#QuelloCheCiUnisce

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Línea Calma: la linea telefonica contro la violenza sulle donne pensata per gli uomini

Quante volte ancora ci capita di sentire frasi come “se è geloso vuol dire che mi ama”, “se vuole sapere cosa faccio, è perché gli importa”? Spesso e volentieri sono frasi dette con innocenza che non preludono nessun dramma, ma che possono porre le fondamenta di un’ingiustificata violenza psicologica e fisica. Violenza che, in fin troppi Paesi, trova un solido appoggio culturale basato su anacronistici modelli maschilisti.


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Giornata Internazionale della Lingua Araba

Per celebrare uno degli idiomi più diffusi al mondo, le nazioni unite hanno deciso di proclamare il 18 dicembre Giornata Internazionale della Lingua Araba. Difatti, proprio il 18 dicembre 1973 l’arabo è diventata la sesta lingua ufficiale di lavoro dell’Assemblea Generale dell’ONU. 

Questa affascinante lingua appartiene al ceppo linguistico semitico insieme all’ebraico, all’aramaico e al fenicio. Le sue origini sono ancora poco chiare dato che esistono poche testimonianze scritte di gran parte della sua storia; solo nel 2014 venne ritrovata la più antica iscrizione in lingua araba risalente al 110 a.C in Arabia Saudita. Tale lingua può essere suddivisa in 4 principali dialetti: arabo egiziano, arabo del Maghreb, arabo levantino che abbraccia la Libia, Siria, Giordania e Palestina, e infine l’arabo iracheno.

Ma qual è l’etimologia della parola “arabo”?

Alcuni studiosi hanno cercato la risposta a questa domanda scavando tra le antiche leggende greche scoprendo che «arabo» deriva dall’eroe Arabos, nato in un paese di nome Arabia; si tratta del figlio del dio Hermes.

Un’altra ipotesi sostiene che il suo significato indichi «il luogo in cui il sole va a dormire».

Ad ogni modo, la lingua araba possiede un legame viscerale con la religione, infatti, il Corano racconta come il profeta Maometto abbia ricevuto il messaggio di Dio in arabo, con l’intercessione dell’angelo Gabriele. Questa relazione strettissima tra Corano e arabo è quella che ha conferito alla lingua il suo statuto speciale e che ha contribuito all’arabizzazione di diverse popolazioni. Possiamo affermare che il vettore di diffusione più importante è stato il suo ruolo di lingua portavoce dell’Islam. L’islam ha conosciuto un momento di massima espansione conquistando i diversi angoli del mondo: dalla Persia al Portogallo. Questo vagabondaggio linguistico e religioso ha comportato un arricchimento culturale non solo per il popolo arabo in sé, ma anche per i paesi conquistati. Infatti, l’interazione della lingua araba con altri linguaggi ha portato ad abbozzare un nuovo vocabolario che ha arricchito la lingua in campi come i poteri pubblici, l’amministrazione e la scienza. Osserviamo, ad esempio, il Portogallo: Dal 711, con l’invasione dei mori nella Penisola, l’arabo è stato adottato come lingua amministrativa nelle regioni conquistate. Alcune popolazioni hanno recepito così tanto l’influenza araba da formare delle comunità miste chiamate “moçárabes” adottando solo gli elementi linguistici e culturali. L’eredità linguistica araba in Portogallo ha offerto più di un migliaio di vocaboli di ambito culinario, botanico, scientifico, geografico e anche religioso! Si pensi ad esempio alla comune espressione Insh’Allah, questa venne adottata dalle lingue iberiche “Oxalá” in portoghese e “ojalá” in spagnolo, per poter esprimere il sentimento di fiducia che ripongono nella fede, con il significato “che dio voglia” e in questo modo si condividono speranze comuni e la lingua diventa strumento per legare culture poi non così diverse. Inoltre quest’impronta Medio orientale si percepisce ancora oggi in ogni angusta stradina del quartiere Alfama il cui nome deriva proprio da Al-hamma con il significato di “fontane” o ancora la avvertiamo nei toponimi del sud del paese come “Algarve” che deriva da al-gharb al-Andaluz ovvero “Andaluso occidentale”.

In conclusione, l’arabo è l’elegante lingua de “le mille e una notte”, è la culla dei nostri dialetti meridionali, è il portale delle scienze matematiche, è quell’alone di mistero che avvolge l’islam. L’ arabo è poesia ed è essenziale riuscir a porgerle l’orecchio e ascoltare i suoi racconti così lontani dai pregiudizi e dagli stereotipi che ci annebbiano sensi e percezioni.

Greta Accardi

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Giornata Internazionale della Montagna

Aaaaah le montagne, il fresco anche d’estate, la neve d’inverno… in Italia ne siamo pieni e sono anche patrimonio dell’UNESCO!

Italia a parte, le montagne occupano un quarto della superficie terrestre e ospitano il 12% della popolazione mondiale; tuttavia, sono tra gli habitat più minacciati e sono quelle che risentono maggiormente del cambiamento climatico (in modo purtroppo negativo).

Ma lo sapete che esiste una giornata dedicata a loro? L’11 dicembre è la Giornata Internazionale della montagna. Questa giornata è stata istituita dall’Assemblea Generale dell’ONU a partire dal 2002 e punta ad aumentare la consapevolezza sul loro sviluppo sostenibile e quindi, in poche parole, a far capire quanto il paesaggio montano sia importante per l’ecologia mondiale.

Serve veramente una giornata internazionale? Gli italiani sembrerebbero, a prima vista, non aver bisogno di incitamenti per amare la montagna. Come stiamo vedendo in questi giorni di pandemia, non manca chi è addirittura disposto a violare ogni regola e sfidare ogni contagio pur di non rinunciare alla settimana bianca.

La voglia di sciare o di scalare non va però confusa con l’amore per la montagna, che dovrebbe basarsi soprattutto sul rispetto.

Se si è disposti per il proprio divertimento a degradare il territorio, inquinare l’ambiente o mettere in pericolo la flora e la fauna, non si può parlare di amore.

Il problema non è solo italiano: addirittura l’Everest è ormai coperto dai rifiuti dei sempre più numerosi turisti che si improvvisano scalatori della domenica affollandosi sulle sue piste, incuranti di ogni regola.

Ben venga, quindi, questa giornata internazionale; pur nell’eccesso di retorica che da sempre caratterizza questi eventi, qualsiasi sforzo per aumentare il rispetto dell’uomo per la natura, l’ambiente e la montagna, non può che essere il benvenuto.

Alessandra (Sandra) Alfano

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Giornata internazionale della solidarietà con il popolo palestinese

Il 29 Novembre 1947 viene approvata dall’Assemblea Generale dell’Onu, la risoluzione 181 che prevedeva la partizione di quella che era la Palestina in due stati distinti, uno Stato ebraico e uno Stato arabo. Gerusalemme e le zone limitrofe (lo 0.8% del territorio), con i suoi luoghi santi alle tre religioni monoteiste, diventava zona separata e amministrata dall’Onu.

L’esodo della comunità ebraica, in cerca di pace dopo gli orrori dello sterminio nazista, si intreccia con il folle piano di ripopolamento dello Stato di Israele (nato formalmente il 14 maggio 1948) dando inizio al dramma del popolo palestinese.

A partire dal 1948 ha inizio l’esodo di centinaia di migliaia di palestinesi, che, espulsi dalle loro case, si riversano sul territorio degli stati arabi vicini: Libano, Siria, Giordania.

Alla fine del primo conflitto arabo-israeliano (luglio 1949) viene impedito alle popolazioni palestinesi di tornare alle proprie case.

I palestinesi espulsi o fuggiti dalla violenza durante questo periodo furono di fatto denazionalizzati dal parlamento israeliano nel 1952. Le loro proprietà furono confiscate e poi trasferite allo Stato di Israele a vantaggio ed uso quasi esclusivo della sua popolazione.

Ad oggi si contano più di cinque milioni di rifugiati palestinesi, di questi, un milione e mezzo vivono in circa 48 campi profughi.

Con questa giornata si vuole ricordare alla comunità internazionale che la questione della Palestina è ancora irrisolta, che milioni di persone vivono in condizioni di estrema precarietà, che intere generazioni di giovani palestinesi vengono private dei più basilari diritti e libertà, della sicurezza (pensiamo al territorio di Gaza), della serenità.

La giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese non deve essere motivo di ulteriore scontro e attrito, ma un momento di riflessione sul tormento di un intero popolo e un’intera nazione, affinché la condizione di sofferenza di milioni di persone non venga normalizzata e dimenticata.

Chiara Palumbo

#QUELLOCHECIUNISCE: Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne

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…Sono in stanza e non voglio uscire: incontrare nuovamente i suoi occhi; credere un’altra volta che sarà diverso, che non esisterà più quel lato rude e aggressivo, che saremo felici, che sarò felice… a quale scopo?

Casa: che cos’è una casa? Non è solo un luogo dove sentirci al sicuro, coccolati e amati; casa possono le braccia di chi ami mentre ti avvolgono in un caldo abbraccio. Il problema è che mi fai male: basta stringere così forte, mollami. Guarda, mi hai lasciato i segni sul collo. Vabbè, non l’avrai fatto di proposito; sono cose che capitano, fa più attenzione la prossima volta.

Ho comprato dei vestiti, che ne pensi? Mi andava di vedermi con colori diversi e modelli nuovi, non c’è un vero motivo dietro a questi acquisti, non ti preoccupare. Beh, sì, forse la gonna è un po’ troppo corta… magari mi stanno meglio altri modelli, grazie per avermelo fatto notare. Che poi, chissà che cosa avrebbe pensato la gente con una maglietta così scollata! No no, meno male che te l’ho mostrata prima di uscire.

Ho preso qualche chiletto: sai, tra la quarantena e lo smart-working non ho avuto più modo di andare a correre. Poi, comunque, andare a correre dove? Per strada? In palestra? Mi avrebbero guardato troppe persone e io non voglio che mi guardi nessuno se non te, lo sai. Mi metto a dieta, piuttosto! Tanto, perderli, devo perderli… a chi piace la pancetta?

Ho avuto un’idea molto interessante che potrebbe incentivare le vendite, ma forse hanno ragione quando dicono che il parere femminile è meno importante in questo campo… sono tutti uomini! Che ne saprebbe una donna? Meglio lasciar fare a loro, tanto io dovevo andare un attimo al supermercato, no problem!

Questi sono pensieri, frasi sconnesse di una realtà troppo intrecciata in sé stessa. Esempi di vita di donne che non si sono accorte che non è corretto giustificare se le correzioni sono insensate.

La violenza sulle donne inizia da piccoli gesti, sguardi scontrosi e richiami confusi.

Non è normale che sia normale: da marzo a giugno 2020, le telefonate al 1522 e le richieste di aiuto via chat sono passate da 6.956 a 15.280 rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, con un aumento del 119,6%.

Tutto ciò è confermato dalla ricerca ISTAT, secondo la quale anche la crescita delle richieste di aiuto tramite chat è quintuplicata passando da 417 a 2.666 messaggi.

Ricordo, tra l’altro, che stiamo parlando “solo” di 4 mesi di un anno.

Questo è un appello, un grido per tutte quelle persone che oggi non possono più urlare, ma che avrebbero voluto tanto liberarsi di questo grande peso e continuare una vita felice, come quella che tutti si meritano… e no, non parlo solo di coloro che sono state vittime subordinate di questa pandemia: la violenza fisica e mentale sulle donne esiste da sempre, perché negarlo?

Donne, uomini, bambini, anziani: il 25 novembre è la data che ci ricorda che si può sempre trovare un’alternativa alla violenza, che sia di genere o di altre forme, che sia fisica o psicologica, ma smettetela di dire che collegata solo alle donne e alle mani di chi fisicamente è per natura più forte; il 25 novembre è la data di tutti e per tutti. Tutti i giorni dovrebbero essere il 25 novembre.

Cara figlia mia,

il mondo è luogo meraviglioso dove vivere, crescere, sperimentare e amare; tuttavia, può nascondere anche angoli bui, nei quali rabbia e odio hanno la meglio.

Sii fiera di esser te stessa e, qualsiasi siano le tue scelte, pensa sempre un’ora col cervello e 1 secondo col cuore.

Sentiti libera di camminare per la tua strada, anche se è notte e il lampione non illumina bene la via di casa.

Sii forte, perché solo i capaci riescono a vedere gli splendidi colori di questa terra, ma sii anche tenera e sensibile e non pensare che le tante storie orribili che si sentono quotidianamente rispecchino al 100% la realtà: non tutti han sangue violento e son sicura che in molti conservano il tuo stesso animo gentile.

Non aver mai timore, né imprudenza: non sarai mai sola.

Caro figlio mio,

sei un uomo fatto e finito, bello e sicuro di sé. Sei energia, passione e dolcezza. Sii protettivo, ma non eccessivamente geloso: se ami davvero, la libertà non allontanerà mai niente e nessuno dalla tua vita. Meriti anche tu tenerezza e dolcezza. E se non arrivano subito, non ti preoccupare: solo chi semina vento, raccoglie tempesta (e, se non ricordo male, da piccino i temporali spaventavano anche te).

Sii l’uomo che ama e accoglie, come sei sempre stato. E se non t’identifichi in uomo, sii ciò che più preferisci essere, perché nessuno sa veramente chi sei, se non te stesso.

Lotta per la pace, per il rispetto e la tolleranza.

Lotta per tua sorella, per tutte le donne che ti hanno donato amore nella tua vita.

Lotta per un mondo migliore.

Lotta con forza, sì, ma non con la forza fisica (che, detto tra di noi, non serve a molto).

Lotta con determinazione, con eleganza, dedizione e cospetto.

Perché tu sei il mondo… sei il mio mondo.

Ilaria Violi e lo staff di UNINTBlog

#QuelloCheCiUnisce

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La Giornata Internazionale della Televisione

Mes amis, bentornati nella nostra rubrica #QuelloCheCiUnisce, dove celebriamo le giornate internazionali. In particolare oggi, 21 Novembre, è la giornata internazionale della televisione: nel 1996 infatti l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha deciso di istituire questa giornata, riconoscendo l’impatto che la televisione ha a livello emotivo e decisionale sugli spettatori. Ça va sans dire, oggi la televisione racchiude uno spettro più ampio di dispositivi: l’avvento delle smart TV, in concomitanza con lo sviluppo di internet, cellulari, app e servizi di streaming hanno reso la televisione uno strumento ancora più internazionale, in grado di ricoprire ruoli sempre più vasti.

Lungi da me annoiarvi con la storia della nascita della televisione, mes amis, quindi per rendere il tutto più interessante ho deciso di raccontarvi i programmi televisivi che hanno creato più scalpore negli anni, alcuni dei quali sono ancora in onda… Così sapete cosa fare nelle serate di quarantena.

Iniziamo con un cult, un po’ il padrino dei programmi di quest’articolo, colui che ha dato il via a tutto: “Jackass”. Prodotto e distribuito da MTV, in Italia il programma andò in onda nei primi anni 2000, e scatenò molte polemiche; lo show infatti si caratterizzava di stunt comici, ossia azioni pericolose con inclusi i vari fails. MTV ha continuamente riempito il programma di avvertenze che evidenziavano la pericolosità delle azioni, invitando a non replicarle a casa. Nonostante ciò, molti imitarono gli stunt, causandosi ferite più o meno gravi, e MTV fu costretto a cancellare il programma. In seguito uscirono diversi film, basati sullo stesso concept e ideati dai creatori del programma originale.

“Cheaters” è un altro titolo che ha fatto molto discutere. Si tratta di un programma televisivo dove degli investigatori privati offrono il loro servizio per scoprire se uno dei due partner tradisce l’altro. Oltre ai dubbi sulla veridicità del programma stesso -infatti molti sostenevano che in realtà si trattasse di attori pagati, e i fatti fossero inventati-, il programma presentava anche scene violente quando il partner tradito scopriva la verità e attaccava fisicamente il traditore. Il programma è ancora in produzione, e in Italia va in onda su Sky, ma se volete guardare qualcosa di più soft e con lo stesso concept, su Real Time va in onda “Alta infedeltà” – a voi il giudizio sulla veridicità o meno dei fatti.

Un programma da poco approdato in Italia, e disponibile solo in streaming su DPlay Plus, è “Naked Attraction” – e sì, come il titolo evidenzia, i concorrenti sono completamente en déshabillé. Si tratta di una sorta di appuntamento al buio, ossia un partecipante alla ricerca di un partner si trova davanti a sei cabine. In ogni cabina c’è un potenziale partner completamente nudo, e man mano che i round si susseguono, il partecipante sceglie quale cabina continuare a scoprire. Alla fine, il partecipante e il partner rimasto in gara escono per un appuntamento, vestiti, e decidono se iniziare a frequentarsi o meno. Aldilà dell’etica dietro al programma, è stato riscontrato che di fatto “Naked Attraction” non viola nessuna legge, e continua ad essere prodotto.

Infine, uno dei programmi più controversi nella storia della TV, “Fear Factor”. Prodotto dalla NBC e andato in onda nei primi anni 2000, in Italia il programma non è mai approdato. Si tratta di un contest dove tre stuntman si sfidano in azioni pericolose per vincere il premio finale di 50 mila dollari. In America, il programma è stato denunciato da varie associazioni animaliste, ma anche da singoli individui che sono rimasti feriti in seguito alla replica a casa delle azioni riportate nel programma.

In breve, mes amis, il mondo della televisione è vario, a volte istruttivo, a volte demenziale – come abbiamo potuto vedere con i programmi sopra citati -, ma indubbiamente è la fonte di intrattenimento su cui si basa la nostra società. Se siete curiosi di scoprire le varie iniziative per celebrare questa giornata, seguite l’hashtag #WorldTVDay sui social.

À bientôt mes amis

Emanuela Batir

#QUELLOCHECIUNISCE Giornata mondiale dell’Africa

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THOMAS SANKARA: L’UOMO CHE VOLEVA DAVVERO CAMBIARE L’AFRICA

Thomas Sankara nacque il 21 dicembre 1949 nell’allora colonia francese Alto Volta.

La sua era una famiglia molto numerosa, egli era il terzo di dieci figli. Fin da bambino dimostrò di avere un animo rivoluzionario e anticolonialista, e alla sola età di undici anni compié il suo primo atto di ribellione. Nel 1960 infatti l’Alto Volta ottenne l’indipendenza dalla Francia e quel giorno Sankara guidò gli studenti alto-voltesi contro gli studenti francesi che avevano bruciato la bandiera del neonato Stato. A pagare per questo gesto però non fu il giovane Thomas, bensì suo padre, il quale venne arrestato.

Thomas Sankara a diciassette anni venne arruolato nell’esercito. Nel frattempo, nel Paese, nonostante l’indipendenza ottenuta le cose non migliorarono. Sankara, dopo un breve periodo passato all’estero tornò nell’Alto Volta nel 1974 e subito si ritrovò coinvolto in una guerra contro il Mali, guerra che lui stesso considerò inutile e dannosa poiché fratricida.

Per il suo impegno politico, nel 1982 Sankara ricevette la carica di Primo Ministro. Fin da subito iniziò ad interessarsi del funzionamento delle strutture pubbliche, licenziando tutti gli impiegati che durante l’orario di lavoro non svolgevano la loro mansione come dovuto; per questo motivo cominciò a farsi dei nemici sia all’interno del Paese che al di fuori. Le cose peggiorarono quando si dichiarò apertamente contro i politici corrotti e l’imprenditoria straniera poiché, a suo avviso, non facevano altro che illudere la popolazione creando posti di lavoro temporanei, per essere poi scaricati una volta raggiunto il loro scopo.

Le sue posizioni critiche non piacquero al governo dell’Alto Volta che nel 1983 decise di rimuoverlo dall’incarico e di arrestarlo. La sua detenzione non durò molto tuttavia, poiché venne scarcerato grazie all’ondata di proteste di gruppi studenteschi e progressisti che travolse il Paese.

A questo punto, forte del sostegno popolare, Sankara guidò un colpo di stato che, il 4 agosto del 1983, lo portò al potere. Sankara fondò il Consiglio Nazionale della Rivoluzione che aveva l’obiettivo di salvaguardare gli interessi del popolo, la libertà e lo sviluppo sociale ed economico.

Nel 1984 in occasione del primo anniversario della sua Presidenza decise di cambiare il nome al suo Stato battezzandolo: Burkina Faso ovvero “la terra degli uomini integri”.

Durante il suo mandato Sankara decise di occuparsi di altri temi fondamentali come l’emancipazione femminile, riconoscendo alle donne il diritto di poter partecipare alla vita politica, il divieto alla poligamia e all’infibulazione, la lotta alle malattie e all’analfabetizzazione, la lotta contro il disboscamento e la valorizzazione delle risorse naturali presenti all’interno della nazione.

Il 15 ottobre 1987 il giovane Presidente venne assassinato e al suo posto salì al potere Blaise Compaore. Una volta al governo Compaore abolì la maggior parte delle riforme fatte da Sankara facendo regredire il paese in uno stato di povertà e malessere. Si concluse così, una stagione rivoluzionaria per il Burkina Faso che aveva portato nell’intero continente africano un inatteso vento di libertà.

Giuseppe Giliberto

#QUELLOCHECIUNISCE Giornata mondiale delle api

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Le api: un mondo da conoscere per un mondo da proteggere.

In occasione della giornata mondiale delle api, stabilita il 20 maggio, con questo articolo vediamo di conoscere e capire la vita di questi insetti, piccoli nelle forme, grandi per il loro operato, fondamentali per la sopravvivenza del mondo.

Scientificamente l’apis è un genere di insetto della famiglia Apidae, è l’unico genere della tribù Apini, e solo due delle specie comprese nel genere (che ne conta ben 27) possono essere allevate dall’uomo, l’apis mellifera e apis cerana. L’apis mellifera, diffusa in tutto il mondo ad accezione delle zone artiche ed antartiche, è l’unica conosciuta in Europa, mentre l’apis cerana, dalle dimensioni più ridotte rispetto alla mellifera, è tipica del sudest asiatico, diffusa in Cina, India, Giappone, Malaysia, Nepal, Bangladesh e Papua Nuova Guinea.

Personificazione dell’operosità, è un insetto simbolico, protagonista di miti, leggende e culti religiosi, conosciuto già nella preistoria. Sono stati ritrovate infatti, pitture murali in Spagna, risalenti al periodo magdaleniano (17/18.000 anni fa), dove l’uomo si serviva delle api per trarne il miele.

Nella mitologia greca erano considerate messaggere delle Muse, per la loro sensibilità ai suoni, ma anche simbolo di un popolo obbediente al suo re. Nel mito che narra la nascita di Zeus, re dell’olimpo, quando la madre Rea lo sottrasse dal padre Crono e lo nascose in una grotta del monte Ida a Creta, fu nutrito non solo dal latte della capra Amaltea, ma anche da un miele prodotto dalle api locali.

Protagoniste di un episodio delle Georgiche di Virgilio, che narra la credenza, comune fino al diciassettesimo secolo, della generazione spontanea della vita, la bugonia. L’episodio illustra come il pastore Aristeo, apicoltore a cui morivano le api perché colpevole della morte di Euridice, promessa sposa di Orfeo, esegue un rito purificatorio sacrificando un bue per chiedere il perdono degli dei. Compiuto il sacrificio, Aristeo assiste al fenomeno della bugonia: un intero sciame di api che rinasce dalla carcassa del bue.

Storia simile è narrata anche nella Bibbia, in cui sansone pone un enigma con protagoniste le produttrici di miele.

Tralasciando i miti e le leggende, seppur affascinanti, vediamo di capire come funziona la vita delle api.

Conosciute per la produzione del miele e della pappa reale, alimenti nutrizionali eccezionali, le api sono insetti sociali, infatti costruiscono una vera e propria famiglia che vive in una struttura molto complessa che costruiscono loro stesse, si potrebbe dire che sono gli ingegneri del mondo animale: l’alveare, costituito da favi di cera.

Il cuore dell’alveare è la regina. L’appellativo non è dato a caso, fin prima della sua nascita e per il resto della sua vita infatti, la regina gode delle migliori attenzioni delle api. Non ci è ancora dato sapere come e perché viene scelto uno specifico uovo, infatti le uova dalle quali nasce una regina o un’ape operaio sono assolutamente identiche, con il medesimo materiale genetico. La differenza sta nella nutrizione delle uova: quello nutrito solo con pappa reale si schiuderà dopo sedici giorni da cui nascerà una “principessa” la cui durata di vita può arrivare fino a cinque anni, talvolta sette. Mentre quello nutrito per tre giorni con pappa reale e per ventuno da miele, nascerà un’ape operaia, la cui vita varia da un minimo di quaranta giorni ad un massimo di sei mesi. Strabiliante vero?

Perché la regina è così importante? Semplice, da lei dipende la vita dell’intero alveare. Essendo l’unica sessualmente fertile infatti, la regina depone le uova, garantendo il ricambio delle api; viene accudita dalle api nutrici che si occupano esclusivamente di lei. Senza di loro la regina non potrebbe sopravvivere, e legate da un legame strettissimo, vivono in virtù del bene comune.

Essendo la madre delle api, è colei che decide il buon andamento dell’alveare grazie alla particolarità di alcune sostanze che emana. Queste sostanze sono le linee guida delle altre api, che le seguiranno. Inoltre è la regina a spiccare il volo con tutta la corte al seguito, decidendo di fondare una nuova colonia. Se l’ape regina muore, segna la fine dell’alveare, in quanto tutte le altre api moriranno, sia quelle operaie che i fuchi (i maschi della famiglia, presenti in numero ridotto). Straziante e meraviglioso al contempo.

E il miele? Come si estrae?

Ho cercato di trovare risposta a queste domande chiedendo direttamente informazioni ad una figura essenziale per noi tutti e per le api: l’apicoltore. Una sorta di papà delle api, che le protegge spostando l’alveare in luoghi più sicuri, le pareggia se diventano troppo deboli, le cura se si ammalano (sono spesso attaccate da parassiti molto dannosi per loro), le nutre nei periodi di scarsa fioritura, integrando la loro alimentazione con i canditi (no, non quelli del panettone ma simili). Perché lo fanno? Perché così le api non consumano la scorta di miele all’interno della loro cassetta, arrivano in piena forma alla fioritura dei vari pollini (acacia, castagno, millefiori, dipende da quali tipi di piante ci sono vicino l’alveare, alcuni apicoltori per esempio effettuano il “nomadismo” cioè spostano l’alveare in base al tipo di miele che vogliono raccogliere). Un alveare in piena salute significa benessere per l’ambiente, per la natura e per l’apicoltore stesso. Alimento dai molteplici benefici e dalle numerose proprietà, il miele è anche curativo. Nella medicina erboristica infatti, il miele è suggerito per svariati usi: favorisce la cicatrizzazione e l’idratazione, migliora il sonno e la concentrazione, ci aiuta contro la tosse, basta scioglierlo nel latte caldo o nel tè. Si pensa che abbia anche un’azione ipotensiva, aiutando quindi l’apparato circolatorio, e aiutano anche l’apparato digerente, migliorando la flora batterica e l’assorbimento di calcio e magnesio.

L’estrazione del miele, è un momento delicatissimo per le api e per chi lo esegue. C’è una tecnica ben specifica che l’apicoltore effettua, sempre salvaguardando con attenzione tutti gli insetti, che sono il suo bene più prezioso. Le api vivono durante tutto l’anno dentro una cassa che si chiama arnia, e solo durante il periodo di fioritura e dopo aver inserito l’escludi regina, viene sovrapposto un ulteriore modulo chiamato melario. Nell’arnia infatti si trovano le scorte di miele, mentre sul melario le api mettono quello in eccesso, che si ottiene nei periodi di abbondanza. Quindi non si tocca mai il miele del nido e si raccoglie solo quello in eccedenza, così da non recare nessun danno alle scorte di cibo della famiglia. Nel momento preciso della raccolta, i melari vengono messi in modo che le api possano abbandonarli tornando nell’arnia. Inoltre, prima del trasporto, i melari vengono soffiati, così che se qualche ape è rimasta incastrata tra i telai, può rientrare nell’alveare. Il miele viene estratto dai telai per mezzo di una centrifuga chiamata smielatore, in un laboratorio dove non ci sono api. Successivamente il miele estratto viene messo in un contenitore d’acciaio, il maturatore, dove la cera sale in superficie ed il miele scende. Quando sarà maturo verrò messo nei contenitori.

Questo è il modo in cui lavorano gli apicoltori, nel pieno della salute e del benessere per le api, stando minuziosamente attenti ad ognuna di loro, a differenza invece delle grandi industrie dove l’attenzione è sicuramente minore. Gli apicoltori prediligono la qualità del miele ed il benessere delle api, le industrie la quantità. Quindi il consiglio che vi posso dare è: cercate un apicoltore vicino, e comprate il miele da lui. Ne gioveranno il vostro palato, l’ambiente e le api stesse.

Ma perché le api sono così tanto importanti?

Più che importanti, le api sono essenziali per la continuità della vita: dal loro lavoro di impollinazione dipende la quasi totalità della produzione agricola coltivata e spontanea, e tutto ciò che da essa deriva. In alcune zone della Cina, dove l’ambiente è talmente inquinato da aver ucciso ogni insetto pronubio, gli uomini salgono sugli alberi e con piume di uccello cosparse di polline tentano di fare ciò che le api fanno naturalmente, da sempre. Il risultato di questi sforzi? A parte le risa per l’immagine che danno, è davvero ridicolo ed insignificante.

Oltre al ruolo della produzione di miele, l’ape è quindi un indicatore biologico della qualità dell’ambiente e ad oggi rappresenta una delle emergenze ecologiche in corso. In Italia nel 2007 sono morte il 50% delle api, persi duecentomila alveari (ogni alveare conta tra le sessanta e le settantamila unità) e circa duecentocinquanta milioni di euro nel settore agricolo. Ad oggi la situazione è addirittura peggiorata, con una moria europea del 53%. Solo gli Stati uniti hanno dichiarato di aver subito la maggior perdita di api nella loro storia: dal 50 al 90%.

Le api muoiono per svariati motivi, il maggiore di tutti è l’uso dei pesticidi ed insetticidi da parte dell’uomo, tanto che in vari paesi, i regolamenti fitosanitari, fra i vari vincoli che hanno imposto per la salvaguardia delle api e degli insetti pronubi in generale, vietano l’utilizzo di trattamenti, anche con insetticidi, durante il periodo della fioritura.

E noi cosa possiamo fare? Innanzitutto, sappiate che le api non pungono. O meglio, non pungono se non si sentono costrette a farlo per difendere l’alveare (che non sarà poi troppo lontano, pensate che le api hanno un “raggio di azione” di 3 chilometri) come estrema risorsa. Pungendo infatti le api si condannano a morte, perché la puntura causa il distacco del pungiglione ed il loro conseguente decesso. Loro si occupano di visitare fiori e curarsi esclusivamente di loro. Se ci ronzano intorno, stiamo calmi e allontaniamoci, oppure possiamo urlare e scappare a gambe levate, l’importante per noi e per loro è non farsi pungere. L’ape si allontanerà e tornerà al suo lavoro, essendo un animale estremamente laborioso. Non confondetele con le vespe, che invece essendo onnivore e ghiotte di pic nic, non si preoccupano affatto di pungerci. Sono molto diverse, per forma, colore e suono emesso, non cadete in errore.

Vi ricordo inoltre che se trovate un alveare da qualche parte, o magari vicino casa vostra, state calmi e non vi spaventate, sono del tutto innocue! Non dovrete far altro che chiamare un apicoltore, il quale prontamente verrà a prenderle, ringraziandovi magari con un bel barattolino di sano e profumato miele!

Ricordate quindi che le api sono fondamentali, dalla loro esistenza, dipende la nostra!

Buona giornata delle api a tutti!

Aurora Magliocchetti

#QUELLOCHECIUNISCE: Giornata Internazionale dei Musei

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Il 18 Maggio è l’International Museum Day, ossia la giornata internazionale dei musei, istituita dall’ICOM (International Council of Museums) per creare eventi e incontri tra diversi musei sparsi per il mondo, affrontando tematiche specifiche. Infatti, nata nel 1992, quest’iniziativa prevede un tema diverso ogni anno: nel 2020 si parla di diversità e inclusione, e seguendo l’hashtag #IMD2020 sui social si potranno scoprire le attività avviate online dai vari musei.

Nel frattempo, per festeggiare l’imminente riapertura dei Musei civici di Roma e sperando in un’estate in cui viaggiare per l’Italia sarà possibile, ho deciso di segnalarvi i musei più particolari e divertenti sparsi per il nostro Paese, dandovi magari qualche spunto per le vacanze!

Ne ho scovati alcuni, da Nord a Sud, che potreste aggiungere nella vostra bucket list:

  • Museo della Bora, a Trieste, è interamente dedicato a questo vento. Si definisce una sorta di museo in progress, dove sono raccolte opere letterarie che citano la Bora, curiosità eoliche e venti in bottiglia -magari, col caldo che c’è in questi giorni a Roma, tornerebbero comodi.
  • Museo dei serial killer, a Jesolo (Venezia). Ovviamente di musei del genere ne esistono numerosi – come quello di criminologia di Roma -, ma la particolarità di questo museo risiede nel modo in cui viene proposta la visita: è un’esperienza totalmente immersiva, con un’audioguida che riproduce immagini a 360 gradi per farci esplorare i racconti, e percorsi per sale piene zeppe di documenti, testimonianze e “attrezzi dell’orrore”. Insomma, occorre avere un buon stomaco per uscirne illesi.
  • Museo del risparmio, a Torino – e io, torinese, non sapevo neanche che esistesse! -, fondato dall’Intesa Sanpaolo, si tratta di una vera e propria opportunità per imparare a gestire i soldi – per gli spendaccioni interessati: se volete organizziamo un viaggio di gruppo per visitarlo insieme. Si compone di percorsi interattivi divisi in una parte di spiegazione e una parte di gioco in cui mettere in pratica quanto appreso.
  • Beautiful gallery, a Bologna, è il paradiso degli instagrammers – o più semplicemente degli amanti delle foto e dei video colorati. Si tratta di una galleria d’arte che mira a far immergere completamente i visitatori, che possono tuffarsi in piscine con palline colorate o immergersi in sale con scritte neon sulle pareti. Inutile che stia qui a spiegarvelo, perché non riuscirei a rendere l’idea: vi consiglio di cercare voi stessi le foto di questa splendida iniziativa, oppure di curiosare al link che vi lascerò alla fine dell’articolo.
  • Museo dei videogiochi, a Roma, meglio conosciuto come VIGAMUS (Video Game Museum). Ripercorre l’evoluzione storica dei videogiochi, partendo dall’oscilloscopio di William Higinbotham e giungendo fino alla realtà virtuale. E quando dico che ripercorre l’evoluzione storica, intendo dire che espone Arcade e console dagli anni ‘80 fino ai giorni nostri, con una sala dedicata a giochi in realtà virtuale, e i visitatori possono giocarvi. In breve, è un appuntamento imperdibile per gli appassionati, ma anche per chi vuole divertirsi con classici intramontabili… Fidatevi, io ci ho passato delle ore!
  • Museo della liquirizia, in provincia di Cosenza… Il paradiso dei golosi! Situato a Rossano, il museo della liquirizia ripercorre la storia di questa celebre radice nella tradizione culinaria italiana, con tante curiosità e ricette appetitose. Il museo è dedicato ad Amarelli, azienda familiare produttrice dell’omonima liquirizia e definita dai turisti su TripAdvisor come “il Willy Wonka della liquirizia”.
  • Museo del papiro, a Siracusa, l’unico museo al mondo interamente dedicato al papiro. Si divide in due settori: da una parte l’attività storica, che espone papiri antichi e varie testimonianze della cultura del papiro in tutti i suoi aspetti; dall’altra la ricerca scientifica e storica, che riguarda gli studi sulla pianta, sulla manifattura e trattamento della carta papiracea nelle diverse epoche e sui problemi di conservazione dei papiri antichi.

Vi lascio qui di seguito i link alle pagine ufficiali dei musei, così se c’è un museo in particolare che vi ha incuriosito – ma anche due! – potete dare un’occhiata:
https://museobora.org/

https://www.beautifulgallery.it/

http://www.mostraserialkiller.it/orari-e-tariffe/mostra-serial-killer-informazioni-su-orari-e-tariffe.html

http://www.vigamus.com/

https://www.museodellaliquirizia.it/

Emanuela Batir