La cultura brasiliana è una grande festa religiosa: una fusione di colori, riti, danze tribali e melodie. Tuttavia, prima di trattare la tematica della sacralità brasiliana, è necessario fare una piccola premessa storica: a partire dal 1540 iniziò la tratta degli schiavi verso l’America ed in particolar modo verso il Brasile. Qui le popolazioni africane portarono con sé credenze e tradizioni della propria terra. La capoeira, la samba e il Candomblé sono solo alcune delle testimonianze africane che ancora oggi permangono in Brasile. Adesso poniamo il nostro focus sull’aspetto religioso del Paese: avete mai sentito parlare degli Orisha (Orixás in portoghese)? Essi fanno parte della tradizione culturale-religiosa brasiliana, anche se in realtà la matrice è africana. Entriamo nello specifico: gli Orisha corrispondono agli spiriti ancestrali e all’espressione delle forza della natura. Trasmettono agli esseri umani la cosiddetta “axé”, ovvero l’energia vitale presente in tutte le cose. Questa energia si irradia negli Orisha per poi giungere all’uomo.

Queste divinità sono collegate alla religione Candomblè sviluppatasi in Brasile durante il periodo della schiavitù, infatti gli schiavi deportati dall’ Africa professavano i loro culti anche nel nuovo mondo. Tuttavia i missionari cattolici convertirono in massa gli schiavi, fu in quel momento che gli Orisha vennero associati alle figure dei santi cattolici, per cui ancora oggi a ciascuna delle divinità del Candomblé corrisponde una figura del credo cristiano (per esempio Oxalá corrisponde a Gesù). La religione Candomblé nasce dal connubio tra le religioni africane ed il Cattolicesimo, infatti gli dei africani si sono “brasilianizzati”.

L’etimologia di questo culto deriva dalla lingua bantu e significa “danza di negri”, ma secondo altre fonti, potrebbe anche riferirsi al tamburo utilizzato durante i rituali. La particolarità di questo credo è proprio l’unione tra le divinità del pantheon indigeno con quelle del Cristianesimo creando un perfetto equilibrio tra politeismo e monoteismo. Solitamente le pratiche religiose si svolgono nei “terreiros” localizzati nelle periferie dei villaggi, considerati come “piccole afriche in miniatura”; luoghi in cui la vita quotidiana si mescola con l’innovazione e l’adorazione degli dei, queste figure fantastiche le quali si muovono e danzano a suon di tamburi. É in questo momento che avviene la possessione da parte della divinità: il Dio si impossessa del credente servendosi di lui come strumento di comunicazione con i mortali. Exu, Ogum, Iemanjá sono solo alcuni degli Orisha venerati dai credenti, ma vediamone qualcuno in particolare: 

  • Oxalá è il primo Orisha e corrisponderebbe al Cristo della tradizione cristiana. È il padre degli Orisha e rappresenta la luce solare, la pace e l’armonia. Si tratta di un’entità benevola ed è noto per le sue innumerevoli manifestazioni, la più nota è la figura di un anziano vestito di bianco a cui ci si rivolge per ricevere protezione.
  • Iemanjá invece è la dea del mare e patrona della pesca, sposa di Oxalá, protettrice della casa. Corrisponde alla Madonna. Generatrice e madre degli altri Orisha.
  • Exu rappresenta il guastafeste, pronto a creare guai e risse. Corrisponde al diavolo. 

Inoltre un oggetto che ha un ruolo essenziale durante i rituali è sicuramente il tamburo: il suo suono rappresenta la voce delle divinità e, proprio per questo, si crede che i musicisti custodiscano una conoscenza magica, tanto da permetter loro di comunicare con gli Orisha attraverso la musica.

Greta Accardi