Il dorico è la quarta «lingua» in ordine di importanza della Scozia, subito dopo l’inglese, il gaelico e lo scozzese. Colorato ma gutturale, il dialetto rurale del nord-est è un sottoinsieme dello scozzese vernacolare, ufficialmente protetto dalla Carta europea delle lingue regionali o minoritarie. Ma è anche quello che la maggior parte dei nativi scozzesi ha problemi a decifrare. I suoi toni stracciati, le cadenze e i verbi irregolari sono spesso derisi perché considerati poco sofisticati e socialmente goffi. Tutti parlano inglese, ma la Scozia è un paese diviso dal punto di vista linguistico: quanto più ci si spinge a nord, più si sentono i canti scozzesi, gaelici e dorici. Lo scozzese è parlato da circa un terzo della popolazione (con pronuncia, grammatica e vocabolario diversi dal suo cugino di lingua inglese), mentre il gaelico indigeno è un dialetto celtico di origine irlandese e prevalentemente la lingua delle Ebridi Esterne.
Ciao a tutti amici e bentrovati! La prossima settimana #UniversEat va in vacanza quindi ci siamo portate avanti con le idee pasquali, così avrete tempo per preparale anche voi visto che stiamo passando molto in casa. Le nostre proposte sono il casatiello napoletano e la pizza pasqualina al formaggio. Per le farciture si possono usare gli stessi ingredienti, dunque, possiamo cimentarci tutti in entrambe le ricette.
Eccoci con un nuovo appuntamento di martedì targato #FAIRPLAY.
Oggi ci avviamo a conoscere delle discipline svolte in acqua, ma non parliamo del classico nuoto, bensì di quelle più particolari e popolari che si vedono in giro nel globo terrestre. Allacciatevi le cinture che iniziamo!
Il 21 marzo 2021 è stata la giornata mondiale dedicata alla poesia, per questo ho deciso di proporvi i meravigliosi versi di Murilo Mendes dedicati alla città di Taormina. Il poeta brasiliano nel 1957 occupò la cattedra come professore di letteratura e cultura brasiliana alla Sapienza di Roma. Approfittò di questo lungo soggiorno in Italia per poter esplorare in lungo e in largo il paese, e rimase esterrefatto dalla bellezza siciliana. Infatti decise di scrivere una raccolta di poesia intitolata “siciliana”.
nonostante ieri sia finalmente sbocciata la primavera, voglio riportarvi con l’immaginazione al bianco della neve e al freddo dell’inverno. Ritirate fuori la vostra copertina di pile e scaldatevi una tazza di tè fumante, mentre leggete quanto segue.
Conoscere il proprio nome può sembrare scontato, ma quando senti la testa leggera, anzi leggerissima, mancano parole per spiegarsi. Sinonimia di vacuità, che vorresti colmare pur non sapendo dove partire. Alcuni istanti e poi riapro gli occhi per guardare la targhetta. Ancora. Mi rendo conto, mio malgrado, che la vista non era così flebile come credevo. Ora sto bene. E continuo a chiedermi come faccia a leggere, a pensare. Se scuoto il capo, né un emisfero né l’altro pesa…mi sostiene un perfetto equilibrio.
In un museo dell’Estonia vi sono libri una volta censurati o al centro di polemiche, da 1984 di George Orwell a Cinquanta sfumature di grigio. Il Banned Books Museum ha aperto il 30 novembre a Tallinn, capitale dell’Estonia, con l’intenzione di «preservare i libri che sono stati vietati, censurati o bruciati e raccontare la loro storia al pubblico». Ecco cosa spiega Joseph Dunningam, il co-fondatore e direttore, in un’intervista con Babelia. Sono due le cose che lo hanno ispirato a intraprendere il progetto: la lettura di George Orwell da giovane, che ha acceso il suo interesse per la censura e la libertà di espressione, e il sogno costante di possedere una propria libreria.
Ciao a tutti amici! Ecco di nuovo a voi la vostra Sandra di fiducia!
Oggi con la nostra ricetta andiamo (solamente con la mente per ora) oltreoceano, in Australia per la precisione, ed assaporiamo un perfetto dolce estivo.
‘Si tratta di una vera e propria guerra telecomandata, in cui un Paese può arrivare a manipolare un altro Paese senza neanche oltrepassare i propri confini’: così Tristan Harris, ex-collaboratore Google, descrive le tecniche di manipolazione dei social network in The Social Dilemma. Il documentario di Jeff Orlowski, distribuito da Netflix, tratta le spinose conseguenze della onnipresenza della tecnologia nel mondo contemporaneo. Uno dei principali argomenti trattati è la capacità dei social di veicolare la politica e la visione del mondo che ci circonda, nel bene, ma anche (e soprattutto) nel male, attraverso la divulgazione di fake-news e di teorie alquanto discutibili. Da un paio di anni ormai si parla di crisi di democrazia, ma ciò che è davvero sconcertante è che il principale veicolo di questi squilibri lo portiamo sempre con noi.
La cultura brasiliana è una grande festa religiosa: una fusione di colori, riti, danze tribali e melodie. Tuttavia, prima di trattare la tematica della sacralità brasiliana, è necessario fare una piccola premessa storica: a partire dal 1540 iniziò la tratta degli schiavi verso l’America ed in particolar modo verso il Brasile. Qui le popolazioni africane portarono con sé credenze e tradizioni della propria terra. La capoeira, la samba e il Candomblé sono solo alcune delle testimonianze africane che ancora oggi permangono in Brasile. Adesso poniamo il nostro focus sull’aspetto religioso del Paese: avete mai sentito parlare degli Orisha (Orixás in portoghese)? Essi fanno parte della tradizione culturale-religiosa brasiliana, anche se in realtà la matrice è africana. Entriamo nello specifico: gli Orisha corrispondono agli spiriti ancestrali e all’espressione delle forza della natura. Trasmettono agli esseri umani la cosiddetta “axé”, ovvero l’energia vitale presente in tutte le cose. Questa energia si irradia negli Orisha per poi giungere all’uomo.
Queste divinità sono collegate alla religione Candomblè sviluppatasi in Brasile durante il periodo della schiavitù, infatti gli schiavi deportati dall’ Africa professavano i loro culti anche nel nuovo mondo. Tuttavia i missionari cattolici convertirono in massa gli schiavi, fu in quel momento che gli Orisha vennero associati alle figure dei santi cattolici, per cui ancora oggi a ciascuna delle divinità del Candomblé corrisponde una figura del credo cristiano (per esempio Oxalá corrisponde a Gesù). La religione Candomblé nasce dal connubio tra le religioni africane ed il Cattolicesimo, infatti gli dei africani si sono “brasilianizzati”.
L’etimologia di questo culto deriva dalla lingua bantu e significa “danza di negri”, ma secondo altre fonti, potrebbe anche riferirsi al tamburo utilizzato durante i rituali. La particolarità di questo credo è proprio l’unione tra le divinità del pantheon indigeno con quelle del Cristianesimo creando un perfetto equilibrio tra politeismo e monoteismo. Solitamente le pratiche religiose si svolgono nei “terreiros” localizzati nelle periferie dei villaggi, considerati come “piccole afriche in miniatura”; luoghi in cui la vita quotidiana si mescola con l’innovazione e l’adorazione degli dei, queste figure fantastiche le quali si muovono e danzano a suon di tamburi. É in questo momento che avviene la possessione da parte della divinità: il Dio si impossessa del credente servendosi di lui come strumento di comunicazione con i mortali. Exu, Ogum, Iemanjá sono solo alcuni degli Orisha venerati dai credenti, ma vediamone qualcuno in particolare:
Oxalá è il primo Orisha e corrisponderebbe al Cristo della tradizione cristiana. È il padre degli Orisha e rappresenta la luce solare, la pace e l’armonia. Si tratta di un’entità benevola ed è noto per le sue innumerevoli manifestazioni, la più nota è la figura di un anziano vestito di bianco a cui ci si rivolge per ricevere protezione.
Iemanjá invece è la dea del mare e patrona della pesca, sposa di Oxalá, protettrice della casa. Corrisponde alla Madonna. Generatrice e madre degli altri Orisha.
Exu rappresenta il guastafeste, pronto a creare guai e risse. Corrisponde al diavolo.
Inoltre un oggetto che ha un ruolo essenziale durante i rituali è sicuramente il tamburo: il suo suono rappresenta la voce delle divinità e, proprio per questo, si crede che i musicisti custodiscano una conoscenza magica, tanto da permetter loro di comunicare con gli Orisha attraverso la musica.