Credits by Francesca Nardella

Circe

Come inaugurare quest’anno accademico se non parlandovi di un libro che mi ha completamente rapita, facendomi dimenticare dove fossi e in che anno?

Joking aside, sedetevi comodi e lasciatevi portare in un’epoca di miti e leggende, con teatro l’antica Grecia, popolata da dei, semidei, ninfe, mostri marini e mortali dall’intelletto acuminato.

Il libro cui alludevo proprio poco fa si intitola “Circe”, ed è il secondo romanzo sfornato nel 2018 dalla scrittrice Madeline Miller, che aveva esordito nel 2012 con un romanzo di altrettanto successo: “La canzone di Achille”, vincitore dell’Orange Prize, successo internazionale tradotto in ben venticinque lingue.

In Circe impariamo a conoscere meglio, se non addirittura a stravolgere la nostra concezione da libri di scuola dell’omonima maga, da sempre semplicemente nota come la donna sulla cui remota e sperduta isoletta si fermò per rinfrancarsi del suo estenuante viaggio, il famoso Odisseo, la donna che trasformò i compagni del prode eroe in maiali.

Figlia del fulgido Elios, il dio Sole, e della tanto bella quanto infida ninfa Perseide, fin da piccola è stata relegata al ruolo di servetta, figlia strana e dal carattere troppo diverso dai suoi fratelli e sorelle divini, un’eterna Outsider, di cui è difficile indovinare i pensieri e tanto più carpirne i misteri e le potenzialità nascoste.

Una storia la sua, che attraversa sale sontuose, calca i sentieri percorsi dagli dei dorati dell’Olimpo, satura della loro imperitura voglia di magnificenza e dominio incontrastati, che si ritrova a veleggiare in balia di flutti malevoli e infine a godere dei caldi, lucenti raggi di sole, sulle rive dell’isola pensata per il suo esilio senza ritorno: Eea.

Circe ci appare prima come la strana sparviera, la dea minore sbeffeggiata e declassata nella sua apparente mediocrità dalla sua stessa famiglia che non osa nemmeno provare a comprenderla, al punto che lei stessa inizi a dubitare del suo sangue divino, strattonata com’è dai desideri volubili del fato e della corte di titani di cui tanto si affanna per far parte, fino a diventare la più autentica se stessa proprio nell’esilio inflittole dal padre per quei suoi poteri tanto inquietanti quanto pericolosi per l’Olimpo stesso.

Io lo definirei un romanzo di formazione, un libro denso di speranza, emozioni viscerali e imprescindibili, una storia destinata a fagocitare la sua eroina sconfitta dalla nascita, che si rivela invece un’ostinata lotta alla resilienza, alla vita stessa, alla rinascita e alla piena realizzazione del vero io della controversa protagonista.

Per me un libro da leggere assolutamente, perché in Circe è impossibile non ritrovare almeno un pezzettino di se stessi, tra le sue increspature, gioie luminose e dolori strazianti, e di ardore, voglia di vivere e mostrare all’Olimpo intero la forza della volontà creatrice, testarda, inarrestabile e potente.

Una vita millenaria la sua, sempre divisa tra la sua intrinseca natura divina e quella mortale, che lei impara ad amare, ammirare e bramare, invece di rinnegarla o cercarla nel tentativo vano di assomigliare almeno un po’ al suo amato ed odiato padre, lo sfolgorante e crudele Elios.

Un libro infine, che restituisce dignità al mito di una donna da sempre considerata un’arpia, una perfida fattucchiera ammaliatrice che ritrova tra le righe della Miller la sua umanità, e realizza la sua vera essenza traendo forza dalla stessa terra, dal mare, dal cuore vibrante e complicato che quella stirpe sterminata di dei le ha dato in dote alla nascita.

“Il tempo in cui ero molle come cera era passato. Il mio sentiero era spalancato davanti a me.”

Worth the hype, isn’t it?

Let me know!

Francesca Nardella