Oltre le normali apparenze: conferenza dell’8 maggio 2021

Sabato 8 maggio si è tenuta l’ultima conferenza del progetto UNINTSpeech, che chiude in bellezza l’anno accademico. Gli ospiti hanno condiviso le loro esperienze di vita affrontando temi molto attuali, come la cultura bilingue e l’importanza di andare oltre gli stereotipi.

Apre i lavori Valeria, studentessa del corso di laurea magistrale in Interpretariato e Traduzione presso il nostro ateneo. Nata in Germania da una coppia italiana, vive un’infanzia in bilico tra due mondi e due culture molto diverse tra loro. Durante il suo intervento ci ha raccontato del suo desiderio di integrazione, ma anche dei tanti cliché spesso attribuiti ai figli di italiani all’estero. Come tutti i bambini figli di immigrati, che sono chiamati a confrontarsi con una serie di difficoltà che si trasformano poi in sfide quotidiane, Valeria cerca fortemente di integrarsi in un sistema che si è rivelato sin da subito particolarmente ostico.

Per sfatare uno dei luoghi comuni più diffusi sui figli di coppie straniere, spesso visti come scansafatiche e poco portati per lo studio, Valeria ha sottolineato la mancanza di flessibilità del sistema scolastico tedesco. A scuola, infatti, bisognava cavarsela da soli senza poter contare sull’aiuto dei genitori, che spesso non parlavano la lingua, ed era dunque piuttosto difficile eccellere nei risultati senza il supporto di un adulto. La famiglia, tuttavia, rimane un punto di riferimento importante per lei; l’infanzia in Germania è scandita dalle vacanze trascorse in Italia, tra visite alla nonna e ai parenti, il suono dei clacson e i passanti che parlano ad alta voce per strada.

Man mano che gli anni passano, Valeria si accorge di avere in realtà due patrie, e ogni viaggio in Italia non fa che amplificare quella che da adolescente percepisce come una diversità irriducibile tra lei e il resto dei suoi compagni. Si sente italiana in Germania e tedesca quando torna in Italia, trovandosi a dover convivere con i pregiudizi che molti coetanei hanno nei suoi confronti. Nel suo essere in bilico tra due mondi, da adolescente cerca di essere semplicemente come tutti i ragazzi della sua età, seguendo la moda e adattando il suo modo di vestire: in Germania porta le Vans e la camicia a quadri, mentre in Italia indossa le magliette della Sweet Years, molto in voga qualche anno fa. Ma liberarsi del pregiudizio altrui è possibile soltanto se prima si comprende che la nostra più grande ricchezza è insita nella nostra diversità. Vivere immersi tra due culture può essere motivo di arricchimento reciproco, superando non soltanto i pregiudizi degli altri, ma anche le nostre insicurezze.

A seguire abbiamo avuto la possibilità di ascoltare l’intervento di Macarena, che ci ha parlato in inglese di The Poet X. Le tematiche affrontate sono state molte, abbiamo parlato di adolescenza, dell’appartenenza alla comunità afro-domenicana, del cattolicesimo e dei casi in cui esso può diventare opprimente, del rapporto con la madre quando si hanno visioni diverse della vita e della difficoltà a identificarsi con immagini proposte dalla società, per senso comune considerate legate al cattolicesimo. Parimenti sono state discusse le condizioni di discriminazione dovute al sessismo, al razzismo, all’imposizione della femminilità e alla misoginia con le rispettive crisi interiori e il ruolo da seguire imposto dal mondo esterno.

Successivamente abbiamo ascoltato con interesse Flavia, che ci ha presentato un’analisi sulla perdita dell’alterità nella nostra società secondo il pensiero di Byung-Chul Han, a cui è seguito l’intervento di Daria che ci ha parlato della sua città, San Pietroburgo.

Daria è una traduttrice, interprete e guida della Venezia del Nord, laureata presso la Scuola superiore di traduzione e interpretariato dell’Università di San Pietroburgo (SPbGU), un’istituzione che senza dubbio risulta familiare a molti studenti di interpretariato del nostro ateneo. Con il suo intervento abbiamo potuto scoprire moltissime curiosità sulla città russa, senza però parlare delle più famose e note attrazioni turistiche: ci saremmo aspettati di sentir parlare dell’Ermitage, dei ponti, della Cattedrale di Sant’Isacco, invece abbiamo potuto conoscere il parco della facoltà di filologia dell’Università, un luogo pieno di sculture, racconti e leggende. Daria ci ha fatto scoprire uno dei grattacieli da cui è possibile vedere tutta la città e altri importanti edifici, come quello in cui ha sede VK, il Facebook russo più utilizzato dai giovani. Grazie alle domande poste dal pubblico abbiamo potuto scoprire che il periodo migliore per visitare la città è in estate, dove oltre a un clima migliore troveremo più eventi culturali e sociali.

Dopo alcuni interventi in portoghese di Isabella e Thais che ci hanno regalato un momentaneo viaggio in Africa e in America latina, con storie e consigli riguardo a Capo Verde e al Brasile, è il turno dello studente cileno Tomás.

L’intervento conclusivo è proprio il suo: Tomás Madrid, un giovane studente cileno laureato in Legge, ci ha fornito un excursus generale sull’importanza e le sfide delle associazioni studentesche, sottolineando in particolare il caso di Más África, associazione di cui lui stesso è fondatore. Questi gruppi studenteschi contribuiscono, attraverso iniziative sociali, economiche, politiche, culturali e/o ambientali, alla formazione degli studenti. Más África è una associazione sociale e internazionale senza fini di lucro fondata nel 2017 da giovani studenti universitari e ha come scopo quello di promuovere progetti di sviluppo sociale a livello internazionale legati al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, specialmente in Africa e in Cile.

Lo scopo principale è quello di coinvolgere il maggior numero possibile di giovani che agiscono in qualità di agenti del cambiamento in linea con l’Agenda 2030. La frase “Come essere protagonista del cambiamento globale” ha motivato questi giovani della Universidad Adolfo Ibáñez a unirsi e a combattere per le sfide del mondo di oggi, per cambiare le condizioni di vita dei bambini, delle bambine e degli adolescenti nel continente africano. Chiaramente con gli anni gli obiettivi si sono ampliati. A oggi si sono raggiunti ottimi risultati: 29 volontari in Africa e 22 in Cile, 4 programmi di volontariato in Tanzania e una partecipazione del 100% di volontari che non raggiungono i 25 anni di età. Il messaggio fondamentale che ha voluto lanciare Tomás è legato alle nostre decisioni: tutti possiamo apportare un piccolo cambiamento sacrificando anche poco tempo della nostra giornata. L’oratore invita, infatti, a collaborare e a essere volontari per un pianeta che, in fin dei conti, è quello che ci ospita.

Con questa commovente riflessione, termina l’ultima conferenza dell’anno accademico, ma il team UnintSpeech promette altri nuovi incontri per il prossimo anno.

Vanessa Iudicone, Marco Riscica e Francesca Vannoni