Umoja: un rifugio per sole donne

Care lettrici e cari lettori,

questa settimana mi sembra giusto e doveroso che protagoniste della nostra rubrica #CURIOSITÀDALMONDO siano le donne. Immagino che alcuni leggendo parole come “lotta al patriarcato”, “matriarcato” e “parità di genere” possano alzare gli occhi al cielo, sfibrati dalle manifestazioni e dai dibattiti su tali tematiche. Voglio pensare che questa estenuazione non sia associata alla classificazione di questi argomenti come futili o di poco conto; voglio pensare che invece si sia stufi di dover parlare della parità di genere come un diritto da conquistare, come una situazione ideale ed utopica per la quale si debba lottare.

Questa rubrica sicuramente non è la sede adatta in cui approfondire tale discorso, noi puntiamo alla leggerezza, a farvi evadere per qualche minuto dalle vostre piccole realtà e trasportarvi con la mente in altri posti. Vi confesso, però, che la leggerezza è un qualcosa che sto ancora imparando e che la “lotta” e il “far sentire la propria voce”, al contrario, è un’azione che mi ha sempre esaltata e attratta come una luce con una falena. Per questo motivo ho deciso di portarvi in Africa, nello specifico in Kenya, per farvi conoscere il villaggio di Umoja.

Tra il 1980 e il 1990, i soldati britannici nella contea di Samburu, oltre ad addestrarsi nelle basi militari della zona, perpetravano violenze contro le donne del luogo che, a causa di questi stupri, venivano etichettate dai loro stessi uomini come contaminate ed entravano così in un continuo ciclo di soprusi fisici e morali. Esse non sono proprietarie di se stesse e del loro corpo: sono gli uomini a valutare la loro “purezza” e hanno potere decisivo persino sulla mutilazione dei genitali femminili. Una di queste donne, un giorno, ebbe la forza di reagire e di opporsi ad una società in cui era vista come una mera proprietà dell’uomo. Il suo nome è Rebecca Lolosoli ed è la fondatrice del villaggio matriarcale Umoja Village, situato vicino alla città di Archers Post.

Il villaggio di Umoja nasce, quindi, dall’esigenza di creare uno spazio sicuro per tutte quelle donne vittime di violenza, un posto in cui esse possano esprimersi liberamente, in cui gli uomini non sono ammessi e in cui si possano crescere in tranquillità i propri figli. Una tale rivoluzione, ovviamente, ha trovato non pochi ostacoli: principalmente la difficoltà ad autosostenersi e l’ostilità degli uomini dei villaggi vicini. Fortunatamente, lo Stato ha supportato il villaggio tramite il Kenya Heritage and Social Services e il Ministero della Cultura. L’Umoja Village divenne un caso talmente emblematico e straordinario da permettere alla fondatrice di visitare le Nazioni Unite nel 2005.

Attualmente vivono di turismo etico: è stato creato un vero e proprio campeggio attrezzato con lodge e tende per ospitare i viaggiatori (anche uomini, ma solo in questo caso), i quali possono accedere ad alcuni servizi essenziali (es. area ristorante). Inoltre, si può attingere a delle attività culturali che permettono di conoscere riti, tecniche e danze tradizionali. È possibile acquistare oggetti e gioelli di artigianato locale e vengono organizzati dei tour per visitare la riserva di Kamala.

Insomma, queste donne sono riuscite ad opporsi a stereotipi di genere estremamente radicati e a reinventarsi. La loro tenacia ha permesso, passo dopo passo, di migliorare e ingrandire il villaggio (ne è un esempio la costruzione di una scuola elementare).

Quindi, care lettrici e cari lettori, se vi trovate in Kenya e volete contribuire alla loro causa http://www.umojawomen.or.ke/ è il sito che fa per voi.

Giulia Giacomino