25 aprile 2021

“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. Ma non è facile starci tranquillo.”
Cesare Pavese

‘Il ventre molle dell’Europa’: così Winston Churchill definì l’Italia durante la Conferenza di Casablanca del 1943. In quell’occasione, il primo ministro inglese e Roosevelt decisero di mettere definitivamente in ginocchio la Germania di Hitler e di ripristinare la libertà all’interno del continente europeo. L’operazione Husky prevedeva lo sbarco delle truppe alleate in Sicilia al fine di liberare definitivamente la Penisola dal dominio nazifascista. Mentre Churchill considerava di vitale importanza la riconquista del territorio italiano, agli occhi degli americani era molto più importante procedere con lo sbarco in Normandia. Per questo motivo, l’operazione procedette a rilento a causa del insignificante dispiegamento di forze americane: Roosevelt riteneva che fosse necessaria un’operazione in un teatro più ‘simbolico’ e che l’apertura di un fronte a sud potesse funzionare come mero appoggio strumentale.

Il 10 luglio del 1943, gli Alleati sbarcarono in Sicilia. Fu un’operazione complessa che avrebbe diviso in due il paese: la defascistizzazione dell’Italia fu infatti un fenomeno lento che non ebbe luogo nell’immediato. Dopo due settimane, il 25 luglio, il regime costituito dal Duce cadde. Il Gran Consiglio del Fascismo, capeggiato da Dino Grandi, riconobbe il fallimento di Mussolini, che fu costretto ad accettare la sconfitta. Il re, fuggito in Sicilia, destituì ufficialmente il Duce e domandò il suo arresto immediato, incaricando il generale Badoglio di formare un nuovo governo. Intanto, il 3 settembre, il generale Castellano firmò segretamente l’Armistizio breve di Cassibile, che sancisce l’immediata cessazione dell’ostilità italiana nei confronti degli angloamericani. All’interno del paese si generò il caos: l’esercito, che fino a pochi giorni prima eseguiva gli ordini del Duce ed era solito affiancare le truppe tedesche, si trovò completamente spaesato. I tedeschi iniziarono un’occupazione strenua del Nord e Centro Italia, mentre Mussolini, liberato dal Gran Sasso, venne aiutato a scappare al Nord Italia, dove riuscì a fondare e la Repubblica di Salò. In quel periodo si formarono i primi Comitati di Liberazione Nazionale e le brigate partigiane, coinvolgendo il Paese da Nord a Sud.

Dopo anni di lotta, il 25 aprile 1945, venne proclamata la Liberazione. Dal 1943 all’aprile del 1945 il nostro paese visse alcuni dei suoi mesi più drammatici. Per chi come me viene da territori di resistenza partigiana, le storie di Beppe Fenoglio e Cesare Pavese toccano direttamente il cuore. Le colline delle Langhe, le cascine, la campagna sono luoghi che hanno accompagnato la mia infanzia e che rappresentano le mie radici; proprio quei luoghi sono stati teatro di ribellione. Una ribellione che grazie al sacrificio di centinaia e migliaia di persone ha generato il nostro percorso di rinascita. I miei nonni mi hanno sempre raccontato quel periodo con storie che mai avrei pensato di sentire sul piccolo paesino dove sono nata e cresciuta. Mio nonno, di appena 5 anni all’epoca, mi raccontava di come i tedeschi diedero fuoco al paese, di come si trovarono a dormire per giorni su materassi improvvisati nei noccioleti.

Nell’ultimo anno, il concetto di libertà è stato messo a dura prova, ma al contempo la situazione che stiamo vivendo ha contribuito a farci comprendere il suo vero significato: poter uscire a qualsiasi ora del giorno a passeggiare, incontrare amici, familiari, viaggiare. Quando anche queste piccole attività giornaliere sono venute meno, abbiamo compreso tutti cosa significa davvero essere liberi ed al contempo come questa condizione debba essere conquistata, rispettata e, soprattutto, mantenuta. L’insegnamento della Resistenza è quello di emancipazione da qualsiasi forma di oppressione politica, attraverso la libertà di agire, di pensare, di opporsi. La libertà di un Paese che, unito, ritrova sé stesso: questo è quello che dovremo nuovamente imparare a fare oggi, con la speranza che questo nuovo 25 aprile possa essere davvero un simbolo di rinascita.

Martina Noero