Le lingue: un mondo affascinante e profondo, imprescindibile nella vita di ognuno di noi fin dall’infanzia. Nonostante il ruolo fondamentale che riveste nella quotidianità, la maggior parte delle persone utilizza questo strumento di comunicazione in maniera inconsapevole, ignorando la complessità che si cela dietro al suo sviluppo e alla sua continua evoluzione.
Io mi sono sempre interessata allo studio delle lingue perché ho avuto modo di entrare in contatto fin dall’infanzia con diverse realtà linguistiche. Il ramo paterno della mia famiglia infatti è di origine umbra, per cui mi sono spesso trovata ad ascoltare conversazioni e proverbi in dialetto che mi incuriosivano data la differenza con il modo di parlare a cui ero abituata. Ciò che mi colpiva era come, già all’interno del mio nucleo famigliare, ci fosse una differenza linguistica così accentuata.
Crescendo,
il mio contatto con le lingue aumentava, grazie anche all’influenza di mia
madre, che mi ha sempre incoraggiata ad imparare l’inglese mediante la
frequentazione di corsi privati fin da quando avevo otto anni.
Durante il
mio percorso alle scuole medie, oltre a rafforzare la mia conoscenza
dell’inglese, ho avuto modo di ampliare il mio panorama linguistico con lo
studio dello spagnolo. La musicalità della lingua, unita al fascino della
cultura, ha reso lo spagnolo una delle mie lingue preferite, sebbene abbia
deciso di non inserirlo nei miei studi universitari. Questa decisione però non
deve far sottovalutare l’importanza che ha avuto nella mia vita: infatti è
stato proprio l’amore per lo spagnolo ad indirizzarmi verso la scelta del liceo
linguistico.
Alle scuole
superiori quindi ho avuto l’opportunità di apprendere una nuova lingua: il
francese, con il quale inizialmente ho avuto molte difficoltà. Nonostante la
mia avversione però, grazie all’aiuto del mio professore sono riuscita a comprendere
i complicati meccanismi di grammatica e pronuncia ed ho iniziato ad apprezzare
veramente questa lingua. Durante gli anni, il mio rapporto col francese è
andato via via rafforzandosi soprattutto attraverso la lettura in lingua
originale di grandi classici della letteratura, tra cui autori come Voltaire,
Zola e Camus.
Il motivo
per cui ho deciso di continuare il mio percorso con la lingua francese
all’università è stata l’importanza che ai miei occhi riveste nell’ambito
internazionale e diplomatico, coerente con il mio sogno di diventare
un’interprete parlamentare.
Una cosa per
cui mi ritengo particolarmente fortunata è l’opportunità che ho avuto di
entrare in contatto con queste lingue non solo a livello accademico, ma anche a
livello personale. Ho iniziato a viaggiare sin da piccola con mia madre e ho
visitato molti Paesi, diversi tra loro ma ognuno meraviglioso a modo suo. Lo
Yucatan, Zanzibar e Dubai ne sono la prova. Nonostante mi sia immersa in mondi
diametralmente opposti, non ho potuto fare a meno di amarli proprio per le loro
peculiarità. Vedere con i miei occhi realtà differenti dalla mia quotidianità e
farne esperienza concreta mi ha stimolata sempre più in questo mio percorso,
spinta dalla voglia di comprendere e di essere parte del mondo.
L’ultimo arrivato, in termini di studio linguistico, è il russo, che ho deciso di iniziare all’università. Ad essere sincera, la mia è stata una scelta azzardata, fatta in nome della mia passione più grande, la danza. La Russia è infatti la patria del balletto classico, che io amo, e la voglia di migliorare la mia conoscenza di questo paese dal punto di vista culturale mi ha spinta ad inserire questa lingua nel mio corso di laurea. Inoltre, il mio desiderio era studiare una lingua fuori dal comune in prospettiva del mio futuro lavorativo.
In
conclusione, guardandomi indietro, posso dire che mi sono trovata quasi
involontariamente ad interagire con lingue diverse, ma ora, guardando avanti,
ho deciso volontariamente che esse facciano parte della mia vita per sempre.
La rassegna stampa
internazionale dell’UNINT sul COVID-19
I numeri legati
alla diffusione del Covid-19 continuano a crescere e toccano tutte le zone del
mondo, anche le più remote.
Il lavoro della
rassegna stampa ci mette di fronte alla dura realtà perché ci costringe alla presa
di coscienza di un fenomeno che va al di fuori delle nostre facoltà e dei
nostri poteri.
Tuttavia,
crediamo fermamente che l’informazione e la consapevolezza siano le principali
armi per poterci difendere in questo buio periodo.
Per questo motivo proseguiamo nel nostro lavoro fieri e sempre più desiderosi di sapere… e di “far sapere”.
Sara Nardi
In Brasile il Presidente Jair Bolsonaro fino a pochi giorni fa definiva il Covid-19
una gripezinha ovvero una banale
influenza da cui il 90% del popolo brasiliano era immune.
La gravità della situazione però ha fatto sì che venissero prese le prime
misure di restrizione anche se, come riportato da Il Fatto Quotidiano «Bolsonaro parla (troppo tardi) di minaccia».
Sono le cifre infatti a confermarlo: 9.216
contagi di cui 365 decessi.
Lo Stato di Pernambuco si trova a dover fronteggiare un nuovo aumento di
casi. Sale infatti a 136 il numero
di contagiati mentre sono 10 le persone decedute, secondo quanto riportato nel
bollettino del Centro di Assistenza Sanitaria statale del 3 aprile. I casi
confermati sono distribuiti in 14 municipi dello Stato.
Nel tentativo di contenere e limitare la diffusione
del Covid-19 lo Stato di Pernambuco ha ampliato il precedente Decreto (che
prevedeva esclusivamente la chiusura delle scuole,
la sospensione di tutte le attività commerciali non essenziali e dei servizi
pubblici) vietando l’ingresso a spiagge e parchi fino al 17 aprile.
Il Presidente della Centro di Assistenza Sanitaria
statale André Logo ha sottolineato l’importanza delle misure che saranno
adottate nei prossimi giorni. Difatti gli esperti brasiliani hanno dichiarato
l’attesa di un picco massimo dei contagi per la seconda metà di aprile. È
proprio in previsione del dilagare della pandemia che il Governatore ha
ribadito la necessità di far comprendere a tutti i cittadini l’importanza di
rimanere in casa disponendo, inoltre, maggiori misure di controllo nella
capitale dello Stato, Recife. È
notizia di domenica che il Governo, in accordo con i sindacati delle imprese di
settore, si servirà delle compagnie telefoniche per avere libero accesso al
traffico dati dei cittadini. Il tutto avverrà in forma anonima e servirà
esclusivamente per localizzare gli assembramenti di persone in tutto il
Paese.
A San Paolo
(Stato) i decessi da Covid-19 sono triplicati nel corso di una sola settimana.
Solo venerdì 27 marzo i casi di morte erano 27 mentre ad oggi il bilancio delle
vittime sale a 219. Anche i casi positivi sono in aumento: nel corso della
stessa settimana da 1200 sono arrivati a 4048
(quasi la metà dei casi totali in tutto il Paese).
Il Governo di San Paolo ha recentemente modificato le misure della quarantena, che garantivano il solo svolgimento dei servizi essenziali per la salute, l’alimentazione e la sicurezza. In conformità alle nuove misure, a partire da oggi il Comitato per le operazioni di emergenza di San Paolo ha introdotto nuove permissioni: sono autorizzate le attività interne negli studi legali e contabili. Tuttavia, l’accesso è vietato ai clienti. Fanno inoltre eccezione gli edifici commerciali e i negozi di ricambi e accessori per veicoli a motore, salvo eventuali restrizioni specifiche da parte dalle singole unità. Sono inoltre autorizzati i servizi di consegna e drive-in.
Giulia Arresta, Alessia Santella
Nel Regno
Unito alle 20 di domenica 5 aprile, la Regina Elisabetta II ha tenuto un
discorso alla nazione: “Stiamo attraversando un momento che porta dolore,
difficoltà economiche e cambiamenti nella vita di tutti” ha affermato la
Regina, ringraziando poi tutti coloro che hanno continuato a lavorare per
sostenere e sostentare la popolazione e le imprese che hanno convertito la
produzione per far fronte all’emergenza. Nel frattempo, le condizioni de
premier Boris Johnson hanno iniziato a peggiorare, rendendo necessario il ricovero.
La popolazione, invece, ha riacquistato speranza guardando i miglioramenti in
Italia, anche se la condizione non è la stessa. Inoltre, ad oggi, molti
cittadini continuano a non rispettare le regole e il numero di contagi è in
aumento. Ad Hove, nel sud est dell’Inghilterra, un poliziotto ha spento di
forza un barbecue in spiaggia. Nel settore dei trasporti pubblici, un operatore
ha dichiarato: “non vengono distribuite mascherine e guanti ai conducenti degli
autobus o metropolitane e i mezzi non vengono disinfettati come dovrebbero”.
In Australia
i casi salgono a più 5800, il numero delle vittime a 40 e i guariti a più di
2000. Per questo il primo Ufficiale Medico Capo australiano, Brendan Murphy si
è mostrato fiducioso sul’efficacia delle misure di sicurezza e invita
fortemente gli australiani a non spostarsi o raggrupparsi per i festeggiamenti
di Pasqua. Il primo ministro Scott Morrison ha annunciato servizi per
l’infanzia gratuiti per tutte le famiglie che ne avranno bisogno, garantendo
13000 asili aperti in tutto il paese. Nel frattempo, il museo nazionale
australiano sta allestendo una mostra per ricordare gli incendi dell’ultima
estate, per mantenere viva la consapevolezza nonostante la pandemia.
In Canada,
domenica 5 aprile, sono stati effettuati i primi rimpatri, tramite charter, dei
passeggeri di una terza nave infetta approdata in Florida: La Princess Cruises. Nel mentre i dettagli
del rimpatrio dei 248 passeggeri a bordo delle Ms Zaandem ed Ms Rotterdam
rimangono ancora poco chiari. Il coronavirus colpisce anche le popolazioni
indigene e il capo tribù, Harvey Yesno ha affermato: “siamo molto preoccupati a
causa dei sovraffollamenti nelle case” poiché, spiega il giornalista
nell’articolo di The Globe and Mail,
la media di abitanti per nucleo familiare è di sei persone.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, sabato scorso, il presidente Trump ha affermato che,
nonostante sia risultato negativo al test del Covid-19, prenderà in
considerazione l’assunzione di idrossiclorochina (farmaco antimalarico),
basandosi su alcuni studi che ne confermino l’efficacia contro il virus.
Tuttavia, il direttore dell’Istituto nazionale per le malattie infettive,
Anthony Fauci ha puntualizzato che non ci sono dati a favore di questa tesi.
Nel frattempo, il chirurgo generale degli Stati Uniti, Jerome Adams ha
paragonato l’emergenza all’attacco di Pearl Harbor, per sottolineare la portata
dell’attuale momento critico della storia del paese. Ad aggravare il problema,
pare sia la mancanza di una strategia di isolamento congiunta.
I casi positivi in Spagna,
secondo paese al mondo con il maggior numero di casi, aumentano giornalmente: a
oggi si contano 131.551 casi, circa 12.418 decessi e 38.080 guariti. Nonostante
quanto riportato, si registra un calo nel tasso di crescita giornaliera di
questi ultimi: in due settimane, si è passati da oltre il 30% a meno del 7%.
Madrid resta il centro
principale dell’epidemia, con più di 37.000 casi positivi e oltre 4.900 morti,
seguita dalla Catalogna. La situazione non è la stessa in tutto il paese,
poiché la velocità di contagio cambia a seconda delle zone. Tuttavia,
l’impressione generale è che i ricoveri al pronto soccorso stiano diminuendo.
Attualmente, il governo
sta intervenendo su eventuali portatori asintomatici operanti nei settori
essenziali: gli operatori sanitari, gli addetti nelle case di cura, gli agenti
di polizia, il personale dei supermercati potrebbero essere parte di un flusso
di trasmissione silenziosa che si vuole interrompere per scongiurare una nuova
ondata di contagi quando arriverà il momento di diminuire le misure di
distanziamento sociale.
A questo scopo, sono in
corso due azioni: in primis, si effettuano test a tappeto su questi soggetti;
in secundis, si preparano le infrastrutture che ospiteranno i casi positivi che
non necessitano di ricovero ospedaliero. Nella giornata di domenica, Pedro
Sánchez ha chiesto ai Presidenti di ogni Comunità Autonoma di inviargli, entro
il 10 aprile, una lista di infrastrutture pubbliche e private disponibili a
ospitare i soggetti positivi che non necessitano di ospedalizzazione.
A tal proposito, il
ministro dell’interno spagnolo non esclude la possibilità di rendere tale
isolamento obbligatorio, affermando che “In caso contrario, si
studierebbero tutte le alternative consentite dalla legge, perché il principio
fondamentale è il mantenimento della salute pubblica. Nel rispetto dei diritti
fondamentali”.
Questa domenica, l’Argentina
ha registrato103 nuovi casi, portando il numero dei contagi a 1.554 secondo
quanto riportato dal Ministerio de la Salud de la Nación. Stando
all’ultimo aggiornamento, sono stati confermati 32 nuovi casi positivi nella
città di Buenos Aires, con un totale di 439 casi.
A Cuba i casi sono
320: nelle ultime 24 sono risultate positive 32 persone, quattro delle quali
hanno un link epidemiologico legato agli Stati Uniti e alla Spagna.
Le ripercussioni
politiche si fanno sentire anche in Bolivia e in Ecuador dopo che
lo scandalo dei cadaveri nelle strade ha colpito l’immagine di Lenin Moreno.
In Messico, lo
scorso sabato, il numero dei decessi è salito a 79 e i casi positivi confermati
sono 1.890. Un confinamento parziale e volontario – con esercizi commerciali
chiusi – è in vigore nel Paese fino al 30 aprile.
In paesi come il Perù, Panama o la Bolivia, la quarantena è più severa e i governi si occupano delle emergenze sanitarie e del timore di proteste o saccheggi.
Alessia De Meo, Martina Valeriano
In Francia, l’emittente radiofonica Europe1
comunica per 134.000 operatori sanitari italiani l’inizio di una formazione
online volta a offrire “delle indicazioni chiare, fondate sulle conoscenze
scientifiche disponibili, per affrontare la crisi causata dal nuovo COVID-19”,
citando l’Istituto Superiore di Sanità. Prosegue anche la didattica online:
dalla scuola materna dove i bambini devono essere affiancati dai genitori per
l’utilizzo delle piattaforme online, fino alle università dove i corsi si
svolgono in modalità virtuale; l’esito sembra essere positivo nonostante
qualche difficoltà. In Svizzera,
i giornali parlano del miglioramento in Italia, ma i casi oltralpe sono in
aumento. Nonostante ciò, il partito politico Unione Democratica di Centro
vorrebbe far ripartire, con tutte le precauzioni necessarie, i settori
produttivi. Lo zoo Sikypark, nel Bernese, si ritrova in crisi finanziaria: sono
state attivate adozioni a distanza di animali per raccogliere finanziamenti.
Anche le imprese dei trasporti pubblici sono in crisi e hanno richiesto
sovvenzioni statali. Le relazioni interpersonali sono messe a dura prova:
crescono le richieste di divorzio. Tuttavia, aumentano anche i prestiti di
libri dalle biblioteche digitali. In Belgio, si moltiplicano le iniziative di solidarietà
ispirate in parte dall’esperienza italiana: dai servizi di call center per aiutare le persone anziane
a fare la spesa, fino all’app che con pochi click permette di offrire pasti
gratuiti al personale medico di Bruxelles; l’app è stata chiamata 8 pm, in riferimento all’orario in cui i
cittadini applaudono gli operatori sanitari in segno di ringraziamento. Anche
la famiglia reale esprime la sua vicinanza al popolo belga attraverso una
scritta floreale, simbolo di incoraggiamento e invito a resistere in questo
duro momento. Il Covid-19 non è solamente un rischio per la vita di molti, ma è anche il
fattore scatenante di una crisi economica mondiale. Se già la Cina e il mondo
occidentale fanno fatica a fronteggiare un tale impatto sui propri sistemi
economici, cosa sarà del continente africano? L’Africa, da sempre
afflitta da problemi di insicurezza alimentare, si trova infatti a dover
affrontare questo nemico comune con risorse nettamente inferiori. Antonio
Guterres, segretario generale dell’ONU, dichiara che sarebbero necessari circa
3000 miliardi di dollari per supportare i paesi del sud del mondo. Quanto al Canada, il 5 aprile il governo del Québec ha lanciato il
progetto “Le Panier Bleu” (Il Cestino Blu) al fine di unire le varie
iniziative nate per stimolare il commercio locale che ha subìto una forte
battuta d’arresto a causa del Covid-19. Questa misura esprime la volontà di
maggiore autonomia da parte della provincia, che riconosce una dipendenza
eccesiva dall’esterno in materia di approvvigionamenti.
Il villaggio austriaco di Ischgl, meta “in” del turismo invernale, si è di
recente trasformato in uno dei maggiori focolai europei. Abbiamo chiesto a Claudia Angelika Jehle, studentessa
austriaca che quest’anno ha trascorso il semestre invernale in Erasmus all’UNINT,
di parlarci della situazione a Ischgl, suo paese natale.
COME STA
AFFRONTANDO L’EMERGENZA L’AUSTRIA? COSA NE PENSANO GLI AUSTRIACI?
In Austria ci sono restrizioni molto severe. Il Cancelliere Sebastian Kurz
ha dichiarato che si può uscire di casa solo per andare al lavoro, per le spese
necessarie e per aiutare chi non è autonomo.
In generale, la gente segue questi ordini. Purtroppo, ci sono anche coloro
che non sono ancora pienamente consapevoli della gravità della situazione.
I MEDIA AUSTRIACI
IN QUESTI GIORNI PARLANO DELL’ITALIA?
Certamente parliamo dell’Italia, il paese più bello del mondo. Nelle ultime
settimane abbiamo ricevuto notizie terribili, come le foto del convoglio di
Bergamo: immagini che mi fanno piangere. Sembra che l’Italia non abbia risorse
sufficienti per curare tutti i pazienti.
Quello che mi colpisce è che i media vedono sempre l’Italia come lo
scenario peggiore e lo sottolineano spesso. Cito testualmente: “Non vogliamo
che ci tocchi la stessa sorte toccata all’Italia”
COM’ERA LA
SITUAZIONE A ISCHGL NELLE SCORSE SETTIMANE? È CAMBIATO QUALCOSA ULTIMAMENTE?
Il 6 febbraio, quando sono tornata in Austria, la situazione era normale.
La stagione sciistica era al culmine e non si parlava del Covid-19.
L’università a Innsbruck è iniziata come previsto all’inizio di marzo. I
professori hanno solo chiesto agli studenti Erasmus di rimanere a casa e a
tutti gli altri di rispettare severe misure igieniche.
La seconda settimana tutto è cambiato improvvisamente. Hanno chiuso
l’università e sono tornata a Ischgl. Il 13 marzo è iniziata la situazione
eccezionale: quarantena in tutta la valle e chiusura anticipata della stagione.
Il governo ha ordinato di mandare a casa gli ospiti e il personale, nel giro di
mezza giornata l’intera valle è stata sgombrata. Non avrei mai pensato che si
sarebbe arrivati a questo.
QUAL È LA TUA
OPINIONE RIGUARDO QUELLO CHE STA SUCCEDENDO A ISCHGL? PENSI CHE ISCHGL NE AVRÀ
UN DANNO DI IMMAGINE?
Quello che sta succedendo a Ischgl è clamoroso. I media hanno riferito che
abbiamo nascosto dei casi e abbiamo agito troppo tardi; per quanto ne so,
abbiamo immediatamente rispettato le istruzioni ufficiali attuandole il più
rapidamente possibile.
La popolazione di Ischgl non ha colpe: molti turisti già a febbraio
sapevano che l’Italia era alle prese con il Covid-19 ma sono partiti comunque e
dopo la chiusura delle discoteche e degli après-ski bar di Ischgl hanno
affollato i ristoranti. Dov’è finita la responsabilità personale di ogni
individuo?
Sinceramente non penso che questo ci procurerà un danno di immagine. Tutto
il mondo ne è colpito e dopo questa crisi i turisti torneranno di sicuro a
Ischgl per la sua rinomata stazione sciistica.
Francesca Della Giulia, Gabriele Simoni
In Russia la
situazione continua a peggiorare: in 14 regioni sono emersi 658 nuovi casi di
infezioni da coronavirus, secondo quanto riferito dalla sede operativa di
gestione dell’emergenza COVID-19 il 5 aprile. In 24 ore sono stati rilevati 536
nuovi casi di contagi nella città di Mosca, 45 nel Distretto di Mosca, 22 nella
regione di Niznij Novgorod, 20 a San Pietroburgo, 10 a Tula e Leningrado, 4 nel
Territorio di Krasnoyarsk, 3 nel circondario autonomo di Chanty-Mansijsk e
ancora diversi altri casi registrati a Yaroslav, Chelyabinsk, Novosibirsk e
Khabarovsk. Il numero totale dei contagiati in Russia è quindi salito a 5389,
di cui è importante specificare, 3893 solo a Mosca; 45 il numero dei deceduti
mentre sono 355 i guariti.
Sono state adottate nuove
misure di sicurezza da parte delle autorità delle regioni di Krasnoyarsk,
Norilsk e Tomsk. L’Amministrazione dell’oblast’ di Tomsk e l’Agenzia
Governativa Rospotrebnazdor ovvero il Servizio Federale per la tutela dei
diritti e del benessere dei consumatori, hanno stabilito che, dal 6 aprile,
tutti i passeggeri in arrivo negli aeroporti di Krasnoyarsk e Norilsk
provenienti da Mosca e San Pietroburgo saranno sottoposti a due settimane di
quarantena. Gli abitanti della regione dovranno trascorrere la quarantena nelle
proprie abitazioni, mentre chi arriva da altre regioni verrà rimandato a casa o
verrà messo in stato di osservazione per 14 giorni. Risulta necessario
specificare che le suddette regioni si trovano nella parte orientale del
territorio della Federazione, per cui questa è la prova che il virus si sta
diffondendo anche nei posti più remoti.
Una situazione
completamente diversa, la sta vivendo il territorio della Cecenia.
Il presidente della
Cecenia, Ramzan Kadyrov, ha dichiarato che le autorità della repubblica hanno
già provveduto a mettere da parte una fornitura di cibo per un anno. Per
il momento, i confini della regione sono chiusi all’entrata e
all’uscita. Non è noto quando i confini saranno riaperti. Kadyrov
dichiara: “Abbiamo cibo sufficiente per un anno per la Repubblica. Il
Ministero della Salute è dotato di tutto il necessario per ogni
evenienza. Ci siamo preparati. Per questo consiglio ai nostri nemici di
lasciarci in pace: si vedrà in seguito se abbiamo fatto la cosa giusta.
Farò di tutto per proteggere il nostro popolo. Ciò che stiamo vivendo è
peggio dell’estremismo o del terrorismo è una malattia: un terrorista, almeno,
può essere trovato e fermato. Faremo del nostro meglio per garantire che
nessuno venga nella Repubblica e infetti i nostri abitanti”.
Angela Doria, Paola D’Onofrio
In Yemen non è
ancora stato registrato alcun caso di Covid-19 ma il Paese sta attraversando la
più grande crisi umanitaria al mondo causata dalla guerra civile scoppiata nel
2015.
Se il virus dovesse
entrare nel paese la situazione peggiorerebbe ulteriormente. Pertanto, il 25
marzo scorso il segretario delle Nazioni Unite, António Guterres, ha chiesto
alle parti in conflitto di siglare una tregua temporanea.
La popolazione yemenita
soffre già di malattie gravissime e altamente contagiose quali colera, febbre
dengue, morbillo, difterite e malnutrizione cronica. La metà delle strutture
sanitarie del paese sono state distrutte durante i bombardamenti, e i fondi per
la sanità scarseggiano.
Secondo la testata
alThawra-news.net, affiliata al governo internazionalmente riconosciuto con
sede ad Aden, i ribelli Houthi (il gruppo sciita filo-iraniano che controlla la
capitale Sana’a) starebbero sfruttando l’emergenza a proprio favore,
diffondendo l’idea che questa sia stata provocata dall’America e dall’Arabia
Saudita, e invitando i cittadini a morire al fronte piuttosto che del virus.
Secondo l’omonima testata
althawrah.ye, controllata invece dai ribelli Houthi, sono molte le iniziative
messe in campo per far fronte a questa emergenza, come il contributo di 500
milioni di riyal messo a disposizione dalla società Yemen Telecom.
Nella riunione
straordinaria tenutasi la mattina del 31 marzo a Sana’a, il Ministro delle
telecomunicazioni Al-Numair, ha sottolineato il ruolo vitale dei media yemeniti
nella campagna di sensibilizzazione contro il virus. Interessante anche il suo
appello affinché venga permesso l’accesso agli strumenti di comunicazione e
vengano installati dei cavi marini per l’accesso ad internet nel Paese.
Inoltre, sono stati creati un sito e un’applicazione gratuiti per rimanere
aggiornati sulla pandemia.
Tra i vari paesi del
Golfo, notevole è la posizione del Kuwait.
Tra le sue iniziative
nazionali e sociali in linea con il volere del governo, e il piano di
quest’ultimo per far fronte all’emergenza Coronavirus, lo store online Dot-Com
ha lanciato la campagna “Fazaat Watan”. Questa fornisce gratuitamente delle
automobili alle società cooperative che si occupano di trasportare in diverse
regioni del Kuwait prodotti alimentari e beni di consumo sulla base delle
richieste dei cittadini.
L’ingegnere Abdul Mahsen
Al-Harfash, presidente del consiglio di amministrazione dello store online
Dot-Com, in un comunicato stampa ha dichiarato che la campagna “Fazaat Watan” è
stata avviata per facilitare il trasporto di beni di prima necessità. Ciò è
stato possibile grazie al contributo delle società cooperative per azioni in
ogni provincia del Paese durante tutto l’arco di tempo che prevede il divieto
di uscire dalle proprie case. Al-Harfash ha inoltre specificato che tale store
ha messo a disposizione delle società cooperative e degli enti di beneficienza
più di 150 automobili, con autisti inclusi, in modo completamente gratuito
nell’attuale periodo di crisi sanitaria.
Anna Parmegiani, Chiara Riccardi, Dinella Vella
Proprio quando sembrava di essere vicini a tirare
un sospiro di sollievo, in Cina torna la paura di un rimbalzo dei
contagi dopo la scoperta di nuovi casi nella provincia dello Hubei e
alla luce dell’aumento dei casi di importazione, ad oggi 38 (ultimo
aggiornamento 5/4/20).
Cresce in particolare la preoccupazione a Wuhan,
dove si prevedeva per l’8 aprile la sospensione dei divieti sui viaggi in
uscita dalla città e dove invece, lo scorso venerdì, le autorità hanno
rinnovato la richiesta ai residenti di restare in casa e adottare massima
precauzione. Probabilmente le date previste per l’apertura saranno prorogate.
Nei giorni precedenti, il Presidente cinese Xi
Jinping aveva effettuato una visita nella provincia dello Zhejiang, recandosi
nei porti, nelle imprese e nelle zone rurali per monitorare la prevenzione e il
controllo dell’epidemia così come lo sviluppo economico e sociale. Il messaggio
era chiaro: è fondamentale accelerare il ripristino della produzione e il
ritorno alla vita normale.
Ma, in realtà, le immagini più suggestive della
scorsa settimana sono senz’altro quelle di sabato. Il 4 aprile in Cina è stata
celebrato il giorno della commemorazione dei defunti, il Qingming Festival,
che quest’anno ha inevitabilmente assunto un tono ancora più drammatico: in
questo giorno il governo centrale ha infatti indetto il lutto nazionale, in
onore delle vittime dell’epidemia. Così, alle 10 del mattino, il suono delle
sirene nelle principali città cinesi ha sancito l’inizio di tre minuti di silenzio.
A Wuhan, alcuni cittadini hanno bruciato dei pezzi di carta negli angoli delle
strade per rendere omaggio a tutti gli operatori sanitari che hanno perso la
vita nella lotta in prima linea contro il virus, mentre le bandiere in tutto il
paese e nelle ambasciate cinesi all’estero erano appese a mezz’asta.
A Pechino, il Presidente Xi, il Primo Ministro Li Keqiang e gli alti funzionari del
Partito, tutti vestiti in nero e con un mazzo di fiori bianchi appuntati sul
petto, si sono riuniti per la commemorazione delle vittime presso Zhongnanhai,
sede del Partito Comunista e del Governo.
Nei recenti contatti telefonici con i leader di
tutto il mondo, il Presidente cinese ha riconfermato l’impegno della Cina nel
supporto a tutti i paesi colpiti dalla pandemia. Durante il vertice
straordinario del G20 sul Covid-19 tenutosi il 26 marzo, la Cina ha presentato
una serie di iniziative di cooperazione internazionale per combattere la
pandemia e ristabilizzare l’economia mondiale. Nella recente telefonata con il
Re Filippo del Belgio, Xi Jinping ha ribadito che la Cina darà assoluta
priorità all’aumento nella produzione di medicinali e dispositivi medici, così
da poter fornire il maggior supporto possibile per la lotta globale contro
l’epidemia.
Iorio, K.
(2020). “The PM has announced that families
can access free childcare during the coronavirus pandemic. How will that
work?”.ABCNews
Norman,
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Brendan Murphy ‘increasingly confident’ Australia can stay on top of
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Wheaton, C. & Reardon, A. (2020). “National Museum’s
Black Summer exhibition to preserve memories of Australia’s bushfire crisis”.ABCNews
Gee, M. (2020). “A remote First Nation prepares for its most
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Star Staff Wire Services. (2020). “Ontario COVID-19 cases at 4,538
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COVID-19 cases now total 1,438”, The
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Curt, A. (2020). “Another cruise ship with virus victims docks in
Florida”, The Star.
#MondayAbroad
Se chiudo gli occhi sogno…l’Europa dell’est e la Transilvania:
Il mondo è bello
perché è vario: detto che, forse, tante volte perde il suo vero significato e
che, per questo motivo, viene a sua volta sottovalutato o sopravvalutato.
Le righe che
seguono raccontano un viaggio e non solo: Chiara ci ha aperto i suoi ricordi e
oggi ha deciso di farli parlare per lei con un’esperienza che pochi possono
vantare nel proprio bagaglio culturale; un’impresa che aiuta a crescere, a
maturare e, a suo modo, a saper respirare.
Chiara e i suoi sentimenti parlano in prima persona e io, da spettatrice ammaliata, sono contenta di aver potuto leggere e immaginarmi in quei posti e davanti a quei paesaggi. #Torneremoaviaggiare
31 luglio 2017,
ore 19.00: un traghetto in partenza da Ancona, con arrivo a Spalato alle 7 del
mattino successivo. Era un periodo
strano, particolare della mia vita, pieno di incognite e qualche certezza: era
finito il primo anno di università, ero stanca dei tanti esami dati a giugno e
luglio e il viaggio Unint-casa, al nord, non mi bastava. Così è bastato un clic
su un sito internet per prenotare il biglietto per una settimana dopo per un
traghetto da Ancona con destinazione… Croazia! Penserete “Oh, una bella vacanza
in Croazia, al mare, sole, caldo, amici”, beh, ecco… non esattamente. Partiamo
dall’inizio. Alle ore 19.00, come sopracitato, mi trovo davanti a questo
traghetto che avrebbe attraversato tutto l’Adriatico fino alla Croazia in
esattamente 12 ore. Lascio immaginare il caldo soffocante, accompagnato da uno
zaino sulle spalle, una tenda e un sacco a pelo. Tutto lo stretto necessario.
Ma necessario per
cosa? Non lo sapevo nemmeno io. E potrà sembrare una barzelletta ma non è così.
Non era stato pianificato
praticamente nulla: né luoghi, tempo, spostamenti, niente. Vi lascio immaginare
mia madre, che la mattina della partenza si sente dire dalla figlia appena
20enne che sarebbe partita per un tempo non ancora deciso, per delle mete che nemmeno
io sapevo quali sarebbero state. (Nota divertente di quest’imprevedibile
avventura: mi ha scattato una foto in caso avesse dovuto mandarla a “Chi l’ha
visto”, allegando la frase: “così almeno sanno come sei vestita”).
E così presi quel traghetto. 12 ore dopo ero in Croazia, una “toccata e fuga”
come si suol dire, per poi immergersi nei magnifici paesi dell’Europa dell’Est.
Spalato, Mostar, Sarajevo, Novi Sad, Belgrado, Timișoara, Sibiu, Brașov,
Sighișoara, Costanza, Vama Veche e Bucarest. 12 città viste, 4 nazioni
attraversate, Croazia, Bosnia, Serbia, Romania, in 20 giorni, con uno zaino,
una tenda e un sacco a pelo con me.
Tra tutte, la Romania è stata forse quella più sorprendente e in particolare la
Transilvania: piccole cittadine tutte colorate e caratteristiche come quelle di
Timișoara, Sighisoara, Sibiu e, Brașov.
“Chissà quanti rom, quanti zingari avrai incontrato”, tipica frase una volta
tornata in Italia a chiunque raccontassi del mio viaggio. La verità è che ciò
che ricordo della Romania è esattamente tanto colore, per l’appunto nella zona
della Transilvania, tanta gente che mi ha ospitata aprendo le loro case senza
problemi, indicandomi le zone più suggestive da visitare, oltrepassando
barriere di ogni tipo, linguistiche e culturali per aiutarmi, reinventandosi
guide turistiche per mostrarmi le parti della loro terra di cui erano più
orgogliosi e il loro cibo, prevalentemente a base di carne. (Quella non può mai
mancare, così come non è mai mancato il caldo: 42/43 gradi era la temperatura
che mi ha accompagnata durante tutto il viaggio).
La Transilvania è uno
dei punti più alti dell’intera Romania: contiene zone in cui si snodano i monti
Carpazi, è meravigliosa dal punto di vista naturalistico ed è caratterizzata da
piccoli borghi costellati di case ed edifici antichi (ognuno con un colore
diverso dall’altro), viste mozzafiato e i celebri castelli medievali, come il
famoso castello di Dracula, il Castello di Bran, uno dei monumenti della
Romania più conosciuti al mondo, a mezz’ora da Brașov.
Brașov, cittadina
di poco più di 300.000 abitanti, ha una delle viste più sorprendenti che i miei
occhi abbiano mai ammirato (e io sono abituata a salire su castelli, torri e
chi più ne ha, più ne metta, in qualsiasi città io vada, ma questa mi ha
letteralmente lasciato a bocca aperta).
Certo, la salita fino a quella roccia in cui sono seduta è meglio farla con la
funivia, comunque vi assicuro che la vista vale tutto il prezzo del biglietto,
non proprio così economico, forse. Una volta arrivati fin lì, ci si perde
completamente nel paesaggio: la vista dà sulla grande piazza principale di
Brașov (che si vede in foto), su tutta la città e oltre. La discesa poi, così
come la salita, si può fare sia con la funivia, sia a piedi: bisogna solo
scegliere se metterci mezz’oretta o 3 ore (quelle che ci ho messo io scendendo
a piedi per le strade buie di un bosco, perdendomi e riperdendomi per poi
ritrovarmi dall’altra parte della città).
Se, dunque, dovessi riassumere questa vacanza nell’Est Europa, direi
sicuramente che non è stata una vacanza turistica, bensì un’esperienza da
viaggiatrice: un viaggio all’insegna di un’immersione totale nella cultura del
posto, composta, quindi, da lingua (persino l’alfabeto era diverso in alcune
delle nazioni menzionate) e tradizioni totalmente diverse dalle nostre; un viaggio
fatto di lunghi spostamenti in treni di 3,6,9 ore, di ostelli; di gente
speciale che mi ha ospitata e mi ha permesso di abbattere ogni tipo di
pregiudizio; di notti passate in stazioni, in parchi, o in tenda in riva al
mare, senza smartphone, senza orologio, senza tempo.
Proprio su questo vorrei concentrarmi: un viaggio senza tempo. Non c’era mattina, ora di pranzo, ora di cena, l’ora del ritorno a casa, non c’era nulla: c’era la vita, fatta di racconti, di conoscenze, di camminate tra città nuove, belle, affascinanti e tanto diverse dalle nostre. Un viaggio diverso dagli altri, il viaggio del grande cambiamento della mia vita.
#CarbonaraDay: mai hashtag mi risuonò più dolce – o forse sarebbe meglio dire saporito – alle orecchie. Il 6 aprile, già da qualche anno, è la giornata dedicata al piatto di pasta più amato dai giovani italiani – almeno secondo le statistiche. Quest’iniziativa è organizzata dai pastai di AIDEPI (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane) e IPO (International Pasta Organisation), dopo la proposta di Stefano Bonilli. Nel 2008 infatti, il famoso food blogger italiano, fondatore della rinomata rivista culinaria Gambero Rosso, aveva deciso di dedicare, nell’ambito della giornata internazionale della pasta, maggiore attenzione alla carbonara, regina indiscussa.
Ma come nasce la carbonara? Boh, e chi lo sa.
Nemmeno noi italiani ce lo ricordiamo bene. Esistono infatti più storie che
circolano, che si passano di padre in figlio, sulla nascita di questo piatto.
Alcuni sostengono
che la carbonara, in realtà, provenga proprio da un “incontro” tra l’Italia e
la patria di coloro che, nel profanare la cucina italiana, sono i numeri uno:
gli USA. Proprio così. Ora vi spiego: nel 1930 viene pubblicato un libro di
ricette che raccoglie tutti i piatti tipici romani. E della carbonara neanche
l’ombra. Quindi viene ovvio pensare che la ricetta risalga ad anni successivi,
e allora ecco l’intuizione: durante la seconda guerra mondiale, quando le
truppe americane erano a Roma, mischiavano, senza arte né parte, i primi
ingredienti che riuscivano a racimolare, ossia uovo, pasta e bacon. Eh sì,
bacon. Forse per questo, come fanno notare in molti, l’uso della pancetta al
posto del guanciale non scatena la stessa furia omicida che scatenerebbe il
farlo con l’amatriciana: nella “ricetta” (se così la vogliamo definire)
originale il guanciale non c’era. Ad ogni modo io, quando vedo che qualcuno usa
la pancetta, lo giudico comunque. Ma il pecorino? Eh già, il pecorino. Come
dicevo, la ricetta dei soldati americani non è mica quella che mangiamo oggi:
ovviamente dei cuochi romani, vedendo che lo strambo abbinamento
uova-pasta-carne funzionava, hanno deciso di perfezionarla, rendendola arte.
Nasce quindi la carbonara, quel mix di sapori che quando assaggi senti il
fegato chiedere pietà, ma il palato supplicarne ancora.
Secondo un’altra
ipotesi, invece, la carbonara deriva dai carbonai, ossia da quelli che
trasformavano la legna in carbone, e operavano sugli Appennini laziali e
abruzzesi, chiamati “carbonari” in dialetto romanesco. A quanto pare i
carbonari erano grandi fan del piatto abruzzese cacio e ova, a cui avrebbero
poi aggiunto il guanciale, rendendo il piatto più sostanzioso e, tocca
ammetterlo, appetitoso. Da qui, inoltre, deriverebbe la tradizione dell’usare
il grasso del guanciale e non l’olio, in quanto i carbonari erano poveri e non
se lo potevano permettere.
Ma non finisce qui:
addirittura c’è chi sostiene che la carbonara derivi dalla cucina napoletana,
dove d’altronde uova sbattute e formaggio grattugiato sono all’ordine del
giorno, oppure ancora chi sostiene che la carbonara debba il suo nome a un
tipico salume che, originariamente, veniva impiegato al posto del guanciale.
Questo salume veniva affumicato sotto i carboni, e da qui avrebbe poi preso
nome il piatto.
Insomma, non si sa
di preciso la vera storia della carbonara, ma penso che tutti dovremmo
ringraziare chiunque abbia avuto l’idea di unire questi ingredienti e
trasformarli in quest’opera.
Che tripudio di
maestria la cucina italiana: l’UNESCO ha proclamato la pizza patrimonio
dell’umanità, e l’IPO, insieme al mondo intero, celebra la carbonara. Niente da
farci, noi italiani ne sappiamo sempre una in più del diavolo quando si tratta
di cibo. Perché? Perché per noi mangiare è un’arte, non si tratta solo di
riempirsi lo stomaco con la prima cosa che ci capita davanti -studenti fuori
sede non preoccupatevi, non vi giudico- o mangiare il più alto numero possibile
di calorie -the bigger the better, eh America?-. Si tratta di tradizioni,
amore, famiglia. È l’ingrediente segreto che la nonna ti sussurra nell’orecchio
quando la aiuti a preparare il pranzo della domenica (“mi raccomando, aggiungi
un po’ di zucchero nel pomodoro che ne risalta il sapore” mi disse una volta
mia nonna), si tratta del pranzo di Pasqua passato con tutta la famiglia, si
tratta dell’amore con cui zie e mamme coltivano l’orticello dietro casa, anche
se poi sei costretto a mangiare zucchine per settimane e settimane. La cucina è
arte, passione. Ovvio che ci arrabbiamo quando scopriamo che all’estero mettono
la panna nella carbonara, oppure che usano la cipolla. O peggio ancora, quando
sostituiscono il pecorino con il cheddar. Ma d’altronde, come abbiamo detto, la
nostra cucina è un’arte: chi vuole imitarla, si accomodi. Ma non riusciranno
mai, nemmeno lontanamente, a raggiungere la perfezione dei nostri gusti, dei nostri
sapori.
Ora, per allietarvi
in questo periodo di quarantena, vi condivido qui di seguito la ricetta della
migliore carbonara di Roma. Vi ricordate Stefano Bonilli, colui a cui dobbiamo
la nascita del #CarbonaraDay? Ebbene, quando nel 2008 decise di promuovere
quest’iniziativa, indisse un concorso per proclamare la regina delle carbonare.
La vincitrice è stata la carbonara di Roscioli, un’antica salumeria in Via dei
Giubbonari, che con il suo cuoco di origine tunisine si aggiudicò il podio.
Esatto, il cuoco è di origini tunisine: che meraviglia vedere come, attraverso
la cucina, si crea unione tra le culture. E che serva anche da esempio a coloro
che, all’estero, cucinano la prima cosa che si trovano davanti, dandole poi un
nome italiano senza, di fatto, avere la minima idea di cosa sia la cucina
italiana.
Ecco a voi la ricetta della miglior carbonara
de Roma, buon appetito!
Ingredienti per 4 persone (mamme, papà e
coinquilini vari vorranno sicuramente assaggiare)
400 gr spaghettoni
200 gr di guanciale
250 gr di pecorino romano bio stagionato
almeno 16 mesi
40 gr pecorino di fossa di Sogliano al
Rubicone (opzionale – soprattutto di ‘sti tempi, direi che la ricerca del
pecorino magico può saltare, ma ve lo lascio caso mai, finita l’emergenza, vi
vorrete dilettare a perfezionare l’arte della carbonara)
5 tuorli di uovo
1 albume intero
Pepe q.b
Preparazione
In una boule di vetro sbattere cinque uova con un albume aggiungendo 150 grammi di pecorino e 40 grammi di pecorino di fossa.
Fare due giri di pepe macinato fresco, lasciare riposare il composto per 5 minuti in frigo.
In una padella di ferro (o eventualmente antiaderente) rosolare il guanciale, privato della cotenna e tagliato a dadini da circa un centimetro ciascuno, a fuoco vivace.
Quando avrà formato una leggera crosticina e assunto un colore brunito spegnete il fuoco ed eliminate la metà del grasso rilasciato dal guanciale.
Cuocere gli spaghettoni in acqua non molto salata con cottura al dente.
Versarli nella boule con il composto preparato precedentemente di uova pepe e pecorino aggiungendo gradatamente il guanciale e il suo grasso di risulta.
Mantecare velocemente lontano dal fuoco aggiungendo se necessario acqua di cottura, adagiare sul piatto di portata e cospargere il tutto con il resto del pecorino e del pepe.
Ps: e non dimenticatevi di seguire l’hashtag #CarbonaraDay sui social, per vedere che simpatiche iniziative sono state avviate per celebrare la regina della pasta!
La rassegna stampa internazionale dell’UNINT sul COVID-19
Ci sono momenti ed immagini che fanno la storia. E ci sono poi uomini e parole che fanno la storia. Il 27 marzo 2020, Papa Francesco, la più alta autorità della Chiesa Cattolica, ha parlato all’uomo: a quello credente, in ogni religione, e a quello non credente. Ha parlato all’essere umano in quanto tale, in quanto essere bisognoso di coraggio, di comunità e di universalità in questo doloroso momento in cui le pagine della storia del mondo si riscrivono. “Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli.” (Papa Francesco)
Sara Nardi
Ad
oggi la situazione dei PALOP (Paesi Africani di Lingua Portoghese) è la
seguente:
Angola:Si verificano già gravi conseguenze
come l’aumento dei prezzi dei beni prima necessità, il che porta ancora più
disagio alle persone che hanno già grandi difficoltà ad arrivare alla fine del mese.
Tante persone hanno bisogno di lavorare, e molte di queste lavorano proprio per
strada come ambulanti. Una delle raccomandazioni fondamentali
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è quella di lavarsi le mani. Poiché
in Africa, ci sono gravi problemi legati alla reperibilità delle risorse
idriche, si sta lavorando molto sulla prevenzione. Già da settimane infatti, si
fanno campagne per invitare i cittadini a lavarsi le mani ogni volta possibile o
utilizzare gel disinfettanti.
Guinea – Bissau:
al momento sono stati registrati 8 casi di infezione da Covid-19. Il Paese
inoltre non sta attraversando un momento facile: Amnesty International, proprio
qualche giorno fa, ha affermato che i leader politici stanno approfittando dello
stato di emergenza per favorire l’istaurazione di regimi più autoritari,
violando i diritti umani.
Mozambico e
Capo Verde: hanno dichiarato lo
stato di emergenza da qualche giorno.
San Tomé e Principe: è
l’unica zona di lingua portoghese in Africa che sembra essere rimasta
miracolosamente illesa dal Covid-19.
In
pochi sanno invece che in Asia il portoghese è lingua ufficiale in ben tre Stati.
Macao: è
una delle regioni amministrative speciali della Cina (insieme ad Hong Kong) e
proprio per la sua collocazione si è trovata prima tra tutti nell’occhio del
ciclone. La pandemia ha raggiunto ufficialmente la regione il 22 gennaio 2020
nonostante la chiusura con la Cina continentale nelle precedenti 48 ore. Al 28
marzo il numero di casi totali (pubblicati dal sito istituzionale del Governo
di Macao) è pari a un totale di 3211 casi positivi dei quali 34 con
sintomatologia, 10 guariti, 224 persone in isolamento (tra cui 58 residenti a
Macao recentemente tornati dalla Corea del Sud o dall’Italia) e 0 decessi.
Goa: il più piccolo
stato federato dell’India. Al 25 marzo sono stati riscontrati i primi 3 casi
positivi sul territorio e il Ministro della salute Vishwajit Rane dichiara che
il Governo sta agendo come di dovere applicando tutte le precauzioni
necessarie.
Timor Est:
Il primo caso di Covid-19 dell’isola è stato rilevato il 21 marzo e da lì il Presidente
della Repubblica Francisco Guterres ha dichiarato lo stato di emergenza. Il
territorio affronterà lo stato di quarantena fino al 26 aprile. Sono stati
inoltre proibiti tutti gli incontri ed eventi sociali in programma.
Beatrice
De Luca Chiara Ruscio
Con
più di 215.000 casi, gli Stati Uniti ad
oggi continuano a essere il primo paese al mondo per numero di contagi. Il
virus colpisce anche il mondo della politica: l’ex Vice Presidente Joe Biden,
al Jimmy Fallon Show, ha dichiarato che è a rischio la Democratic National
Convention (Convention Nazionale del Partito Democratico) prevista per gli
inizi di luglio. Aumentano anche gli accessi al sito NYC Hope (sito dedicato
alle risorse contro la violenza domestica) con circa 1240 visite totali nel
periodo che va dal 18 al 30 marzo, indice del fatto che il “lockdown” sta mettendo numerose donne e
bambini a rischio. Trump alimenta la disinformazione sull’ epidemia da Covid-19
dichiarando che l’emergenza finirà tra un mese e che la carenza di respiratori
era imprevedibile. In Texas invece, 44 studenti in vacanza per l’inizio
dell’estate hanno violato le ordinanze restrittive risultando successivamente
positivi al coronavirus.
In
Canada, 248 passeggeri canadesi sono
bloccati a bordo delle navi da crociera Ms Zaandam e della sua gemella Ms
Rotterdam, e si contano 200 casi di contagio da coronavirus. Ron DeSantis,
governatore della Florida, si sarebbe inizialmente opposto all’approdo delle
imbarcazioni. De Santis nega adesso la discesa dei passeggeri, spiegando che la
priorità è quella di preservare i letti in ospedale per i residenti. Donald
Trump rassicura che il rimpatrio dei passeggeri canadesi è già in programma.
In
Australia, il governo ha annunciato
martedì il terzo fondo economico per la pandemia, e il più grande fino ad ora:
130 miliardi di dollari in sussidi alle aziende per sostenere i lavoratori a
casa. Inoltre, il ministro per l’Economia, Turismo e Investimento ha annunciato
un piano di assistenza per lo scambio merci internazionale, poiché sabato la
nazione ha denunciato la carenza di attrezzatura medica e il blocco delle
frontiere non permette scambi commerciali regolari. Il piano consta di 110
milioni di dollari e prevede l’esportazione di prodotti agroalimentari
australiani in cambio di attrezzature mediche per l’emergenza al momento da
paesi quali Cina, Giappone, Hong Kong, Singapore e Emirati Arabi Uniti.
Nel
Regno Unito, in data 1 aprile 2020,
sono saliti a 25,150 i contagi e 1789 i decessi. Il governo si dice furioso
contro la Cina, sostenendo che i numeri potrebbero essere 40 volte superiori a quelli
effettivamente dichiarati dal governo cinese. Un funzionario britannico afferma
che Pechino dovrà affrontare la “resa dei conti” una volta che l’epidemia da
Covid-19 sarà terminata. Alcuni esperti sostengono che la Cina stia
approfittando della situazione per espandersi economicamente. Intanto, il
sistema sanitario inglese sta lavorando su un’App che permetterà agli utenti di
essere avvisati qualora entrino in contatto con un soggetto positivo: questa
mossa potrebbe preparare il terreno per una sospensione del blocco. Gli esperti
prevedono il picco del contagio verso Pasqua.
La
Spagna è sul punto del collasso e la curva dei contagi e dei morti continua
a essere estremamente alta: nelle ultime 24 ore sono stati confermati 8.102
nuovi casi positivi al Covid-19 e 950 morti. Le vittime hanno raggiunto così la
drammatica cifra di 10.003 dall’inizio della pandemia. Ad oggi sono stati
confermati 110.238 casi positivi al COVID-19, quasi 27.000 guariti e più di
54.000 persone hanno avuto bisogno di assistenza ospedaliera.
Secondo
quanto riportato in un rapporto dell’Università Johns Hopkins di Baltimora,
circa 937.000 persone sono state contagiate in tutto il mondo e il numero delle
vittime registrate si attesta intorno a 47.000.
Dinanzi
alla progressione irrefrenabile della pandemia, l’Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS) sottolinea l’importanza di individuare i casi asintomatici, i
principali responsabili dei contagi, per cercare di frenare l’avanzata del
virus. Il Ministro della Salute spagnolo, Salvador Illa, si presenterà
quest’oggi di fronte alla Commissione Sanitaria del Congresso dei Deputati (Comisión de Sanidad del Congreso de los Diputados, in spagnolo), per informarli riguardo alle misure
adottate nel paese per far fronte alla pandemia.
Da un punto di vista economico,
gli effetti del coronavirus sul mercato lavorativo spagnolo stanno avendo
conseguenze disastrose. Nelle ultime 3 settimane si è registrato un crollo
dell’occupazione senza precedenti: dal 12 marzo hanno perso il lavoro quasi
900.000 persone. Per farsi un’idea dell’impatto e della gravità della
situazione, il ministro José Luis Escrivá ha paragonato quanto è appena
successo in poco più di 3 settimane con quanto accadde tra l’ottobre del 2008 e
il febbraio del 2009, periodo che tutti ricordano come l’inizio della grande
crisi economica a livello mondiale.
In Argentina nelle ultime
24 ore sono stati confermati 79 nuovi casi di COVID-19: sale così a 1.133 il
numero dei contagiati. Questo mercoledì il paese ha registrato 6 nuovi decessi.
Questo è quanto afferma il bollettino rilasciato dal Ministero della Salute
argentino. Entrando più nel dettaglio, dei 79 infettati 12 sono di Chaco, 11 di
Santa Fe, 10 di Mendoza, 10 di Santa Cruz, 10 di Buenos Aires, 10 in provincia
di Buenos Aires, 6 di Córdoba, 4 di Neuquén, 2 di Salta, 1 di Entre Ríos, 1 di
Corrientes, 1 di San Luis e 1 di Tucumán.
In
Messico il governo ha deciso di prorogare la sospensione delle attività
non essenziali fino al 30 di aprile, includendo anche il settore privato. Il
paese fino ad ora ha registrato 1.378 casi positivi e 37 morti.
In
Cile, Ecuador e Repubblica Domenicana i contagi aumentano sempre più
velocemente, rispettivamente con 2.770, 2.300 e 1.000 casi, con un tasso di
mortalità intorno al 5%. La maggior parte dei paesi del Sud America è, quindi,
in quarantena per cercare di limitare il contagio da COVID-19.
Karen Marinelli
Il settimanale Courrier
International riporta le parole del presidente Macron il quale si dice
favorevole a “un intervento economico solido” da parte dell’UE. Rimarcando la
necessità di “una solidarietà europea forte”, la Francia si schiera
quindi a fianco di Italia e Spagna, respingendo le visioni di Germania e
Olanda. L’idea di una solidarietà europea si ritrova anche nel giornale
francese L’est républicain che pone l’accento sul sostegno tra
cittadini, impegnati ad aiutarsi gli uni con gli altri; un’unione forte e
positiva che consolida ulteriormente l’appartenenza del popolo alla Francia.
In Svizzera, il Covid-19 ha colpito le case di
riposo, soprattutto nel Canton Vallese. A Ginevra hanno distribuito dispositivi
elettronici per permettere agli anziani in isolamento di avere contatti con i
loro parenti. Aumentano gli ordini online di cibo, i cittadini riscoprono hobby
culinari: lievito e farina presi d’assalto. Le università avvertono che ci
saranno cambiamenti per la sessione estiva: esami garantiti e professori
disponibili ai cambiamenti. Gli ospedali devono affrontare anche una sfida
finanziaria. Con l’hashtag #VersusVirus tutti possono aiutare alla lotta contro
il Covid-19.
La leggenda dell’afro-jazz camerunense Manu Dibango è la
prima vittima tra le celebrità mondiali. L’universo politico africano registra
tanti altri casi: in Burkina Faso, oltre ai diversi ministri contagiati,
si registra il decesso della seconda vicepresidente dell’assemblea nazionale
Rose Marie Compaoré. In Nigeria, il capo dello staff del presidente
risulta positivo al Covid-19. Sono stati messi in quarantena il Capo dello
Stato del Botswana, il Primo Ministro della Costa d’Avorio Amadou
Gon Coulibaly, il Presidente della Commissione dell’Unione Africana Moussa Faki
e la famiglia del leader dell’opposizione Freeman Mbowe in Tanzania.
In Italia, nella piccola città di Cremona, circa otto
medici canadesi hanno preso parte a un team medico e di supporto composto
da 70 persone, allestendo un ospedale da campo in un parcheggio fuori dal
principale ospedale di Cremona. Questo è stato reso possibile grazie alla
donazione finanziata dalla ONG (Organizzazione non Governativa) cristiana Samaritan’s
Purse (letteralmente Borsa del Samaritano), che ha provveduto a
inviare i medici canadesi in Italia. Finora, sotto la loro custodia, è morto un
solo paziente, ormai malato da giorni.
Da qualche settimana
si è constatato un aumento di richieste d’aiuto sul numero verde belga da parte
dei giovani. Il numero di chiamate per riportare casi di abuso di minori è
triplicato e si è notato anche che coloro che contattano la linea per la prima
volta, lamentano spesso di conflitti a casa che derivano dalle rigide misure di
contenimento. In materia politica, in Belgio, come in Italia, i partiti
di estrema destra e populisti sembrano trovare terreno fertile nell’attuale
crisi sanitaria, strumentalizzando la situazione per ribadire le proprie teorie
antiglobalizzazione e di difesa dei confini nazionali.
Dopo
aver prolungato le restrizioni fino al 19 aprile, i tedeschi si vedono
costretti non solo ad annullare le imminenti vacanze pasquali ma anche a fare i
conti con i contagi in costante aumento. Sono infatti ormai oltre 67 mila i
cittadini affetti da Covid-19 e si contano ormai più di 700 morti.
Gli
esperti in Germania affermano che la situazione degli ospedali tedeschi
è ancora sotto controllo ma il Paese si sta comunque organizzando per aumentare
i posti in terapia intensiva in previsione dell’ormai vicino picco di contagi
che potrebbero mettere in crisi anche il sistema sanitario della Germania.
Nel
frattempo, 130 militari tedeschi insieme a virologi e ingegneri, stanno
testando applicazioni per tracciare i contagi, su modello del metodo già
utilizzato nella Corea del Sud. Il governo pensa che tale metodo per contenere
i contagi potrebbe essere disponibile già dopo Pasqua.
I
contagi però, così come in tutti gli altri paesi, non sono l’unica
preoccupazione in questo momento, alla quale si aggiunge anche quella della
conseguente crisi economica. Si stima infatti che, se le restrizioni dovessero
essere messe in atto per due settimane in più rispetto al tempo finora
previsto, il PIL potrebbe essere in calo di un ulteriore 2%.
Anche
la Germania, però, sta offrendo aiuti all’Italia. Se fino alla scorsa
settimana i pazienti italiani ricoverati nelle cliniche tedesche erano 47,
questa settimana ne sono stati accolti altri, per un totale di 73 pazienti.
In
Austria, anch’essa fortemente colpita dai contagi di Covid-19, si prevede
che le restrizioni entrate in vigore lo scorso 26 marzo saranno sciolte già a
partire dal 13 aprile, data in cui, secondo il governo, si dovrebbe pensare
alla riapertura di aziende, scuole e negozi per l’immediata ripresa
dell’economia. Contrariamente ad altri paesi però, l’Austria ha attuato
ulteriori restrizioni anche per quanto riguarda gli orari di apertura delle
attività ancora aperte perché necessarie ed essenziali. I supermercati,
infatti, sono aperti solo fino alle 19.00 e accessibili solo se muniti di
mascherine protettive. Un punto di vista differente, invece, sembra avere la
Germania che non vede ancora la necessità di imporre l’uso di mascherine
protettive per i cittadini.
Le
ultime notizie austriache in relazione all’emergenza in corso riguardano l’idea
del governo di effettuare tamponi in massa per essere in grado di dividere la
popolazione fra contagiati, possibili contagiati ed individui contagiati ma
asintomatici. Il ministro degli interni austriaco Karl Nehammer, che si mostra
molto fiducioso a riguardo, afferma che l’utilità di questo metodo sarebbe
infatti per i pazienti che hanno già contratto l’infezione da Covid-19, senza
magari esserne a conoscenza e che, una volta superata, potrebbero tornare a
condurre una vita normale al più presto per favorire la ripresa dell’economia.
Jasmin
Pick
La situazione Covid-19 in Russia sta peggiorando.
Così parla il 1 aprile il presidente Putin: “Nel paese la situazione sta
diventando sempre più difficile: si contano più di 850 malati e più di 2777
contagi.”. La vicepremier Tatiana Kolikova ha affermato che i casi sono in
aumento, ed è per questo che si è deciso di aumentare il numero dei test: “In
totale abbiamo già fatto 536000 test, non solo nelle ultime 24 ore, coprendo
quasi il 19% della popolazione; continueremo, in quanto sia i malati, sia i
contagi crescono a dismisura.” Inoltre, secondo quanto dichiarato dalla Kolikova,
nei laboratori russi si sta lavorando su alcuni prototipi per creare un
vaccino. Dal 29 giugno si potrà passare alla fase sperimentale nella quale si
raccomanda la partecipazione di più di 60 volontari.
Una tra le ultime misure adottate è stata legalizzare la
vendita di farmaci on-line: si potranno ordinare e riceverli a domicilio. Una
decisione radicale, ma necessaria presa dalla Duma. “La legge predispone la possibilità di vendere farmaci
soggetti a prescrizione medica, ad eccezione di quelli contenenti alcune
sostanze, come quelle psicotrope e narcotiche” ha dichiarato il presidente
della Duma Vyacheslav Volodin. Il guadagno delle farmacie russe è cresciuto del
20% poiché i prezzi delle medicine sono aumentati del 11%. Le misure di supporto, invece, variano
da ragione a regione. A Mosca, ad esempio, il governo stanzierà 2,6
miliardi di rubli per il sostegno di determinati settori come trasporto aereo,
turismo, ristorazione, educazione, fisica e sport. “Abbiamo ampliato la
possibilità di rinegoziare i prestiti precedentemente emessi e semplificato e
ridotto i requisiti necessari per l’erogazione di nuovi prestiti per pagare gli
stipendi dei dipendenti” ha detto il primo ministro Mikhail Mishustin.
Il 2 aprile il presidente russo si è rivolto nuovamente
ai suoi concittadini ringraziando tutti coloro che, in prima linea, stanno
combattendo l’emergenza. Il presidente sottolinea come le misure contenitive
siano state efficaci e che abbiano fatto guadagnare del tempo prezioso in
termini di gestione della pandemia. Le sue parole: “Ho deciso di prolungare la
chiusura delle attività fino alla fine del mese, cioè fino al 30 aprile
compreso, sottolineo, pur mantenendo i salari per i dipendenti. Tuttavia, la
situazione sta cambiando e […] la malattia si diffonde in maniera non omogenea.
Il nostro è un grande paese, molto grande, caratterizzato da diversa densità di
popolazione, ci sono aree della Federazione in cui il coronavirus ha già
rappresentato una grave minaccia per le persone, ad esempio a Mosca, dove non è
possibile invertire la tendenza, nonostante le misure adottate dalle autorità
federali e cittadine. E ci sono aree, che sfortunatamente sono sempre
meno, dove non si sono ancora verificati casi, grazie a Dio.” Conclude il suo
discorso richiamando l’intera popolazione al rispetto delle regole.
Paola D’Onofrio, Angela
Doria, Clarissa Giacomini
La pandemia del Coronavirus da mesi turba gli equilibri
mondiali non risparmiando nessuno, incluse quelle zone del mondo, come il Levante,
che da decenni devono fare i conti con gli orrori e le conseguenze della
guerra. Emblematico è il caso della Siria: alle accuse mosse da medici
ed esperti contro il regime per aver nascosto la diffusione dell’epidemia fino
alla scorsa domenica, si aggiunge l’invito del Segretario Generale delle
Nazioni Unite alle parti coinvolte «a sostenere il suo appello lanciato di
fronte alla necessità di un cessate il fuoco in tutte le aree dove sono
presenti conflitti armati e di adoperarsi per fronteggiare il virus». Nel
vicino Libano, nonostante finora non ci siano contagiati nei campi e
nelle comunità palestinesi, la paura regna sovrana: è necessario considerare
che un solo caso di Coronavirus in uno qualsiasi dei campi, è sufficiente per
farlo diventare un epicentro, date le condizioni di vita precarie e la pessima
situazione sanitaria. Va chiarito che la gestione dei campi per rifugiati
nell’area siro-libanese è di competenza di diverse organizzazioni, solitamente
non governative, o agenzie delle Nazioni Unite. In un primo momento, per
arginare il virus, lo stesso Consiglio dei ministri libanese aveva adottato
misure che, però, non includevano i campi profughi, portando così i leader
palestinesi a chiedere di gestire l’emergenza in maniera più responsabile,
guardando anche ai rifugiati: trovandosi sul suolo libanese è implicito che
essi siano colpiti e influenzati da ciò che gli succede intorno. Tuttavia, Huda
Samra, corrispondente dell’UNRWA in Libano, ha chiarito che sin dal primo
momento l’agenzia e il personale sanitario hanno effettuato un meticoloso
follow-up e intrapreso una campagna di sensibilizzazione sul virus attraverso i
mass media. Una fotografia differente descrive la situazione in Giordania,
dove il Ministero degli Interni – che
da tempo coopera con le organizzazioni internazionali e regionali pertinenti –
ha introdotto disposizioni al fine di offrire l’assistenza sanitaria necessaria
ai profughi siriani presenti nel territorio. Anche il portavoce dell’UNHCR di
Amman, Al-Hiwari, ha sottolineato che gli ospedali all’interno dei campi sono
adeguati a rispondere a qualunque situazione, poiché le procedure sono simili a
quelle adottate al di fuori di essi e in linea con le decisioni del governo
giordano. Secondo il rappresentante dell’UNHCR in Giordania, Dominik
Bartsch, «finora nessun rifugiato in Giordania è stato colpito dal virus, ma
dobbiamo essere pronti e il governo deve continuare a sostenerci». Ha espresso altresì la sua gratitudine verso il governo
per aver concesso ad alcuni operatori i permessi necessari per recarsi nei
campi profughi di Zaatari e Zarqa affinché vengano erogati i
servizi fondamentali.
È proprio nei momenti come
questo, in cui il mondo intero è in ginocchio, che non bisogna dimenticare chi,
ordinariamente, vive situazioni di precarietà.
Baldo Valentina, Reale Maria Antonietta, Elia Roberta
Il Comitato Centrale del Partito Comunista e il Consiglio
di Stato Cinese, dopo un lungo dialogo sul da farsi sulla questione Gaokao
(esame equivalente al nostro Esame di Stato), sono giunti ad una conclusione
ufficiale. Per la prima volta dopo la Rivoluzione Culturale (1966-1976),
l’esame nazionale del Gaokao è stato rinviato. Verrà posticipato di un
mese, precisamente al 7 e 8 luglio 2020. Una notizia che coinvolge più di 10
milioni di studenti cinesi, i quali avranno un mese di tempo in più per
prepararsi alla prova didattica più importante della loro vita. La possibilità
di accedere a qualsiasi università all’interno della nazione, infatti, dipende
indissolubilmente dal risultato finale dell’esame. Solo chi ottiene un
punteggio alto può ambire alle università più prestigiose.
Come riportato da Shanghai Fabu, le sedi d’esame saranno
scelte in base agli standard di sicurezza, ovvero strutture che possano
garantire una distanza minima tra gli studenti. Saranno condotte operazioni di
sterilizzazione a tappeto di tutte le strutture scolastiche così i come
controlli sanitari a tutti i soggetti coinvolti, dagli esaminatori agli
studenti, dai dirigenti scolastici agli addetti delle pulizie. Tuttavia,
l’intera provincia dello Hubei e Pechino rimangono le uniche due aree dove il
Ministero dell’Istruzione ha preferito temporeggiare prima di annunciare una
data ufficiale per l’inizio dell’esame.
Passando ai numeri più recenti dei casi confermati, a
seguito dell’incontro di lunedì 30 marzo del “Gruppo Covid-19”, gruppo speciale
affiliato al Governo Centrale e diretto dal Primo Ministro Li Keqiang,
quest’ultimo ha esortato le autorità “ad essere più proattive nel capire bene
la situazione dei casi asintomatici”. Infatti, come dimostrato dai dati
pubblicati dal Governo Centrale stesso, “i contagiati asintomatici fino alla
fine di febbraio sono stati 43,000”. Purtroppo, nessuno di questi è stato
inserito nel conteggio ufficiale dei casi confermati. D’altro canto, un team
non governativo di medici cinesi rivela che il 60% circa di coloro che hanno
contratto il virus nella città di Wuhan erano asintomatici. Cifre senz’altro discordanti e che ispirano poca
trasparenza.
Chang Jile, direttore della Commissione per
la Prevenzione delle Malattie, ha dichiarato che dal 1 aprile verrà fatta più
chiarezza sui casi asintomatici e sulle loro condizioni attraverso analisi e
trattamenti nelle zone di maggiore interesse, così da poterli inserire nel
conteggio totale dei casi confermati. Un modus operandi sicuramente poco
conforme con le direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo
cui le autorità di ogni paese sono tenute ad includere il numero dei pazienti
sintomatici così come gli asintomatici per il conteggio totale dei “casi
confermati”. In realtà, i criteri adottati dal governo cinese all’inizio
dell’epidemia erano paradossalmente conformi a quelli dell’OMS. Tuttavia, dal 7
febbraio in poi, si è deciso di tenere conto solo dei pazienti sintomatici.
Fondamentale
sta diventando sempre di più l’aiuto della Cina all’Italia, soprattutto
nell’inviare rifornimenti medici quali 40.000 mascherine, 20.000 per uso
ospedaliero, mentre altre 20.000 per uso comune, la maggior parte destinate
principalmente in Lombardia. Tutti questi articoli ospedalieri provengono da
Shengze, molto vicina a Suzhou (Jiangsu) famose entrambe nel mondo per essere i
luoghi natii della seta. Queste due città inoltre hanno un rapporto molto
speciale con Milano (capitale economica e della moda) e Como (importante centro
industriale della seta in Italia).
Secondo l’agenzia
di stampa cinese Xinhua, Wang Yibing, governatore della città di Shengze, si è
espresso in merito alla situazione in Italia come di seguito: “non
dimenticheremo mai quando l’Italia ci ha aiutati nell’avviamento nell’industria
della moda, e per far fronte alla pandemia, vogliamo fornire tutto il nostro
supporto necessario”. Non è solo a Milano che arrivano gli aiuti, poiché
l’associazione giovani cinesi in Italia ha donato mascherine indirizzate alla
polizia e ad altri volontari dell’ANPS di Roma. Inoltre il simbolo della
cooperazione tra Italia e Cina non è solamente il donare le mascherine, poiché
ultimamente in Italia è approdato il terzo gruppo di medici esperti provenienti
dalla regione a sud est della Cina (Fujian), i quali stanno cercando di
applicare i metodi usati in Cina per poter curare in modo efficace i pazienti
infetti dal coronavirus.
Mattia Del Vecchio, Fabrizio Ubbriaco
FONTI e SITOGRAFIA
Per la lingua PORTOGHESE
Manuel Lamba. Angola Covid-19: Angolanos violam regras de prevenção. Covid-19:
Angolanos
violam
regras de prevenção. 01.04.2020.
Redazione.
COVID-19 in Mozambico: 7 casi confermati e solo 2mila tamponi disponibili. Radio
Popolare. 27.03.2020
Redaçao. Guiné-Bissau: Estado de emergência "usado para legitimar
golpe. ASemana. 31.03.2020
Redaçao. Covid-1 9 : Cabo Verde regista mais quatro casos suspeitos.
ASemana. 31.03.2020
Com agências, mp, mc. Covid-19: África tem quase 3,3 mil infeções.
Notícias. 27.03.2020
Graça Henriques. Coronavírus. Histórias de quem já não recebe um tostão. Diário
de Notícias. 31.03.2020
Reuters, 2020. “Trump Urges Florida to Welcome Cruise
Ship With Deadly Coronavirus Outbreak”, The New York Times.
Star Staff Wire Services, 2020. “Ontario patients
triple in a week with 2,850 confirmed or probable COVID-19 cases, including 83
deaths; Online phone scams on the rise”, The Star.
Worthington B., 2020, “Federal Government offers $130b in coronavirus wage subsidies for
businesses to pay workers”,Politics,
ABCNews
Sin da quando ero bambina ho sempre avuto un ottimo rapporto con la lingua italiana; ricordo che alla scuola primaria, quando la maestra assegnava i compiti di scrittura, li svolgeva appena tornata a casa, tentando di trasmettere su un foglio di carta tutto il mio entusiasmo e la mia immaginazione.
Col passare del tempo questa passione è aumentata sempre di più, e alla scuola media ho iniziato a scrivere qualche piccolo componimento che rispecchiava le mie emozioni e le mie sensazioni provate durante quel periodo della mia vita.
L’amore per le lingue straniere, invece, non è nato tra i banchi di scuola, poiché a mio parere in Italia esse non vengono insegnate correttamente, dunque questa mia passione, in particolar modo per la lingua inglese, è nata quando i miei genitori hanno ospitato per un mese una ragazza americana. Da quel momento ho pensato quanto potesse essere affascinante approfondire le altre lingue per conoscere i costumi degli altri popoli; questo è il motivo per cui ho scelto di frequentare il liceo linguistico, e andando avanti ho scoperto che la conoscenza delle lingue è fondamentale al giorno d’oggi, non solo perché offre un vasto campo di lavoro, ma soprattutto per un proprio bagaglio culturale che ognuno di noi porta con sé. Padroneggiare una lingua è importante per comunicare con persone che provengono da altri paesi, per conoscere le loro culture e tradizioni. Conoscere le lingue straniere è un modo per aprirsi al mondo e non restare chiusi nella propria mentalità. Ed è proprio per questo motivo che ho scelto di intraprendere questo percorso universitario, in quanto io credo fermamente che sia importante sperimentare nuove culture per guardare verso nuovi orizzonti. Inoltre dentro di me è sempre rimasta accesa la passione per i viaggi. Quando si viaggia si esce dalla solita routine, si ammirano paesaggi diversi, l’architettura e i monumenti del posto, si scoprono nuovi sapori e odori. L’apprendimento delle lingue aiuta a rendere il tutto più piacevole e a capire molte più cose sui luoghi e sulle abitudini delle persone.
Prendendo spunto da un proverbio ceco (“Imparate una nuova lingua e avrete una nuova anima”), spero vivamente che tutti i miei sogni si possano realizzare attraverso questo percorso che avrò la possibilità di intraprendere in questi anni.
La rassegna stampa
internazionale dell’UNINT sul COVID-19
In Italia si
avvicina lo scadere del primo termine previsto per le restrizioni legate
all’emergenza Covid-19 e anche se ancora manca la comunicazione ufficiale, il
governo ne sancirà una proroga a data da destinarsi. Le spaventose cifre di
contagiati e deceduti giornalieri fanno presagire un decisivo prolungamento
delle misure restrittive, condizione che ci costringe a re-inventarci e
re-inventare un tipo di vita a cui non potevamo di certo ritenerci
abituati.
Il valore
aggiunto di questa anomalia, infatti, sta nell’imparare a non soffrire della
“mancanza di…”, ma nell’imparare ad apprezzare “l’assoluta libertà di…” che in
condizioni di normalità determina il nostro stile di vita.
La libertà di
movimento, di riunione, di espressione, di stampa, ad esempio.
Quest’ultima in particolare è la chiave del nostro lavoro, e approcciandoci ad universi linguistici e geografici diversi abbiamo imparato a riscoprire il valore di quelle libertà che noi italiani tanto diamo per scontate, ma che tanto scontate, indipendentemente dall’emergenza, per altri, non sono.
Sara Nardi
In Italia, una settimana fa è arrivato un carico di mascherine e
ventilatori dal Brasile dopo i blocchi alle esportazioni delle settimane
precedenti. Per capire meglio vi riportiamo l’intervista fatta a Vanessa
Teixeira Volochen, di Curitiba (Paranà) di 28 anni.
Come sta affrontando l’emergenza Covid-19 il Brasile?
I presidenti dei vari stati non riuscendo a trovare un accordo, hanno deciso di
prendere delle misure in maniera indipendente. Alcuni hanno scelto la via della
quarantena prima rispetto ad altri. Ad esempio, io adesso mi trovo nello stato
di Santa Catarina e la quarantena finirà il 31 marzo ma sicuramente verrà
prolungata: una settimana non basta.
In Italia abbiamo visto il presidente Bolsonaro chiamare il Covid-19
“raffreddorino”: cosa ne pensano i brasiliani? Personalmente
penso sia da irresponsabili. Un presidente che sminuisce il problema, che non
sensibilizza la gente, è un presidente irrispettoso. Molti imprenditori,
attraverso dei video sui social appoggiano l’idea di Bolsonaro di tornare al
lavoro per non fermare l’economia, come il proprietario della nota catena di
fast food Madero. Ha detto che alcuni moriranno ma l’economia non può
aspettare. Anche i più poveri preferiscono rischiare: se non è il virus, sarà
la fame a metterli in ginocchio. Bolsonaro ha perfino pensato ad una campagna
pubblicitaria da 5 milioni di real (circa 880 mila euro) contro la quarantena,
chiamata “il Brasile non può fermarsi”. Fortunatamente è stato fermato.
In Brasile i media parlano dell’Italia?
Sì, i media parlano continuamente dell’Italia: mostrano immagini, dati. Il caso
italiano ci insegna come poter agire. Ci sentiamo molto vicini agli italiani e
vedere un leggero calo nei contagi ci rasserena.
Pensi che la vita dei brasiliani dopo questa emergenza cambierà in qualche
modo? Forse
il popolo esigerà dal Governo un miglioramento per quanto riguarda il nostro
sistema sanitario pubblico. Inoltre, credo che per l’opprimente sensazione che
genera lo stare in casa molti cureranno di più le relazioni interpersonali. Ci
godremo la vita un po’ di più. Alcuni saranno più tolleranti perché la
solitudine ci ha fatto capire che dovremmo dare un peso diverso ai problemi.
Spero che la gente non dimentichi ciò che stiamo passando.
Martina Pavone
In crescita il numero dei casi in Canada. In una settimana si è passati
da 219 casi a 2840, la maggior parte di questi si trova nella Provincia del
Québec. Tuttavia, le autorità Canadesi affermano di riscontrare numeri
inferiori a quelli previsti e si rifiutano di svelare lo scenario di propagazione
in Québec, poiché creerebbe panico nelle altre province.
In Australia
i casi arrivano a +4000 e il Ministro della Sanità parla di primi segni di
appiattimento della curva di contagi, grazie anche alle norme di restrizione,
che da questa domenica prevedono incontri solo tra due persone. Il governo
lavora ad un fondo sussidiario per salvaguardare i posti di lavoro e permettere
agli imprenditori di non lasciare indietro i dipendenti. Il Primo Ministro
Morrison ha annunciato il lancio dell’app Coronavirus Australia, per aggiornamenti sulle misure prese dal
governo e sui comportamenti da tenere. Connessa anche a WhatsApp, per
chiarimenti direttamente dagli addetti al governo. Le comunità indigene sono le
più a rischio a causa dello stile di vita comunitario e dell’alta percentuale
di malattie croniche nella popolazione: “se il coronavirus arriva nelle
nostre comunità siamo spacciati” dicono i capi indigeni.
Nel Regno Unito il Covid-19
attacca il cuore del governo: Johnson e Hancock, i quali hanno avuto contatti
con personalità politiche di alto livello, e si cerca di ricostruire la rete di
entrambi negli ultimi giorni. Boris Johnson avvisa che ulteriori restrizioni
potrebbero essere necessarie. “Il peggio deve ancora arrivare” dichiara
“abbiamo sempre cercato di attuare le giuste misure al momento giusto e non ci
tireremo indietro, se sarà necessario andare oltre”. Nel mondo del calcio la
Premier League è sospesa fino al 30 aprile, e i giocatori si allenano da casa.
Secondo l’ex difensore Angelo Ogbonna potrebbero avere bisogno almeno di un
mese, prima di riprendere a giocare quando tutto sarà finito. La Gran Bretagna
“ha riso” dell’Italia e ha “sottovalutato” il coronavirus,
afferma lo stesso Ogbonna, che vive a Londra ma ha la famiglia in Italia. “A
Londra c’è stata subito preoccupazione” dichiara in un’intervista “supermercati
vuoti, meno gente in giro. Ma Londra non è il Regno Unito”. Negli Stati Uniti,
ad oggi sono oltre 141.000 i casi registrati di cui più di 59.000 a New York, epicentro del contagio. A preoccupare
è la situazione sanitaria: il governatore Cuomo ha annunciato che lo Stato di
New York avrà bisogno di più di 30.000 respiratori ed è troppo basso il numero
di medici e infermieri in grado di utilizzarli. Bill Gates osserva che il
confinamento graduale non funziona e prevede il picco per fine aprile. Nel
Kentucky: il sindaco di Louisville come il Presidente della Campania De Luca si
dichiara contro chi non rispetta l’isolamento. I colossi americani come
Coca-Cola, McDonald’s e Nike rivisitano i propri loghi in stile “distanziamento
sociale”.
La Spagna sembra essere legata all’Italia da un
filo conduttore: il paese segue drammaticamente il nostro, non solo per numero
di contagi, ma anche per quanto riguarda i provvedimenti sanitari e non,
attuati dagli organi competenti. La Spagna sta registrando un aumento
vertiginoso di casi positivi al coronavirus: questa settimana sfiora gli 80.000
infettati, circa 10 mila in più rispetto alla scorsa. Il numero delle vittime
nel paese, che ammonta a 6.737, ormai supera di gran lunga quello della Cina.
Gli spagnoli si uniscono in un grido di terrore, i malati muoiono da soli,
senza l’opportuna e necessaria attrezzatura medica, lontani dai loro cari e
soprattutto senza una parola di conforto. È solo l’inizio: il picco dei contagi
è previsto fra 15 giorni. Notizia che sconvolge il paese è quella di Fernando Simón, direttore del Centro per la gestione della
crisi sanitaria (Centro de Coordinación de Emergencias y Alertas Sanitarias)
il quale, la notte del 30 marzo, è stato nuovamente sottoposto al tampone per
il Covid-19, già effettuato qualche settimana fa e al quale risultava negativo,
riportando ora la positività alla malattia. Il premier Pedro Sánchez ha
inasprito ulteriormente il confinamento: oggi un nuovo decreto vieta tutte le
attività non essenziali fino al 9 aprile con un congedo retribuito per tutti i
lavoratori con lo scopo di limitare al massimo tutti gli spostamenti.
In
Argentina, il Ministero della Salute (Ministerio de Salud de la
Nación) registra attualmente 820 casi confermati, 22 sono i decessi. Solamente
nella giornata di domenica scorsa si sono registrati 72 casi in più. Intanto il
Presidente Alberto Fernández estende la quarantena, la quale sarebbe
dovuta terminare ufficialmente martedì scorso. Il nuovo provvedimento prevede
lo stato di emergenza fino al termine della Settimana Santa.
A Cuba Il
Ministero della Salute annuncia che su 665 tamponi realizzati nel paese, 139
sono i casi positivi e che dispongono dei protocolli medici già messi in atto
dai paesi più colpiti. Persistono aspre misure restrittive su chiunque entri
nel paese tra cui l’isolamento.
Aumentano
i casi in Venezuela, di fronte a 119 morti, il
presidente della Repubblica Nicolás Maduro lancia un nuovo appello alla
popolazione chiedendo di rispettare la quarantena, “la via più efficace per
limitare la propagazione del virus”. Il paese, oltre a dover affrontare una
crisi economica e umanitaria già da molti anni ormai, deve sopportare il peso
di nuovi disagi.
Francesca Vannoni
Il sito francese di Euronews lamenta il fatto che,
nonostante la situazione critica del sistema sanitario del loro Paese, molti
italiani continuano ad andare a correre, creando spesso assembramenti. Grazie
alla localizzazione GPS, l’app Strava permette di individuare gli utenti che
trasgrediscono all’isolamento. La pratica sportiva si ferma invece per gli atleti che si
stavano preparando ai giochi olimpici previsti per luglio 2020 nella città di
Tokyo. Il Presidente del CIO (Comitato Olimpico Internazionale) ha annunciato
martedì scorso il rinvio dei giochi al 2021. Prima d’ora soltanto tre edizioni
erano state annullate: Berlino (1916), Tokyo (1940) e Londra (1944). In Svizzera,
dopo la decisione del Ticino di chiudere tutte le attività, in virtù dell’alto
numero di contagi, anche il governo federale ha stabilito che fino al 19 aprile
rimarranno aperti solo i negozi di prima necessità. 159 svizzeri sono stati
rimpatriati da Santiago con il quarto volo organizzato dal Dipartimento Federale
degli Affari Esteri; è previsto anche un aereo da Algeri. Ci sono molte
iniziative per intrattenere la popolazione in quarantena: si passa dai
“balconcerts”, i concerti in balcone o il concorso indetto dal giornale “Le
Temps” per disegnare la propria vita in quarantena. L’UCM, associazione belga
di tutela dei lavoratori indipendenti, per aiutare gli imprenditori in
difficoltà ha richiesto una serie di misure, tra cui l’indennità regionale, la
sospensione generale delle tasse e un incentivo agli affittuari per sospendere
gli affitti. Riporta un po’ di speranza il caso della centenaria ligure
sopravvissuta al Covid-19. Ricoverata a inizio marzo per una leggera
insufficienza cardiaca, Italica, a 102 anni, è stata dimessa dopo tre settimane
di lotta contro il virus: un esempio che in Belgio dona tanta speranza. La pandemia avanza
in Africa e l’emergenza sanitaria diviene subito emergenza sociale.
Mentre i governi rafforzano le misure di contenimento, in strada si assiste ad
un incremento degli episodi di violenza. In Senegal, Sud Africa, Kenya, Ruanda
e Zimbabwe sono stati denunciati abusi di potere e atteggiamenti violenti da
parte della polizia, chiamata a far rispettare le nuove regole.
Contemporaneamente l’immagine “dell’untore bianco” si diffonde tra la popolazione,
sfociando a volte in episodi di razzismo contro gli stranieri residenti in
Africa, considerati i portatori del virus nel continente. In Canada,
molte imprese hanno convertito la loro linea di produzione per dare il loro
contributo nella lotta contro la pandemia. Se molti birrifici e distillerie si
sono lanciate nel loro piccolo nella produzione di gel disinfettante, la grande
ditta di attrezzatura da hockey “Bauer” ha ottenuto il permesso dalle autorità
sanitarie locali per fabbricare 300.000 visiere protettive mediche, che saranno
vendute al Ministero della Salute del Québec. Nella realizzazione delle
mascherine per coloro che assicurano i servizi essenziali, invece, si è
cimentata la “Coop Couturières Pop” a Montréal, un laboratorio sartoriale che ha
raccolto l’offerta di 4000 sarte disposte a portare avanti il loro lavoro a
domicilio.
In Germania, mentre la popolazione si interroga su
quanto dureranno ancora le restrizioni varate dal governo federale e dai Länder
per l’emergenza sanitaria da COVID-19, è in preparazione una nuova misura più
stringente e non ancora utilizzata in ambito europeo, sebbene in altri paesi se
ne discuta: un piano per geolocalizzare attraverso i telefoni cellulari i
soggetti affetti da COVID-19, sul modello già sperimentato in Corea del sud.
Questa misura, strategica per impedire l’estendersi della
pandemia, è prevista da uno studio del Ministero degli Interni reso noto dal
“Süddeutsche Zeitung” e da “Der Spiegel”.
Il governo federale non è alle prese solo con l’aspetto
sanitario del contagio in costante crescita, ma anche con le difficoltà
economiche che prevedibilmente colpiranno anche la Germania.
A Bruxelles,
si sta discutendo su quali strumenti economici adottare per fare fronte alla
crisi che sta mettendo in forti difficoltà mercati e economie di diversi paesi
UE. Lo scontro è tra
l’applicazione di due differenti strumenti, da una parte i titoli
obbligazionari europei (Coronabond) e dall’altra il ricorso al Fondo Salva Stati (Meccanismo
europeo di stabilità -MES)
I Coronabond sarebbero uno strumento della Commissione
Europea che consentirebbe agli stati membri di finanziare le spese sanitarie
straordinarie, e di fronteggiare anche la crisi di imprese e famiglie.
Questo strumento, sostenuto dal governo italiano,
francese e spagnolo, ha trovato l’opposizione dei governi tedesco, austriaco,
olandese e finlandese, favorevoli al MES.
Lo scorso 26 marzo i capi di stato della UE, hanno
rinviato di 2 settimane ogni decisione per tentare di definire meglio le
differenti posizioni ed arrivare ad una conclusione definitiva e condivisa.
Il MES rappresenta uno strumento già pronto ad
intervenire con un fondo di 410 miliardi di euro, ma il suo impiego, graverebbe
sul debito dei paesi che ne farebbero uso; i Corona bond, emessi dalla BCE che ne sarebbe garante, sarebbero una misura
straordinaria e innovativa e al di là dell’aspetto economico, un forte segnale
di unità e coesione della UE.
Se in ambito europeo il confronto è acceso, gli aiuti
umanitari della Germania al nostro paese sono un vero ed apprezzabile sostegno.
Infatti, oltre agli aiuti in mezzi e strumenti, sono 47
gli italiani curati in terapia intensiva in Germania.
Il trasferimento dei pazienti provenienti dalle regioni
più colpite dell’Italia, non è facile a causa del loro stato di salute, che
necessita di condizioni straordinarie per gestire il “bio-contenimento” dei
pazienti.
In Germania, tra gli effetti del COVID-19, è da registrare anche la morte del
ministro delle Finanze dell’Assia, Thomas Schäfer. Si tratterebbe del
primo caso di suicidio di un politico dovuto allo stress e alle preoccupazioni.
In una lettera, lo stesso Schäfer pur non citando direttamente il COVID-19 come principale causa, avrebbe definito “senza
speranze” il futuro sociale ed economico del Land.
Ivan Denaro
Mosca, 25 marzo 2020. Ci sono all’orizzonte
piccoli miglioramenti anche nella lontana Russia. Sono esattamente 14 i guariti
nella giornata di oggi: persone, non anziane, che prima di ammalarsi erano
state in Europa. Un gradino sotto i guariti, ci sono poi quelli che Il
Ministero della salute pubblica definisce paucisintomatici di COVID-19: 290 su
450 contagiati. Definiti solamente dal personale medico, in questi pazienti la
febbre è più bassa di 38,5 C° e respirano liberamente. Ai paucisintomatici si
raccomanda l’assunzione di alcuni farmaci antipiretici e di bere molto. Devono,
comunque, riguardarsi le persone più a rischio come: anziani con più di 65
anni d’età, donne incinte, diabetici, malati cardiaci e asmatici.
A risentire di
questa pandemia è anche il mondo dello sport. Come afferma il Presidente del
comitato olimpico, Tomac Bax: “Le Olimpiadi che si sarebbero dovute tenere a
Tokio dal 25 luglio al 9 agosto sono posticipate a data da destinarsi”. A
prendere quest’ardua decisione è stato Bax coadiuvato dal primo ministro del
Giappone Singzo Abe, il governatore di Tokio Juriko Koike e il direttore
generale dei Giochi. Quest’ultimo, infatti, ha dichiarato che la pandemia
COVID-19 ha peggiorato le condizioni delle persone in tutto il mondo, influendo
quindi anche sullo stato fisico degli atleti partecipanti. Ciononostante,
l’evento sportivo si terrà non oltre l’estate 2021. Nel frattempo, la fiamma
olimpica rimarrà a Tokio, rappresentando per tutto il mondo la speranza di
vincere, un giorno non lontano, questa lunga e dura battaglia.
Ed è proprio in
questo momento così difficile che, l’arte e la cultura riescono a superare le
barriere, infatti, lo staff del museo Hermitage a San Pietroburgo ha
organizzato una visita online speciale dedicata all’Italia. “Vorremmo dare una
mano ai cittadini italiani in questo periodo non facile. Non possiamo prestarvi
aiuto medico o finanziario, ma speriamo di fare almeno qualcosa per abbellire
questo momento duro con la bellezza infinita
dell’arte.”, queste sono le parole riportate nella presentazione del tour
virtuale. La dott.ssa Olga Macho, capo del settore per l’Educazione pubblica al
Museo statale Hermitage ha tenuto oggi la visita in lingua italiana. Il 25 marzo
di solito è un giorno in cui si festeggia il compleanno di Venezia, così, il
direttore del Museo, Michail Piotrovsky, ha comunicato con un video di conforto
e vicinanza che, per questo motivo, inizieranno proprio oggi una serie di
trasmissioni online sull’arte italiana, in lingua italiana, per gli spettatori
italiani. Il Direttore sottolinea l’importanza di Venezia per la città di San
Pietroburgo e per il Museo stesso, infatti proprio in piazza San Marco si trova
la sede del centro Hermitage – Italia. “Raccontando dell’arte italiana
all’Hermitage vorremmo esprimere la nostra solidarietà verso i nostri amici
italiani che come noi stanno affrontando l’epidemia.”
Paola D’Onofrio
Angela Doria
Come hanno segnalato di recente i media italiani,
l’emergenza ha raggiunto anche il continente africano, con una maggiore
concentrazione nella zona del nord Africa.
Stando a quanto riportano i giornali arabi, quali
Hespress e Alayam 24, i paesi del Maghreb, seguendo l’esempio europeo,
hanno attuato misure preventive volte a rallentare la diffusione del virus.
Sebbene il Marocco sembri essere al centro dell’interesse giornalistico
arabo, non bisogna sottovalutare i preoccupanti dati relativi ad Algeria e
Tunisia, che allo stato attuale registrano rispettivamente 454 e 278
contagi, con un totale di 37 decessi. Sembrerebbe invece che la Libia
non sia ancora coinvolta in questa situazione di emergenza mondiale.
Quanto al Marocco, invece, i casi ad oggi
confermati sono 437 e si registrano purtroppo 26 decessi. Ma la velocità di
mobilitazione, responsabilità collettiva e disciplina che i marocchini hanno
dimostrato rappresenta un motivo di orgoglio per il Paese. Ed è proprio la loro
fede in Dio, unica via di uscita in un momento così tragico, ad illuminarli
sull’importanza del rispetto per le regole di sicurezza, igiene e fiducia nelle
autorità, come segnalato dal MAP (Agenzia di stampa marocchina). Una tale
condotta risulta essere necessaria se si considera la ristrettezza delle
risorse economiche e la fragilità dei sistemi sanitari; infatti, secondo
l’Organizzazione mondiale della Sanità, l’Africa non dispone di mezzi
sufficienti per far fronte ad un’epidemia di questa portata.
La situazione di crisi
che affronta il Marocco è oggi paragonabile allo scenario che qualche settimana
fa caratterizzava l’Italia. Nel nostro Paese vi è una forte presenza di
comunità marocchine, che secondo le statistiche si concentrano maggiormente nelle
zone del nord. Ma nonostante la lontananza e il difficile momento storico,
rimane molto forte il contatto tra i marocchini residenti in Italia e la loro
terra d’origine. Alcuni di loro sono stati intervistati dal quotidiano arabo
Hespress, ed hanno riportato la loro opinione riguardo la strategia adottata
dall’Italia per far fronte a questa emergenza. “La sicurezza italiana sta compiendo enormi sforzi, […] e non possiamo
lamentarci di questo Paese che ci ha accolto”, ha sottolineato il
portavoce. Quanto alla didattica, al pari dei loro compagni italiani, anche gli
studenti marocchini si stanno abituando alle nuove tecniche da remoto.
In un momento storico-politico in cui valori fondamentali
come solidarietà e accettazione del diverso sembrano venir meno, sorprende il
senso di umanità dimostrato dall’Italia nei confronti dei suoi fratelli
stranieri. Sono stati proprio i marocchini coinvolti direttamente
nell’emergenza sanitaria a confermarlo, come si evince dalle seguenti parole: “tutti i malati ricevono cure complete e non esiste divario tra bianco,
nero, italiano o straniero”.
Valeria
Di Bonaventura Arianna Mercuriali Giulia Roncella
Il ministero degli
Esteri cinese ha stabilito che, a partire dalla mezzanotte del 28 marzo,
gli stranieri in possesso di visto valido o di permesso di residenza si
vedranno temporaneamente precluso l’ingresso in Cina.
Secondo quanto
riportato dall’agenzia ufficiale di stampa cinese “Xinhua”, venerdì,
il presidente cinese Xi Jinping, in una conversazione telefonica con la sua
controparte statunitense Donald Trump, ha sottolineato che dall’inizio
dell’epidemia di COVID – 19 la Cina ha condiviso le informazioni in modo
aperto, trasparente e responsabile con l’Organizzazione mondiale della sanità e
paesi tra cui gli Stati Uniti.
Le epidemie, ha
rimarcato Xi, non conoscono confini o razze e sono un nemico comune
dell’umanità. Il paese, ha proseguito il presidente cinese, ha anche condiviso
esperienze sulla prevenzione, il contenimento e il trattamento della malattia,
senza riserve e fornendo il maggior supporto e assistenza possibile ai paesi
bisognosi.
Secondo quanto
riferito dalla Procura suprema del popolo cinese, in Cina sono state perseguite
1.919 persone per reati connessi all’epidemia di coronavirus. Tra loro, 18
persone sono state incriminate per aver compromesso la prevenzione delle
malattie infettive, 506 per aver ostacolato gli affari ufficiali, 132 per aver
fabbricato o venduto prodotti falsi o farmaci e apparecchiature mediche
scadenti.
Sabato la
Commissione sanitaria cinese ha annunciato 54 nuovi casi di coronavirus in Cina
continentale. Inoltre, l’amministrazione di Wuhan ha iniziato a riaprire
parzialmente la circolazione dei trasporti pubblici della città, in vista della
riapertura totale prevista il prossimo 8 aprile.
L’Italia ha
assistito la Cina 12 anni fa e adesso la Cina è pronta a restituirgli il
favore.
La Cina non
dimentica nonostante sia passato tutto questo tempo: “il ponte d’amicizia tra
Cina e Italia sarà più forte quando ci aiuteremo a vicenda”, come afferma il
presidente cinese Xi Jinping; e continua: “nella lotta contro il virus, gli
esseri umani avranno maggiori possibilità”.
La Cina non
dimentica: nel 1988 l’Italia, senza percepire alcun indennizzo, ha aiutato la
Cina a istituire più centri di emergenza medica, che per oltre 30 anni hanno
salvato innumerevoli vite umane.
La Cina non
dimentica: nel terremoto di Wenchuan del 2008, l’Italia è stata la prima ad
arrivare sul luogo del terremoto inviando un gran numero di aiuti umanitari,
mentre rapidamente è stato istituito un ospedale mobile nell’area del disastro.
Confucio disse:
“Se non accetti le persone lontane, allora devi coltivare la tua
moralità”. La cultura cinese, in questo caso molto simile al
cristianesimo, porta ad amare gli altri nonostante le controversie. Questa
crisi, ormai quasi completamente superata, come testimoniano le decine di treni
di chi fa ritorno a Wuhan, è per la Cina un nuovo battesimo, morto l’uomo
vecchio ecco che emerge dalle acque l’uomo nuovo.
Gabriele Bonanni Nicolò Cornacchia
FONTI e
SITOGRAFIA
Per la lingua
PORTOGHESE
Intervista di
Martina Pavone a Vanessa Teixeira Volochen
Cari amici, compagni e colleghi, benvenuti nella quarta settimana di reclusione (se avete rispettato le regole, s’intende eheh).
#MondayAbroad è una bellissima rubrica, nata con lo scopo di farci sognare incuriosendoci e raccontandoci di posti vicini e lontani che, magari, abbiamo già conosciuto o che ci piacerebbe visitare in futuro.
Viste le ultime vicissitudini che abbiamo dovuto e che ancora dobbiamo affrontare, ho pensato fosse una bella idea parlare dei viaggi che più ci hanno emozionato. Vi chiedo, quindi, di raccontarmi le vostre magnifiche esperienze; i colori, i profumi, le curiosità che più vi hanno colpito e insegnato.
Per
mia grande fortuna, ho viaggiato molto (non ancora abbastanza) e ogni Stato che
ho visitato mi ha lasciato qualcosa:
la Spagna, per esempio, mi ha dato amore e
musica (spero che ancora non abbia finito di farmi regali, perché io ho ancora
tanto da offrirgli);
la
Francia mi ha consigliato la delicatezza (e a non mangiare prima di salire
sulle montagne russe di Disneyland);
Monaco
di Baviera mi ha mostrato come un cucù possa essere un punto di ritrovo (e che
la birra dell’HB può essere tranquillamente considerata come piatto tipico);
Londra
mi ha lasciato a bocca aperta per le sue illuminazioni natalizie (ma ho
imparato a mie spese a chiuderla subito dopo, sennò mi bevevo la pioggia);
la
Grecia mi ha catapultata in Hercules (intendo il cartone animato, ovviamente);
in
Turchia ho scoperto e sviluppato una grande passione per thè alla mela e
tappeti;
negli
USA mi sono sentita una formichina che si divertiva a girovagare tra Broadway e
la Casa Bianca.
Oggi, però, voglio parlarvi del viaggio che più mi ha sorpreso e soddisfatto in assoluto: LISBONA.
Sono stata nella capitale portoghese all’inizio di dicembre 2019, durante il mio Erasmus a Murcia. Ricordo quell’esperienza in maniera fin quasi malinconica: mi sono innamorata delle sue strade, dei suoi quartieri, della sua gente e dei suoi colori (difatti spero di poterci tornare presto).
Le
attrazioni principali di Lisbona sono molte: quelle che sicuramente mi hanno
impressionato maggiormente sono il negozio composto interamente da scatolette di
sardine chiamato “O Mundo Fantastico da Sardinha Portuguesa” (i portoghesi e la
fantasia coi nomi vanno a braccetto), l’Alfama, un quartiere super affascinante
in quanto composto da un labirinto
di viuzze acciottolate ed edifici antichi (è qui che si trovano molti dei
principali edifici storici di Lisbona), il quartiere Belém, un po’ distante dal
centro città, ma pazzesco sia per la Torre che per O Mosteiro dos Jerónimos
(non vi svelo cosa sono, in caso non li conosciate eheh) e il favoloso tram
giallo, che ti porta alle zone geograficamente più elevate della città.
Non so che cosa mi abbia rubato il cuore di
quel posto (anche se os pasteles de nata e o bacalhao hanno giocato un ruolo
molto importante per le mie papille gustative), ma so che tornerei lì anche in
questo esatto momento. Obrigada,
Lisboa, espero que um dia possamos
voltar a visitar, volte sempre!
La rassegna stampa internazionale dell’UNINT sul COVID-19
L’emergenza
legata alla diffusione del COVID-19 continua ad assumere proporzioni
difficilmente controllabili e sempre più estese a livello globale.
Anche gli Stati
con i sistemi sanitari più solidi, fra i quali il nostro Paese, che in prima
linea ne è l’esempio, stanno incontrando enormi difficoltà. Queste fanno
correre il nostro pensiero a tutte quelle aree del mondo carenti di servizi
essenziali come le strutture ospedaliere e la libera possibilità di accedere
alle cure mediche.
Per questo
motivo, anche oggi raccontiamo quello che è accaduto nel mondo nelle ultime
giornate, con la speranza che non si continui a diffondere esclusivamente un
virus bensì consapevolezza, solidarietà e senso di comunità.
Sara Nardi
Il giornale brasilianoglobo.com riporta che ad oggi l’Italia ha registrato un altissimo tasso
di decessi a causa del coronavirus superando, addirittura, la Cina. Vari
studiosi sostengono che l’alto tasso di contagio che si è presentato in Italia
è dato dal fatto che la nostra è una popolazione composta, per lo più, di
anziani. Il Presidente brasiliano Jair Bolsonaro sottovaluta l’epidemia
e il propagarsi del virus e afferma che l’elevato tasso di mortalità
verificatosi in Italia è appunto dovuto all’anzianità della popolazione. Il
Presidente inoltre sostiene che in Brasile non si dovrà mai affrontare la
stessa situazione.
Nel
mentre il Ministero della Salute brasiliano dichiara ufficialmente il contagio
su tutto il territorio nazionale. Gli ultimi dati, aggiornati al 24 marzo,
indicano un totale di 2.201 contagi includendo 46 decessi (40 a San Paolo e 6 a
Rio de Janeiro). Sul territorio nazionale i casi di contagio sono così
distribuiti:
Nord =
82
Nord-est
= 354
Sud-
est = 1.278
Centro-ovest
= 217
Sud =
270
Il
Presidente ha ignorato le indicazioni date dal Ministero della salute e, come
se non bastasse, è anche stato a stretto contatto con uno dei suoi
collaboratori che è risultato positivo al COVID-19. Il Presidente Bolsonaro dopo aver effettuato 2
esami (uno il 12 e e l’altro il 17 marzo) di cui non si hanno i risultati ufficiali afferma
di non aver contratto il virus.
Contrariamente
alle decisioni prese dal Presidente brasiliano, il governatore dello Stato
di Rio de Janeiro in data 21 marzo ha deciso di isolare il territorio per
15 giorni attraverso la sospensione e il blocco dei mezzi di trasporto (aerei,
ferroviari e marittimi), la chiusura temporanea delle attività commerciali,
delle spiagge e non solo. Per impedire il fallimento delle agenzie non sono
stati effettuati rimborsi ma si è proposto ai clienti di posticipare viaggi,
attività turistiche e soggiorni negli hotel (che rimarranno chiusi fino al 3
maggio).
Ci sono state
alcune proteste da parte dei lavoratori, principalmente a Belo Horizonte e a
Recife, per cercare di ottenere il permesso per lo smartworking. Ciò
è dovuto al fatto che sono state segnalate violazioni delle norme di
prevenzione come la mancanza di alcol e gel-igienizzanti, il sovraffollamento
negli uffici e la mancanza di attenzione nei confronti dei lavoratori con
problemi di salute, anziani e donne incinte.
Il Governatore di
Minas Gerais, per far fronte
all’epidemia, il 25 marzo ha dichiarato che darà inizio alla costruzione di un
ospedale a Belo Horizonte. Questo ospedale potrà ospitare 800 letti nell’unità
di Terapia Intensiva (UTI) e, inoltre, in programma c’è l’aggiunta di altri
letti negli ospedali interni allo Stato per garantire massima organizzazione in
caso di necessità.
Francesco Cabras, Agata Cignitti
L’Australia ad oggi conta più di 2800 contagi e vede nuove restrizioni: locali e pub a Sydney si reinventano con il servizio bar a domicilio. Vari artisti, seguendo l’esempio americano, hanno creato il sito “I Lost My Gig Australia” (Ho Perso il Lavoro Australia), per sostenersi a vicenda segnalando i soldi persi causa virus. Cifre che verranno segnalate all’Australian Music Industry Network (Rete australiana dell’industria musicale) e all’Australian Festival Association (Associazione festival australiano), per stimare un eventuale supporto economico. La cantante Kira Puro si è fatta portavoce di alcuni musicisti su Twitter, suggerendo alle radio di trasmettere quasi esclusivamente musica australiana; la proposta è stata accolta da alcune antenne. Anche nel mondo dello sport c’è difficoltà, in particolare per il rugby: si teme infatti per le 16 squadre che dovranno rimanere in piedi senza i proventi delle partite e del merchandising durante la quarantena.
Nel Regno
Unito il virus ha colpito anche la famiglia reale: Carlo, principe del
Galles, è risultato positivo al COVID-19 con lievi sintomi e in questo momento
si trova in Scozia, in isolamento insieme alla consorte Camilla. La Regina
Elisabetta e il Principe Filippo si sono rifugiati nel castello di Windsor,
con pochi membri del loro staff, in via precauzionale.Cancellati eventi
e manifestazioni e implementati i controlli alle frontiere, poiché ci sono
ancora troppe persone in giro. Negli ultimi due giorni la Camera dei Lord ha
approvato un disegno di legge che darà al governo un potere senza precedenti.
Mentre a livello sanitario, 7563 medici in pensione sono tornati a lavorare per
contribuire alla gestione dell’emergenza.
In Canada,
invece, i veterinari mettono a disposizione i loro ventilatori. Lo Stato ha
inoltre destinato 40 miliardi di dollari per venire incontro ai lavoratori
colpiti dalle conseguenze della pandemia. Gran parte della popolazione (anche i
sedicenni) avrà accesso al credito e a partire da aprile il credito di 2000
dollari sarà erogato senza condizioni di accesso.
Anche negli Stati
Uniti, il Senato ha approvato un disegno di legge per erogare incentivi e
fondi in favore di famiglie, ospedali e imprese in difficoltà, dopo essersi
verificata una corsa alle domande di disoccupazione da parte di milioni i
richiedenti. L’azienda statunitense Dyson ha ristrutturato gli impianti
per avviare la produzione di un nuovo modello di respiratore che sarà
disponibile all’inizio di aprile. La situazione emergenziale ha inoltre
sollevato polemiche dirette al presidente Trump, accusato di aver sottovalutato
i rischi di una possibile epidemia da COVID-19 non ascoltando gli esperti
virologi e mancando di trasparenza. Il COVID-19 ha colpito anche il mondo del
cinema: protagonisti l’attore Tom Hanks e di sua moglie Rita e dell’ex
produttore cinematografico Harvey Weinstein, condannato per molestie. Immediato
il trasferimento presso le celle di isolamento al Wende Correctional
Facility (prigione di massima sicurezza).
La Spagna ha registrato nel periodo tra il 31 gennaio e il 25 marzo oltre 47.000 casi di coronavirus e circa 3.500 morti, superando il numero delle vittime in Cina. Come ribadito in questi giorni dal direttore del Centro per la gestione della crisi sanitaria (Centro de Coordinación de Emergencias y Alertas Sanitarias), Fernando Simón, la settimana è particolarmente dura. La relazione stilata, aggiornata quotidianamente dal Ministero della Salute spagnolo, registrava tra il 24 e il 25 marzo 738 morti in più rispetto ai giorni precedenti, con 1.574 pazienti dimessi.
In Argentina
ci sono attualmente 387 casi confermati, tra cui 7 decessi. Secondo i dati
ufficiali, il 40,9% dei contagiati sarebbero donne e il 59,1% sarebbero uomini.
Martedì scorso erano stati confermati 86 nuovi casi, l’aumento più alto
dall’inizio della pandemia. Nella stessa giornata sono morti due pazienti.
Secondo i dati forniti, nella capitale sono stati registrati 135 casi, 174
comprendendo anche la periferia.
In Perù,
il presidente Martín Vizcarra si è espresso contro coloro che non stanno
rispettando le misure del paese per l’arresto dell’espansione del virus e ha
affermato che mercoledì scorso sono stati detenuti 18.476 cittadini per non
aver rispettato l’autoisolamento obbligatorio. Solo pochi giorni fa sono stati
arrestati, nell’arco di 24 ore, 2.427 cittadini. Il capo di Stato ha dichiarato
che l’obiettivo della misura adottata dal Governo peruviano è per “la tutela
della vita”. La misura prevede l’autoisolamento obbligatorio per 15 giorni, la
chiusura delle frontiere e la sospensione dei trasporti internazionali di
passeggeri via terra, mare e aria.
A Cuba, il
Ministero della Salute ha confermato 57 casi. Secondo le informazioni riportate
dalla Presidenza di Cuba, le misure adottate si concentrano sul monitoraggio
epidemiologico soprattutto di coloro che entrano nel paese, unito al
potenziamento di altre misure sanitarie.
In Venezuela, il
presidente della Repubblica Nicolás Maduro si è complimentato con gli artisti
che hanno regalato un momento di allegria in questo periodo di pandemia. “Non
c’è niente di più bello che portare l’allegria al popolo venezuelano che, in un
momento di crisi per il Covid-19, rimane saldo con la quarantena […]”, scrive il capo di Stato
su Twitter. In questi giorni in Venezuela sono stati registrati 91 casi di
coronavirus.
In Honduras
hanno avuto luogo diverse proteste per la mancanza di forniture per affrontare
il virus. Martedì scorso la polizia del paese ha affrontato con il gas
lacrimogeno le folle che protestavano per mancanza di cibo e per il coprifuoco
imposto. Altri gruppi hanno chiesto anche la possibilità di poter lavorare
nonostante le limitazioni. Anche l’Honduras, con 36 casi confermati, ha
dichiarato l’emergenza sanitaria in tutto il paese, chiudendo le frontiere e
imponendo il coprifuoco su sei città.
Marco Riscica
Francia: In un articolo di mercoledì 24,
apparso sul quotidiano francese Le Monde, si legge che “il bilancio delle
vittime resta ancora da incubo, tuttavia la diminuzione del numero dei
contagiati suscita timide speranze negli scienziati, che confidano
nell’efficacia delle misure draconiane di isolamento prese dal governo
italiano”. C’è anche chi, come il fotografo Samuel Gratacap, ne
approfitta per fare un reportage fotografico di una “Roma deserta”, che sembra
essersi trasformata in un “set cinematografico”. Arrivata la notizia di un
paziente cinese trovato nuovamente positivo al virus. Le persone guarite in
realtà risulterebbero immuni a questo ceppo del virus tuttavia l’organismo non
sarebbe immune ad una sua possibile mutazione.
Il Belgio, senza più mascherine, ha mandato una richiesta d’aiuto a
cui ha risposto Mossa, azienda turca, garantendo la consegna entro 3
giorni a patto che l’ordine fosse saldato entro il 12 marzo. Si è rivelata
essere una frode ai danni del Belgio che sarà pertanto rimborsato. Nel
frattempo, Marius Gilbert, epidemiologo all’Università di Bruxelles, lamenta
l’assenza di dati reali sul Covid-19: “È un problema significativo che ritarda
la nostra capacità di reagire a questa epidemia. Urge adottare un sistema
trasparente di accesso ai dati così come fatto in Italia e in Francia”.
Nonostante le misure restrittive adottate dalle autorità
africane per fermare il virus, i numeri continuano ad aumentare. Il 25 marzo
sono 43 i paesi in cui si è diffuso il contagio. “Il rapido incremento del
Covid-19 in Africa costituisce un appello preoccupante a cui rispondere
con decisione. Possiamo ancora cambiare il corso di questa pandemia, i governi
devono attingere a tutte le loro risorse e capacità per rafforzare le misure
preventive” ha affermato il direttore regionale dell’OMS per l’Africa,
Matshidiso Moeti. I paesi più colpiti del continente finora sono l’Egitto, il
Sudafrica, e l’Algeria.
In Canada
il governo ha preso provvedimenti in linea alle altre province e agli altri
paesi, contro quella che il premier del Québec, François Legault, ha definito
“la più grande battaglia della nostra vita”. Poiché nell’area i positivi al
COVID-19 ammontano a 1339, al 25 marzo, si è ricorsi alla chiusura delle
attività a eccezione di farmacie, alimentari e S.A.Q. (la società responsabile
del commercio di bevande alcoliche). A tal proposito, verranno emessi assegni
dal governo federale, il 6 aprile p.v., per sostenere le persone rimaste senza
occupazione.
Ad oggi il numero
di casi in Svizzera è in aumento, tanto che si parla di scenario
all’italiana: è il primo Paese al mondo per rapporto
popolazione-contagiati, si svolgono più di 1000 test al giorno. Le scuole sono
chiuse, ma la didattica a distanza non sembra funzionare, si sta ancora
lavorando per migliorarla. Un albergo ha offerto le sue stanze per i medici
affinché possano riposarsi. Il governo consiglia di uscire solo in casi di
estrema necessità. Continua l’ammirazione per l’Italia, si parla
dell’intuizione di trasformare le maschere da sub di Decathlon in maschere
respiratorie.
In Germania
non sono mancate le manifestazioni di solidarietà verso l’Italia: è infatti il
primo Paese al mondo ad essersi offerto di prendere in carico pazienti italiani
per curarli. Dopo il Land della Sassonia, che nella giornata di lunedì ha
accolto i primi 2 pazienti (ora ricoverati all’ospedale di Lipsia), anche il
Nord Reno-Westfalia, la Baviera, Berlino, il Brandeburgo e l’Assia si sono resi
disponibili ad aiutarci.
Intanto già da
domenica 22 sono entrate in vigore le prime misure di sicurezza valide per
l’intero territorio nazionale, accolte con favore dalla stragrande maggioranza
della popolazione (solo il 3% dei tedeschi si dichiara contrario).
Tra le nuove
disposizioni c’è il divieto di riunirsi all’aperto in gruppi di oltre 2 persone
e di mantenere ovunque la distanza di 1,5 m gli uni dagli altri. Tuttavia non è
stato ancora deciso di vietare gli spostamenti ai cittadini così come è
accaduto in Italia, e pertanto i tedeschi sono ancora liberi di muoversi e
uscire di casa, sebbene le autorità invitino a farlo solo in caso di necessità.
Queste nuove disposizioni tentano di fare leva sul buon senso dei tedeschi,
tuttavia la loro violazione può comportare multe molto salate, il cui ammontare
varia molto da Land a Land. Il Nord Reno-Westfalia è stato il primo Land a
introdurre sanzioni fino a 5000€, che possono ammontare fino a 25.000€ in caso
di recidività.
Intanto il numero
dei casi continua a salire: nella giornata di giovedì i casi confermati sono
arrivati a 36.508, le vittime sono 198.
Preoccupano molto le possibili conseguenze economiche di cui fa una stima
l’Ifo, l’istituto di ricerca economica di Monaco di Baviera: al termine della
pandemia potrebbero ritrovarsi senza posto di lavoro più di 1 milione di
persone, e la Germania potrebbe perdere mezzo trilione di euro. Vale però la
pena spendere anche cifre altissime per le misure di politica sanitaria, al
fine di abbreviare quanto più possibile la parziale chiusura dell’economia
senza compromettere la lotta alla pandemia.
Il Bundestag ha oggi approvato una manovra aggiuntiva da
156 miliardi di euro per sovvenzionare gli aiuti necessari a contrastare
l’epidemia. Questo pacchetto avrà un costo di 122,5 miliardi di euro, di cui 50
miliardi verranno utilizzati per finanziare piccole imprese e lavoratori
autonomi. Verrà anche effettuato un taglio alle imposte di 33,5 miliardi di
euro.
In data 22.03 la
cancelliera Angela Merkel si era messa volontariamente in quarantena domestica,
in quanto era entrata in contatto con un medico poi risultato positivo. La
cancelliera fortunatamente è risultata negativa al primo tampone, effettuato il
giorno dopo.
Riguardo le
recenti polemiche sullo svolgimento dell’esame di maturità, la Conferenza dei
ministri dell’Istruzione e degli Affari culturali si è pronunciata a favore del
normale svolgimento dell’esame, nonostante fino a ieri molti Länder tedeschi
sembrassero intenzionati alla cancellazione per l’anno corrente.
Francesca Della Giulia, Rosa Palumbo
Il giorno 25
marzo alle ore 14:00 italiane, il presidente russo Putin si è rivolto ai
suoi concittadini in merito al coronavirus e alle misure in ambito di sicurezza
e in ambito economico. Esordisce dicendo: “Grazie alle misure adottate in
anticipo, siamo in grado di frenare la diffusione ampia e rapida della
malattia. Ma dobbiamo capire che la Russia – a causa della sua posizione
geografica – non può isolarsi dalla minaccia. È oggettivamente impossibile
bloccare completamente la penetrazione dell’epidemia nel nostro paese.”
Il presidente,
quindi, dichiara il blocco delle attività lavorative non necessarie, dal 28
marzo fino al 5 aprile resteranno aperte: le istituzioni mediche, le farmacie,
i supermercati, le banche, gli istituti finanziari, i trasporti e le autorità
di ogni livello.
Si invita a
restare a casa, senza però nessun obbligo.
Molte sono le
misure economiche per garantire il necessario: previdenza sociale, reddito e
lavoro, nonché il sostegno alle piccole e medie imprese.
Quindi tutti
servizi di previdenza nei prossimi sei mesi dovrebbero essere rinnovati
automaticamente. A partire da aprile per tre mesi è stato proposto di
aggiungere all’assegno di maternità ulteriori 5000 rubli al mese per ogni
bambino di età inferiore ai tre anni inclusi. I pagamenti delle ferie per
malattia dovranno essere calcolati sulla base di almeno un salario minimo al
mese e, ad eccezione di alcune categorie di cittadini, il pagamento massimo
delle indennità di disoccupazione, attualmente limitato all’importo di 8000
rubli al mese, si propone di aumentarlo al livello del salario minimo, cioè
fino a 12.130 rubli.
Inoltre, si è
decido di bloccare il pagamento dei prestiti dei cittadini a basso reddito e
per le piccole e medie imprese nei prossimi sei mesi.
Continua ancora
il presidente preoccupandosi della situazione economica: “Per le piccole e
medie imprese, ritengo necessario prevedere una proroga del pagamento di tutte
le tasse, ad eccezione dell’IVA, per i prossimi sei mesi. E per le
microimprese, oltre a tale misura fiscale, anche una proroga del pagamento dei
contributi di previdenza sociale.”
Infine, conclude:
“Dobbiamo ricordare la nostra responsabilità personale per i nostri cari,
coloro che vivono nelle vicinanze e che hanno bisogno del nostro aiuto. È nella
solidarietà che risiede la forza della società, l’affidabilità dell’assistenza
reciproca, l’efficacia della nostra risposta alla sfida che affrontiamo.”
I vicini kazaki,
invece, si sono chiusi in una e vera propria quarantena: dal 22 marzo sono
bloccate tutte le uscite ed entrate; fanno eccezione solo i lavoratori del
trasporto pubblico, le forze dell’ordine e i servizi comunali. Le strade sono
state riempite da posti di blocco di militari delle truppe d’assalto e per il
mantenimento della pace; senza dimenticare, ovviamente, la disinfezione del
territorio e di oggetti per limitare il contagio.
Clarissa Giacomini, Paola D’Onofrio
Perchè l’italia
ha uno dei tassi di mortalità più alto al mondo? Secondo il quotidiano degli Emirati
Arabi Uniti Al Bayan le motivazioni sono principalmente tre.
L’elevato tasso
di anzianità del paese
L’alto numero dei
decessi causato dal virus è dovuto in parte al fatto che la popolazione
italiana è tra le più anziane al mondo, seguita dal Giappone.
Pressioni
sul sistema sanitario
La seconda causa
riguarda il sovraffollamento delle strutture sanitarie: sempre più malati hanno
bisogno della terapia intensiva, i cui posti non sono sufficienti per tutti. In
tali condizioni critiche, la priorità viene data a chi ha maggior possibilità di
guarire: tutto ciò ha portato a un deterioramento della qualità della terapia
intensiva, nonostante il sistema sanitario in Lombardia (il principale focolaio
del virus in Italia) sia considerato eccellente.
Differenti
metodi di censimento
Gli esperti ritengono
che la percentuale dei decessi in Italia sia legata anche alla politica di
censimento; il governo italiano effettua i controlli solo sulle persone che
manifestano dei sintomi, senza tener conto dei cosiddetti asintomatici. Questo metodo è diverso rispetto a quello
applicato da stati come la Germania e la Corea del Sud, che hanno scelto di
seguire politiche di censimento su larga scala. D’altro canto, l’Italia ha
deciso di inserire nel conteggio totale dei decessi anche i soggetti che,
durante i controlli, hanno manifestato dei sintomi ma che sono morti a causa di
un’altra malattia pregressa; questo metodo di censimento non è stato invece
adottato da altri stati.
Uno spiraglio di
luce nel piccolo stato del Bahrein. Nel Regno del Bahrein, secondo quanto riportato dal
quotidiano nazionale Al Ayam, è stato svelato il nome del farmaco utilizzato
per curare alcuni casi di Covid19, ovvero l’Hydroxychloroquine. Queste
informazioni ci giungono dall’intervista effettuata al Presidente del Consiglio
Superiore di Sanità del paese, Muhammad Abdallah al Khalifa, il quale ha
illustrato gli effetti positivi che derivano dall’utilizzo del farmaco, tra cui
la diminuzione della mortalità del virus, dei suoi sintomi e delle sue
complicazioni. Il farmaco è stato usato per la prima volta in Bahrein il 26
febbraio scorso e il paese è uno dei primi al mondo ad utilizzarlo, assieme a
Cina e Corea del Sud. Questo tipo di medicinale veniva già utilizzato per
curare malattie come lamalaria, l’artrite e il lupus eritematoso sistemico.
Didattica a
distanza. Anche i paesi del
Golfo hanno risposto prontamente alla necessità di non interrompere la
continuità didattica nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università. In
particolare, il modello saudita spicca per l’efficienza e la fruibilità delle
sue piattaforme di e-learning; infatti sin dalla chiusura delle scuole del
Regno, avvenuta il 9 marzo scorso, il Ministero dell’Istruzione saudita ha
messo a disposizione 17 canali satellitari per la didattica a distanza, a cui
si aggiungono quelli youtube per le lezioni in streaming.
Dinella Vella, Anna Parmegiani, Riad Al Thobaity
In Cina,
la decisione della Commissione Sanitaria di eliminare le restrizioni per la
provincia di Hubei, ad eccezione di Wuhan, dimostra che la Cina si è
risvegliata da un incubo durato oltre due mesi. Il Governo centrale ha due
obiettivi principali: limitare i contagi di ritorno (67 nella Cina
Continentale) e l’importazione di nuovi, nonché fornire assistenza alla
comunità internazionale nella lotta contro il Covid19.
Sul fronte
interno, si aggiorna il numero dei paesi inclusi nella lista per il controllo e
la prevenzione delle epidemie, tra questi: gran parte dei paesi europei, Stati
Uniti e paesi del Medio Oriente come Iran e Arabia Saudita, prova della
diffusione a livello mondiale della pandemia. Sul fronte estero, la Cina si
muove su due linee di coordinamento: sanitario e politico. Durante la visita di
stato in Kazakistan, il Presidente cinese Xi Jinping ha ribadito la totale
disponibilità a collaborare con la comunità internazionale per combattere il
virus che “non conosce etnie o frontiere”. A dimostrare l’impegno della Cina è
stato l’ampio sostegno ad organizzare un summit straordinario dei leader del
G20 che abbia come tema centrale un progetto condiviso per affrontare la
diffusione dell’epidemia e la stabilizzazione dell’economia mondiale. Il
vertice virtuale ha una portata storica straordinaria e la presenza del
Presidente Xi Jinping, ha affermato il Viceministro degli esteri Ma Zhaoxu
mercoledì scorso, conferma gli sforzi e il senso di responsabilità della Cina
nella lotta contro il Covid19. Circa gli aiuti concreti, il governo si è
impegnato ad inviare forniture e dispositivi medici in 82 paesi, all’ OMS e
all’Unione Africana, nonché squadre di medici volontari impegnati in prima
linea nel sostegno dei paesi colpiti dall’epidemia, con l’obiettivo di unire
conoscenze ed esperienze per fornire un sostegno pratico agli operatori
sanitari e di cui sta beneficiando, più di tutti, l’Italia. Importante per la
riuscita del progetto, come riporta lo Shangai Post, è l’incontro online
organizzato dalla School of Medicine dell’Università di Shangai in cui esperti
italiani e cinesi si sono scambiati importanti informazioni sull’uso di
attrezzatture, scelta dei farmaci antivirali, misure protettive e trattamento
dei pazienti maggiormente a rischio.
I risultati sono
soddisfacenti, la cooperazione tra i due paesi si muove con successo anche sul
territorio nazionale: tra gli obiettivi dell’ambasciatore cinese in Italia Li
Junhua c’è quello di salvaguardare la salute e la sicurezza dei propri
connazionali. In tal senso, è stata istituita una task force che lavorerà con
le autorità italiane per far fronte ad eventuali diagnosi positive, contattare
i familiari in Cina e fornire assistenza mirata. Il virus rappresenta una sfida
per il mondo intero: lascia una tragica eredità nel breve termine ma fornirà
nel lungo, parafrasando le parole del Presidente Xi Jinping, la solidità di una
cooperazione e di un coordinamento duraturi per tutti.
Non si tratta di un reboot del
romanzo di Gabriel García Márquez, bensì di un titolo molto inflazionato nelle
storie e nei post dei giovani laureati di questo periodo, che descrive una
realtà fattasi strada nel contesto della pandemia che in Europa ha colpito per
prima l’Italia, diffondendosi poi a macchia d’olio in tutte le nazioni del
continente e al di là della Manica. Infatti, un gruppo di studenti
dell’Università degli Studi Internazionali di Roma ha consumato un breve
momento di celebrazione e gioia all’interno delle loro quattro mura domestiche,
mentre il mondo fuori dalla loro finestra combatteva un nemico invisibile; è
stata la fioritura del germe del futuro, che è sbocciato in una serra fertile e
protetta, mentre fuori c’era una primavera secca.
“Mi sono laureata ai tempi del coronavirus”, sarà
questa la frase che diranno ai posteri i 73 laureati della UNINT di Roma che
hanno conseguito il titolo per via telematica; non sarà però facile spiegare
cosa questo significhi realmente, perché sarebbe riduttivo dire solamente che
un percorso universitario si è concluso dentro il proprio domicilio, davanti ad
un computer quando fuori c’era un virus che viaggiava dal nord al sud
dell’Italia, costringendo l’intera nazione a casa, dato che il sistema
sanitario era vicino al collasso. Parleranno di isolamento, di restrizioni, di
spirito di adattamento e di distanze, ma anche del potere dei social media e
dello spirito di comunità che ha unito tutti virtualmente e spiritualmente per
festeggiare un traguardo meritato; parleranno di come un momento straordinario
in una condizione straordinaria sia stato condiviso da molti giovani, i quali si
aspettavano di discutere la tesi davanti ad una commissione, vestiti di tutto
punto e di festeggiare nelle loro facoltà e poi in qualche locale con i propri
cari, magari facendo foto con corone d’alloro, tocchi e mazzi di fiori, ma che poi
hanno dovuto ridimensionare tutto e adattarsi alla situazione. Quindi, anche se
ognuno di questi si è ritrovato a parlare a immagini catturate da webcam sparse
in tutta la penisola, nel confinato spazio della propria cameretta o del
proprio salone, erano tutti lì, nella stessa piattaforma, seppur virtualmente.
I protagonisti di questo evento si sono resi disponibili a dare il proprio
contributo per ricostruire l’intera vicenda, fornendo la loro prospettiva e
dopo essere stati contattati tramite un gruppo Facebook creato due anni fa per
facilitare la comunicazione tra compagni di corso, hanno condiviso la loro
esperienza, ricorrendo allo stesso software usato per discutere la tesi e per
la proclamazione: Skype. È stato chiesto loro di raccontare come avessero
vissuto l’esperienza in una videochiamata tête-à-tête ed è subito risultato chiaro come ogni storia fosse a sé, ma
in qualche modo simile alle altre, disegnando così la fitta rete che ha messo
in connessione i membri della micro comunità di laureati.
Tutto è iniziato il 4
marzo 2020 con la notizia arrivata dal Presidente Giuseppe Conte, che
annunciava la sospensione delle attività didattiche per far fronte
all’emergenza dovuta alla diffusione del coronavirus. Ovviamente, i
provvedimenti emanati da Palazzo Chigi hanno impiegato alcune ore per
percorrere i 5,6 chilometri di strade e venir posti in essere all’interno della
sede dell’Università degli Studi Internazionali di Roma; ore piene di
incertezza e preoccupazione per i futuri laureandi, incollati al televisore
insieme alle famiglie, i coinquilini, gli amici e i propri cari, per capire
quale fosse stato il destino della nazione. Inevitabilmente, dopo aver appreso
la notizia, il loro pensiero è andato anche alla sessione di laurea ed è così
che sono iniziate le supposizioni in merito ai possibili scenari: la rimandano?
Si farà a porte chiuse? Non mi laureerò mai? E altri dubbi che alimentavano il
disorientamento dato all’intero contesto.
Le risposte sono
arrivate giovedì 5 marzo con una comunicazione che annunciava la decisione di
svolgere le lauree a porte chiuse, vietando anche i festeggiamenti nelle
immediate prossimità dalla struttura per non creare assembramenti e vanificare
le misure di contenimento; a quel punto si sono diffusi sentimenti contrastanti
negli animi degli studenti laureandi: c’era chi voleva “solamente laurearsi”,
chi invece ha messo in moto la rete dei rappresentanti degli studenti per poter
parlare con la presidenza e richiedere almeno di far entrare in aula due
invitati per candidato. Lo smarrimento si era tinto di disapprovazione e
delusione; Giulia racconta “mio padre mi ha detto: ‘mi stai dando una
pugnalata’. Però poi entrambi i miei genitori mi hanno mostrato grande sostegno
per risollevare almeno il mio di morale” e aggiunge “sinceramente all’inizio mi
sembrava tutto surreale e neanche ci pensavo troppo alla laurea, ero più
preoccupata per la salute dei miei genitori e dei miei nonni”. Ma tutto il
dissenso si è placato alla successiva comunicazione, che è stata accolta anche
con più consapevolezza dei rischi da parte degli studenti: il 10 marzo
l’università ha comunicato la chiusura della sede e la coerente e conseguente
scelta di svolgere le lauree per via telematica a seguito del decreto che
dichiarava l’estensione della zona rossa a tutta l’Italia. Gli studenti si sono
rassegnati davanti alla gravità della situazione, rinunciando a tutti i piani
che si erano costruiti per questo giorno che doveva essere il culmine della
loro carriera universitaria; Virginia dice “avevo perso l’entusiasmo,
non volevo quasi più laurearmi, ho proprio deciso di fregarmene”, anche Alice
denuncia lo stesso sconforto “non mi andava giù”. Un’altra Giulia (che
per comodità chiamerò L’altra Giulia) dice “in quel momento mi sembrava
che la laurea stesse perdendo il suo valore simbolico. Ero molto dispiaciuta”; hanno
iniziato, quindi, a provare rifiuto per l’intera situazione, tanto che Giulia
(questa volta si tratta de LaPrima Giulia) confessa
“inizialmente mi sembrava una barzelletta, tanto che mi è tornata in mente una
storia fatta dalla mia collega Clarissa quando non si sapevano ancora le nostre
sorti, dove ironizzava sul fatto che avrebbe preferito quasi laurearsi in
pigiama a casa e mi ricordo di averci riso su per l’assurdità della cosa”; Vita
invece racconta “ero a Roma nella mia stanza in affitto, lontana dalla mia
famiglia e quando mia madre l’ha saputo, ha iniziato a piangere e credo abbia
pianto tutti giorni fino a quando non mi hanno proclamata”. Successivamente è
arrivata la fase dell’accettazione, dove ormai gli studenti si erano abituati
all’idea e hanno iniziato a reagire: un’altra Giulia (che chiamerò L’ultima
Giulia) dice “il decreto è uscito proprio il giorno in cui ho ritirato la
copia cartacea della tesi. Mi è dispiaciuto, ma mi sono rassegnata” poi
aggiunge “mi sono detta di rimanere positiva, perché volevo concludere questo
percorso”, la stessa conclusione alla quale è arrivata Alice “pensare
positivo era l’unica cosa che restava da fare, l’unica cosa che ci rimane”; La
Prima Giulia è sulla stessa linea “ho pensato che quasi era meglio così,
perché almeno avrei avuto la mia famiglia con me, nella stessa stanza”. Anche Virginia
con il passare dei giorni ha iniziato a reagire: “ho metabolizzato la cosa. Ho
pensato a cosa mettere e ho cominciato a lavorare alla presentazione”. Enrico
invece, si è mostrato positivo fin da subito: “l’ho subito vista come
un’opportunità”, mentre dall’altra parte c’è stato chi si è sentito privato di un’occasione
di riscatto, ad esempio Isabella con un po’ di amaro in bocca dice: “ero
curiosa di vedere cosa si provasse ad aspettare davanti all’Aula Magna con le
gambe che tremano e il discorso in mano, per poi parlare al microfono davanti
ad una commissione, perché alla triennale non abbiamo vissuto una laurea del
genere. Non potrò dire di aver mai discusso una tesi nella modalità canonica”. Lo
stesso dice Laura con un animo ancora più deluso “mi ero buttata molto
giù, perché alla triennale non avevo sostenuto una vera discussione con i miei
cari alle spalle e aspettavo la magistrale per farlo. La delusione era talmente
tanta che avevo deciso di non ripetere neanche la presentazione” aggiunge “non
mi sono mai comportata così, sono andata a tutti gli esami sempre più che
preparata. Solo qualche ora prima del mio discorso, ho iniziato a rivedere il
PowerPoint”.
Sta di fatto che nei
giorni prima del grande evento fuori dall’ordinario, si sono attivati tutti,
grazie anche al sostegno dei familiari, degli amici e niente po’ po’ di meno
che dei rispettivi relatori; alcuni hanno organizzato dirette su Facebook,
Twitch e Instagram per accorciare le distanze e condividere il momento in
sicurezza, creando un piccolo spazio virtuale di celebrazione e affetto. La
maggioranza ha vissuto in tranquillità i giorni precedenti alla laurea, senza
troppa ansia, tanto che Flavia, come altri, ammette di non averci
proprio pensato quasi, fino a che non si è ritrovata davanti al suo computer ad
aspettare la chiamata dalla facoltà e La Prima Giulia la sera prima dice
di avere risposto alla domanda della sue amiche sul suo stato d’animo con un
secco e spensierato “sto guardando Harry
Potter sul divano”.
Il giorno è arrivato
inesorabilmente, COVID o non COVID, i nostri ragazzi hanno preparato la postazione
nella propria cameretta o nel soggiorno e hanno aspettato, anche più del dovuto
per via di imprevisti tecnici; l’attesa in alcuni casi è salita addirittura a
due ore e questa potrebbe essere la dimostrazione che la tecnologia ha fatto
passi da gigante, ma non riesce ancora a raggiungere l’uomo in tempo. Francesca
racconta “la mattina stessa abbiamo deciso di fare come se fossimo dovute
andare a Roma. Abbiamo fatto colazione, trucco e parrucco e poi dal bagno sono
andata in sala praticamente” facendo quasi finta che quello fosse il tragitto
dalle Marche a Roma; mentre, La Prima Giulia e Federica dicono di
non esser riuscite a portare da Roma i vestiti che avevano comprato per
l’occasione e si sono viste costrette a rimediare qualcosa di già usato o, come
ha confessato Federica, di andare a frugare nell’armadio della mamma.
Molti invece non si trovavano a casa con i propri cari, ma piuttosto con i
coinquilini in un appartamento nella capitale; Valerio infatti ci dice
“ero rimasto a Roma con la mia ragazza. Ho provato ansia solo nei minuti che
hanno preceduto la discussione, ma ho sciolto la tensione parlando su WhatsApp
con i miei colleghi, che erano nella mia stessa situazione” e precisa “ecco,
forse è questa la cosa che mi è mancata di più: non poterli avere fisicamente
con me e festeggiare con loro il completamento di un percorso che abbiamo
condiviso in tutti i suoi aspetti”. L’ansia si è fatta avanti, un po’ per
tutti, negli attimi prima della chiamata, quando alcuni dei candidati hanno
iniziato a fare avanti e dietro per la stanza, a maturare preoccupazioni
relative al funzionamento di internet e agitazione per quanto stava per
accadere.
Accesi microfono e
webcam, si è dato inizio alla sessione, in un’atmosfera che via via è diventata
sempre più distesa, grazie anche alla presenza sullo schermo delle facce note
di colleghi e professori; la sensazione di tutti è stata quella di aver vissuto
una chiamata molto veloce e come afferma Irene, quasi da non rendersi
conto di essersi laureati; Alice inoltre dichiara “ho avuto l’impressione
che fosse tutto più informale di quello che mi aspettavo. Mi è mancato un po’
l’aspetto rituale dell’evento” anche nelle parole de La Prima Giulia c’è
sostegno per questa tesi “non c’erano tutti i fronzoli di una laurea classica,
ma il valore ce l’ha avuto lo stesso” poi aggiunge “ho potuto vedere gli occhi
lucidi di mio padre in piedi davanti a me, cosa che non sarebbe successa de
fossi stata in un’aula universitaria con lo sguardo rivolto verso la
commissione”; in quasi tutti i laureati, quel velo di delusione piano piano è svanito,
lasciando il posto all’emozione e alla contentezza che si è sfogata in
centinaia di chiamate ai parenti e videochiamate e anche alcune nonne sono
diventante social per l’occasione. Ovviamente, non sono mancate bottiglie di
spumante stappate con coinquilini o familiari, infatti Laura afferma “i
miei coinquilini si sono impegnati molto per farmi sentire speciale e regalarmi
dei festeggiamenti degni”; Clarissa racconta “il mio ragazzo e il mio
coinquilino hanno preparato dei lancia coriandoli con un rotolo finito della
carta igienica e un palloncino attaccato in fondo” e una cosa simile l’ha fatta
anche la famiglia di Francesca “abbiamo tagliato dei giornali a forma di
coriandolo e li abbiamo lanciati dopo la proclamazione”. Valerio, dal
suo canto, dice “per festeggiare ho fatto una cosa per me inusuale: ho ordinato
la pizza a domicilio e insieme alla mia ragazza abbiamo preparato una torta”; anche
Alice e Federica si sono date alla cucina, preparando una
crostata nelle rispettive case. Ilaria invece afferma “eravamo solo io e
la mia coinquilina ma non siamo riuscite a brindare, perché non abbiamo fatto
in tempo a comprare lo spumante, dato che le file alle casse dei supermercati
durano ore”. Di sicuro i festeggiamenti non sono stati in linea con le
aspettative e La Prima Giulia sottolinea infatti che qualcosa è mancato
particolarmente: “il più grande rammarico di mio padre è quello di non avermi
potuto regalare dei fiori, perché era tutto chiuso”; da questo punto di vista Federica
e Francesca sono state invece più fortunate, perché hanno potuto
confezionare un piccolo mazzetto con i fiori dei loro giardini e Flavia
ha ricevuto da parte di sua madre una corona fatta da lei stessa. L’alloro in
testa è mancato a molti, tanto che alcuni hanno riesumato le vecchie corone
secche della triennale oppure di qualche coinquilina laureata da poco, come è
stato il caso di Virginia o si sono arrangiati con vecchi tocchi, altri
invece come Alice non sono riusciti ad avere né tesi stampata né
contrassegni vari, infatti dice di aver pubblicato una sua foto del giorno
senza alcun elemento che richiamasse una laurea dove ha scritto: “mi sono
appena laureata, mi dovete credere”. Non sono mancati comunque momenti di
comunità, soprattutto con gli amici in diretta sui social e con il vicinato che
ha testimoniato le celebrazioni: Vita ci racconta infatti che, appena si
è conclusa la chiamata con la commissione, ha iniziato a esultare e a saltare
insieme alla sua coinquilina, che l’ha sostenuta in tutto il processo, si sono spostate
poi in balcone e vedendo il vicinato affacciato per il flash mob delle 18, la neolaureata ha urlato “mi sono laureata”
sentendo la necessità di condividere un momento avvenuto lontano dallo sguardo del
mondo e che rischiava di passare in sordina. È lì che da tutti i balconi del
circondario sono arrivate le congratulazioni per il suo traguardo e i condomini
hanno addirittura tirato fuori i calici per brindare a distanza insieme a lei; è
simile un po’ a quello che è successo a Flavia,che uscendo in
balcone per festeggiare, è stata accolta dall’Inno d’Italia che poi ha fatto da
sottofondo a cori di congratulazioni. Clarissa ha invece trovato una
lettera per lei attaccata al suo portone, firmata “la ragazza dell’appartamento
di sopra” dove questa sua coetanea, deducendo cosa stesse succedendo dai
festeggiamenti, si congratulava con lei per il traguardo raggiunto, con un
gesto spontaneo e inaspettato; a questo proposito, aggiunge Clarissa “mi
sono sentita parte di una comunità. Già dopo che sono stata riconosciuta nel
video dei The Jackal ho ricevuto
tanta solidarietà da parte degli utenti dei social, anche da persone che non
conoscevo”. Come detto prima alcuni hanno organizzato delle dirette con i
propri amici e come dice Enrico “nella sfortuna sono stato fortunato,
perché avevo lì con me in diretta miei amici un po’ da tutto il mondo, anche
dall’Australia, che in una condizione ‘normale’ non avrebbero mai potuto
prendere parte alla mia laurea. Persino mia nonna ha guardato la mia diretta” e
anche Vita ha detto lo stesso “mi hanno potuto vedere anche miei amici
dalla Spagna”; essere rimasti a casa, inoltre, ha sicuramente fatto sentire ad
alcuni più calore, perché come dice Federica “se fossi stata a Roma le
persone a me care non sarebbero potute essere presenti e magari non sarei stata
giù di tono, ma sicuramente sarei stata sottotono”. In alcuni casi, le persone
care erano però distanti dai laureati, ma si sono comunque fatti sentire anche
in videomessaggi e come dice Clarissa “hanno trovato il modo di essere
ugualmente come me”. Ma ovviamente, tutti concordano sul fatto che i grandi
festeggiamenti sono solo rimandati a data da destinarsi e ovviamente saranno
l’occasione perfetta per stare tutti insieme e non solo per festeggiare la
laurea. Relativamente a ciò, La Prima Giulia dice “anche questa è una
cosa straordinaria, perché in una situazione normale non avrei mai potuto
sperare che avrei festeggiato la mia laurea ancora dopo due mesi”.
Ho lasciato poi spazio
alle loro riflessioni in merito all’intera vicenda, chiedendo loro di fare un
appello ai ragazzi che si sarebbero laureati nella loro stessa modalità e hanno
lanciato tutti messaggi carichi di speranza, dipingendo il lato positivo di
questa situazione; come Irene che sottolinea “è stato il nostro modo di
contribuire a queste emergenza” e L’ultimaGiulia aggiunge
“bisogna pensare che andrà tutto bene e imparare ad apprezzare le piccole cose
e non bisogna smettere di sognare neanche ora”. A questo pensiero si unisce
anche la riflessione di Clarissa: “a volte ci preoccupiamo troppo di
come andranno le cose, ma una volta che queste passano e volgiamo lo sguardo
indietro, ci rendiamo conto che quelli che vedevamo come macigni erano in
realtà dei sassolini”. La Prima Giulia riporta le stesse parole che ha
detto a suo cugino, che si laureerà a breve sempre telematicamente: “è stata
una bellissima sensazione e un’esperienza nuova. Abbiamo comunque vissuto un
giorno di allegria e felicità in un periodo così buio e ci siamo sentiti
straordinari!”; Federica sottolinea “siamo la dimostrazione che nulla
può fermarci! Non ci siamo abbattuti e ce l’abbiamo fatta: abbiamo raggiunto il
nostro obiettivo”. Nella sua testimonianza, Enrico fa una sua
riflessione “mi ha colpito molto una cosa che mi ha detto un mio amico: ‘mia
nonna si è laureata nel 1944 in un rifugio antiaereo’. Anche se fuori non ci
sono bombardamenti, mi sono riconosciuto nella situazione e se ce l’hanno fatta
loro, ce la faremo anche noi ad uscire da questa guerra”.
Come nota conclusiva, ho
chiesto loro di condividere con me la prima cosa che vorrebbero fare quando
l’emergenza finirà e tutti hanno parlato di passeggiate all’aperto e viaggi,
anche se, come sottolinea L’altra Giulia, ci sarà un po’ di
preoccupazione nel guardare al di là dei confini una volta che l’Italia ne sarà
uscita, dato che probabilmente alcuni paesi saranno nel cuore dell’emergenza. A
parte questo, come dice La Prima Giulia: “ci sarà una grande voglia di
stare insieme e di condivisione. Sarà tutto più sentito” ma anche di affetto,
come rivela Vita: “vorrei prendere una persona X alla quale tengo e che
non ho visto in tutto questo tempo e abbracciarla in silenzio per alcuni
minuti”. Molti hanno approfittato di
questo periodo per prendersi cura di se stessi, come sta facendo Isabella:
“sicuramente questa situazione mi ha regalato molto più tempo per capire cosa
voglio, così da arrivare a delle consapevolezze che mi potranno indirizzare nel
lavoro”; altri sono rimasti attivi nella ricerca di un impiego come Irene
che mentre fa lezioni su Skype di lingua, continua a mandare CV sperando che,
una volta tornati alla normalità, ci possano essere altre opportunità
lavorative. Ilaria aveva invece trovato un tirocinio in Spagna ed è per
questo che era rimasta a Roma, ma è stato bloccato a causa dell’emergenza:
“vorrei sfruttare questo periodo per formarmi: seguo webinar e provo ad
imparare lo spagnolo. Ma quando sarà finito tutto vorrei tornare a casa e farmi
una passeggiata al mare”. Anche Laura stava lavorando per la Regione
Lazio quando il governo ha tagliato i fondi per gli stage: “ero riuscita a
crearmi la mia indipendenza a Roma e vorrei solo riavere il mio posto nel
mondo”.
Per quanto la situazione sia incerta, ognuno ha conservato i propri sogni e non sarà una pandemia a fermare la determinazione di realizzarli; chi ha le redini nel mondo degli adulti deve però ascoltare il nostro grido di rivalsa che si diffonde più rapidamente di un virus e risuona più forte di un tuono ripetendo: fateci posto!