TÁR

TRAMA
TÁR, film diretto da Todd Field, ambientato nel mondo internazionale della musica classica, il film è incentrato su Lydia Tár (Cate Blanchett), considerata una delle più grandi compositrici e direttrici d’orchestra viventi e prima donna in assoluto a dirigere un’importante orchestra tedesca. TÁR esplora la natura mutevole del potere, la sua durevolezza e l’impatto sul mondo moderno.

Incontriamo Lydia Tár all’apice della sua carriera, impegnata sia nella presentazione di un libro, che in un’attesissima esibizione dal vivo della Quinta Sinfonia di Mahler. Nel corso delle settimane che seguono, la sua vita comincia a disfarsi di fronte alle problematiche attuali. Il risultato è uno scottante esame del potere, del suo impatto e della sua solidità nella società odierna.

RECENSIONE
Tár, film del 2022, è uno di quei film lunghi che normalmente le persone tendono a non guardare e che invece merita una particolare attenzione. Inizierei sottolineando l’eccellente performance di Cate Blanchett che incanala tutte le profonde emozioni della protagonista in modo eccellente. Ma non è solo lei il punto di forza di questa pellicola.

Per comprendere cosa c’è di speciale in questo film bisogna iniziare parlando di un qualcosa che normalmente non viene tenuto in considerazione dai più: i titoli di apertura. Appena il film inizia vengono nominati i membri della crew che hanno contribuito alla realizzazione del titolo ma non partendo, come normalmente viene fatto, dagli attori principali bensì dalle unità di produzione, dal catering e dagli assistenti alla regia. Da coloro, quindi, che normalmente stanno nelle retrovie e non vengono considerati importanti come gli attori o il regista. Come mai questa scelta? Perché il film tratta proprio di questo, di come un ego possa crescere fino a diventare un narcisismo maligno, utilizzato per manipolare le persone fino ad ottenere tutto ciò che si vuole.

Tár segue Lydia Tár, direttrice d’orchestra, mentre si prepara al momento chiave della sua carriera: esibirsi dal vivo nella Quinta Sinfonia di Mahler. E’ una donna circondata in ogni momento da un pubblico: che siano studenti, i membri dell’orchestra o il vero e proprio pubblico che adorante pende dalle sue labbra e applaude ogni sua esibizione. Viene chiamata da tutti “Maestro”, è rispettata e acclamata ma, come il regista ci permette di capire, ha dei segreti che la sua assistente conosce e che non ci verranno rivelati, a noi spettatori, per buona parte della pellicola. Parallelamente a questi segreti che lei per nessuna ragione vuole far trapelare, si può osservare la manipolazione di cui parlavamo prima in alcuni episodi come, ad esempio, quando sfrutta il suo potere per convincere (anzi costringere) un membro anziano dell’orchestra a ritirarsi o, ancora, o quando impedisce la promozione della sua assistente perché non le sembra che in qualche modo le avrebbe giovato.

Il personaggio che la Blanchett impersona è talmente sfaccettato, controverso e vivo che permette di instaurare nello spettatore emozioni opposte, empatia e repulsione. Permette di comprendere come la protagonista sia sola, quasi incapace di provare sentimenti se non attraverso la musica. Possiamo notarlo dallo sguardo che il regista ci permette di cogliere sulla sua vita privata fatta di fragilità ma anche di un rigore ferreo quasi ossessivo. E’ proprio questo rigore che le permette di mantenere la sua facciata da persona forte e che ha ogni cosa sotto controllo.  
Il tutto è ancora più chiaro grazie all’utilizzo della fotografia che, se si guarda il film per la prima volta senza conoscerne la trama, sembrerebbe quasi tipica di un film horror con campi lunghi e un montaggio proprio tipico di quel genere. La luce ha anche un posto privilegiato in questo film poiché si nota la differenza tra le luci scelte per le scene di giorno, utilizzate per riflettere la spasmodica ricerca di successo e la mancanza di empatia della protagonista, rispetto a quelle usate di notte: rare e dai toni caldi che invece permettono di capire quanto in realtà lei sia, in fondo, una donna fragile che ricerca nella fama e nell’ammirazione un qualcosa che manca dentro di lei.

Viene inoltre ritratta un’importante parentesi che oramai è un chiodo fisso dei giorni nostri e cioè quella della morale, della cancel culture dei social network, parallela al quasi cinismo che il COVID ci ha fatto provare, eliminando l’abilità intrinseca dell’individuo alla socialità e dell’interfacciarsi adeguatamente al prossimo. E’ aumentata la paura e anche la produzione musicale ne ha risentito. Il regista è estremamente bravo nel permettere di avere uno sguardo ai lati negativi senza mai cadere nel mero giudizio, positivo o negativo che sia.

In poche parole questo è uno di quei film che va vissuto in ogni sua parte senza farsi spaventare dalla lunghezza né dai temi trattati. Vedere una caduta di un personaggio che sarebbe dovuto essere al proprio apice in questo modo così complesso e completo è un’esperienza di cui non bisognerebbe privarsi.

Ci sentiamo con la prossima receustione!

Marta Golotta