La rassegna stampa internazionale dell’UNINT
Fra poco più di un mese sarà Natale e l’interrogativo ricorrente in vari Paesi è: l’emergenza Covid ci permetterà di festeggiarlo in famiglia?
Il Fondo Russo per gli Investimenti Diretti (RDIF) ha concordato la produzione del vaccino anti-Covid in Corea del Sud: la produzione dovrebbe iniziare a dicembre di quest’anno e si parla di circa 150.000 dosi.
Siria: conferenza internazionale sui rifugiati siriani con la partecipazione di delegazioni di 27 Paesi diversi.
EUROPA
In Spagna, la
presidentessa della comunità di Madrid, Isabel Díaz Ayuso, ha chiesto
all’Unione europea l’autorizzazione affinché tutte le farmacie possano eseguire
test antigenici gratis contro il Covid-19, in modo che possano essere
effettuati su tutti i pazienti madrileños prima di Natale, così riporta El
Mundo.
Questo è stato
espresso in una lettera inviata alla presidentessa della Commissione Europea,
Ursula Von der Leyen, dove spiega che gli esperti di Madrid stabiliscono che i
test antigenici possono essere eseguiti in altri centri sanitari, come le
farmacie perché i loro professionisti sono formati, garantiscono sicurezza e
igiene e i risultati possono essere comunicati al Sistema Sanitario di Madrid.
Il capo dell’esecutivo di Madrid ha ricordato che i test del coronavirus nelle
farmacie sono già utilizzati in Paesi europei come Francia, Portogallo e Regno
Unito, oltre che in altri sistemi sanitari consolidati, come Stati Uniti,
Australia o Canada. Per questo motivo, la Comunità di Madrid ha chiesto al
governo spagnolo un quadro giuridico che consenta alle farmacie di effettuare i
test.
In Catalogna il
governo ha proposto un allentamento delle misure restrittive in quattro fasi
che inizierebbe lunedì prossimo e si concluderà a metà gennaio. Il piano sarà
applicato per zone e ogni settimana verrà valutato l’effettivo superamento
della fase, tenendo conto della velocità di diffusione del virus. Così
comincerà lunedì prossimo con il 30% della capienza di bar e ristoranti che
resteranno aperti fino alle cinque del pomeriggio, mentre gli spazi culturali
con una capienza di oltre 600 persone, come musei e cinema, e impianti sportivi
all’aperto potranno aprire al 50% così come negozi al 30%. Il progetto di
riduzione dell’escalation continuerà il 7 dicembre con la ristorazione al 50%
della sua capacità, i centri culturali al 70%, palestre e negozi a metà della
loro capacità, mentre il confinamento perimetrale del fine settimana passerà da
comunale a regionale, provvedimento che verrà applicato a metà del ponte di
dicembre.
Proprio la settimana
di Natale si entrerà nella terza fase della riduzione dell’escalation fino
all’Epifania, con incontri di 10 persone, ristoranti aperti al 50% della
capienza fino alle 21:00 e l’apertura di centri commerciali per arrivare
puntualmente a uno dei momenti più consumistici dell’anno. Né a Natale né a
Capodanno sarà possibile lasciare la Catalogna, il cui ingresso e uscita rimarrebbero
limitati senza giustificato motivo, anche se sarà consentita la mobilità
all’interno della comunità.
A.C.
In questi giorni
in Francia gli interrogativi aumentano: si potrà festeggiare il Natale
in famiglia? La situazione creata dalla pandemia complica ogni cosa. Questo è
quanto riportato da Le
Monde, che sottolinea il fatto che impedire di
festeggiare il Natale sarebbe una misura impopolare poiché le persone non solo
sarebbero riluttanti ad accettare questa decisione, ma si verrebbero a creare
problemi anche alle piccole attività che beneficiano dei consumi del periodo.
Lo stesso presidente Macron continua a prendere tempo prima di dare nuove
disposizioni, anche per il periodo natalizio, prolungando di fatto lo stato di
“confinement” fino al primo dicembre. Su Le
Parisiensi legge che anche gli agguerriti sindacati
francesi dei trasporti (RATP), che intendevano manifestare contro la
privatizzazione di linee di autobus nell’Ile-de-France con uno sciopero
previsto per il 19 novembre, hanno provvisoriamente desistito dal realizzarlo,
in conformità alla situazione sanitaria e alla non immediatezza del cambiamento.
Il ministro dell’economia francese come riporta Le
Figaro, afferma che il picco dell’epidemia sarebbe ormai
superato, grazie all’evoluzione positiva della situazione sanitaria, motivo per
cui i negozi potrebbero riaprire già dal 27 novembre, fine settimana decisivo
per i commercianti in vista del black friday e delle feste natalizie ormai alle
porte. Commercianti e attività locali, sindacati, responsabili politici,
ecologisti – come il sindaco di Parigi Anne Hidalgo e l’ex ministro
dell’ambiente – per mezzo della petizione firmata il 17 novembre, a quanto si
apprende da Le
Monde, chiedono di
frenare le vendite del colosso dell’e-commerce Amazon. I firmatari tracciano un
quadro negativo con conseguenze sociali, fiscali, ambientali generate proprio a
causa dello sviluppo di Amazon, che rivendica, dal canto suo, il fatto di aver
creato oltre novemila posti di lavoro nel corso degli ultimi dieci anni nel
Paese. Il governo cerca comunque di evitare il peggio per i commercianti le cui
attività, come dichiara Le
Monde, sono chiuse dal 12 novembre e lo saranno per altri
quindici giorni almeno. Il ministro dell’economia francese continua a ricordare
quanto librerie, gioiellerie, negozi di giocattoli siano importanti nei piccoli
centri e, in particolare, quanto siano determinanti per loro gli affari
soprattutto negli ultimi due mesi dell’anno. Il ministro ha affermato che se la
curva dei contagi non si abbasserà, sarà pronto a dare aiuti supplementari a
questi lavoratori in difficoltà, oltre all’accesso al fondo di solidarietà, ai
prestiti garantiti dallo Stato e all’esenzione dal pagamento dell’affitto,
misure già annunciate e garantite. Stando a quanto riportato da Le
Parisien, secondo il direttore generale della salute Salomon,
gli sforzi che i francesi hanno fatto finora per contenere il virus non sono
stati vani e questo sembra coincidere anche con la notizia dell’efficacia
potenziale del vaccino sviluppato dai laboratori Pfizer
et Biontech.
B.P.
Secondo
quanto riportato dal giornale Diário
de Noticias, il Portogallo si appresta ad adottare
nuove misure restrittive anti-Covid. Il prossimo venerdì l’Assemblea della
Repubblica potrebbe discutere e mettere ai voti l’eventuale proroga dello stato
d’emergenza, attendendo soltanto la decisione ufficiale del Presidente della
Repubblica Marcelo Rebelo de Sousa. L’attuale stato di calamità di 15 giorni,
approvato in precedenza dal congresso, avrà termine alle ore 23.00 di venerdì
prossimo e, secondo fonti interne ai vari gruppi parlamentari, verrà
probabilmente esteso per ulteriori 15 giorni. In base al decreto presidenziale
vigente, il Governo ha limitato la circolazione tra i comuni a rischio elevato,
vietando gli spostamenti tra le 23 e le 5 del mattino nei giorni
infrasettimanali e a partire dalle 13 nel fine settimana. Per Lisbona si tratta
storicamente di una novità: è la prima volta che misure del genere vengono messe in atto in una
fase democratica.
Stando agli
ultimi aggiornamenti forniti dal Ministero della Salute portoghese, il numero
delle vittime da Covid-19 sale a 3.472 e si registrano 225.672 casi positivi.
G.D.P.
Nel Regno
Unito, da quanto si evince da alcuni rapporti, Boris Johnson avrebbe
palesato l’intenzione di voler interrompere la vendita di nuove auto
endotermiche a benzina e a gasolio a partire dal 2030, ovvero cinque anni prima
di quanto lo stesso premier britannico aveva dichiarato in precedenza. Johnson
dovrebbe annunciare la misura nell’ambito di una serie di nuove politiche
ambientali la prossima settimana, secondo quanto riportato dal Guardian. Il governo spera che la politica darà
impulso al mercato delle auto elettriche e aiuterà il Paese a raggiungere gli
obiettivi climatici, in particolare quello delle emissioni zero entro il 2050.
Nonostante la domanda sia più che raddoppiata nell’ultimo anno, le auto elettriche
rappresentano ancora soltanto il 7% dei nuovi veicoli acquistati nel Regno Unito nel mese scorso, come
mostrano i dati della Society of Motor
Manufacturers and Traders. L’organizzazione ha recentemente chiesto al
governo di garantire significativi incentivi a lungo termine per l’acquisto di
veicoli elettrici e di fissare obiettivi sull’infrastruttura di ricarica. Nel frattempo, dopo la vittoria elettorale di Joe Biden negli Stati
Uniti, il partito laburista ha fatto pressioni sul governo al fine di intensificare
gli sforzi della Gran Bretagna in vista dell’emergenza climatica, promovendo un
piano multimiliardario di “ripresa verde”. La notizia riporta anche
le critiche secondo cui il Regno Unito non stia finanziando adeguatamente gli
interventi per fronteggiare la crisi climatica, nonostante le promesse del
primo ministro di mettere l’ambiente al centro della strategia post Covid. Una
ricerca del thinktank IPPR ha
rilevato che il governo sta investendo solo il 12% dei fondi necessari per
affrontare l’emergenza climatica.
In tema Covid, i recenti sviluppi dei vaccini
sembrerebbero segnalare una luce in fondo al tunnel e potrebbero dare avvio ad
un aumento di investimenti post-crisi. Il governatore della Banca d’Inghilterra
Andrew Bailey ha salutato con ottimismo i risultati ottenuti dagli studi
clinici di Pfizer/BioNTech e Moderna, sostenendo che la possibilità di
intervenire sul virus eliminerebbe una fonte principale di incertezza che ha
fin qui frenato le spese. Il governatore ha dichiarato che gli investimenti
sono attualmente sospesi a causa dei molteplici fattori aleatori legati al
Covid-19 e alla Brexit, aggiungendo che lo shock della pandemia potrebbe
tuttavia condurre ad un rimedio in vista della scarsa produttività del Regno
Unito. Parlando a una conferenza CityUK,
riportata dal Guardian, Bailey ha
affermato che mentre la crisi ha cambiato il modo in cui le persone lavoravano
e facevano acquisti, il cambiamento strutturale dell’economia potrebbe essere
meno doloroso di quanto sia stato il passaggio dalla produzione ai servizi nel
corso degli anni ’80. Ha inoltre tenuto a sottolineare la decisività
riguardante il passo da compiere in vista di un cambio di direzione da
apportare ai mutamenti climatici, evidenziando che ciò richiederà investimenti
su una scala molto più ampia di quanto abbiamo visto negli ultimi anni. Infine,
richiamando lo spiraglio che via via pare intravedersi alla fine del tunnel, ha
ribadito l’importanza di concentrarsi sui cambiamenti che avverranno in seno
alle economie, su quale sarà l’eredità del Covid e su cosa si potrà fare per
sostenere e dare priorità a eventuali cambiamenti strutturali più necessari.
L.D.
Nonostante il
rallentamento della curva dei contagi da coronavirus, in Germania resta
l’allerta.
Come riportato dal
giornale tedesco Tagesschau,
il tema intorno al quale ruotano le riflessioni in questi giorni è la scuola.
L’obiettivo di inizio novembre era quello di riuscire a tenerle aperte più
tempo possibile così da permettere lo svolgimento delle lezioni in presenza,
mentre ora invece, si cerca di capire quale potrebbe essere il metodo migliore
per ridurre il rischio di contrarre l’infezione. A questo proposito, il governo
della Renania Settentrionale-Vestfalia ha deciso di anticipare le vacanze di
Natale di quest’anno a causa della pandemia ma questa decisione, stando a
quanto emerge dal giornale Kölner
Stadt-Anzeiger, è stata fortemente criticata a Düsseldorf. MDR
Thüringen, al contrario, riporta ciò che è accaduto durante il
dibattito in cui veniva posto l’accento sulla chiusura delle scuole. Nel corso
di questa riunione, il ministro dell’istruzione Helmut Holter, pur ritenendo
che le scuole e gli asili dovrebbero rimanere aperti in Turingia, sottolineava
la necessità di valutare la chiusura delle strutture a livello locale e
regionale a seconda delle relative situazioni epidemiologiche.
Intanto, la
cancelliera federale della Germania Angela Merkel e i primi ministri dei Länder
si sono riuniti il 16 novembre 2020 per discutere dei prossimi passi da
compiere per limitare la diffusione del Covid-19. In particolare, la cancelliera
Merkel fa notare che è molto importante diminuire al massimo i contatti sociali
visto che ogni contatto evitato può condurre alla vittoria nella lotta contro
la pandemia, rivolgendo infatti Per questo motivo, scrive Die
Zeit, la Merkel rivolge un vero e proprio appello alla
popolazione tedesca in cui spiega che si dovrebbe rinunciare completamente alle
cerimonie private e alle attività ricreative e raccomanda ad ogni cittadino di
rimanere a casa nel caso in cui si avvertano dei sintomi e di chiamare subito
il medico. La confederazione e i Länder provvederanno anche a proteggere le
persone più deboli le quali riceveranno 15 mascherine FFP2 a testa a un prezzo
agevolato. Per quanto riguarda le scuole invece, per il momento potranno
rimanere aperte poiché delle regole più concrete verranno decise durante la
riunione del 25 novembre 2020. La mancanza di norme precise e il rispettivo
rinvio ha suscitato un sentimento di forte delusione negli ufficiali sanitari
tedeschi, da quanto si apprende dal giornale Tagesschau.
L’esperto sanitario tedesco Karl Lauterbach, infatti, parla di
un’opportunità persa perché, da come spiega la presidentessa dell’Associazione
Federale dei medici del servizio sanitario pubblico Ute Teichert, se da un lato
si può comprendere il fatto che si cerchi di andare avanti con dei semplici
appelli, dall’altro, si deve tener conto anche che la sanità pubblica tedesca
si trova con l’acqua alla gola. Pertanto, si spera nell’arrivo di un’ordinanza
valida che permette di migliorare la situazione attuale la quale desta molta preoccupazione.
M.C.
A Mosca, capitale
della Federazione russa, il sindaco Sergej Sobjanin riporta
l’introduzione delle nuove misure anti-Covid per i prossimi due mesi, dal 13
novembre al 15 gennaio 2021, visto il peggioramento della situazione
epidemiologica nella città. La decisione è stata presa di comune accordo con il
Servizio Federale operativo e il Rospotrebnadzor (Servizio Federale per il
controllo della tutela dei diritti dei consumatori e del benessere umano),
scrive Russian.rt.
Tra le restrizioni introdotte ci sono le seguenti, riportate da Stopcoronavirus.rf:
dopo le 23:00 e fino alle 6:00 non si potranno servire clienti in bar,
ristoranti, pub (restano disponibili asporto e consegna a domicilio) e in
luoghi di intrattenimento; gli studenti delle scuole e delle università
passeranno alla didattica a distanza (con l’invito a limitare i propri
spostamenti); il numero di spettatori in cinema, teatri e sale da concerto
viene ridotto al 25% della capienza totale. Il sindaco ha inoltre affermato che
ovviamente nella capitale non si terranno i grandi festeggiamenti di Capodanno.
Anche il festival “Viaggio verso il Natale” non si terrà quest’anno: le strade
e le piazze verranno comunque addobbate con luci e altre decorazioni.
Continuano ad essere applicate restrizioni per le persone con più di 65 anni e
per coloro che soffrono di patologie. In più, proprio a causa delle nuove
restrizioni, al governo russo è stata inviata una proposta di prolungare le
vacanze invernali di due settimane, cioè fino al 25 gennaio. La richiesta è
stata fatta al Gabinetto dei Ministri dal partito Comunisti di Russia, poiché
una misura del genere rallenterebbe ulteriormente la diffusione del
coronavirus, facendo guadagnare ulteriore tempo per la vaccinazione di massa
della popolazione. La proposta è stata definita eccessiva dalla Duma di Stato,
come riporta Russian.rt,
poiché non può essere correlata alla situazione reale che potrebbe verificarsi
nel Paese dopo il 10 gennaio.
In queste
settimane si sta parlando molto del vaccino russo Sputnik V e della sua
diffusione. L’Ungheria riceverà i primi campioni del vaccino anti-Covid a
breve, come riferito dal Ministro dell’Industria e del Commercio russo Denis
Manturov al capo della diplomazia di Budapest Peter Szijjarto e di cui dà
notizia il sito Stopcoronavirus.rf.
Questo farà dell’Ungheria il primo Paese europeo in cui verrà organizzata la
produzione del vaccino russo. Inoltre, secondo Stopcoronavirus.rf,
anche il Venezuela ha riconosciuto il ruolo della Russia nella ricerca
di un vaccino efficace e ha infatti ricevuto il primo lotto del vaccino russo
all’inizio di ottobre, classificandosi come il primo Paese dell’emisfero
occidentale a partecipare alle sperimentazioni cliniche della fase tre del
vaccino. Sputnik V è il primo vaccino contro il coronavirus registrato al
mondo, con un’efficacia del 92%. Nel frattempo, il Fondo russo per gli
investimenti diretti (RDIF) ha concordato la produzione del vaccino in Corea
del Sud, come riportato da Vesti.ru: la
produzione dovrebbe iniziare a dicembre di quest’anno e si parla di circa
150.000 dosi.
Per quanto
riguarda le sanzioni adottate nei confronti della Federazione russa da parte di
Francia e Germania dopo l’incidente dell’avvelenamento del leader
dell’opposizione russa Aleksej Navalnij, c’è stata una contro risposta della
Russia. Come riportato da Zona.media, il
Ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha definito ovvia la contro risposta alle
sanzioni e, poiché la Germania è diventata il leader del confronto tra Europa e
Russia, le misure di risposta saranno simmetriche alle sanzioni UE imposte
contro alcuni dirigenti del Cremlino. Mosca darà una comunicazione di questa
decisione ai due Paesi europei, specificando chi sarà colpito dalle sanzioni.
Con riferimento alla sicurezza del Paese russo, il 13 novembre il presidente
Putin ha firmato importante un decreto per l’attuazione di un piano di difesa
della Russia per gli anni 2021-2025, come riportato da Vesti.ru,
al fine di attuare misure nel campo della difesa. Il documento è stato
pubblicato sul portale internet ufficiale per le informazioni legali ed entrerà
in vigore il 1° gennaio 2021.
Sulla questione
del conflitto nel Nagorno-Karabakh ci sono stati degli sviluppi. Il 13 novembre
il presidente Putin ha tenuto una videoconferenza sulla risoluzione delle
questioni umanitarie nella regione del Nagorno-Karabakh e ha firmato un decreto
per la creazione di un centro interdipartimentale per la risposta umanitaria
nel Paese colpito dal conflitto e le forze di pace russe saranno schierate sul
territorio, così riporta Vesti.ru. Le
funzioni del centro includono l’agevolazione del ritorno dei rifugiati e il ripristino
delle infrastrutture del Nagorno-Karabakh, oltre alla creazione di condizioni
di vita normale per la sua popolazione, scrive Russian.rt.
La videoconferenza è stata pubblicata sul sito del Cremlino.
L’obiettivo dell’accordo tra Armenia e Azerbaigian sarebbe di mantenere la pace
per cinque anni, allo scadere dei quali, se le parti non dovessero opporsi, la
pace verrà rinnovata automaticamente. Tuttavia, mentre il primo ministro armeno
Pashinyan ha definito le forze di pace una garanzia di non ripresa della
guerra, alcuni cittadini armeni hanno percepito la firma dell’accordo come un
atto di resa, riporta Gazeta.ru.
Di qui le proteste che hanno avuto luogo a Yerevan dal 12 novembre per chiedere
le dimissioni del primo ministro: diverse migliaia manifestanti hanno marciato
lungo le vie della città, portando all’arresto di più di 60 persone, secondo Russian.rt.
Il 17 novembre, durante il XII Vertice BRICS (acronimo per riferirsi a Brasile,
Russia, India, Cina e Sudafrica), il presidente Putin ha confermato il rispetto
degli accordi presi sul Nagorno-Karabakh, scrive Regnum.ru. La
situazione sembra finalmente stabile e ora, con un po’ di tranquillità, si
potrà forse indagare sul ruolo che ha avuto la Turchia nel conflitto, domanda
che si pongono soprattutto Stati Uniti e Francia.
S.P.
AFRICA
Sembra
invece essere migliorata la situazione nel continente africano. Il Jornal
de Angola informa che il governo di Luanda è stato inserito fra
gli otto Paesi africani che hanno registrato importanti progressi tra il 2010 e
il 2019. Il rapporto della Mo Ibrahim
Foundation (IIAG) 2020, ha assegnato all’Angola 40 punti. Il Paese sub-sahariano ha infatti mostrato
significativi segnali di sviluppo per quanto concerne la qualità della
governance, le opportunità economiche, il coinvolgimento della società civile,
diritti e inclusione, risultando così, tra i 54 Stati africani, quello con il
più alto tasso di crescita.
G.D.P.
MEDIO ORIENTE
Secondo l’esperto militare Ayad al-Tufan la politica americana nei
confronti dell’Iraq e della regione seguirà senza soluzione di
continuità le precedenti, poiché basata su di una pianificazione geostrategica
a lungo termine. L’esperto ha riferito ad Al-Quds
Al-Arabi che l’ascesa al potere di Biden non sarà determinante
nel cambiare le regole del coinvolgimento degli USA nella regione, in quanto
legate ad una politica per ogni aspetto coerente e immutabile, con l’unica
variabile rappresentata dai diversi meccanismi di attuazione. L’analista
politico, Jassem Al-Shammari, ha spiegato ad Al-Quds Al-Arabi che i dossier
iracheni e iraniani sono determinanti nella politica americana, sottolineando
che chi vuole allentare la stretta sull’Iran estenderà il raggio d’azione in Iraq,
là dove chi vuole fare pressione sull’Iran limiterà le mosse iraniane in Iraq.
La questione è pertanto legata al dialogo atteso tra Washington e Teheran sulla
rinegoziazione del dossier nucleare: l’accordo concluso contiene 12 clausole,
di conseguenza né Biden né chiunque altro possono cambiare le carte in tavola
con un senato peraltro a maggioranza repubblicana. Da alcuni sondaggi è emerso
che la scomposizione dell’Iraq, almeno in questa fase, indebolirebbe la presa
degli USA nella regione. Date le circostanze sfavorevoli, Biden potrebbe
trovarsi a esercitare minimamente la pressione avviata da Trump in merito alla
normalizzazione con Israele, questione talaltro cruciale. Il metro di giudizio
per stabilire il successo o il fallimento della politica di Biden in Iraq,
coinciderà con l’atteggiamento che questi adotterà nei riguardi delle milizie.
Un’altra
domanda decisiva riguarda il ruolo
dei leader iracheni: Al-Shammari ha ribadito trattarsi di una circostanza
capitale, dal momento che gli iracheni non vogliono che Baghdad si tramuti in
un’arena per la resa dei conti tra americani e iraniani.
L.D.
In Siria, tra il
boicottaggio degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, è stata indetta a Damasco, sotto iniziativa del governo siriano e con la supervisione russa, una conferenza internazionale sui rifugiati siriani che ha visto la
partecipazione di delegazioni di 27 Paesi. Il ministro degli Esteri russo Seri
Lavrov, in un discorso rivolto alla conferenza, pronunciato dall’inviato
speciale per la Siria Alexander Lavrentiev, ha dichiarato che i metodi degli
USA e di alcuni Paesi sono tutt’altro che costruttivi e dimostrerebbero i doppi
standard che vengono usati nei confronti della Siria per realizzare interessi
geopolitici, con riferimento al regime sanzionatorio in atto contro il Paese. In un discorso pronunciato all’apertura della conferenza, il
comandante del Centro di controllo nazionale per la difesa Mikhail Mezentsev ha
ribadito l’importanza di garantire lo smantellamento dei campi per gli
sfollati, in quanto fonte di risorse umane per formazioni armate illegali. Il
funzionario russo ha annunciato che il suo Paese ha stanziato più di un
miliardo di dollari per la ricostruzione di reti elettriche, industrie e altri
scopi umanitari, indicando allo stesso tempo la firma di otto memorandum nei
campi di energia, unione doganale e attività educative. Il presidente al-Assad
ha tenuto un discorso da remoto descrivendo la crisi dei rifugiati come
“artificiosa” e soggetta a investimenti politici oltre a ribadire che
i governi responsabili della diffusione del terrorismo non possono definirsi
garanti del rimpatrio dei rifugiati. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan,
da parte sua, ha espresso in altra occasione l’auspicio per l’avvio del
processo di pace, simile a quanto avvenuto pochi giorni fa nel Karabakh.
Erdogan ha dichiarato che per raggiungere questo obiettivo, il governo siriano
e i gruppi terroristici devono essere esclusi e che la Turchia è pronta a
lavorare con la Russia e le potenze regionali al fine di soddisfare
direttamente le aspirazioni del popolo siriano. La Coalizione nazionale siriana delle forze rivoluzionarie, che ha
denigrato l’evento, ha dichiarato come lo sfruttamento da parte della Russia
del rimpatrio dei rifugiati nel marketing politico non è una novità, poiché
figura nell’agenda del Cremlino da lungo tempo, con l’obiettivo finale di
sostenere la sopravvivenza del regime e imporlo al popolo siriano e alla
comunità internazionale. Secondo il quotidiano al-Quds
al-Arabi, sembra che l’obiettivo della Russia, nel tenere la conferenza a Damasco, sia quello di
determinare un cambiamento nelle posizioni degli Stati Uniti e dei Paesi
europei nei confronti del governo siriano.
L.D.
Fonti Reuters citate dal giornale al-Quds
al-Arabi hanno riferito che l’Arabia Saudita avrebbe
informato il gruppo Houthi attivo nello Yemen in colloqui riservati della
propria volontà di firmare la proposta delle Nazioni Unite per un cessate il
fuoco qualora il gruppo allineato con l’Iran accettasse di installare una zona
cuscinetto lungo i confini del regno. Se si giungesse ad un accordo, sarebbe la
svolta più significativa dall’’inizio del conflitto nel quadro degli sforzi
tesi a raggiungere una soluzione politica. Il conflitto è ampiamente
considerato come una guerra per procura tra l’Arabia Saudita e l’Iran. Il
presidente eletto degli Stati Uniti Joe Biden ha promesso durante la sua
campagna di interrompere la vendita di armi all’Arabia Saudita, il più grande
acquirente di armi americane in Medio Oriente, per fare pressione su Riyadh
affinché ponga fine ad una guerra che ha causato la peggiore crisi umanitaria
del mondo. Ma le fonti sostengono che gli Houthi, che controllano lo Yemen
settentrionale, l’area più popolata del Paese, potrebbero essere meno disposti
a cooperare con l’Arabia Saudita qualora il presidente degli Stati Uniti Donald
Trump concretizzasse la minaccia di designarli come organizzazione terroristica
prima di lasciare l’incarico. Le fonti affermano che Riyadh ha chiesto maggiori
garanzie di sicurezza agli Houthi, compresa come già detto una zona cuscinetto
lungo il confine con il nord dello Yemen oltre a un corridoio lungo il confine
per prevenire incursioni, fino a quando non sarà istituito un governo di
transizione, sostenuto dalle Nazioni Unite. In cambio, il regno alleggerirà il
blocco aereo e marittimo come parte della proposta delle Nazioni Unite, che
include già l’arresto degli attacchi transfrontalieri.
L.D.
AMERICA
Infobae riporta la forte reazione cittadina in Perù
causata dalla partenza di Martín Vizcarra dalla presidenza e la successiva
assunzione del potere esecutivo da parte del presidente del congresso, Manuel
Merino, a cui ha risposto una violenta repressione da parte del governo
peruviano contro le manifestazioni con almeno due decessi e numerosi feriti.
Dopo questi eventi, il
presidente provvisorio del Perù non ha più potuto resistere al suo debole
mandato e si è dimesso domenica, dopo meno di una settimana al potere.
Merino è stato
denunciato penalmente insieme al suo Primo Ministro, Ántero Flores-Aráoz, e al
Ministro dell’Interno, Gastón Rodríguez, nonché ai capi della Polizia Nazionale
per i reati di omicidio qualificato, abuso di autorità e lesioni.
La denuncia per gravi
violazioni dei diritti umani è stata presentata al procuratore generale del
Perù, Zoraida Ávalos, dopo il decesso di due giovani e più di cento persone
rimaste ferite durante le proteste che si sono svolte la scorsa settimana a
Lima.
La denuncia indica
che, oltre alla repressione dei manifestanti, gli agenti antisommossa hanno
aggredito anche alcuni membri della stampa con colpi diretti sul corpo con gas
lacrimogeni e pallottole. Da parte sua, Amnesty International (AI) ha chiesto
la fine della repressione da parte della polizia nazionale durante le
manifestazioni, in quanto questa crisi politica potrebbe generare una crisi dei
diritti umani. “Le autorità devono dare la priorità alla protezione della
popolazione rispetto a qualsiasi interesse politico”, così afferma Marina
Navarro, direttore esecutivo di Amnesty International Perù.
Dopo aver analizzato
le prove audiovisive, Amnesty ha potuto verificare che gli agenti di polizia
hanno sparato munizioni, lanciato gas lacrimogeni, picchiato o sottoposto a
violenza diverse persone in modo non necessario e sproporzionato, ferendole e
violando gli standard internazionali sui diritti umani. Nel bel mezzo di una
delle peggiori crisi politiche della storia del Paese andino, lunedì il
congresso ha approvato un nuovo consiglio di amministrazione guidato da
Francisco Sagasti, che diventerà così presidente ad interim, dopo la partenza
dei due suddetti leader. Il suo obiettivo principale sarà mitigare la tempesta
politica nel Paese e condurre una transizione pacifica fino alle elezioni
presidenziali dell’aprile 2021.
A.C
DW riporta la prima chiamata del neopresidente
eletto degli Stati Uniti, Joe Biden, con un leader latino-americano, il
presidente cileno Sebastián Piñera.
Nella sua chiamata con
il presidente cileno, Biden lo ha ringraziato per essersi congratulato con lui
per la sua vittoria elettorale e ha espresso il suo profondo desiderio di
approfondire il rapporto degli Stati Uniti con il Cile in modo da
aiutare le Americhe a riprendersi dalle sfide economiche e sanitarie poste
dalla pandemia Covid-19.
Biden si è
congratulato con il presidente Piñera per la recente decisione del Cile di
aggiornare la sua Costituzione, dopo 30 anni di democrazia, in modo da
raggiungere una democrazia più forte ed equa. L’ex vicepresidente degli Stati
Uniti, che entrerà in carica il 20 gennaio, ha anche annunciato che lavorerà
per rafforzare le istituzioni emisferiche, gestire la migrazione regionale e
ricostruire la cooperazione per far fronte a sfide globali, come il cambiamento
climatico.
A.C
Dall’altro
lato dell’oceano Atlantico, in Brasile
il Presidente Jair Bolsonaro ha partecipato in videoconferenza al BRICS, il
meeting che riunisce i Paesi emergenti. Come riporta la testata Jornal de Noticias,
il leader brasiliano si è incontrato virtualmente con i suoi omologhi di
Russia, Cina, India e Sudafrica, criticando la gestione della pandemia da parte
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e annunciando che per superare
la grave crisi sanitaria, “anche il Brasile sta sviluppando un vaccino anti
Covid […]”. Bolsonaro ha poi sottolineato la necessità di apportare importanti
riforme all’interno di vari organismi, quali la stessa OMS, l’Organizzazione
Mondiale del Commercio (OMC) e il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Il rappresentante della nazione sudamericana ha anche ottenuto l’appoggio del
Presidente russo Vladimir Putin sulla questione Amazzonia ed ha annunciato
novità rilevanti: “Presto riveleremo quali sono i Paesi responsabili del disboscamento
illegale della foresta pluviale”.
G.D.P
Secondo quanto riportato dal CNBC il 14 novembre, il continuo
rifiuto del presidente Donald Trump di accettare la sconfitta delle elezioni
degli Stati Uniti d’America del 2020 ha posto una serie di pericoli per
la sicurezza nazionale. Tuttavia, il pericolo più grande non si troverà
nell’elenco convenzionale di minacce di cui si occupano gli esperti di politica
estera di Washington. Questo non significa però, che non ci sia anche un
potenziale rischio di aumento inerente al solito elenco di preoccupazioni:
Cina, Russia, Iran, Corea del Nord o terrorismo. Tuttavia, nessuno di loro, per
quanto significativi siano, rappresenta un pericolo esistenziale per gli
interessi degli Stati Uniti come la crescente possibilità che si sviluppi una
polarizzazione politica interna e crescenti divisioni culturali. Le
intenzioni del presidente Trump, a seguito della sua sconfitta elettorale, sono
chiaramente quelle di emergere come la forza più significativa del Partito
Repubblicano. Più si
avvicina il giorno della sua partenza, più l’ex presidente continua ad
affermare che nel 2024 riprenderà l’ufficio che sta lasciando con tanta
riluttanza. Infatti,
quest’ultimo promette di essere un ex presidente non tradizionale, dal momento
che ha intenzione di rimanere sotto i riflettori con qualunque mezzo
disponibile. Di contro,
il presidente eletto Biden desidera contrastare la continua influenza di Trump
e vuole raggiungere il suo obiettivo: diventare il leader unificatore per tutti
gli americani e per le democrazie globali. I suoi alleati credono addirittura
che potrebbe essere uno di quei presidenti la cui storia si tramuterà in un
momento storico d’importanza mondiale.
Tenendoci
aggiornati sullo stesso argomento, il 15 novembre secondo quanto rilasciato dal
CNBC,
il presidente Trump ammette finalmente pubblicamente e per la prima volta che
Joe Biden ha vinto le elezioni. Nonostante l’accettazione della sconfitta,
Trump continua comunque a sostenere che le elezioni sono state truccate. Infatti, migliaia
dei suoi sostenitori si sono continuati a riunire a Washington per protestare
contro i risultati. Almeno
20 persone sono state arrestate dopo che i gruppi pro-Trump si sono scontrati
con i ‘contro-protestatori’.
Cambiando ora
argomento, sempre negli USA, secondo quanto riportato dal New
York Times, la modella e attrice Emily Ratajkowski ha
pubblicato un saggio in cui afferma di essere stata oggetto di molestie
sessuali da parte del fotografo Jonathan Leder all’età di 20 anni. Il signor Leder,
in risposta, ha definito le accuse della Ratajkowski “false” e il suo
saggio “pacchiano e senza fondamento”. Sembra che l’uomo l’avesse
fotografata due volte nel 2013 e che da allora abbia iniziato a rilasciare
immagini di lei, anche contro la sua volontà. Dopo la
pubblicazione del saggio dell’attrice sono emerse più donne con storie che
coinvolgono lo stesso fotografo. Il New York Times ha cercato di contattare
l’uomo di 47 anni per avere un commento su questo articolo, ma lui non ha mai
risposto. Tuttavia, non è il primo fotografo accusato di sfruttare i corpi dei
giovani. “Questi sono i tipi di storie che ascoltiamo ogni giorno”,
ha detto Sara Ziff, fondatrice di Model Alliance, un’organizzazione no profit
per i diritti dei lavoratori.
A.B.
ASIA
Secondo quanto
riportato dal giornale China
Daily, la Cina continuerà ad effettuare controlli
rigorosi sul turismo in uscita dal Paese visto il crescente rischio di contagio
importato da nuovo Coronavirus.
Infatti, sebbene in
occasione della recente Giornata Nazionale i viaggi nazionali siano stati
numerosi, un occhio di riguardo va soprattutto nei confronti dei viaggi
internazionali, vista la gravità della pandemia anche negli altri Paesi, come
affermato dal viceministro degli esteri Luo Zhaohui. “Non consigliamo alle
persone di andare all’estero. E per chi sarà costretto a viaggiare per motivi umanitari
o altre ragioni, richiediamo la massima attenzione e il rispetto delle norme di
sicurezza personali così come delle norme anti-Covid imposte dai Paesi di
destinazione”.
Verranno prese
misure più approfondite per impedire al virus di entrare in Cina: come ad
esempio l’obbligo per tutti i viaggiatori di sottoporsi al test di positività
Covid prima di entrare nel Paese e un’intensificazione dell’ispezione degli
alimenti di cibo importati dall’estero che potrebbero essere veicolo di
contagio.
Secondo un altro
giornale, il The
Standard, l’Amministrazione Nazionale Cinese per l’Immigrazione,
lo scorso giovedì 12 novembre, ha dichiarato che più di 5.000 stranieri sono
stati indagati per aver attraversato illegalmente i confini nazionali.
Tuttavia, l’aumento di controlli per limitare gli attraversamenti illegali
delle frontiere cinesi ha permesso efficacemente di prevenire l’entrata di numerosi
pazienti affetti da coronavirus. Dallo scoppio dell’epidemia infatti, sono
stati chiusi ben 46 punti di ingresso via terra e 66 passaggi di frontiera
sparsi in tutto il Paese.
Cambiando
argomento, secondo quanto riportato dal China
Daily, durante questo fine settimana si prevede che Pechino e
altre aree circostanti, subiranno un peggioramento medio-alto della qualità
dell’aria a causa di un aumento dell’inquinamento tipico di questo periodo. A
tal proposito, il governo della città ha già affermato di aver adottato delle
misure di sicurezza che dovrebbero aiutare a garantire la qualità dell’aria. Secondo
quanto spiegato dal Ministero dell’Ecologia e dell’Ambiente: “L’aria fredda
raggiungerà il nord della Cina martedì e ciò incrementerà la purificazione
della qualità dell’aria”.
Nonostante ciò, in
linea generale Pechino negli ultimi anni ha registrato un significativo
miglioramento della qualità dell’aria determinato da importanti riduzioni della
concentrazione di inquinamento. Ovviamente, per mantenere una buona qualità
dell’aria, la città ha fissato obiettivi chiari sia per il resto di quest’anno
che per l’anno prossimo. Per raggiungere tali goals, il governo di
Pechino ha promosso 37 misure volte a combattere il problema dell’inquinamento
dell’aria per questo prossimo inverno. Tali misure coinvolgono diversi settori
tra cui: energia, industria e trasporti. Pechino inoltre, per ridurre
ulteriormente il problema, ha gradualmente eliminato 110 imprese (molte delle
quali manifatturiere) e ha emesso un regolamento relativo allo smaltimento dei
rifiuti da costruzione.
A.B.
OCEANIA
Secondo il 9NEWS,
in Australia è stato introdotto un programma multimilionario il cui fine
è quello di migliorare la salute degli studenti nelle scuole primarie e
secondarie. Per gli infermieri scolastici saranno spesi quasi 47 milioni di
dollari e verrà posta particolare attenzione alla salute mentale degli
scolaretti. Altri 6 milioni di dollari andranno a programmi comunitari nelle
aree ad alto rischio di suicidio. Nonostante l’anno Covid-19, nel NSW i numeri
dei suicidi sono rimasti invariati. Tuttavia, secondo John Brogden di Lifeline Australia: “Lifeline ha visto un
aumento delle chiamate tra il 20 e il 30 percento”. Il governo lavorerà con le
scuole per indirizzare le aree in cui c’è un maggior bisogno di assistenti
sanitari.
Secondo il Newsroom, in Nuova Zelanda sta prendendo vita il primo allevamento di pesci in mare aperto, il quale potrebbe generare miliardi di dollari. Tuttavia, la società che è dietro il progetto si sta scontrando con diverse obiezioni, in gran parte provenienti della gente del posto, la quale non è affatto impressionata dai livelli di conformità che si sono invece verificati altrove. I piani ambiziosi per trasformare l’oceano aperto in un’industria di allevamento di pesci multimiliardaria si stanno avvicinando alla realtà con il recente rilascio delle linee guida del governo. Nonostante ciò, l’azienda di prima linea ‘Nuova Zelanda King Salmon’ sta trovando ostacoli inaspettati: “poiché pensavamo che tutti sarebbero stati a favore, non avevamo previsto la quantità di dati che avremmo dovuto raccogliere e la quantità di modelli che dovevamo fornire per andare in mare aperto” afferma Grant Rosewarne, amministratore delegato di King Salmon in Nuova Zelanda. A differenza della Norvegia, che non ha avuto barriere ambientali per i suoi enormi allevamenti di salmone in mare aperto, la Nuova Zelanda è molto più conservatrice. Infatti, la giornalista della democrazia locale Chloe Ranford sostiene che le persone siano preoccupate perché pensano ci potrebbe essere una ricerca inadeguata. “Non è che non vogliano che ciò accada, è solo che non è mai successo prima, la comunità ti sosterrà a lungo termine e sa che riuscirai a portare molti soldi a Marlborough, solo che non vogliono che questo processo sia affrettato, deve essere ben pensato e ben studiato. Alla fine, se tutto ciò accadrà sarà una vittoria, una vittoria per tutti”, afferma la giornalista Ranford.
Rassegna stampa a cura di:
Alessandra Semeraro (responsabile inglese, cinese, portoghese, arabo)
Alissa Bianconi & Livio D’Alessio (lingua inglese)
Alissa Bianconi (lingua cinese)
Giorgio De Paolis (lingua portoghese)
Livio D’Alessio (lingua araba)
Veronica Battista (responsabile spagnolo, tedesco, francese, russo)
Angelica Chimienti (lingua spagnola)
Beatrice Proietti (lingua francese)
Mariarosaria Carnicelli (lingua tedesca)
Simona Piergiacomo (lingua russa)
Claudia Lorenti (coordinatrice del progetto)