagonista del film -tra l’altro con un colpo di scena che rende il tutto ancora più demenziale, ma che di nuovo spinge a riflettere- è il Covid-19, ormai parte della nostra quotidianità e sfruttato da Cohen in maniera intelligente all’interno della pellicola.

Mes amis, non mi dilungo ulteriormente perché non voglio rovinarvi la sorpresa, ma mi piacerebbe darvi un consiglio: se volete guardare questa pellicola vi consiglio di lasciare da parte i preconcetti e godervi le risate, e vedrete che a fine film avrete degli spunti interessanti su cui ragionare, qualcosa da cui cercare di trarre insegnamento. Non ne rimarrete delusi perché è il connubio perfetto tra divertimento e riflessione.

À bientôt mes amis!

#POLITICAFFÈ

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Vertice europeo sulla sicurezza: “Rafforziamo i confini”. Ma l’Italia non c’è.

Stampa tedesca

I leader dell’Unione Europea hanno chiesto maggiore sicurezza alle frontiere dell’Unione a seguito degli attacchi terroristici islamici, che si sono rivelati mortali sia in Francia sia in Austria. Il Presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto una “risposta rapida e coordinata”.

Deutsche Welle riporta le proposte avanzate da alcuni leader europei durante un colloquio svoltosi a Parigi martedì scorso. Perché proprio Parigi? Perché nelle scorse settimane la Francia ha subito diversi attacchi di matrice terroristica nel tuo territorio. L’incontro è stato ospitato a Parigi dal Presidente Emmanuel Macron e dal cancelliere austriaco Sebastian Kurz, i cui paesi hanno entrambi subito attacchi terroristici islamici recentemente. Sono stati raggiunti digitalmente dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel, dal Primo Ministro olandese Mark Rutte, dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e dal Presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Nel corso di questo incontro virtuale il Presidente francese ha affermato che ogni interruzione della sicurezza alla frontiere esterne o in un Paese membro rappresenta un rischio per la sicurezza di tutti gli Stati membri. La Cancelliera ha aggiunto che è di fondamentale importanza sapere chi entra e chi esce dallo spazio Schengen.

Una settimana fa un uomo che in passato aveva provato ad imbracciare le armi all’interno dello Stato Islamico ha sparato ed ucciso quattro persone a Vienna. Lo scorso mese in Francia, un estremista islamico ha ucciso tre persone in una chiesa a Nizza, mentre un altro estremista ha decapitato un insegnante nei pressi di Parigi dopo che il docente aveva mostrato delle vignette sul Profeta Maometto. Infine, le autorità tedesche hanno ritenuto un accoltellamento avvenuto nella città di Dresda come un attacco estremista islamista. Gli attacchi hanno galvanizzato le richieste nei rispettivi Paesi di un rafforzamento della repressione dell’estremismo islamico e dei controlli alle frontiere esterne dell’Unione Europea.

The Local sottolinea come il leader francese si sia soffermato sul tema del diritto di asilo in Europa. Macron ha infatti asserito che in Europa si sta assistendo ad un abuso del diritto di asilo da parte di trafficanti, organizzazioni criminali o persone provenienti da Paesi che non sono in stato di guerra. Macron ha fatto riferimento alla questione del diritto d’asilo perché la sparatoria nel cuore della capitale austriaca è avvenuta per mano di un cittadino austro-macedone, la decapitazione dell’insegnante vicino a Parigi è stata ad opera di un islamista radicale ceceno e l’attacco nella chiesa di Nizza è stato effettuato da un tunisino.

Stampa francese

Il Presidente francese Emmanuel Macron ha invitato martedì all’Eliseo il Cancelliere austriaco Sebastian Kurz, per un pranzo di lavoro. Più tardi in videoconferenza, si sono uniti la Cancelliera tedesca Angela Merkel, il Primo ministro dei Paesi Bassi Mark Rutte, nonché il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel e la Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen. Argomento del mini-vertice europeo: la lotta al terrorismo. Questione che ha ripreso nuovamente vigore in seguito ai recenti attentati che hanno colpito la Francia e l’Austria.

La Croix rivela che in realtà Macron avrebbe dovuto recarsi in Austria lunedì 9 novembre, ma alla fine è stato il Cancelliere Kurz a fare il viaggio per giungere a Parigi. Dunque, i leader hanno discusso della necessità di un programma congiunto per combattere la minaccia terroristica sul continente, partendo dal fatto che gli ultimi episodi hanno riconfermato una certa dimensione europea. Essa è stata resa ancor più evidente dall’attacco di Vienna, nel momento in cui è stato scoperto che il terrorista, prima di agire, aveva incontrato un gran numero di persone, provenienti dalla Germania e dalla Svizzera, appartenenti al movimento islamista. 

Questa “risposta rapida e coordinata” per il Presidente francese, deve riguardare in particolare lo sviluppo di banche dati comuni, lo scambio di informazioni, il rafforzamento delle politiche penali e l’attuazione completa dell’arsenale di misure che l’Europa ha già acquisito, così L’Express. Tra le priorità elencate, quella del completamento della disciplina PNR – il sistema che regola il trasferimento dei dati sui passeggeri raccolti dai vettori aerei, alle autorità di contrasto degli Stati membri – che dovrebbe puntare a implementare il rapido collegamento dei diversi database.

In buona sostanza – spiega Le Figaro – Macron ha denunciato l’abuso del diritto d’asilo che viene commesso in tutti i Paesi europei da parte di reti e trafficanti. Per questa ragione, il Presidente francese ha rinnovato la sua richiesta di una profonda e rapida revisione dell’area Schengen, che deve indirizzarsi verso il rafforzamento delle frontiere esterne. È importante cioè “guardare lucidamente ai legami” che esistono tra i fenomeni dell’immigrazione clandestina e del terrorismo. E a tal proposito ha ricordato che l’attacco commesso nelle Alpi Marittime è stato compiuto da un migrante tunisino che era sbarcato a Lampedusa. Il Presidente ha inoltre auspicato la creazione di “un vero Consiglio di Sicurezza Interna”, ossia una sorta di consiglio congiunto dei Ministri dell’Interno.

Le Monde invece, ha reso noto che la presidenza tedesca dell’Unione ha elaborato un progetto di testo specificatamente orientato a contrastare la propaganda islamista online, per garantire un accesso più rapido ai sistemi di messaggistica crittografata. Il testo iniziale menzionava inoltre la necessità di “proteggere gli europei dall’islamismo”. Questa formula è stata prontamente rivista. In una seconda versione, infatti, è stato chiarito che la lotta al terrorismo “non è diretta contro l’islam ma contro l’estremismo fanatico e violento”. Per di più, se tale testo dovesse essere approvato, verrà chiesto a coloro che hanno ottenuto il diritto di asilo, di compiere degli ‘sforzi attivi’, come conformarsi ai valori europei e imparare la lingua del Paese ospitante. Ma molti esperti ammoniscono: una migliore applicazione delle regole di Schengen consentirebbe sicuramente di fronteggiare meglio le minacce, tuttavia la loro messa in discussione, ridurrebbe la responsabilità condivisa degli Stati, e quindi si limiterebbe la capacità generale di smantellare le cellule terroristiche.

Sicuramente è stato notato che l’Italia è rimasta estromessa dalle discussioni. Anche se Macron si è detto determinato a condividere nei prossimi giorni le sue volontà con tutti gli altri colleghi europei, per poter avanzare velocemente sulla questione. Non a caso, il dossier sul terrorismo è in cima all’agenda dei leader europei per il prossimo incontro che si terrà il 10 e l’11 dicembre. Eppure, questa ennesima riunione organizzata da Macron ha sottolineato sia come il Presidente francese prediliga coordinare incontri ufficiosi con i vertici europei, sia come l’Italia non appartenga alla cerchia ristretta dei suoi interlocutori privilegiati. 

Chiara Aveni e Gaia Natarelli

FONTI:
Islamisme: Macron appelle à «regarder lucidement les liens qui existent» entre immigration clandestine et terrorisme disponibile su https://www.lefigaro.fr/politique/islamisme-macron-appelle-a-regarder-lucidement-les-liens-qui-existent-entre-immigration-et-terrorisme-20201110, consultato l’11/11/2020

L’Union européenne veut «accélérer» les projets visant à lutter contre le terrorisme disponibile su https://www.lemonde.fr/international/article/2020/11/10/l-union-europeenne-veut-accelerer-les-projets-visant-a-lutter-contre-le-terrorisme_6059299_3210.html, consultato l’11/11/2020

Macron appelle à “une réponse rapide et coordonnée” contre le terrorisme (mini-sommet européen) disponibile su https://www.lexpress.fr/actualites/1/societe/macron-appelle-a-une-reponse-rapide-et-coordonnee-contre-le-terrorisme-mini-sommet-europeen_2138374.html, consultato l’11/11/2020

Un mini-sommet européen contre le terrorisme islamiste disponibile su https://www.la-croix.com/Monde/mini-sommet-europeen-contre-terrorisme-islamiste-2020-11-10-1201123870, consultato l’11/11/2020

EU weighs tighter border controls after Paris terrorism summit disponibile su https://www.dw.com/en/eu-weighs-tighter-border-controls-after-paris-terrorism-summit/a-55553916, consultato l’11/11/2020

European Union mulls tighter external borders in fight against terror attacks disponibile su https://www.thelocal.de/20201110/european-union-mulls-tighter-borders-in-jihadist-fight, consultato l’11/11/2020

#UniversEAT

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Ciao amici, ben ritrovati! Oggi dalla mia cucina usciranno dei deliziosi nuggets di pollo con una panatura FA – VO – LO – SA! Ottimi per questo periodo in cui causa coprifuoco vari e regioni a colori potreste aver voglia di riassaporare il cibo dei fast food.

Anche questa è una ricetta che richiede veramente pochi ingredienti e non è per nulla elaborata come si potrebbe pensare.

Ingredienti per 20 nuggets:

  • 400g di petto di pollo;
  • 80g di Pan Bauletto Bianco o di qualsiasi altro pane morbido;
  • 50g di cipolle;
  • 1 cucchiaio di senape;
  • 1 cucchiaio di sale fino.

Per la pastella:

  • 80g di farina di grano duro (la panatura viene più croccante!);
  • 80g di latte intero;
  • 1 uovo;
  • q.b. di sale fino.

Per impanatura e frittura:

  • 100g di pan grattato,
  • q.b. di olio di semi di girasole (o qualsiasi altro olio, ma NON quello d’oliva).

Ready, set, go!!

  1. In una ciotola preparate intanto la pastella e quindi mescolate farina, latte, uovo e un pizzico di sale. Una volta ottenuto un composto liscio e senza grumi copritela con una pellicola e lasciate riposare in frigo.
  2. Tagliate il pollo, il pane e la cipolla a pezzetti non troppo grandi (più piccoli sono prima si frullano) e trasferite tutto nel frullatore insieme alla senape e al sale.
  3. Azionate il frullatore a velocità media e quando il composto si sarà completamente staccato dalle pareti l’impasto sarà pronto (volendo potete aggiungere anche un po’ di pepe).
  4. Staccate il composto dal frullatore, poggiatelo su carta da forno e iniziate a formare delle palline cercando di dargli una forma un po’schiacciata.
  5. Ora togliete la pastella dal frigo e immergeteci, aiutandovi con una forchetta (o anche con le mani, molto più comodo ma vi sporcate di più), i nuggets uno ad uno.
  6. Dopo averli passati nella pastella prendete il pan grattato e fate fare ai vostri nuggets un bel bagnetto anche lì dentro.
  7. Volendo potete ripetere gli step 5 e 6.
  8. Portate l’olio di semi a bollore in un pentolino e friggete i vostri nuggets fino a che non saranno ben dorati.
  9. Una volta tirati fuori mi raccomando fateli scolare su un piatto con sotto uno scottex.

Et voilà! I vostri nuggets sono pronti da gustare con qualsiasi salsa vogliate e se preferite con un bel contorno di patatine fritte!

Quindi ora correte in cucina e preparatevi a pasticciare! 3… 2… 1… UNINT AI FORNELLI!

Ricordatevi di farci vedere le vostre creazioni, vi aspettiamo!

Alessandra “Sandra” Alfano

#UNINTSpeechPressReview

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Quando imparare una lingua può salvare una cultura

Proprio come gli esseri viventi, le lingue hanno un loro ciclo di vita: esse nascono, crescono, si diffondono e scompaiono. Negli ultimi anni le numerose iniziative adottate a livello internazionale per la protezione delle lingue minoritarie ha messo in evidenza il problema sempre più diffuso della scomparsa di numerose varietà linguistiche, complici la globalizzazione e gli atteggiamenti linguistici dei parlanti che molto spesso stigmatizzano le varietà locali e conferiscono un maggiore prestigio alle lingue dominanti su scala internazionale. Il rischio è quello di interrompere la catena di trasmissione intergenerazionale: ai bambini viene insegnata una varietà dominante piuttosto che la lingua minoritaria o il dialetto dei genitori, finché il numero complessivo di parlanti di queste ultime si riduce drasticamente. Un’altra possibile causa della scomparsa di una lingua è la messa in atto di una politica di assimilazione promossa da uno Stato a discapito di intere etnie. Una lingua muore con la scomparsa dell’ultimo parlante nativo, che porta via con sé un patrimonio immateriale inestimabile, fatto di usi, costumi, tradizioni, miti e leggende; in altre parole, sono intere culture a scomparire, schiacciate sotto il peso della globalizzazione e dell’omologazione linguistica e culturale. Oggi nel mondo esistono 7.117 lingue, 2.926 delle quali classificate come lingue in pericolo o in via di estinzione, mentre si stima che nel 2050 circa il 90% delle varietà parlate attualmente saranno estinte.

Per proteggere le lingue a rischio di estinzione è fondamentale riconoscere il valore insostituibile delle testimonianze dei parlanti nativi, soprattutto i più anziani, che diventano veri e propri custodi di un tesoro purtroppo destinato a essere dimenticato in mancanza di una politica linguistica adeguata. Oltre a ciò, favorire un processo di codificazione attraverso la pubblicazione di grammatiche e dizionari può aiutare a salvaguardare le lingue minoritarie, che in passato affidavano la trasmissione intergenerazionale alla sola tradizione orale.

Marie Wilcox, classe 1933, è l’ultima parlante di Wukchumni, una lingua amerindiana della famiglia yokuts, una volta diffusa nelle regioni del centro-sud dell’attuale California e oggi classificata ufficialmente come “lingua moribonda” dall’Expanded Graded Intergenerational Disruption Scale, che stabilisce un insieme di parametri per misurare il grado di vitalità di una lingua. La tribù Wukchumni, parte della comunità Yokuts di nativi americani, non è mai stata riconosciuta ufficialmente dal governo statunitense. Prima dell’arrivo dei coloni europei nel continente americano si stima che i membri della tribù fossero circa 50.000; a oggi restano in vita solo 200 persone che si identificano come Wukchumni. “Quando ero piccola parlavo inglese, non ricordo mia madre parlare nella nostra lingua” – racconta Marie – “Ma quando mia sorella ha iniziato a insegnare ai suoi bambini il Wukchumni, ho capito di voler ricominciare a parlare la nostra lingua”. Giorno dopo giorno, per sette anni, Marie cerca di ricostruire il lessico andato quasi perduto del Wukchumni, lavorando tutti i giorni al suo progetto. Preservare la lingua della sua gente, e con essa le sue tradizioni, diventa una vera e propria missione. Esistono culture in cui le storie e il vissuto delle famiglie si intrecciano le une alle altre attraverso la lingua e, quando le lingue scompaiono, le persone perdono quel legame speciale; salvaguardare la lingua è quindi un modo per mantenere quel filo invisibile che lega i membri di una stessa comunità.
Nel 2014, grazie alla dedizione di Marie e di sua figlia, viene pubblicato il primo vocabolario della lingua Wukchumni, uno strumento prezioso per la sua rivitalizzazione e per la riscoperta delle antiche tradizioni della tribù. Dopo aver insegnato la lingua a sua figlia e sua nipote, Marie Wilcox oggi organizza corsi settimanali di lingua Wukchumni per i bambini della sua tribù e gira l’America per sensibilizzare i giovani sull’importanza di salvaguardare il patrimonio linguistico e culturale, sempre più minacciato nell’era della globalizzazione. Claire McGowan, insegnante di una scuola in Ohio, commenta così l’impatto che le parole di Marie hanno avuto sui suoi studenti: “Marie ha aperto gli occhi ai miei studenti su quanto una lingua possa essere importante per preservare – o distruggere – intere culture”.

Vanessa Iudicone

Fonti:
https://www.ethnologue.com/endangered-languages, consultato in data 10/11/2020.
https://www.globalonenessproject.org/library/films/maries-dictionary, consultato in data 10/11/2020.

#FAIRPLAY

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La pallacanestro… secondo i Looney Tunes!

Cari lettori sportivi (e non), l’articolo di oggi a tema pallacanestro si discosterà un po’ da quelli che sono stati fino a ora i miei articoli. Questa volta entriamo in un percorso combinato, ovvero quando lo sport entra a far parte della trama di qualche film. In particolare, parliamo di un film che a mio modo di vedere ha fatto avvicinare tanti piccoli all’attività della pallacanestro: Space Jam.

Space Jam, un film americano prodotto nel 1996 con la partecipazione di una stella del NBA, Michael Jordan e di un cast di animazione (i Looney Tunes della casa cinematografica targata Warner Bros). Un lungometraggio sicuramente adatto a tutti, nel quale l’unione tra personaggi di animazione e realtà s’incontrano per consentire anche ai più grandi un bel salto indietro nel tempo.

Anche se è uscito nel 1996, il film è ambientato durante il primo ritiro dell’ex cestista americano (1993-1995) durante il quale decide di cambiare sport passando al baseball per seguire la carriera del padre che era deceduto. Qui, una svolta che ha fatto ritornare sul campo Jordan per altri 3 anni (1995-1998) con la stessa casacca di prima (dei Chicago Bulls) per poi ritirarsi e tornare una seconda volta (2001-2003) con una squadra diversa (ossia i Washington Wizards).

Il film è ambientato in un pianeta immaginario dove il proprietario di un Luna-park si vede costretto a trovare nuove giostre per attirare gente e, così, si accorge che il fantastico mondo dei Looney Tunes è pieno di felicità e divertimento per tutte le età. Decide, dunque, di inviare un gruppo di alieni con il fine di convincere Bugs Bunny e compagnia a lavorare nel loro parco giochi.

Tuttavia, i Looney Tunes sono furbi e si accorgono subito di questa intenzione e, per non farsi sottomettere dagli avversari, poiché possedevano una statura piccola, li sfidano a una partita di pallacanestro. Consapevoli di questa caratteristica e dello svantaggio che avrebbero potuto avere durante la partita, i piccoli alieni cercano di porre rimedio e, una volta venuti a conoscenza del campionato NBA, utilizzano un pallone per rubare tutte le abilità di 5 giocatori forti. Questo rende il tutto più complicato per i Looney che iniziano la loro ricerca di un giocatore forte (Jordan).

Dopo un rifiuto iniziale e dopo aver incontrato gli sfidanti, Michael si sente ferito nell’orgoglio e accetta di giocare con i Looney, anche perché i giocatori ai quali gli alieni avevano rubato il talento erano proprio amici del cestista.

La notte della partita inizia male per Jordan e compagnia, date le abilità mostruose degli avversari che, oltre alle capacità possedute, giocano anche in modo molto scorretto. Tutto sommato, nell’intervallo tra il 2 e il 3 periodo, Michael negli spogliatoi alza il tono e il morale ai suoi compagni convincendoli del fatto che si sarebbe potuto rimontare la gara, tutto era ancora possibile.  Infatti, una volta rientrati in campo, i Looney cominciano anche loro ad utilizzare lo stesso metodo scorretto degli avversari e la partita sembra quindi riequilibrarsi. Così, il capo dei malvagi, furioso di quanto sta accadendo, cambia all’ultimo minuto le clausole con Michael Jordan, al quale rivolge una proposta: se i Looney avessero vinto l’incontro, i malvagi avrebbero dovuto restituire il talento ai suoi amici, altrimenti, in caso di vittoria dei suoi, al posto dei Looney sarebbe stato proprio Jordan a lavorare nel suo parco divertimenti.

Tale fatto determina, dunque, una serie di violenze da parte dei malvagi che, su ordine del capo, mettono fuori gioco uno ad uno i compagni di Jordan.

Mancano 10 secondi alla fine: i Tunes si trovano solo con Michael e altri 3 giocatori disponibili, il che assegnerebbe la vittoria agli avversari, non potendo giocare in 4. L’arrivo di un amico speciale per il cestista segna il lieto fine della sfida: un finale degno di canestro di puro stile cartoon, che regala la vittoria ai Looney.

Il film ha ottenuto grandi incassi diventando uno dei film con maggior seguito in questa disciplina. Dopo 24 anni dal primo, ci sarà un sequel di Space Jam (data fissata per luglio 2021) con protagonista Lebron James e Looney Tunes.

#dontbelazybeactive

Aldo Landini

SPECIALE: US ELECTIONS 2020

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Joe Biden: a Presidency for all Americans

E’ ufficiale: il democratico Joseph (Joe) Biden sarà il 46esimo presidente americano, a partire dal 20 Gennaio 2021. 45 presidenti in 231 anni di storia: realizzare il sogno di diventare presidente degli Stati Uniti d’America non è per niente semplice: ci vogliono impegno, carisma, competenza e resilienza, e su quest’ultimo punto Joe Biden è imbattibile. Durante questi mesi di campagna elettorale molti di voi si saranno forse chiesti chi è Joe Biden e quale è la sua storia: riprendendo un modo di dire inglese, la sua vita è fatta di ups and downs, un po’ come le montagne russe.

Nato nello Stato della Pennsylvania nel 1942, da piccolo si è dovuto trasferire nel Delaware insieme a suo padre, a causa di problemi economici. Si è poi iscritto all’università di legge, dove era un bravissimo atleta, anche se con qualche problema dal punto di vista accademico: Biden infatti soffriva di balbuzie e veniva spesso deriso per questo. Decise di seguire dei corsi per imparare a gestire questo disturbo, rendendosi conto che era l’ansia da palcoscenico il suo principale nemico, quindi ogni volta che ne aveva l’occasione parlava in pubblico.

I suoi studi di legge lo spinsero a partecipare a vari comizi politici, avvicinandosi al partito democratico, principalmente perché contrario al presidente repubblicano Nixon. Partecipando ai comizi, si fece largo anche tra i vari politici, e decise di candidarsi per diventare senatore del Delaware, e contro ogni previsione, a soli 29 anni vinse le elezioni.

Tuttavia, la sua ascesa ebbe un brusco arresto: poco dopo sua moglie -conosciuta negli anni universitari- e la sua bambina più piccola morirono in un incidente stradale. Il mondo gli crollò addosso e la sua vita cambiò all’improvviso: Biden voleva rinunciare alla carica di senatore per prendersi cura degli altri due figli rimasti feriti nell’incidente; ma fu il presidente Nixon stesso a telefonargli e chiedergli di non rinunciare. Con l’aiuto dei colleghi, Biden prestò giuramento come senatore direttamente dall’ospedale dove erano ricoverati i suoi figli, e a 30 anni diventò uno dei 6 senatori più giovani d’America.

A differenza di altri colleghi, Biden non si fermava a Washington tutta la settimana, bensì ogni sera tornava a casa dai figli, facendosi un’ora e mezza di treno. Nel 2011 la stazione di Wilmington in Delaware, da dove Biden partiva ogni mattina, è stata rinominata in suo onore, in occasione del suo 7000esimo viaggio.

Con la carriera da senatore ormai consolidata, Biden conobbe Jill, una giovane insegnante di cui anche i suoi figli si innamorarono, e i due ricostruirono una famiglia. A 45 anni, con 15 anni nel Senato alle spalle, Biden si candidò alle primarie per il partito democratico, ma il suo discorso, largamente ispirato a quello di un altro politico inglese, portò diversi giornali scandalistici ad incolparlo di plagio della tesi universitaria e gli elettori lo abbandonarono. Fu poi dimostrato che la sua tesi non era stata plagiata, ma ormai aveva perso i consensi. La sconfitta alle primarie, però, lo portò a farsi visitare a causa dei frequenti mal di testa che aveva e così scoprì di avere un aneurisma per il quale fu immediatamente operato. Nella sfortuna è stato dunque fortunato perché, come lui stesso dichiarò in seguito, se non avesse perso le primarie non avrebbe dato peso a quelle emicranie.

Nel 2008 decise di candidarsi di nuovo alle primarie del partito democratico, ma come tutti sappiamo fu battuto da Obama. In quell’occasione, però, Biden conobbe il giovane senatore dell’Illinois e tra i due nacque un’amicizia e un profondo rispetto, che portò Obama a nominarlo come vicepresidente per entrambi i mandati.

Nel suo libro “Papà, fammi una promessa” Biden racconta che nel 2015, poco prima che suo figlio Beau morisse di tumore, questi gli chiese di riprovare a candidarsi come presidente degli Stati Uniti, visto che quello era il suo sogno. Ma nel 2016 Biden non si candidò alle primarie: il dolore per la morte del figlio era troppo forte. Fu solo nel 2020 quando portò a termine la promessa fatta ed eccoci qui: 77 anni, di cui 47 come senatore del Delaware e 8 come vicepresidente (una carriera di tutto rispetto alle spalle) che Joseph Biden diventa il 46esimo -nonché più anziano- presidente degli Stati Uniti d’America, con un’affluenza record di elettori alle urne. Non è una cosa da poco: con 47 anni di Senato alle spalle, Biden ha affrontato diverse leggi e preso diverse scelte, di cui ha dovuto dar conto durante queste elezioni, riuscendo a raggiungere il suo sogno nonostante tutta la pressione.

Ad accompagnare Biden nel suo lavoro alla Casa Bianca c’è Kamala Harris: prima donna, prima asiatica e prima persona di colore a diventare vicepresidente degli Stati Uniti d’America. Con una carriera in legge di tutto rispetto alle spalle, è stata il procuratore generale della California. Per capire meglio la sua importanza sul piano giuridico, basti pensare che negli Stati Uniti il procuratore generale è una carica elettiva, perché ogni procuratore decide la sua linea di condotta, ossia le questioni su cui vuole concentrarsi di più. Diventata in seguito senatrice della California, aveva gareggiato anche lei per le primarie del partito democratico di quest’anno, riuscendo a raccogliere molti consensi. La sua dialettica è ciò che gli elettori più ammirano di lei e negli anni passati come procuratore generale della California la sua fama di giurista e oratrice si è diffusa nell’intero Paese.

E’ stata una corsa alla presidenza emozionante, che si è conclusa con la salita al potere di un uomo che ha finalmente realizzato il suo sogno, nonostante gli alti e bassi della sua vita, aiutato nell’impresa da una donna la cui elezione rompe con la tradizione e cambia la storia degli Stati Uniti d’America.

Emanuela Batir

#MondayAbroad

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Se chiudi gli occhi mi ritrovo a…Cracovia

Ultimamente, mi capita di passare le mie giornate con una ragazza tanto premurosa, tenera e a tratti esplosiva: il suo nome è Sofia.

Io e lei ci conosciamo da poco, ma l’impressione (per lo meno la mia) è di conoscersi da molto più tempo. Frequentando entrambe LM-52, il nostro primo incontro è avvenuto in un’aula dell’Università.

Oggi, come molti altri giorni, siamo davanti ad un caffè, rigorosamente decaffeinato, che sorseggio mentre l’ascolto parlare del suo Erasmus.

Sei mesi prima del tanto temuto ed odiato lockdown di marzo, Sofia, ex studentessa di psicologia, è partita alla volta della Polonia: in particolare, ha avuto la fortuna di abitare a Cracovia. Una città che subito definisce “della dimensione giusta”, in cui è facile muoversi e in cui non sembra mai mancare niente. Insomma, Cracovia viene dipinta come un posto in cui ogni studente riuscirebbe a trovare uno spicchio di felicità: sia dal lato economico, poiché la vita lì non è affatto cara, sia da quello della propria sicurezza. Probabilmente a tutte le ragazze che leggono il nostro blog sarà successo, almeno una volta, di non sentirsi a proprio agio a tornare a casa da sole, soprattutto a certi orari. Questo a Sofi, durante la permanenza in questa città, non è mai successo: provare per credere!!

In questo periodo passato all’estero, ha imparato ad amare Cracovia in tutte le sue contraddizioni. Infatti, mi racconta di come sia rimasta sorpresa nel notare che ci sono quartieri molto diversi tra loro: per esempio, il quartiere industriale di Nowa Huta è caratterizzato da edifici tutti uguali, rigorosi e monotoci, in cui si percepisce bene l’idea della povertà, ma che entra in netta contrapposizione con il centro della città sviluppato intorno alla piazza principale, la Rynek Główny… lì sembra tutto molto più curato e fiabeggiante! L’apice lo si raggiunge nel periodo natalizio, quando la città viene inondata di luci e magia. In quel momento, guardandoti intorno, sembra tutto perfetto: Cracovia si trasforma in una di quelle piccole città fatte apposta per rimanere rinchiuse in una palla di vetro con la neve dentro, che qualche bambino prontamente scuoterà.

Uno dei posti del cuore di Sofi è sicuramente la passeggiata lungo il fiume Vistola: ogni giorno percorreva questa strada che collegava casa sua con l’Università di Cracovia e mi spiega quanto fosse rilassante passeggiare con gli auricolari alle orecchie e la musica ad alto volume… neanche il freddo polacco e il tramonto delle 15.00 del pomeriggio potevano impedirle di prendersi questo momento per sé!

Se dovesse avere l’opportunità di tornarci, non ci penserebbe due volte e salterebbe sul primo aereo. Quindi, se ancora non avete deciso la vostra prossima meta, inserite anche Cracovia nella lista dei posti da visitare e fateci sapere che emozioni vi suscita.

Giulia Giacomino

#OroScoop – November edition!

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ARIETE (21 Marzo – 20 Aprile)
Caro Ariete, questo novembre per te sarà come il 2007 per Britney: stai alla larga dai rasoi elettrici e inizia ad aprire qualche libro. Da fine mese le cose andranno decisamente meglio (anche perché peggio di così…).

TORO (21 Aprile – 20 Maggio)
La tua più grande virtù è la pazienza, amico/a Toro, tuttavia, questo novembre metterà alla prova anche te. Mantieni la calma e inizia a pensare ai regali di natale (però non credere di trovare CFU sotto l’albero, quelli te li dovrai guadagnare).

GEMELLI (21 Maggio – 21 Giugno)
Come al solito non ti smentisci mai! Non hai ancora completato la lista dei buoni propositi del 2015 e già pensi a quella del 2021. Smettila di procrastinare e inizia ad agire! Hai ancora due mesi per dare una svolta a questo 2020.

CANCRO (22 Giugno – 22 Luglio)
Ti eri appena ripreso dal lockdown primaverile ed ecco che escono nuovi DPCM. Lo so, ti senti tradito e sfiduciato, ma mantieni la calma: compra un nuovo pigiama di pile e preparati ad affrontare Novembre (tanto lo sappiamo che non saresti uscito/a di casa comunque). Andrà tutto bene!

LEONE (23 Luglio – 23 Agosto)
Sembra che per te l’estate non sia ancora finita, ma ti do una notizia: è novembre, fra due mesi inizia la sessione e tu non ti sei ancora informato sui libri da comprare.
Incanalate la vostra energia nello studio e meno nell’organizzazione di party privati familiari.

VERGINE (24 Agosto – 22 Settembre)
Vergine, il tuo unico errore è stato fare l’abbonamento a Netflix. Prima che tu controbatta: no, guardare un documentario non equivale a studiare. Il nostro consiglio è di toglierti il pigiama ed uscire a fare una passeggiata (ma solo fino alle 22 e solo se non sei in zona rossa)!

BILANCIA (23 Settembre – 22 Ottobre)
Se nel mese di Ottobre vi ho definito gli “eterni indecisi”, oggi mi correggo e vi dedico un grande e forte “INCOMPRESI”. Sei così pieno di iniziative da fare invidia, ma poi nessuno si spiega perché non riesci mai a concludere niente. Anzi, quell’esame di Gennaio 2020, che fai, lo dai? Daje!


SCORPIONE (23 Ottobre – 21 Novembre)
Vedo che il mio parere sul tuo conto del mese scorso ti ha fatto riflettere, mi fa piacere. Da asociali siamo diventati apatici, complimentoni. Caro Scorpione, ci sorge il dubbio che sia tu a dichiarare lockdown ogni tanto pur di stare solo… E per cortesia, lascia stare il barista prima che l’Ateneo sia obbligato a isolarti.

SAGITTARIO (22 Novembre – 21 Dicembre)
Riesci sempre a contraddistinguerti, la verità fa male e tu te ne freghi altamente. Però, tesoro, ‘na cosa te la devo dì: se all’esame la Prof. X te mette 18 e tu l’unica cosa che hai letto ‘n vita tua è stata Geronimo Stilton, ma che te ncazzi a fa? Non fare l’incoerente, suvvia, sii sincero anche con te stesso come con gli altri.


CAPRICORNO (22 Dicembre – 20 Gennaio)
Uè amici del Capricorno, non dovevate prendere alla lettera il mio consiglio di Ottobre… se è vero che non si può terminare un anno accademico in sei mesi è pur vero che la mattina se non ti svegli per studiare nessuno lo farà al posto tuo! Ci diamo una mossa? Come sempre o 1 o 90! Fatti un esame di coscienza veloce e inizia a dare gli esami all’università o, in casi più specifici, a scrivere la tesi!


ACQUARIO (21 Gennaio – 19 Febbraio)
CHE SODDISFAZIONE ACQUARIO MIO! Finalmente hai affrontato i tuoi problemi, siamo davvero fieri di t..… però, aspè, no, non vale! Furbetto di un acquario credevi che non ce ne fossimo accorti?! Ti avevamo suggerito di smettere di collezionare “scuse” e iniziare a raccogliere CFU, ma l’unica cosa che hai fatto in un mese è stata cambiare look! Eppure sei tra quelli intelligenti! STUDIA MISERIACCIA!


PESCI (20 Febbraio – 20 Marzo)
Amore, scusaci, forse siamo stati troppo duri con te. Il tuo essere quella/o “dell’innamoramento facile” era ciò che ti rendeva unico eppure le cose sono cambiate… cosa stai mangiando a colazione? Pane e yogurt? In un mese sei stato più che intrattabile! Ti fa stare male, forse, quell’esame maledetto che ti porti dietro dal 2018 a causa di quella crush che non ti fece studiare? Daje non preoccuparti, metti la testa sui libri e vedi che ci riesci!


Isabella Ferrigno & Chiara Palumbo


#POLITICAFFÈ

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Caos elezioni in USA?
In Russia c’è chi sorride: è la prova che la democrazia liberale non funziona

Stampa statunitense

Sabato 7 novembre è stato annunciato il nome del vincitore delle elezioni presidenziali. Il democratico Joe Biden, 77 anni, è il “presidente eletto”. Ma per il momento, il “presidente in carica” resta Trump. Il quale, non contento dei risultati elettorali, è pronto a ingaggiare una battaglia legale per avanzare ricorso. Quali saranno allora i successivi passaggi dell’evoluzione elettorale?

L’elezione formale del 46° Presidente degli Stati Uniti d’America è prevista per il prossimo 14 dicembre. Per ora infatti, ci sono solamente il conteggio dei voti e la nomina dei grandi elettori, Stato per Stato. E finalmente, l’insediamento alla Casa Bianca del nuovo capo di Stato, avverrà come da consuetudine normativa il 20 gennaio, dopo la tradizionale cerimonia del giuramento a Capitol Hill. Ciò significa che prima dell’Inauguration Day, Trump sarà ancora in carica, seppure con i poteri ridimensionati. Non a caso, nel linguaggio politico americano il presidente uscente è definito «lame duck», ovvero anatra zoppa.

Tuttavia l’attuale inquilino della Casa Bianca dice di non voler mollare la presa e minaccia ricorsi contro presunte irregolarità nelle procedure elettorali e nel conteggio dei voti. Una situazione oggettivamente sempre più instabile con il passare dei giorni. La democrazia garantisce il diritto di appellarsi in caso di sospetti illeciti durante le elezioni. In questa circostanza atipica le ripercussioni non sono state circoscritte ai confini statunitensi ma hanno avuto un impatto internazionale.  

Infatti vediamo come The New York Times focalizzi l’attenzione sulle ripercussioni di queste elezioni all’estero. In particolar modo si occupa di un Paese che è stato spesso chiamato in causa con l’approssimarsi del giorno del voto: la Russia. Questa attenzione specifica è dovuta al fatto che poche settimane prima del voto l’intelligence americana aveva segnalato la presenza di un’attività sospetta in rete da parte del Cremlino. Infatti, proprio l’intelligence statunitense aveva sostenuto che il Cremlino stesse operando in rete con il fine di diffondere disinformazione e fake news per interferire nelle elezioni presidenziali.

All’indomani delle elezioni, in Russia si è scatenato un dibattito particolarmente acceso circa il fatto che il panorama politico russo, strettamente programmato, possegga dei vantaggi unici rispetto alla democrazia americana. Infatti, da un lato, per i sostenitori del Presidente russo Vladimir Putin, le affermazioni del Presidente Trump di diffuse frodi elettorali rappresentano forse la prova, o la conferma, migliore che la democrazia è la “ricetta per il disastro”, parole riportate da CBS News. Dall’altro lato, gli oppositori di Trump affermano che l’assoluta imprevedibilità e la sfumatura del caos che circonda le elezioni più significative del mondo sottolineano proprio la grandezza di un sistema libero e democratico. Il mondo in cui i russi interpretano il processo elettorale quest’anno è cruciale e gli alleati di Putin ne sono consapevoli. Gli attivisti pro-democrazia in Russia temono che l’indebolimento delle istituzioni americane da parte di Trump possa minare gli ideali liberali nei loro paesi ed a contribuire a giustificare l’autoritarismo del Governo russo. Infatti, si può affermare che la democrazia in Russia è rimasta soltanto sulla carta giacché Putin ha provveduto ad eliminare le libertà democratiche più di venti anni fa. Generalmente i candidati dell’opposizione non riescono mai a vincere le elezioni.

U.S.News & World Report riporta la dichiarazione del servizio di notizie di Stato in lingua russa, Tass: “è ormai chiaro che le fondamenta profonde della democrazia americana, compreso lo slogano più orgoglioso della sua propaganda -sullo stato di diritto e di ordine del paese- vengono messa alla prova”. U.S.News & World Report inoltre riporta l’affermazione del Partito Comunista cinese in un editoriale su un servizio di notizie statale, nel quale i portavoce del Partito hanno dichiarato che la Cina percepisce queste elezioni come la fine del sistema di governo americano.

Stampa inglese

Le elezioni presidenziali statunitensi sono tra gli eventi che attirano il maggior interesse globale possibile, e questa volta l’attesa sembra essere davvero infinita. Questa lotta combattuta fino all’ultimo respiro ha acquisito particolarmente vigore in forza della retorica appassionata che è stata improntata dai due candidati, soprattutto da quello repubblicano. E mentre si sferrano colpi continui, il mondo sta a guardare. In modo particolare in Russia, gli alleati del Cremlino hanno colto l’opportunità offerta da questo momento per mantenere vivo il confronto con gli Stati Uniti, dichiarando che il quadro travagliato delineato da queste elezioni mostra di per sé i limiti degli ideali liberali.

 “Stiamo continuando a seguire il delirio” così ha dichiarato un conduttore del canale televisivo Rossiya 24 che – come riportato dalla BBC – ha offerto una copertura totale sulle elezioni.

Reuters ha invece comunicato le dichiarazioni di Vyacheslav Nikonov, che ha consigliato ai russi di fare scorta di popcorn per assistere allo spettacolo che si stava preparando. “I risultati elettorali sono i peggiori per l’America” ha proseguito, poiché “non importa chi vince in tribunale, metà degli americani non considererà il Presidente legittimo”.

Non solo Russia, anche alcune testate britanniche si sono spinte verso una pesante critica nei confronti di queste elezioni. La linea più dura fino a ora, è sicuramente quella che è emersa dal quotidiano The Guardian. Innanzitutto, è stato ripreso l’episodio della conferenza stampa di Ratcliffe – che è stato raccontato in un articolo del 26 ottobre della nostra rubrica – in cui Iran e Russia erano state accusate di gravi interferenze nella campagna elettorale, per dire che in realtà la più grande fonte di disinformazione di queste elezioni è stata proprio la Casa Bianca. Su questa linea si è esposta Claire Wardle, direttore esecutivo del gruppo ‘First Draft’ impegnato nella lotta alla disinformazione, la quale ha affermato: “i media sono ossessionati dai russi sotto al letto, ma avere il Presidente degli Stati Uniti che dice alla gente negli Stati Uniti di non potersi fidare dei risultati delle elezioni – Putin poteva solo sognare quel genere di cose”. 

E ancora, in un lungo articolo di opinione firmato da Corey Brettschneider, professore di scienze politiche alla Brown, emerge una osservazione ancora più severa. In pratica, l’autore scrive che nel frangente dei risultati di queste elezioni, Donald Trump ha mostrato tutte le sue ambizioni autoritarie. Ha lanciato un attacco al sistema democratico nel momento più fragile della sua storia recente. I suoi messaggi di vittoria e di frode, inviati dalle piattaforme dei social media senza passare attraverso la narrazione delle rispettabili testate giornalistiche, arrivano direttamente alla base, minando la fiducia da parte dei cittadini nei risultati finali e, seminando discordia e violenza. Per questi motivi, tale periodo sta affermando inevitabilmente un’erosione nella fede verso i principi fondamentali della democrazia americana.

Stampa russa

Ad ogni modo, The Moscow Times racconta che non tutti i personaggi di spicco della scena russa sono stati concordi nella stessa chiave di lettura con cui è stato interpretato il processo elettorale americano. Per esempio Vladimir Žhirinovsky, leader del Partito Liberal-Democratico, ha affermato che nonostante Biden otterrà molti voti, il vincitore sarà comunque Trump perché ha fatto di più per gli americani rispetto a qualsiasi altro Presidente prima di lui.

Chiara Aveni e Gaia Natarelli

FONTI:
U.S. Election Is a High-Stakes Political Struggle. In Russia. Disponibile su https://www.nytimes.com/2020/11/05/world/europe/russia-media-us-election-trump-biden.html, consultato il 07/11/2020


China, Russia Delight in U.S. Election Uncertainty disponibile su https://www.usnews.com/news/elections/articles/2020-11-04/china-russia-delight-in-us-election-uncertainty, consultato il 07/11/2020


Russia publicly frets over U.S. election uncertainty, but likely relishes it disponibile su https://www.cbsnews.com/news/russia-publicly-frets-over-us-election-uncertainty-but-likely-relishes-it/, consultato il 07/11/2020


‘More divided than ever’: Russia reacts to U.S. election disponibile su https://www.themoscowtimes.com/2020/11/04/more-divided-than-ever-russia-reacts-to-us-election-a71950, consultato il 07/11/2020

As America counts, the world holds its breath for U.S. election outcome disponibile su https://www.reuters.com/article/us-usa-election-global-reaction/as-america-counts-the-world-holds-its-breath-for-u-s-election-outcome-idUSKBN27K1LN, consultato il 07/11/2020

US election 2020: how the world is reacting to knife-edge vote disponibile su https://www.bbc.com/news/election-us-2020-54808504, consultato il 07/11/2020

‘Putin could only dream of it’: how Trump became the biggest source of disinformation in 2020 disponibile su https://www.theguardian.com/us-news/2020/nov/02/trump-us-election-disinformation-russia, consultato il 07/11/2020

Don’t underestimate the threat to American democracy at this moment disponibile su https://www.theguardian.com/commentisfree/2020/nov/04/american-democracy-election-threat-trump, consultato il 07/11/2020

#LOSAPEVATECHE

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La mia casa è dove sono; come farsi crocevia tra Roma e Mogadiscio

Come si vive tra due identità, come si fa ad essere un ponte tra due mondi così lontani eppure così intimamente vicini?

Tra le risposte migliori a un quesito identitario così complesso arriva la voce dell’autrice italo-somala Igiaba Scego nel memoir La mia casa è dove sono (2010) che ha l’obbiettivo di trascrivere l’autobiografia geografica dell’autrice e di “invertire di segno” una disciplina cartografica ancora eurocentrica e politicamente schierata.

Scego, scrittrice italiana nata a Roma nel 1974 da genitori somali fuggiti dopo il colpo di stato di Siad Barre, adotta per i suoi personaggi una posizione decentrata; non si tratta di una limitazione ma di una ulteriore ricchezza in grado di riarticolare il soggetto e lo spazio della narrazione attraverso coordinate variabili di conoscenza. La posizione privilegiata consente di oscillare tra “centro” e “margine” con un’abilità simile a quella della ubiquità; la marginalità risulta dunque una posizione politica e l’identità diventa una disidentità fondamentale per comprendere lo spazio, ed in particolare il territorio romano.

“Essere italiani a ben vedere significa fare parte di una frittura mista. Una frittura fatta di mescolanze e contaminazioni. In questa frittura io mi sento un calamaro molto condito. Che significa essere italiano per me… una domanda che batteva come un viandante sconosciuto alla porta di casa: io ho provato a scriverla una risposta. […] Non avevo una risposta. Ne avevo cento. Sono italiana, ma anche no. Sono somala, ma anche no. Un crocevia, uno svincolo. Un casino. Un mal di testa. Ero un animale in trappola. Un essere condannato all’angoscia perenne.”

Quel che appare inizialmente come una lacerazione tra due sfere culturali incompatibili si sana attraverso la conciliazione di diverse componenti identitarie, una somala ed una italiana. La risposta al tormento è nel potere performativo della narrazione; scrivere, raccontarsi, parlare di Roma e della propria vita significa nel panorama sociale attuale riappropriarsi degli spazi e disegnare una nuova mappa che sia frutto di contaminazione e integrazione.

Scego racconta una storia, la propria storia, che è anche una geografia, la propria geografia; non vive a metà, ma invece vive doppio nel momento in cui comprende il proprio status e trasforma la propria “condanna” – termine utilizzato dall’autrice – in ricchezza, spesso con ironia: «A Roma la gente corre sempre, a Mogadiscio la gente non corre mai. Io sono una via di mezzo tra Roma e Mogadiscio: cammino a passo sostenuto.».

La mappa che il personaggio Igiaba realizza ha un carattere altamente simbolico che le consente di ripercorre e accettare la propria condizione identitaria. Il racconto così riunisce personaggi emigrati in luoghi diversi ma accumunati dallo stesso sentimento nostalgico e dal desiderio di ricostruire la Mogadiscio dei loro ricordi. La memoria della città andata distrutta è infatti l’unico lascito; la protagonista Igiaba si sforza per recuperare più ricordi possibili e li innesta sulle vie di Roma, le strade della sua infanzia e della sua adolescenza.

La mappa diventa dunque una cartografia intima; costruire la propria geografia per la protagonista significa fondere inevitabilmente le due città – Roma e Mogadiscio – a cui sente di appartenere, legate tra loro sia da ragioni politico-storiche sia da una cittadinanza affettiva. Essendo la mappa la trasposizione grafica di memorie personali e collettive, tracciare la città somala per Igiaba non è più sufficiente, ma è necessario introdurre anche l’ambiente romano. Tra le due città, tra le due culture, cessa di esistere un confine netto. Il personaggio Igiaba è un ponte, un’equilibrista, una che è sempre in bilico e non lo è mai; Mogadiscio diventa Roma, Testaccio diventa Maka al Mukarama e viceversa, fino a creare una topografia privata ed una “casa” che non è più un luogo fisico ma l’esito di esperienze, vite intrecciate e ricordi.

Evelyn De Luca