Il 30 ed il 31 ottobre Roma ha ospitato il summit del G20 a presidenza italiana. Il vertice dei grandi leader mondiali ha passato poi il testimone ad un altrettanto importante evento che andrà a concludere questo 2021, ovvero la Cop26 di Glasgow, durante la quale l’Italia condividerà la presidenza con la Gran Bretagna di Johnson. Il G20 è considerato come uno dei più importanti forum ‘informali’ di discussione e come uno degli eventi più rappresentativi della governance globale e del multilateralismo. Le grandi potenze che vi partecipano rappresentano infatti circa l’80% del PIL mondiale ed il 74% delle emissioni di gas serra totali. Nonostante ciò, alla luce dei cambiamenti avvenuti nello scacchiere internazionale negli ultimi anni, il dubbio sorge spontaneo: in un momento di crisi di globalizzazione e multilateralismo, quanto ancora conta il G20?

E’ chiaro che ad oggi, considerare il forum come un tentativo riuscito di rilancio del multilateralismo sarebbe un grande errore. In primo luogo, perché le assenze di Cina e Russia al summit romano pesano e dimostrano che ormai la tendenza isolazionista delle grandi potenze emergenti si conferma sempre di più. In secondo luogo, restano da risolvere importanti grattacapi legati alle sfide economiche, alla volontà di riforma del WTO e alla revisione della politica estera trumpiana. Fortunatamente, la presidenza italiana si è dimostrata piuttosto engagée riguardo alla buona riuscita e conclusione del G20 2021. Draghi si è dimostrato un ottimo interlocutore al fine di ricreare un clima di distensione transatlantica, contribuendo a ricompattare l’alleanza occidentale e recuperando perciò il rapporto con gli USA. Il tutto ovviamente anche grazie alla complicità di Joe Biden, che si è dimostrato più open minded e sensibile alle tematiche ambientali rispetto al suo predecessore.

La tentata ‘rianimazione’ del multilateralismo di Draghi è passata proprio da ciò che possiamo definire ‘pane per i denti’ dell’ex presidente delle BCE. Il nostro primo ministro, infatti, ha posto l’accento sui vari risultati ottenuti in campo finanziario, come l’imposta minima globale sulle multinazionali e la volontà di erigere un sistema di finanza per lo sviluppo in cui le economie forti si adoperano per sostenere le economie in via di sviluppo, anche sotto un punto di vista di promozione dello sviluppo sostenibile.

Il cambiamento climatico è stato un altro argomento centrale della conferenza, soprattutto per l’imminente inaugurazione del Cop26 di Glasgow. Le tematiche ambientali sono ormai fondamentali ed è di altrettanta importanza agire per contrastare il cambiamento climatico. Tra i vari impegni assunti durante il vertice di Roma, i grandi 20 si sono impegnati a limitare l’innalzamento delle temperature medie a 1.5 gradi. Continua però a pesare l’opposizione di Russia, Cina ed India al raggiungimento della neutralità carbonica (o ‘emissioni zero’), ovvero ad un programma di misurazione accurata delle emissioni di CO2 collegato poi all’adozione di strategie per neutralizzare il loro impatto.

Insomma, è chiaro che il G20 di quest’anno non ha rappresentato alcun tentativo riuscito di rilancio del multilateralismo. Nonostante ciò, possiamo andare fieri, però della buona riuscita della presidenza italiana e dell’apporto fondamentale che il nostro paese è riuscito a fornire al fine di riallacciare i rapporti tra potenze occidentali. Sicuramente il restauro del multilateralismo passerà attraverso la ricostruzione di un dialogo con attori come Russia e Cina e, purtroppo, non è detto che ciò avvenga (o perlomeno che vi assisteremo nel breve periodo). Nondimeno, possiamo strappare un bel well done a Mario Draghi.

Martina Noero