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Paris Fashion Week

L’Haute Couture francese diventa digitale

Come precedentemente inaugurata a Londra, anche Parigi ha deciso di rivolgersi al digitale per la season 2020-2021.

Dopo la prima collezione online del 6 luglio 2020, svelata da Chanel Cruise, le sfilate Haute Couture femminile hanno preso piede dal 6 all’8 luglio seguite dalle collezioni maschili dal 9 fino al 13 luglio.

Molte sono state le partecipazioni (e le rivelazioni) per questa season costretta ad adattarsi all’esigenza Covid-19 ma ancora una volta, abbiamo avuto modo di fare i conti con una moda resiliente giocosa e vaporosa, capace di regalarci delle giornate uniche nel suo genere.

La prima giornata della PFW digitale, ha visto scendere in campo (si fa per dire), la collezione Artisanal Co-ed di Maison Margiela, Autunno-Inverno 20-21: una rivelazione a fasi, scomposta in un crescendo di immagini colorate ed incorniciata da suoni brevi e concisi. Ogni video rilasciato dalla maison, ora sotto la direzione artistica di John Galliano (ex Dior), è un Preview del successivo: un’attesa che culminerà nella rivelazione finale del 16 luglio 2020.

Staremo a vedere.

Molto legata all’artigianato anch’essa ma dai sotto-toni decisamente più Safari, è la collezione HC di Guo Pei che si ispira agli animali del Museo Nazionale di storia naturale di Parigi: ecco Savannah che si compone di texture animalier ispirate ai manti degli animali rielaborati attraverso corpetti, spalline vaporose e maniche ampie che fanno eco agli anni ’90.

Tutto l’elaborato si presenta attraverso tessuti leggeri e cuciture essenziali per non distogliere lo sguardo dalle idilliche giraffe, bellissime e quasi umanizzate, che compaiono sugli abiti.

Questa season è dunque, fortemente rappresentativa della forma d’arte del cortometraggio.

La proposta di Viktor & Rolf per la season Fall-Winter 20-21 è raccontata in esclusiva dalla voce fuori campo del cantautore Mika.

Il corto, si presenta come un fashion statement dai toni giornalistici anni ‘50: l’impatto vintage è una dissonanza strategica con il titolo “Change” che non solo riproduce il format della sfilata in salone d’alta moda ma lo amplifica presentando la creazione a 360° dal materiale alle cuciture, dai tagli al concept. Correlati armonicamente dai volumi maxi e da crossover pop, tipici dello stile V&R, gli abiti sono stati divisi in tre sezioni rappresentative delle emozioni umane: dalla tristezza alla confusione alla speranza.

Un’altra visione onirica, è quella che ci è stata proposta dalla maison Valentino, guida da Pierpaolo Piccioli. Il direttore creativo sottolinea l’importanza del sogno e della creazione che scaturisce da esso; un processo creativo che prende il nome di “of Grace and Light” ed anticipa la performance finale per la collezione che avrà luogo a Cinecittà il 21 luglio.

Il progetto, nato in quarantena, aspira ad unire l’aspetto più delicato dell’ideazione della collezione con la versatilità e l’immediatezza del digitale nella moda. Limiti trascendentali a parte, la couture per Piccioli è un movimento di trame e colori ispirate alla danzatrice moderna Loie Fuller, sulle note pop di FKA Twigs, in un teaser by Nick Knight.

La Couture digitale formulata in un’ottica più ampia, dai toni di metafora visiva.

Durante la seconda giornata di Haute Couture, lo spirito anticonformista di Virginie Viard ha fatto capolino attraverso una esposizione inusuale: la nuova ragazza Chanel è una ribelle punk tra i locali di Parigi vestita di taffetà e gioielli. La collezione si compone di trenta modelli ispirati da look iconici di Karl Lagerfeld, distintivi e lussureggianti, ognuno correlato dall’alta gioielleria tipica della maison. Non possono mancare nemmeno per questa season, i tessuti che hanno reso Chanel famosa in tutto il mondo, come i ricami e il Tweed realizzati da Métiers d’Art Lesage, Montex, Lemarié e Gossens insieme alle embrodered perline, pietre e strass.

Un appuntamento dall’allure Grande Siecle dell’histoire de France raccontato in un video rock di Mikael Jansson.

Dalla femminilità rock di Chanel, a quella più (rosa) shocking di Alexis Mabille. L’artista, che già in passato aveva reinventato la classica sfilata proponendo una mostra fotografica con tanto di esibizione con manichini, ha portato alla luce le sue creazioni in un box rosa shocking: l’elemento caratterizzante della sua season, si propone come connubio perfetto tra le dive della Golden Age di Hollywood e quel richiamo “Warholiano” tipico della Pop Art.

D’ispirazione anni 60, è anche la sfida proposta da Stephane Rolland che prendendo spunto per l’appunto dal programma televisivo francese “Discorama” di Denise Glaser degli anni 60-70, ci propone uno sguardo intimo con riprese in uno studio semi-vuoto; così si presentano undici look indossati da Nieves Alvarez composti da capi selezionati come mantelle, cappucci, abiti a tubino, pantaloni harem decorati con pietre di vetro e cristalli. Una semplicità luminosa e al contempo nostalgica.

Due video, di pochi secondi ciascuno, bastano a catturare l’attenzione del pubblico secondo Alexandre Vauthier: la Parigi dello stilista è dentro e fuori, con sguardo veloce e vintage realizza i mini spot con un team ridotto in quarantena e ci porta prima in un appartamento e poi per le strade della sua città d’adozione.

Una collezione concisa ma d’impatto anche la sua in collaborazione con gli atelier di Lemarié, Goossens e Lesage.

La collocazione storica della collezione?

Anch’essa in bilico tra la Golden Hollywood e gli anni ’80 come ci suggeriscono l’abito bustier nero con mantello di raso senza maniche rosa shocking, gli abiti da sera con piume e chiffon e le giacche sfavillanti.

Dal 6 luglio, l’inaugurazione della settimana è stata una sorpresa da subito attraverso il discorso di Naomi Campbell, ispirato dai recenti avvenimenti negli Usa, sull’importanza dell’inclusività nel mondo della moda.

A seguire, Schiaparelli ha mostrato gli sketch della nuova collezione firmati da Daniel Roseberry trasportandoci direttamente al Washington Square Park di New York e passando per il mini film “Trasformation” in cui è possibile riconoscere l’attrice Iris Van Herper resa famosa in tutto il mondo dalla serie tv Game of Thrones.

L’ultima spettacolare presentazione cinematica, doverosa da menzionare, è la narrazione di Le Myth Dior nata dall’incontro del regista italiano Matteo Garrone ed il direttore artistico di Dior, Maria Grazia Chiuri.

Descrivere il corto?

14 minuti di pura estasi visiva.

Sarà per il giardino di Ninfa a Roma che fa da sfondo alla rappresentazione bucolica lussureggiante che ci ricorda The Tale of Tales ma che dire, noi italiani siamo particolarmente entusiasti del risultato. Come preannunciato dal titolo, la nuova collezione di Dior è un viaggio nell’estetica fiabesca correlato da personaggi fantastici come sirene, ninfe e fauni.

Le scene si aprono in atelier, dove delle sapienti mani stanno confezionando degli abiti couture in miniatura poi successivamente trasportanti in una casa delle bambole. I riferimenti non sono solo per i lavori precedenti del regista italiano ma rappresentano un omaggio al Thèatre de la mode in cui i designer francesi svilupparono delle collezioni in miniatura per poter rilanciare l’haute couture nel secondo dopoguerra.  L’ispirazione femminile, come sancito da Maria Grazia Chiuri, arriva invece dalle artiste del passato come Lee Miller, Dora Maar, Dorothea Tanning, Leonora Carrington e Jacqueline Lamba.

Surrealismo, fiabe, natura e sensualità e délicatesse: ecco le promesse della maison francese per questa Haute Couture.

Fanny Trivigno

Sources:

https://www.vanityfair.it/topic/paris-fashion-week?refresh_ce=

https://www.vanityfair.it/fashion/news-fashion/2020/07/05/paris-fashion-week-digitale-haute-couture-sfilate-online

Anche a Parigi e Milano, fashion week in digitale

Parigi, al via le prime sfilate digitali maschili

https://www.youtube.com/watch?v=0J8YW9K8qGU
https://www.youtube.com/watch?v=yxBFwqRbI8c

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PH. by Mauro Galligani, Giorgio Armani nel suo atelier, Milano 1980

Giorgio Armani Special Edition

Il re della moda italiana alle soglie del suo 86° compleanno

Giorgio Armani è lo stilista italiano più conosciuto al mondo e chiamarlo anche solo Artista sarebbe riduttivo. Quello che Giorgio Armani rappresenta ci spinge a ridefinire il concetto di stilista-virtuoso e ad arrivare al concetto assoluto di icona senza tempo, vero fondamento per il mondo della moda internazionale. Dalla prima collezione nel lontano 1964 per Nino Cerruti, al lancio del brand Giorgio Armani nel 1975, noi di LuxuryJuice vorremo omaggiarlo ripercorrendo in breve la sua carriera, cercando di celebrare non solo il suo brand, famoso in tutto il mondo ma anche l’uomo tenace, instancabile ed appassionato che non smetterà mai di stupirci.

Vi presento Giorgio Armani.

La sua storia ha un non so che di ipnotico: è possibile sentire il peso di ogni singola situazione anche valutandola da schermo a schermo. Come spesso ha dichiarato la mia vita è stata “un sacrificio proteso verso il mio lavoro”. Non è “figlio d’arte” come spesso accade ma nasce in una piccola città del nord Italia, Piacenza, in una famiglia modesta composta da tre figli. Dopo aver lasciato gli studi di Medicina per il servizio militare, al suo ritorno si sente cambiato e fa esperienza di quella sensazione molto familiare, anche per i post-laureati, (relazionando l’avvenimento in chiave più moderna) di ritardo/inadeguatezza/indecisione rispetto ai suoi amici e conoscenti. Ma è proprio questo stimolo negativo che, col sennò di poi, lo porterà ancora una volta fuori dalla sua Piacenza e lo avvicinerà al mondo della moda, allineando la consapevolezza della ricerca, con la consapevolezza della sua crescita artistica.

Siamo nel 1957 e Armani si presenta come fotografo per i magazzini della rinascente: il suo soggetto è la sorella Rossana; da qui inizia la gavetta tra i buyer di abbigliamento, inizialmente, solo maschile. La svolta non tarda ad arrivare, prima nella stagione 1964-65 con una collezione per Nino Cerruti, Hitman. Qui inizia la sua ricerca per la giacca maschile che abbia l’eleganza degli anni ’60 e la comodità dettata dall’esigenza dell’uomo di città. Dopo poco, il suo talento indiscusso gli permette di lavorare come Freelance ed inizia a occuparsi della moda femminile, primo step che lo porterà a sfilare a Palazzo Pitti a Firenze. Un evento che l’artista ricorda sempre con entusiasmo in concomitanza con l’incontro di Sergio Galeotti, il suo futuro manager che come lui, sognatore visionario, lo incoraggerà verso le scommesse imprenditoriale della sua vita: così nasce Giorgio Armani S.r.l.

Siamo nel 1975, la società di Giorgio Armani prende forma grazie ad un capitale iniziale di 10 milioni di lire, come ricorda l’artista “(..) tutti facevamo un po’ tutto, l’amministratore chiudeva scatole di cartone che contenevano vestiti da spedire, l’aiutante del disegnatore faceva le fotocopie (..)”. Dopo un solo anno, la fatica ed il sacrificio ripagano con un ricavo netto di 569 milioni di lire. La situazione cambia radicalmente nel 1979, quando Armani viene insignito a New York del “Neiman Marcus Award”, premio che gli vale un trunk show della sua nuova collezione da Saks. Questo fu veramente l’inizio del successo per l’artista: una piccola esposizione temporanea si trasformò, grazie solamente al suo indiscusso pregio, in un evento epocale destinato ad essere raccontato per decenni. Lo stile Armani finalmente si afferma: lo slancio controcorrente, la sobrietà, i colori tenui, la discreta raffinatezza.

Dopo la morte di Galeotti nel 1985, Armani prende il controllo totale dell’azienda senza mai dimenticare il supporto dell’amico-collega nel corso degli anni. Partendo dal fatto che, come spiegato più volte da lui stesso, non esiste una “formula Armani” o un ingrediente magico per far proliferare un’azienda, quello che veramente fa la differenza è una combo di tutte le qualità più “umane” di un individuo (le sue esperienze, i suoi sacrifici, le sue passioni e la sua testardaggine) incanalate dal fiuto imprenditoriale per la realizzazione concreta di un obiettivo.

Obiettivo raggiunto e sorpassato grazie anche alle diversificazioni nel corso degli anni (pensiamo ad Emporio Armani, Armani Cosmetics, Armani Junior, Armani Exchange, Armani Jeans, Armani Privé ecc).

Tra i picchi della sua lunghissima carriera è possibile ricordare, oltre la strategica diversificazione, anche la collaborazione con il grande schermo: suoi sono gli abiti di Leonardo di Caprio in “the Wolf of Wall Street” e quelli di Tom Cruise in “Mission Impossible”, Richard Gere in “American Gigolò” ed ancora, “The intouchables”, “Quei bravi ragazzi” di M. Scorsese, “Il Cavaliere Oscuro”, “ The social network”, “Duplicity”… e altri ancora per un totale di circa 200 titoli.

Una vita piena di momenti straordinari quella di Giorgio Armani che alla domanda (da un milione di dollari in suspense) su quale sia il suo capo simbolo, egli risponda “le giacche destrutturate” ci sembra un’affermazione troppo modesta. Quello che è stato capace di realizzare negli anni, è la perfetta definizione del sogno italiano che non ha bisogno di viaggiare per essere conosciuta e non ha bisogno di essere indirizzata per essere affermata. Ed ora alle soglie del suo 86° compleanno, noi pubblico possiamo solo ringraziare l’artista, il re, l’uomo dal fiuto indiscutibile che ha reso la raffinatezza italiana un concetto leader della moda di tutto il mondo.

Fanny Trivigno

Sources:

Impara dai leader: la storia di Giorgio Armani

https://www.vogue.it/news/article/migliori-momenti-fashion-giorgio-armani-cinema

https://www.vogue.it/moda/gallery/giorgio-armani-storia-stilista-foto

Milano 1980-Giorgio Armani fotografato da Mauro Galligani nel suo atelier

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Ph. by Pietro Piacentini

THE FASHION WORLD AGAINST RACISM AND VIOLENCE

If you can’t fly then run, if you can’t run then walk, if you can’t walk then crawl, but whatever you do you have to keep moving forward”.

Martin Luther King Jr

After the murder of George Floyd on May 25th, the entire world set up different demonstrations to support the “Black lives matter movement”. In this atmosphere an array of designers, independent or well-known, stepped out in various cases to create awareness together with raising funds and spread the word for a new period of anti-racism and dialogue in the fashion industry.

After Nike and Adidas, many other brands including Gucci, Valentino and Prada made their statement clear and passed through from words to facts. Also, Vogue Italia published, during last weeks, a declaration about this on the official Instagram page.

The important cause made two competitors like Nike and Adidas join forces together in a moving, sincere statement on Twitter in which they express all the disapproval and shock for the tragic event.

Another direct message arrives from Valentino in which the artistic director Paolo Piccioli shared a video through his personal profile. The post has also been shared by the ex-president Barack Obama and subsequently become viral: a touching performance by the 12 years old Keedom Bryant where the frustration and sadness are easily detected.

After that, VOGUE ITALIA and L’UOMO VOGUE could not remain silent as well and published on their official pages a significant black background with bold-capital letter messages: all united for the most despicable form of discrimination and abuse that is racism. Together it is possible to stand stronger and learn how to act taking risks that are also commitments and premises for the future.

Gucci responded by the words of the activist and poet Cleo Wade: “We do not change the world when we whisper, we change the world when we roar”.

The brand also published a declaration on its commitment against the fight for equality; since the Gucci community counts already more than 19 thousand employees, it decided to suspend all the activities on June 4th to allow all the personnel to join the demonstrations to commemorate George Floyd and all the lives lost in this endless battle. Together with the North America Changemakers Impact Fund, Gucci is donating for the @NAACP, @campaignzero and @yourrightscamp.

Prada carries on in the same direction, putting on spot the work of Diversity and inclusion Council against the unfair treatments based on race and diversity.

Marc Jacobs made also clean his position by crossing out the Marc Jacob logo on the headquarters entrance: at its place there were George Flyod’s name and Sandra Bland’s name, a young Afro-American woman who died in prison after a dubious detention. Below the images a sentence accompanies them “A life cannot be replaced. Black lives matter”.

Other important voices have been supporting the movement including Donatella Versace, Riccardo Tisci, Silvia Venturini-Fendi, Virgil Abloh, Victoria Beckham, Jacquemus and Naomi Campbell. Also, some independent brands decided to join forced together to support the movement. It is the case of Peter Do, former designer of Celine: his eponymous brand will be donating 100% of net profits from his e-commerce sale to Black-founded organizations and frontline charities throughout the month of June. A Sai Ta, creator of the Rihanna-approved hot work dress, expressed that a portion of the profit will be donated to Black lives Matter by saying “Nobody should be using resources in fashion to further pollute this world until what they create support black lives and POC in every level”.

To raise funds for Black Visions Collective, a black- trans-queer Minnesota Based organization working to promote long term change where Flyod was killed, Marta Jakubowski is stepping out by making black cut-out tops to order (also, any size is available). Furthermore, 10% of all Staud’s June sales will be going towards supporting the civil rights advocacy organization. Their statement recalls “(..) this type of fundamental change requires us to be constant and consistent and to never stop reflecting and tacking actions”.

From the world of Jewelry, the LA based minimalist jeweller Lizzie Mandler has announced that proceeds from her 18k gold linked chain necklace will be donated to Black Lives Matter and the NAACP; also Chopova Lowena created a series of 10 vintage charm necklaces with all proceeds going towards National Bail Out and Black Lives Matter. And from the world of accessories, Madea decided to give 100% of the proceeds from their handbags to the Bail Project; the brand will also be donating to the America Justice initiative.

Additionally, both for pride movement (Black Trans Women) and Black lives Matter, the New Yorker Brand Collina Strada is currently donating 100% of their profits ranging from satin dresses to rhinestone water bottles. And from England, the Londoner Team at Marques’ Almeida has announced that “to help the ongoing fight to end the state sanctioned violence (..) 20% of all the orders placed online will be given to Black Lives Matter. Finally, also the influencers like Luoisa Ballou will contribute the cause by putting one of her transparent bodycon dresses into production and all profits from its sale will be going to Black lives Matter and the antiracism Centre in Washington DC.

In the end, It is possible to say that all the donations above are significantly changing the world of fashion in a time when it is already facing some great challenges as the ex-first lady Michelle Obama mentioned, it is fundamental to remember that: It just goes on, and on, and on. Race and racism are a reality that so many of us grow up learning to just deal with. But if we ever hope to move past it, it can’t   just be on people of color to deal with it”… “It’s up to all of us—Black, white, everyone—no matter how well-meaning we think we might be, to do the honest, uncomfortable work of rooting it out.”

Fanny Trivigno

Sources:

https://edition.cnn.com/2020/05/30/politics/michelle-obama-george-floyd-statement-trnd/index.html

https://www.vogue.co.uk/fashion/article/independent-brands-donating-black-lives-matter

https://www.gucci.com/us/en/st/stories/gucci-equilibrium/article/women-of-the-world

https://www.vogue.co.uk/fashion/article/independent-brands-donating-black-lives-matter

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PH by Filippo Pollastrini, London Tower Bridge

LONDON FASHION WEEK DIGITAL EDITION

How it was and What we are going to remember about it

Just few hours are separating us from the first catwalks with no front rows, backstage and no photographers ‘pit. With the Covid-19 still on-going all over the world, bans and social distancing forced Britain into engage in no crowds for the long-awaited fashion week.

As the British fashion Council previously mentioned, the first all-digital catwalk of the story was about to be set for the spring 2021 men’s wear as a sort of experiment: very progressive and up-to-date, it was built up on a Netflix-style home page with streamed runaways and events created by the brands themselves together with retailers, cultural institutions and media partners.

After setting the mode, the purpose shifted from clothes to people. Yes, the LFW was not all about clothes as we could already predict. The interactivity of LFW, in fact, created a focus on the celebration of new emerging fashion talents of Britain: a consecration with a new storytelling. Also, it was possible to assist to the concept transformation from the “classical stage” to a variegated mix of videos, art, music and the retrospectives on the pieces creation directly from the designer. Nice and more closed to an Instagram live than a proper catwalk theatrics or hot debut for someone; in fact even if it was possible to talk about originality and freshness, the digital format seemed to lack a sense of “anticipation” or the adrenaline given by the clock ticking slowing before the first face.

As the new talent took centre stage, for the LFW there no been big names were like Burberry or Victoria Beckham.

Time for new ideas, though.

It is the case of Bianca Saunders who, taking a step further from her usually creations, unveiled a new zine called “we are one of the same” with the aim of spreading the word on themes like gender identity, community and blackness.

Then Nicholas Daley, LVMH prize finalist, introduced a short film of the fall runaway in January accompanied by the famous jazz musicians Kwake Bass, Wu-Lu and Rago foot. Also, it has been possible to attend a virtual reality exhibition into the virtual event: Priya Ahluwalia created the content to promote her new photography book, “the Jalebi”.

Like Sadiq Khan, major of London, defined the fashion environment as “our golden egg”, he may have guessed right referring to the concentration of arts all recurring to support the fashion cause and the new emerging talents who- as Khan repeated more than once- do not need to go elsewhere to prove their value (maybe they should just move in order to find the perfect fit in a basket already full of eggs).

With the digital LFW opening to the public a new concept was created “the see now, buy now” and it could indeed be true according to the interesting implications it took; it is the case of Daniel W. Fletcher who decide to promote his collection via his own website with 10% of all the proceeds being donated to charities supporting communities that are struggling both for Covid-19 and also for more antient but unfortunately still actual issues like racial equality and the movement of “Black lives matter”.

Over the promotion, into the social matters.

Before the G. Floyd’s murder, the London designer Charles Jeffrey had planned to throw a virtual party for the LFW with the promotion of a quarantine-produced collection (still on-going). But, due to the actual situation, he gave the platform space to some POC creatives in order to create a digital event to raise money for the UK Black Pride. Many artists like Malik Nashad Sharpe, Rachel Chinouriri and poet Kai Isaiah Jamal took part in the project promoting the idea of “collaboration is cool”.

And collaboration has been immediately spread through the chain like Bianca Saunders, Joshua Woods and Jess Cole explained through zoom calls : starting from art and fashion, the designer, the photographer and the model made clean ,through their statements, the urge to create and spread the word of a black narrative which needs to be written down as well as it needs to be heard (aloud).

To sum up, it hard not to see LFW has a creative, polychromatic, dazzling jumble.

The rules of the creative chaos which is also close to reality and to all people without any pointless chromatic observation as we stand for the beauty of creation we also stand for the enrichment of diversity.

Regarding what LFW may have lacked, it is possible to reconnect false steps majorities to the (virtual) stage, fright but we feel like it passed the test and it will, for sure, be remembered.

Fanny Trivigno

Sources

https://www.theguardian.com/fashion/2020/jun/15/london-fashion-week-goes-digital-seven-things-we-learned

https://londonfashionweek.co.uk

London Fashion Week Digital

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BARNEYS NY DALL’APICE AL DECLINO

La storia di come le vetrine della Madison Avenue hanno smesso di brillare

Lo shopping newyorkese è un sacrosanto diritto di ogni donna proprio come lo ha ricordato più volte Carrie Bradshaw nel film Sex & the City. Recarsi da Barneys, oltre a rappresentare un obbligo morale era il posto giusto per acquistare le Manolo Blahnik destinate a essere esposte con fierezza nella propria cabina armadio.

Ma purtroppo da agosto 2019, qualcosa incominciava ad “oscurare” il sogno delle più “Shophaolic”: il regno della moda, Barneys con il suo primato indiscusso di classe ed eleganza e di clientela ricercata was not meant to be anymore. Tutto iniziò a partire da dicembre 2019 per essere ufficializzata a febbraio 2020, la notizia sconvolgente: lo shop storico chiude per bancarotta mettendo fine al sogno americano iniziato nel lontano 1923 da suo fondatore Barney Pressman.

Lo store ha segnato la storia della città di New York da quando è comparso per la prima volta nella Seventh Avenue di Manhattan, associando il proprio brand, nell’immaginario collettivo, all’idea di benessere e al famoso star system; regno amato sia dalle fashion victims che dalle fashion icons. Barneys era vagliato quotidianamente da milioni di consumatori di beni di lusso nello sfondo vivace della Grande Mela. Brand come Armani, Comme des Garçons ed Azzedine Alaïa erano solo alcuni dei marchi di cui il negozio vantava il suo prestigio. Con l’annuncio ufficiale della bancarotta, si sono susseguite una serie di svendite “saldi per chiusura” con conseguente assalto da parte della folla per portare a casa non solo un capo di Barneys ma anche un frammento dello stesso store: che sia solo un brandello per fantasticare un’esperienza unica nel suo genere oppure una testimonianza che dica ai posteri “I have been there”.

“Dalle stelle alle stalle” in un solo week-end o poco più e non solo! la merce invenduta è stata riversata nei cassonetti fuori dallo store, attirando le fashion victims in ricerca di qualche ultimo pezzo da sogno. Inoltre, la situazione fuori controllo ha fatto scaturire numerosi dubbi presso l’opinione pubblica per quanto riguarda la tematica spinosa degli sprechi nel luxury environment: meglio cestinato che svalutato? Il dubbio resta, anche se ad oggi, dopo la crisi che inevitabilmente la moda ha affrontato e continuerò ad affrontare nel post Covid-19, ci si chiede se non esista davvero una soluzione più accettabile in caso di liquidazione dei grandi store di lusso per evitare lo spreco indiscusso del prodotto.

Il motto dello store “No bulk, no Junk, no Imitations”, sul quale l’imprenditore costruì una vera e propria filosofia che andava oltre al concetto di negozio e oltre al momento che, all’epoca di apertura, correva verso il primo ostacolo, la crisi del ’29 e non solo… ma anche oltre alle persone che avevano deciso di credere in quel uomo e nel suo sogno.

Questa è la storia di una fine inaspettata e infelice, un triste risveglio dal torpore che accompagnava quel sogno americano così caro agli utopisti e fashionisti newyorkesi. Se solo si pensasse a come tutto è iniziato: un investimento concreto e decisamente sentito quello di Barneys Pressman che stando alle fonti, avrebbe inizialmente investito nell’attività una somma di appena 500 dollari impegnando l’anello di fidanzamento della moglie. Dopo la dichiarazione di bancarotta, lo store è stato venduto ad Authentic Brands Group che ha adottato una scelta discutibile, chiudendo i punti vendita e licenziando la maggior parte degli impiegati. Pare, secondo il credo del gruppo imprenditoriale, che il futuro del lusso al dettaglio non sia più indirizzato verso l’acquisto effettuato dal singolo in store (scelta discutibile anche quest’ultima). Convinti fermamente che Barneys sia molto di più che un’esperienza face-to-face, i newyorkesi stentano a credere quanto sia successo: le passeggiate nella Grande Mela non saranno più le stesse senza le vetrine finemente rifinite bordate da quel logo semplice, nero su bianco, che racchiudeva ciò che Barneys era: un sogno ad occhi aperti, una cartolina simbolo della città, un posto sicuro dove essere se stessi e gioire dello shopping.

Fanny Trivigno

Sources:

https://en.wikipedia.org/wiki/Barneys_New_York

https://www.elle.com/it/moda/ultime-notizie/a31092642/barneys-negozio-new-york-fallimento/

https://www.ansa.it/canale_lifestyle/notizie/lusso/2019/11/19/fine-di-unera-a-manhattan-barneys-svende-e-chiude_a6c4d0ce-5d83-4e58-a8cb-edb3030a03f1.html

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Luxurious entertainment only?
Ditching Netflix for Gemflix, the private club not only for fashion lovers

Since the Lockdown has become basically a sort of “unwanted, smart-alecky guest”, the only comfort ready to be found every time is the marvelous world of Netflix with its tv series and movies that turned to be, unfortunately, tedious and monotonic. So, What about a little twinkle of freshness?

The solution may be easier than expected and not expensive at all. In the last weeks, some new bling took the scene on Zoom. It is called Gemflix and it seems already able to steal the show from the old granny, Netflix. Instead of series and films, the public eye and screen would be caught by the best jewelry experts worldwide.

They would be ready to answer to all possible questions regarding the Gems environment: from the history of their single parts to the timeless tales of craftsmanship which turned the pieces into a masterpiece.

Gem X, to be precise, was born as a private social club in New York around 2017. Its aim was to provide a sort of “sneak peek” behind the scenes of the jewelry industry through small tours around the actors of the studios; from artisans to action houses including museums.

Before the very beginning of the lockdown, famous brands like Cartier and Bvlgari were about to join the platform by launching a series of live events for the beginning of the spring.

As many successful business projects, Gem X was born from the perfect fit among passion, technology and an explosive desire for new challenges; its co-founder Heidi Kreamer-Garnett has been able to convert the forecast into a sense of community able to bring a little sparkle in every person who has a particular interest into precious ornaments.

The fortunate meeting between Kreamer-Garnett and her colleague Jamison, who helped her out bringing to life the Gem X idea, took place at the GIA (Gemological Institute of America) in Manhattan: since that moment, one with a marketing background and the other with a finance foundation, they both saw the opportunity to enhance the jewelry visibility without stopping at their settled lovers.

When, unfortunately, the well-know Covid-19 forced the world into the lockdown, Gem X stepped out seeing a potential chance to invite jewelry experts in order to join and share their wide and priceless knowledge on a variety of topics connected to gems, their heritage and their value.

The broadcast was available every two weeks for members of the club or not. The club had the pleasure to guest the 30-eyers-old new jewelry genius Loren Teetelli from Loren Nicole. Starting from the university of Vermont with a focus on pre-Columbian art, she went on numerous digs from central to south America and she had the chance to investigate further in Peru. Since there, it has been a series of successful steps: from an internship with technician lab of the American Museum of Natural History to the Metropolitan Museum of Arts in order to shape even more deeply her style through the study of  gems and ancient ethnographic textiles in the America, Oceania and Africa collections.

The now based in Los Angeles artist demonstrated, during her live broadcast, her use of the ancient Greeks “goldsmithing techniques” which could be simplified as a sort of granulation, for non-experts, then, the club guested the jewelry historian and Sotheby’s auctioneer Amanda Triossi, who was able to catch everybody’s attention by introducing the topic of Italian Renaissance painting adapted on jewelry. They also guested the famous gemstone cutter Jean Noel-Soni.

Based in San Francisco, the brilliant artist pointed out on the most efficient techniques of gems cutting and the need of combine this ability with patience, wonder and research.

Furthermore, in order to bring also some relief to people who could not be part of the public row due to the advent of Covid-19, Gem X asked its viewers to make a contribution to various causes like for example No Kid hungry in US, Médecins sans Frontières and Gem Legacy which is in charge to raise money for supporting the miners in Tanzania during the virus crisis. In this way viewers have the chance to promote charity in their own way.

In the next weeks many more jewelers like Bvlgari, Cora Sheibani and Hemmerle have decide to join forces together; with the aim of not only display their unique and creative products but also to spread a sense of philanthropy and caring assistance worldwide.

We could be far, but empathy is still the best bling we may wear.

Fanny Trivigno

Sources:

https://www.vogue.co.uk/fashion/article/gem-x-jewellery-talks-free

https://www.loren-nicole.com/loren

https://topnotchfaceting.com/home.html

A New Wave Jewelry Genius Who Makes Her Pieces the Old-Fashioned Way

Breathing Fresh Life into Time-honored Techniques, Loren Teetelli Carefully Preserves the Stories of Historic Civilizations Through Her Collection of Handcrafted Jewelry.

#LUXURYMOMENTS: #LUXURYJUICE

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 PH. by Filippo Pollastrini- Shoredich Street Art, London

London as never before: A Digital Fashion week

An upcoming platform is driving everybody’s attention for the next London Fashion week; starting from June 12 to June 14, it promises 12 months of “Future”

Against the common opinion which usually labels fashion industry as an aggregation of captivating but trivial elements, the British Fashion Council has just proved that it is also an unexpected adaptation-machine. In a moment in life when the only idea on being at less than one meter from each other seems unreal, London fashion week faces the problem by creating a solution to the classical physical shows: the first fashion event entirely digital.

But how to cope with all the original distinctive aspects that the new catwalks should give up on?

The chief executive of the British Fashion Council, Caroline Rush, points out the huge benefit that is immediately associated with the fashion digitalization: the key is the innovation which today is already everywhere and may constitute an interesting prospective in the future not only for showcases. With the lack of physical barriers, designers could share not only their work but also their stories in order to create both a wider global community and a more aware client.

So, here it is the magical proposition: from June 12 to June 14, London City.

The designers would have the freedom to build up their own content; they could range from digital look-book to brand-video, short spots to written-out Q&A and even podcast. The offer sorting is, as previously mentioned, up to the designers and their ability to communicate during the Covid-19 Isolation but it will be also shaped on their personal idea of branding and marketing communication.

To sustain the all situation, meeting tools as Zoom, Skype and Instagram Lives have been substantially integrated to all the fashion brands involved as to show that, despite the lockdown, the relationship with fans and customers still remains a necessary engagement: through social media livestreams, especially, people have the power to stick together, taking down the dramatic tones around them.

Here, fashion echo become inclusive and supportive: the fashion industry is stepping out of its old conceptions of exclusivity and unreachability. Furthermore, it has been anticipated that the London Digital platform is going to adapt showrooms in order to connect directly the brands and the buyers; the occasion could prove its success also by encouraging new opportunities to collaborate and influence positively the society firstly, by inviting all the people connected together to reflect upon some topics like sustainability (not only in the garments but mostly in the process behind them), value prepositions, brand management and craftsmanship. The idea behind all these premises is still, looking at the future and cherish humanity now more than ever.

Another innovative characteristic of the London Fashion week is its gender-agnostic vibe: this aspect will enable not only womenswear and menswear to participate but also “genderless labels”. The intentional content has been carried out according to the international fashion calendars (both for men and women) in order to avoid postponements and, mostly, to promote uniqueness and modernity.

The reception has been largely promising, famous designers around the world like Virgil Abloh, Joseph Altuzarra, Matthew Williams and Gabriela Hearst confirmed their presence despite the “official” pause of the fashion industry. Like the “Londoner” example, some good news regarding Fashion on digital platforms, has arrived from Asia: Shanghai and Tokyo adopted the livestream fashion week in March.

Now the excitement seems to be more than the actual concern: to keep up with the Covid-19, London is stepping forward challenging it and, for all the fashion lovers, already winning the harsh match by achieving the best results not only in terms of audience and expectations.

Fanny Trivigno

SOURCES

https://www.pambianconews.com/2020/04/21/londra-non-rinvia-le-sfilate-e-accetta-la-sfida-prima- fashion-week-interamente-digitale-291373/; https://www.vogue.com/article/london-fashion-week-goes-digital-for-june-2020; https://www.insider.com/london-fashion-week-gender-neutral-virtual-2020-4

#LUXURYMOMENTS: #LUXURYJUICE

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A Talk with Ilian Rachov

Noto negli ambienti della moda come il “Guru” dello stile e dell’arte e per aver reinterpretato in chiave moderna il simbolo della medusa che identifica la famosa maison italiana Versace, in tutto il mondo, anche senza doverne leggere il nome. Ilian Rachov ci incuriosisce non solo come artista, disegnatore e personaggio pubblico ma anche dalla prospettiva di un lato della sua persona che pochi conoscono …e lo svelerò qui di seguito, per voi.

Ilian nasce a Sofia, in Bulgaria, ed inizia il suo percorso artistico, come autodidatta, negli anni 90. Respira l’aria delle chiese ortodosse del suo Paese, rappresentate dall’arte bizantina, che toccano le corde della sua anima. I sui occhi catturano quei colori, quelle tecniche antiche che sembrano appartenere ad un’altra epoca e circoscritte all’ambito religioso. Comincia così a vibrare in quell’animo sensibile di ragazzo dagli occhi timidi una dirompente passione per l’arte e l’idea di realizzare su tela ed in chiave moderna ciò che quelle icone gli hanno ispirato.

Quando approda in Italia, lo fa in pompa magna e come un “Caronte e la moneta per l’Ade” traghetta il marchio Versace verso il podio, facendogli guadagnare la medaglia d’oro nel panorama della moda, lo stesso oro che dipinge sui tessuti in stile barocco, da cui traspira opulenza e fierezza.

Romano di adozione, ama questa città eterna e ne riscopre proprio in questo periodo il lato positivo di quel silenzio a cui nessuno è abituato; ne trae pienezza per la sua arte, come solo i grandi artisti sanno fare, rappresentando così un terreno fertile dove poter coltivare i futuri progetti lavorativi.

Ilian Rachov però non è solo il grande artista abituato a frequentare gli eventi mondani della capitale legati alla moda e all’arte. È anche un uomo la cui anima si percepisce ancor prima che lui stringa la mano per presentarsi. Uno spiccato ed innato senso di umanità è rivolto a quelle persone percepite dai più come “invisibili” e sfortunatamente abituate a vivere per strada.

Un artista poliedrico ma al contempo un uomo proteso a tendere la mano agli altri che fattivamente è riuscito ad interpretare il profondo messaggio di un altro grande artista, Michelangelo Buonarroti, che con il dipinto “la creazione di Adamo”, ( Cappella Sistina ndr),  ha raffigurato una mano protesa versa un’altra, le cui interpretazioni possono essere molteplici ma indubbiamente altruistiche; un’opera d’arte nell’opera d’arte.

Manuela Squatrito

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International Couture Fashion Show
July 2019 PH. By Marco Carusotti

IN DIRETTA A CASA NOSTRA!

Sarà questo il futuro delle Fashion Weeks? Tokyo e Shangai non hanno rinunciato a presentare le loro collezioni e anche Londra ha annunciato che le trasmetterà live streaming. Se si pensa che una sfilata in media dura 15 minuti e può costare anche cento mila euro, mi chiedo se la decisione di trasmettere in streaming influenzi anche i costi o è solo una necessità della situazione attuale dettata dalla Pandemia?

Se il futuro delle Fashion Weeks sarà via Web, l’emozione che prova lo stilista durante l’uscita finale, in complicità con l’entusiasmo dello spettatore, in una location colma d’applausi, di clic di video e fotoreporter che immortalano uno spettacolo unico che ha fatto sognare generazioni sino dall’inizio delle sfilate nelle boutique di Coco Chanel con lei seduta in cima alla scala del suo Atelier mentre osservava le reazioni di chi contemplava le sue creazioni.

Quasi tutte le sfilate previste tra maggio e luglio per presentare le collezioni 2021 sono state posticipate o avranno luogo con format diversi, già durante l’ultima fashion week di Milano, a febbraio, i designer cinesi impossibilitati a partecipare avevano realizzato le loro sfilate a distanza, grazie all’iniziativa China, we are with you di Camera Nazionale della Moda Italiana.  La Rakuten Fashion Week di Tokyo dal 16 al 21 marzo è andata live anziché essere cancellata e così la Shanghai Fashion Week è stata interamente digitale in un contesto di lockdown mondiale, ha attirato 2,5 milioni di spettatori nelle sue prime tre ore e si è svolta tra il 24 e il 30 marzo, con 150 Brands che hanno sfilato su una passerella totalmente virtuale. Invece la Camera Nazionale della Moda ha deciso di posticipare le sfilate e le presentazioni di Milano Moda Uomo, previste dal 19 al 23 giugno 2020 a quelle dell’edizione di Milano Moda Donna, in calendario dal 22 al 28 settembre. Altaroma, il centro propulsore della Moda Italiana emergente, ha slittato la sezione di luglio di Who Is On Next, di Showcase e Fashion Hub a settembre dal 15 al 17 e anche qui si parla di sfilate a porte chiuse o con pochissimi addetti al settore, un massimo di 100 presenze in sale che nella scorsa edizione contavano almeno 400 persone sedute oltre a centinaia di fotografi e videoreporter in pedana senza scordare i famosi standing. Raffaello Napoleone, amministratore delegato di Pitti Immagine ha annunciato, per Pitti Uomo, un capitolo di innovazione intitolato Pitti Connect, una versione nuova rispetto alle piattaforme digitali, disegnata anche sulle esigenze specifiche delle diverse tipologie di prodotto e di salone.  Anche la London Fashion Week rispetterà le date prestabilite e sarà presentata in una nuova piattaforma digitale che riunirà le nuove collezioni donna e uomo in un unico format gender neutral. Il British Fashion Council ha annunciato che per i prossimi dodici mesi la piattaforma su www.londonfashionweek.co.uk sarà attiva a partire dal 12 giugno 2020. Il sito sarà aperto a tutti: giornalisti, buyer e consumatori, per avvicinare la comunità in questo momento difficile per tutti i settori.

Il virtuale, in questo caso, è la soluzione: da qualche anno quasi tutte le sfilate sono state trasmesse anche in streaming sui siti e sui profili social dei diversi Brands. Ma il settore può davvero fare a meno del fascino e dell’aura di esclusivo mistero che avvolge ogni defilé?

Quindi il futuro sarà dettato dalle sfilate via streaming e senza la presenza delle celebrities accalcate nelle front rows, direttamente a casa nostra, mentre siamo seduti sul nostro divano preferito, è il primo passo verso un nuovo sistema dove qualsiasi tipo di evento che sia fashion show, talk show, concerto o conferenza, potrà essere fruito sulle piattaforme social come un programma televisivo di qualità. Immaginiamo che il nostro defilé sia supportato da una clip audio e video, da delle slides grafiche, dove possiamo anche interagire in tempo reale, insieme a una molteplice di protagonisti dislocati nel mondo! La differenza tra questo “programma” e quelli che vanno in onda nei normali broadcast è dettata dalla presenza di una regia mobile che segue in tempo reale tutto l’evento con telecamere Full HD, coordinando i contributi provenienti da ogni tipo di sorgente come Skype, Whatsapp video, FaceTime, Zoom. Questa nuova modalità permetterà a giornalisti e buyers di tutto il mondo di intervenire in live conference o in chat partendo dal backstage mentre si preparano le modelle per il defilé. Cosi l’evento live si trasforma in un vero tv show!

Uno dei massimi producer del settore moda, Alexandre de Betak, ha dichiarato di recente a BoF (Business of Fashion) che “Alla fine le maison concorderanno con noi che a volte, della sfilata non c’è nemmeno bisogno. L’evento potrebbe essere addirittura sostituito da un’azione positiva: ai tempi di Instagram, l’aspetto più importante di qualsiasi evento è la vitalità sui social”. Il tempo dimostrerà se questa teoria sarà valida. I designer condivideranno inoltre le loro storie e le loro collezioni a un pubblico più ampio e sicuramente più internazionale, si orienteranno verso una comunità globale. Una nuova pagina nella storia della moda inizierà ad essere scritta sicuramente dopo il COVID-19.

Live streaming Fashion Show by Vertigo Live
International Couture July 2019

Maria Christina Rigano

PH. by Francesca Santopadre

Fonti

https://www.businessoffashion.com/articles/professional/fashions-king-of-events-on-the-future-of-fashion-shows

Londra non rinvia e accetta la sfida: prima fashion week interamente digitale

Marenzi: “Pitti a settembre? Una scelta di cuore”. E a costi “calmierati”

Sfilate al liberi tutti. Saint Laurent non sarà a Parigi, “controllerà suo calendario”

#LUXURYMOMENTS: LUXURYJUICE

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Lo Smart Working nella moda
Quando la distanza cambia il modo di ascoltare, prendere decisioni e fare progetti

Sempre più aziende scelgono il lavoro a distanza, lo smart working sembra l’unica soluzione al periodo di emergenza che tutti stiamo vivendo. Esso appare la risposta perfetta per arginare il contagio e per non arrestare l’economia. Lo smart working risulta immediato, produttivo e concreto, ma purtroppo non può essere applicato in tutti i settori professionali. Alcuni lo percepiscono come la rivoluzione dell’attuale sistema organizzativo, la giusta “spinta” che assicura una medesima o addirittura ampliata produttività oltre al notevole risparmio per quello che concerne i costi relativi agli spostamenti dei dipendenti (emissioni di CO2). Altri invece vi riscontrano delle criticità: in primis la difficoltà di comunicazione ed il probabile misunderstanding tra i colleghi che formano un gruppo di lavoro. In Secundis vanno considerati i casi di cali di attenzione connessi ad un uso eccessivo del pc, da non trascurare la sensazione di isolamento che potrebbe provocare.

Il mondo della moda, grafico e sempre al passo con i tempi, ha deciso di adoperare la modalità smart per quanto riguarda la sua amministrazione e più generalmente parlando, esso sta cercando di cogliere un lato positivo dalla tormenta covid-19. Ma si può davvero parlare di produttività e riequilibrio nel mondo della moda o le sue caratteristiche specifiche di creatività e celerità pregiudicherebbero la buona riuscita dello smart working?

Cercherò di rispondere a questo quesito attraverso degli esempi tangibili valutando vari aspetti.

Una considerazione positiva arriva sicuramente dal taglio dei costi: la modalità smart consente una riduzione delle spese aziendali in termini di logistica e di costi energetici. Alcune aziende come Alexa Chung studios con sede a Londra, hanno uno spazio ricreativo composto da cucina e dispensa ed addirittura un bagno con doccia per permettere al loro staff di ricomporsi prima di partecipare a un evento mondano. Inoltre, calcolando l’impatto ambientale, si potrebbe stimare un risparmio minimo annuale di 135kg di CO2 per non parlare del fatto che la modalità smart sembri conciliare il dilemma su cosa scegliere, “vita privata-vita lavorativa”, in maniera soddisfacente. Questa modalità rivela una soddisfazione personale di +35% dovuta al fatto di potere essere impeccabili ed efficienti in entrambi i campi.

Passando invece, come dovuto, agli effetti negativi si stima che la percezione dell’isolamento e la difficoltà di comunicazione seppur adeguatamente sopportate dalle tecnologie, siano ancora il cruccio centrale della questione.

Delle considerazioni e delle intuizionipositive arrivano soprattutto dal mondo della moda che ancora una volta dimostra di non essere solamente il bello e il piacevole, ma anche di essere un settore concreto, funzionale e ben organizzato. Qui la modalità smart è diventata tendenza, come lo è sempre stata quella di abbracciare “smart people” proiettati a guidare un’azienda che comporta qualità e caratteristiche specifiche sia nel canale offline sia in quello online: abilità nel prendere decisioni, capacità di ascoltare, di osare e di reagire alle pressioni elaborando soluzioni.

È il caso di Hélène Poulit-Duquesne, Ceo di Boucheron, azienda di orologeria e gioielleria con sede a Parigi. Si parla di programmi che, nonostante contemplino tassativamente diverse ore di meeting online, concedono anche la possibilità di riscoprire i piccoli piaceri dimenticati dalla frenetica vita parigina. Tuttavia, la nostalgia dell’ufficio è solo uno dei piccoli tasselli dell’ingranaggio -conseguenza Covid-19 – Ma cosa succederà quando il lockdown terminerà?

Un altro esempio è Jean-Christophe Babin, Ceo di Bulgari che sottolinea l’importanza del pianificare adesso in relazione al futuro. Per poter gestire in maniera soddisfacente il lavoro da casa, sono necessari alcuni strumenti di lavoro come ad esempio Microsoft Teams e Zoom. In particolare quest’ultimo programma, disponibile anche in versione app, si sta rivelando uno strumento fondamentale per l’industria della moda in quanto permette la visualizzazione del prodotto, in questo caso, il prezioso gioiello, nel particolare dei suoi dettagli: un’esperienza essenziale e appagante per il cliente.

Tutto ciò permette all’azienda di far fronte all’emergenza in maniera efficace andando ad incidere su quella porzione di lavoratori che non sono direttamente impegnati nella produzione di gel sanitario, come ha dichiarato più volte la casa madre LVMH. Altre misure concrete riguardano la sospensione della nuova collezione di alta gioielleria BVL: come specifica Babin, la data stabilita per giugno 2020 resta ancora troppo incerta per l’organizzazione di un evento collettivo.

Per quanto riguarda l’industria del vestiario, Nicolas Santi-Weils direttore artistico di Ami Paris, sostiene l’importanza di pianificare un timing per le conferenze tramite Zoom: un massimo di 40 minuti è da considerarsi il necessario per la produttività. Oltre alle tempistiche, si parla di tagli; se la collezione autunnale resterà immutata si potrà pensare a una leggera riduzione per quanto riguarda gli ordini all’ingrosso della collezione invernale.

L’unico canale su cui investire ora sembra quello online. Tuttavia le perplessità riguardanti la presentazione della nuova collezione sembrano abbondare soprattutto per quello che concerne la creatività, la fluidità dei tessuti e l’armonia della mise nel suo complesso. Bastien Daguzan, direttore artistico di Paco Rabanne, sostiene che la creatività nella moda non possa essere compensata dall’efficienza. Con la preparazione della collezione SS-21 in corso, l’azienda si interroga sulla validità dell’organizzazione di un evento così importante come una sfilata su catwalk, da remoto. Ma la direzione, almeno per il momento, sembra protendere per lo showroom digitale poiché calcolando anche le restrizioni di viaggio nel post cov-19, ad assistere sarebbe inevitabilmente un pubblico limitato.

Quindi che sia in un attico soleggiato a Parigi, in un appartamento di New York o in un cottage in Normandia, la moda non si ferma: si fa smart e si dà degli obiettivi in attesa di poter riprendere a catturare il suo pubblico dal vivo. E noi siamo con lei, rigorosamente in smart-mode.

Fanny Trivigno

FONTI

https://www.google.it/amp/s/www.corriere.it/moda/20_marzo_24/effetto-smart-working-l-commerce-destinato-crescere-shopping-on-line-va-tute-biancheria-gioielli-fd6b4e8e-6d10-11ea-ba71-0c6303b9bf2d_amp.html

https://www.google.it/amp/amp.ilsole24ore.com/pagina/ACQTsBMB

Coronavirus: catastrofe della moda o riequilibrio?

https://www.voguebusiness.com/talent/articles/luxury-fashion-ceo-headhunters-executive-search-recruitment-burberry-gucci/

https://www.voguebusiness.com/companies/4-luxury-chief-executives-on-leading-remotely-bulgari-ami-paco-rabanne-boucheron-covid-19