Pranzo alle 11

La stazione di Suceava è un edificio di mattoni rossi con un portico ad archi davanti e delle grandi finestre a tutto sesto al secondo piano: semplice e dà l’idea di essere una stazione, il suo compito dopotutto. L’idea sarebbe quella di fare colazione lì, con un cappuccino senza troppe pretese preventive e magari, perché no, un covrig ai semi di sesamo o di papavero (uno dei più grandi doni da parte dei forni romeni per influenza turca all’umanità) visto e considerato che la nostra paura del ritardo ci consente di avere tempo a disposizione da vendere.

Tutto molto bello, se non fosse che attraversato l’atrio della stazione ci ritroviamo direttamente sui binari a interfacciarci con un treno che riporta una recentissima targa in ferro arrugginito con su scritto Jugoslavia. Sul tabellone c’è scritto che il nostro treno, l’IR 1752 Suceava – Bacău, passerà in orario sul binario 3. Uno, due, tre binari: nessun cartello; quale sarà il nostro? Ci rivolgiamo alla capostazione che giustamente ci guarda annoiata e indica il terzo binario. Nella sua testa saranno passate molte domande del tipo “ma chi sono queste due che non sanno contare? Che sarà mai? Non hanno mai visto una stazione ferroviaria? Chissà da quale angolo di mondo arrivano”. Roma. Comunque ci apprestiamo ad attraversare i binari in tutta sicurezza, con valige, zaini e caffè da macchinetta pericolanti che ovviamente riuscirò a versare su valige e zaini, nonché binari, di fronte all’interdetta capostazione che starà sicuramente confermando le sue teorie su di noi.

La scelta di andare a Bacău è stata abbastanza improvvisa, ma andiamo con ordine: questa è la prima volta che prendiamo un treno da queste parti. La maggior parte dei turisti, ma anche dei romeni stessi, sconsiglia di prendere il treno come mezzo di trasporto, ma io e Valeria vi possiamo rassicurare e vi invitiamo a prenderlo per spostarvi nel paese. L’alta velocità non c’è, ma è sicuramente un buon mezzo per ammirare il paesaggio e conoscere le persone del posto. Forse all’inizio bisogna un po’ imparare a districarsi tra le informazioni sul biglietto, ma una volta scoperto il meccanismo, sarà abbastanza facile. E infatti, torniamo ai nostri precedentemente citati problemi di conto. Sul biglietto il nostro vagone è il quarto, ma noi qui vediamo solo tre vagoni e su questi non c’è scritto assolutamente nulla. Proviamo a tentoni e optiamo per l’ultimo vagone che vediamo. I posti sarebbero l’86 e l’84, ma questi posti sono occupati da una coppia che comincia leggermente a inalberarsi quando scopre che stiamo anche solo insinuando che quelli non siano i suoi posti. In nostro soccorso arriva una liceale locale che parla sia italiano che romeno e prova a farci da interprete, ma non c’è nulla da fare, la coppia ineluttabile non ne vuole sapere e così ci sediamo da un’altra parte: Valeria difronte alla coppia-roccia e io immischiata nel gruppo di amiche della nostra interprete. Sembrerebbe filare tutto liscio fin quando non ci fermiamo alla stazione intermedia e arrivano due nuovi individui a reclamare i nostri posti occupati abusivamente. A questo punto, abbandoniamo l’idea di stare sedute e aspettiamo la nostra destinazione in piedi, anche perché non dovrebbe mancare molto, e così facciamo. Nel mentre assistiamo alla sfuriata di una signora contro due bambini perché anche loro come noi si sono ritrovati sui sedili sbagliati al momento sbagliato e così i due infanti si ritrovano in lacrime. Insorgono i difensori dei due e Valeria ed io ci chiediamo quanto manchi prima che qualcuno ci riservi lo stesso trattamento vista la nostra incapacità di contare. Lo so che ho detto che i treni sono ottimi mezzi di trasporto e che la situazione che ho appena descritto sembrerebbe dimostrare il contrario, ma vi assicuro che è stato solo un intoppo iniziale, mai avuti altri problemi.

Chiusosi il sipario treno, ad attenderci alla banchina c’è O., un mio cugino di secondo grado, e sua madre, Doamna A., una mia zia particolarmente euforica di vederci, nonché protagonista di questa parentesi in terra moldava (la regione romena, non la Repubblica vicina). Il caldo è cocente, ma loro due si fanno in quattro per cercare di renderci il giro il più piacevole possibile e la città la più ospitale. Dopo un breve tour in macchina del centro città, il nostro uomo ci lascia a casa di A., la nostra protettrice. Non smetterò mai di ribadire quanto ospitali possano essere i romeni: una tavola imbandita già dalle 9 di mattina con una lunghissima sequenza di specialità del posto. L’entusiasmo di A. è travolgente, talmente travolgente che ci investe come il treno Jugoslavo di stamattina, ma noi ancora non ce ne rendiamo conto. Ci porta in giro per la sua casa nella via del Corso di Bacău, un tipico appartamento romeno molto spazioso, con pareti in legno all’ingresso, stanze colorate, tappeti, stoffe con ricami tradizionali. Io e Valeria ci guardiamo soddisfatte: decidere di passare per questa zona sembra essere stata una decisione ottima per esplorare da vicino un altro angolo di vita tradizionale romena. Si fanno le 10:45 e a parte il caffè versato per metà sui binari di Suceava, non abbiamo niente nello stomaco, ed è qui che il lato più romeno di ogni romeno comincia ad emergere prepotentemente, come il treno che ho appena citato: “spălați-vă pe mâini și vino la masă”. “Lavatevi le mani e venite a tavola” ci esorta A. dopo il giro di ricognizione nella sua dimora; non ce lo facciamo ripetere due volte e per le 11 siamo sedute intorno alla tavola imbandita. Si parte con l’antipasto: cetrioli e pomodori freschi, olive, insalata di carne con maionese, cipolle e olive, formaggi, ogni sorta di cibo pensabile. Ma ci fermiamo qui? Certo che no. Siccome la temperatura di agosto che si aggira intorno ai 40 gradi ce lo consente, è il momento di tirar fuori la ciorbă de perişoare, una zuppa a base di polpette che riesce a scaldarci il cuore oltre che l’anima e a portarci vicine all’autocombustione, ma noi mangiamo con entusiasmo e dedizione sotto lo sguardo attento di A. che decide anche di chiamare in quel momento mia nonna a Bucarest per rivelarle che non sono poi così scarsa in romeno (mulțumesc mult, buni). Stiamo arrancando in una vasca di sudore e pienezza, oltre che stanchezza, dopotutto ci siamo svegliate alle cinque di mattina anche oggi, ma non ci tiriamo indietro, ma è proprio quando il gioco si fa duro che i duri iniziano a giocare, e noi a tirare le cuoia; arrivate alle 11:45 e molti “mangiate, mangiate” dopo, A. tira fuori un altro asso nella manica: una serie di piatti di carne e patate appena sfornati, accompagnati da cetriolini sottaceto fatti in casa, per sgrassare ovviamente. E tra pollo, maiale e patate cominciamo a dare segni di cedimento. I romeni come ho detto più volte sono molto ospitali e ci tengono che il proprio ospite sia riempito fino allo star male, e se il già menzionato ospite si azzarda anche solo a mostrarsi restio, è lì che comincia la disperazione e l’indignazione da parte del padrone o della padrona di casa; ma non questa volta. Al nostro cordiale rifiuto a metà strada tra il piatto di carne e il coma, A. risulta essere comprensiva e così ci permette di alzarci da tavola… per spostarci al tavolino in balcone, vista Bacău, per finire col dessert e il caffè. Effettivamente è difficile dire di no a questo dolce e se passate per la Romania dovete provarlo: plăcintă cu brânză și stafide, un dolce a base di pasta fillo ripiena di formaggio morbido e uvetta. Le parole non bastano. Provatelo. Il caffè invece è preparato secondo la tradizione turca e sì, è buonissimo, perciò lasciamo a casa i luoghi comuni su quanto il caffè possa essere preparato solo a Napoli e impariamo ad apprezzare anche qualcosa di diverso. Totò e Massimo Troisi vi perdoneranno anche questo. A fine pasto però che fai? Non ce lo metti un ammazza caffè? Ce lo metti, ce lo metti, e infatti A. non manca di offrirci una bottiglia di vișinată, un liquore dolce a base di visciole, rigorosamente fatto in casa, molto fresco tra l’altro, talmente fresco che se la vostra temperatura corporea si aggira intorno ai 36 C°, potete star tranquilli che entro la fine del pranzo arriverete a pigliar fiamma, per citare un poeta.

Per quanto attonite possiamo rimanere, il pranzo è terminato e ritrovandoci in stato catatonico post-pranzo, decidiamo di attendere tra le quattro mura della zia che il sole tramonti così da poterci dedicare alla visita della città. È piccola senza dubbio, ma Bacău ha decisamente qualche perla da offrire: il teatro George Bacovia, il palazzo del municipio, la nuova Biserica Înălțarea Domnului, imponente e maestosa, dentro la quale abbiamo il piacere di assistere a un matrimonio ortodosso, e la Biserica Sfinții Petru și Paul, dentro la quale abbiamo ancora una volta il piacere di assistere a un matrimonio cattolico: a quanto pare è la giornata ideale per convolare a nozze. Un piccolo fun fact sulla città è che parrebbe aver vinto il Guiness dei primati per aver ospitato il più grande ballo sincronizzato della storia. Sarà così? Può essere come non essere, ad ogni modo, un interessante argomento di conversazione.

Sfiancate dal caldo e dal sole, ci rifuggiamo nel parco Cancicov, dove si tiene in questo periodo un festival dello street food: per chi fosse interessato, vi faccio presente che quando si parla di street food in Romania, grazie alle sue influenze turche, non mancano mai baklava, halva, güllac, rahat turcesc e kataifi con noci, pistacchi, miele. Potreste avere la glicemia un po’ alta dopo, ma alla fine sono i rischi del mestiere. Non abbiate sulla coscienza il fatto di esserveli ritrovati davanti senza averli provati. Rinforzate dagli zuccheri, ci riavviamo verso casa, dove il tour de force col cibo ricomincia e dove le ghiandole sudoripare sono in piena funzione grazie al calore trasmesso da A..

È fine giornata e tra un altro goccetto di vișinată e un altro quadratino di plăcintă cerchiamo di addormentarci. Dico “cerchiamo” perché a quanto pare, la main street della città, fuori dalla finestra, di notte si trasforma nel set di Fast and Furious che proprio da rumore bianco non funge; vorrei non essere una sciura arrabbiata che urla dalla finestra, ma le marmitte delle sagome sotto casa mi stanno veramente mettendo a dura prova. Scivolo via in un sonno tormentato dopo aver sbattuto la finestra.

Cinzia De Gregorio