#MONDAYABROAD

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Oggi Monday Abroad vola a Marrakech con Ihssane Rouhi!

Marrakech, situata al centro-sud del Marocco, è la più importante delle quattro Città Imperiali (Marrakech, Fès, Rabat e Meknès, devono il nome all’opera delle varie dinastie regnanti che, in tempi diversi, le scelsero come residenza, aumentandone il fascino durante il proprio regno attraverso importanti interventi architettonici). È divisa in due parti: la Città Vecchia (Medina, una vecchia cittadina fortificata brulicante di venditori con le loro bancarelle) e la Ville Nouvelle (costruita dai francesi negli anni ’30 durante la dominazione coloniale).

La Medina è patrimonio dell’Umanità dell’Unesco dal 1985, significa “la città illuminatissima” ed è un luogo magico dove ci si può lasciar trasportare dal profumo del tè. La città vecchia è protetta da un insieme di bastioni di terra rossa in un labirinto di viuzze e palazzi, mercati e moschee, cupole e minareti.

Uscendo dalla Città Vecchia, arriviamo alla Ville Nouvelle, i cui simboli sono il quartiere Guéliz e il suo complesso residenziale moderno l’Hivernage, il Mercato Generale e il minareto della Koutubia, la famosa moschea con il minareto a base quadrata.

Oltre a raccontarmi della sua meravigliosa città, Ihssane si è divertita a spiegarmi il “problema delle lingue”: un po’ come qua in Italia ci distinguiamo per i nostri vari dialetti, anche in Marocco si parlano più lingue, come per esempio l’arabo marocchino, chiamato “Darija”, molto diverso dall’arabo standard perché caratterizzato da una diversa pronuncia, vocaboli e coniugazione dei verbi (molto difficile, tra l’altro, da imparare, in quanto si tratta di una lingua parlata e il solo modo per apprenderlo è attraverso la gente locale).

Ihssane descrive il suo Erasmus con tre splendide parole: “enjoy, friends, travelling”.

“È stata un’esperienza diversa da qualsiasi altra: mi sono confrontata con gente proveniente da zone del mondo diverse da me, sono quindi cresciuta, ho studiato e ho imparato. Ho conosciuto persone stupende che porterò sempre nel cuore… È stato tutto perfetto, anche se è ora di tornare a casa.”

Ilaria Violi

#PEOPLEOFUNINT

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Come ti descriveresti?

Sono Rosanna e ho 24 anni. Se mi dovessi descrivere in quattro parole, sarebbero: responsabile, determinata, curiosa e scherzosa. Ho un senso del dovere particolarmente sviluppato e quando mi prefiggo un obiettivo faccio di tutto per raggiungerlo. La monotonia un po’ mi spaventa perciò cerco sempre di sperimentare cose nuove anche se costano più sacrificio del previsto e mi mettono a dura prova. A casa e con gli amici, sono un po’ la mascotte di turno e tra le battute e la mia spontaneità cerco sempre di strappare un sorriso e di regalare spensieratezza.

Sono una neolaureata della magistrale di Economia e Management Internazionale, curriculum in Digital Marketing.  La scelta di avviare i miei “ultimi” due anni di studio alla UNINT è stata determinata dal mio percorso di studi precedente, ovvero in Marketing e Comunicazione d’Azienda, e dalla passione che mi muove verso la comunicazione digitale, i social media, il copywriting, il branding e il marketing in tutte le sue sfaccettature.

La persona che sei oggi è chi sognavi di essere?

Ad oggi sto svolgendo uno stage come marketing assistant, consapevole che si tratta di un punto di partenza e non di arrivo. Ho un’idea del lavoro dei miei sogni, ma devo ancora metterla a fuoco, perché sto constatando concretamente che le opportunità e i profili professionali di un “laureato in economia” sono molteplici e richiedono una formazione continua e sempre aggiornata.

Mi piacerebbe diventare brand manager di una casa di moda del settore sportivo e supportarla nello sviluppo della brand awareness avvalendomi degli strumenti di comunicazione digitale. Non perché io sia la classica ragazza “healthy” attenta alla linea; mi piace l’idea che la gente possa vestirsi sportiva e sentirsi cool allo stesso tempo, in qualsiasi situazione.   

La persona che sono oggi è sicuramente diversa rispetto a quella che immaginavo di diventare, ormai quasi sei anni fa. Vado fiera delle scelte che ho fatto, sebbene alcune di esse mi abbiano fatto cadere, ma tutte mi hanno reso più forte e consapevole.

Se tornassi indietro, cosa diresti alla te di un tempo?

Alla me di qualche tempo fa consiglierei di continuare a credere e a praticare l’onestà, il rispetto e il non prevaricare sugli altri; di accogliere gli imprevisti come delle opportunità; di non aver timore di osare e non smettere mai di credere in se stessa.

Solo chi non sa dove sta andando può arrivare lontano!

Rosanna

#Guess who?: Walt Disney

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Creatore della “fabbrica dei sogni” che ha nutrito la fantasia dei bambini di tutto il mondo, mente che rivoluzionò per sempre la storia del cinema, dell’animazione e dell’intrattenimento, oggi parliamo di…Walt Disney!

1) “Ceci n’est pas un Disney”: il vero cognome di Walt era D’isigny, non Disney, cognome di origine francese e originario di un paesino chiamato Isigny-sur-Mer. Tutto ebbe inizio quando gli antenati di Walt immigrarono dalla Francia agli Stati Uniti e alla domanda di richiesta del cognome risposero D’isigny, che gli ufficiali americani, non conoscendo la lingua, fraintesero e trascrissero male e lo americanizzarono in Disney, cognome che venne tramandato alle successive generazioni.

2) Niente barba e capelloni: la policy di Disney e della corporation riguardo a chi decideva di farsi crescere la barba era assai severa e lo è stato fino a pochi anni fa: fino al 2012 era espressamente vietato agli impiegati di farsi crescere barba e baffi. Tale ‘invito’ era esteso anche agli ospiti del parco Disneyland, fino al 1970. Ancora oggi nei programmi di assunzione della Disney è espressamente richiesto ai candidati un look glabro.

3) Le ultime parole famose: le parole finali di Disney sono destinate a rimanere avvolte nel mistero. Sul letto di morte l’artista scrisse su di un foglio “Kurt Russell”, nome dell’allora giovanissimo attore che ai tempi aveva già lavorato per alcune film della Disney. Ma nessuno ha mai capito il perché di tutto questo.

4) L’uomo dei record: durante i suoi 34 anni di carriera, Walt Disney ha collezionato ben 59 nomination, 22 premi Oscar e ben 4 Oscar onorari alla carriera!


5) Prima che fosse Mickey Mouse…: il nome originale della creaturina dalle orecchie a parabola era originariamente ‘Mortimer Mouse’ ma, suonando troppo macabro, dietro saggio consiglio della moglie, Walt decise di cambiarlo in “Mickey Mouse”. Mortimer fu però “riciclato” per dare il nome a uno dei grandi rivali in amore di Topolino (in italiano “Topasio”), e al bisnonno di Minnie.

6) Accoppiata vincente: Nel 1945 due grandi artisti e visionari decisero di collaborare per creare qualcosa di unico. Erano Walt Disney e Salvador Dalì, che si misero al lavoro per realizzare una fiaba surreale in cartoni animati, intitolata “Destino”. Purtroppo rimangono solo alcune immagini del progetto, che fu bruscamente interrotto. Quando Dalì andò a trovare Disney nella sua magione, fu invitato a cavalcare assieme il trenino che attraversava tutto il perimetro dell’abitazione. Peccato non ci sia nessuna foto a testimoniare l’avvenimento…

7) Un doppiatore d’eccezione: dal 1928 (“data di nascita” di Mickey Mouse) al 1947, la voce di Topolino fu proprio quella del suo creatore, Walt Disney!

8) Il logo non è la vera firma: ebbene sì, il celeberrimo logo Disney non coincide con la firma reale del fondatore. Si tratta infatti dell’elaborazione gonfia e stilizzata della sua firma ufficiale, così come i suoi cartoni sono una rivisitazione ideale della tradizione fiabesca.

9) Walt Disney in Disney: forse non tutti sanno che il personaggio di “Macchia nera”, acerrimo nemico di Topolino, non è altro che la caricatura di Walt Disney.

10) Temuto boss: Forse non era poi così tirannico e capriccioso come venne ritratto dal biografo Marc Eliot, certo è che Disney non si risparmiava sfuriate e atteggiamenti da decisionista. Anche per questo era molto temuto dai suoi disegnatori e collaboratori, che avevano elaborato un’espressione in codice per annunciare che Walt si stava avvicinando e che si doveva riprendere subito a lavorare: “Man is in the forest“.

“If you can dream, you can do it!”

#MONDAYABROAD

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Oggi conosciamo Krystal Hu Xuexin, direttamente da Pechino, una ragazza spumeggiante, allegra e solare.

Il suo Erasmus, svolto durante il primo semestre, è stato un mix esplosivo di “travelling, flying and party”: oltre a prendere la palla al balzo e visitare molti luoghi d’Europa e non (la nostra Krystal è approdata anche in Marocco per qualche giorno), quest’esperienza l’ha aiutata a crescere, conoscere e conoscersi.

“Ci sono grandi differenze tra la Cina e l’Italia: non voglio rimanere sul banale, ma anche solo a livello architettonico, sono due mondi totalmente diversi. Poi le persone, il cibo, le tradizioni e, per toccare il mio campo di studio, lo stile: in Cina si cerca di seguire una moda che è per tutti uguale, mentre in Italia ho notato che ogni persona ha la sua propria idea di fashion, che mantiene, modernizza, cambia, sviluppa col passare del tempo; dal casual allo sportivo, dall’elegante al retrò, ringrazio l’Italia per avermi insegnato che anche lo stravagante può essere fine… come si dice qui, il mondo è bello perché è vario e ora ne ho la prova.”


Krystal ha, difatti, frequentato le lezioni della Facoltà di Economia, corso di laurea magistrale in Economia e management internazionale – curriculum in Lusso, made in Italy e mercati emergenti: “un’altra differenza che ho riscontrato è il metodo di studio. In Cina siamo come fogli bianchi su cui scrivere il sapere: non importa capire, ma saperlo ripetere, quindi passiamo anni della nostra vita a imparare nozioni; qui è stato diverso perché ho potuto toccare con mano quello che potrebbe essere il mio futuro tramite attività particolari e invoglianti. È stato proprio quando ho capito che oltre a saper ripetere sapevo anche applicare che mi son sentita più orgogliosa di me stessa e del mio lavoro”.

Vista la sua provenienza, è stato comunque difficile sorvolare sull’argomento che a oggi è sulla bocca di tutti: il coronavirus. “Non ho paura di ritornare in Cina, anche perché quella è sempre casa mia. Il virus è un problema serio e da affrontare con la giusta cautela e la massima serietà… per il momento, ho sentito la mia famiglia e stanno tutti bene (e questo è ciò di cui più m’importa!).

Sono comunque fiduciosa: siamo cinesi, siamo veloci a far tutto (quindi spero anche a trovare una cura!)”.

Auguriamo il meglio alla nostra piccola Mulan, torna presto a trovarci, ti aspettiamo a braccia aperte!

Ilaria Violi

#PEOPLEOFUNINT

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Sono Diletta e sono al secondo anno magistrale del percorso di studi in Economia e Management Internazionale-Marketing Digitale. La mia scelta di studiare economia è stata totalmente diversa da quella fatta per la triennale quando avevo optato per un percorso di natura giuridica, nello specifico Diritto per le Imprese che ho frequentato a Torino, la mia città, perché ho sentito il bisogno di avere una conoscenza più profonda del mondo aziendale e di tutto ciò che lo caratterizza. L’inizio della magistrale ha comportato un grande cambiamento nella mia vita: mi sono dovuta trasferire qui a Roma e ho dovuto imparare ad ambientarmi in una nuova realtà. Ma l’ho fatto con coscienza, specie perché questo percorso di studi si trovava solo qui.

Sei felice della scelta che ti ha portato qui oggi?

Sì, sono contenta del percorso di studi che ho fatto, perché da un lato l’economia mi ha sempre appassionata, dall’altro ho anche superato dei miei limiti dal momento che ero abituata a un metodo di studio completamente differente. Per cui ti direi sì lo rifarei, rifarei questa scelta sia per esperienza personale che formativa.

Che tipo di ragazza sei? Come ti definiresti?

Sono una ragazza ambiziosa, determinata e testarda, perché tutto quello che voglio, cerco di ottenerlo anche se mi costerà fatica. Non so ancora chi voglio diventare, non so ancora dove mi porterà questo percorso di studi, se continuerò a studiare o se dopo la laurea potrò avviare la mia carriera lavorativa. So che il mondo del Digital Marketing mi affascina, cerco di rendermi sempre attiva dal punto di vista dei social, di apprendere quanto più posso dal punto di vista universitario. Fare marketing significa soddisfare il bisogno del cliente, quindi spero anch’io di riuscire nel mio lavoro ad aiutare il prossimo. Non so se questo comunque mi avvicinerà a una carriera bancaria che mi piacerebbe molto o piuttosto a un’impresa in cui occuparmi della gestione degli aspetti legali. In ogni caso sono molto fiduciosa.

Senti di stare procedendo nella giusta direzione?

Quello che sono oggi è quello che ho sognato di essere, nonostante le difficoltà che ho incontrato. Alla fine penso che tutti i nodi vengano al pettine e che quindi prima o poi tutte le soddisfazioni possano essere raggiunte, alcuni traguardi sono infatti già stati segnati, ma non mi posso ovviamente fermare qui.

Come dico sempre: Nonostante i periodi di pioggia, bisogna guardare la luce del sole in fondo al tunnel.

Diletta

#MONDAYABROAD: 10 CURIOSITÀ SULLA SCOZIA

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Terra di lande sterminate ed atmosfere gotiche, tra verdi pascoli e castelli arroccati, protagonista di mille e più leggende, oggi andiamo alla scoperta della Scozia e di alcune curiosità che la riguardano e che, forse, non conoscete ancora.


1. Noi italiani abbiamo sicuramente qualcosa in comune con i nostri amici scozzesi: riguarda la capitale Edimburgo. Infatti, questa città gotica è stata costruita su sette colli proprio come la capitale italiana!

2. Dati i fantastici paesaggi, ricchi di vegetazione e di alberi rigogliosi, la Scozia è stata in passato protagonista di tantissimi incendi. Proprio per questo motivo la Scozia è stata una delle prime nazioni al mondo ad “inventare” il corpo dei vigili del fuoco!

3. Un altro elemento che ci accomuna alla Scozia riguarda le case dell’isola di Orkney, definite la “Pompei scozzese”. Oggi è patrimonio dell’Unesco!

4. La Scozia è rinomata per la cordialità e la simpatia dei suoi abitanti. Per celebrare la convivialità ogni anno, a Braemar, si svolgono numerose gare tradizionali come il tiro alla fune, il lancio del masso, e il famoso lancio del tronco, gara a cui la famiglia reale assiste con piacere.

5. “La notte di Robbie Burns” è una tipica festività appartenente alla tradizione scozzese: ogni gennaio le famiglie scozzesi si riuniscono a tavola con il kilt che contraddistingue la propria famiglia. Un membro della famiglia è chiamato a recitare una poesia e ad incidere l’haggis (un insaccato di interiora di pecora)!

6. La rete ferroviaria metropolitana e regionale più grande della Gran Bretagna, dopo Londra, è proprio quella di Glasgow, in Scozia!

7. L’inglese non è l’unica lingua parlata in Scozia! Quali sono le altre? Il gaelico e lo scozzese! Il gaelico è parlato soprattutto nelle isole Ebridi esterne, ha origini celtiche e linguisticamente è molto lontano dall’inglese. Lo scozzese è parlato soprattutto nelle Lowlands Scozzesi ed è una lingua del ceppo germanico, affine all’inglese!

8. Il famosissimo Sherlock Holmes è nato ad Edimburgo. Sapevate questa curiosità? Doyle si trovava proprio in Scozia quando, colto dall’ispirazione, ha iniziato a scriverlo!

9. Anche Harry Potter è nato in Scozia! Il simpatico maghetto della scuola di Hogwarts che ha incuriosito adulti e piccini è stato inventato proprio nella città di Edimburgo!

10. La Scozia è il paese con la più alta percentuale di gingers, persone dai capelli rossi, al mondo; si stima che la media sia del 2%, mentre qui tocca ben il 13%. Inoltre gli scozzesi hanno la possibilità più alta di nascere con gli occhi blu rispetto al resto degli abitanti del Regno Unito.

#PEOPLEOFUNINT:

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Molte persone che mi vedono qui pensano che ormai faccia parte del sistema universitario stesso, poiché sono sempre in Ateneo e amo vivere la vita universitaria: è un po’ come stare a casa mia. Adesso sono quasi alla fine del mio percorso magistrale in Interpretariato e Traduzione inglese e cinese.

Perché hai scelto di studiare le lingue?

All’inizio, nel 2014 ho provato un po’ di tutto: la scuola di preparazione ai test di medicina, per poi capire che quella non fosse la mia strada; poi ho fatto il test alla Sapienza per lingue orientali: volevo fare Giapponese, per me era una fissa. Faccio parte della generazione dei cartoni, dei manga giapponesi, ecco spiegato il mio desiderio di studiarlo. La scelta di iscrivermi a una facoltà linguistica nasce anche dal fatto che mia mamma è insegnante di inglese e in casa si è sempre respirato questo clima.

Avevo passato il test ed ero pronto a iscrivermi, quando mia madre mi ha parlato della UNINT e ho deciso di informarmi. Dopo aver prenotato un colloquio di orientamento per vedere l’ateneo e avere delucidazioni sul mio possibile percorso di studi,m ho deciso che questa era l’università fatta apposta per me nonostante non si studiasse il giapponese, ma solo il cinese. Poiché molti aspetti del giapponese derivano dal cinese, ho pensato che non sarebbe stato poi così male studiare la radice, la lingua da cui ha avuto origine, appunto il cinese.

Nel mio percorso universitario ci sono stati alti e bassi, ma la UNINT e il rapporto con i miei docenti mi ha fatto crescere molto. Quasi alla fine di questi 5 anni, mi sento un po’ Gulliver, un survivor se ci riferiamo allo studio della lingua cinese, che non cambierei per nulla al mondo.

Sei mai stato in Cina e quale aspetto ami della cultura cinese?

Sì, dopo la laurea triennale, nel 2017, ho trascorso 6 mesi in Cina, i più belli della mia vita. Ho incontrato un sacco di persone provenienti da ogni parte del mondo e con molte siamo diventati amici. I primi mesi di vita lì sono stati i più difficili. Quando però dovevo andar via, non avrei più voluto staccarmi da quella realtà. Però ho pesato alla mia istruzione, a quello che poi mi avrebbe permesso di inserirmi al meglio nel mondo lavorativo; ed ecco che ho deciso di proseguire con la magistrale qui alla UNINT. Della cultura cinese mi affascina il fatto che la Cina va scoperta. Ho avuto una forte cultura letteraria fantasy a partire da Tolkien, poi mi sono spostato verso l’esoterismo, verso le cose più assurde e diverse, e nella Cina ho ritrovato proprio questo. Qui vivono in modo diverso, hanno un senso del rispetto e dell’aiutare il prossimo diverso, ci si sente un po’ tutti parenti dell’altro. Amo la cucina cinese, la loro letteratura molto provocatoria, affiancata ad uno scrivere elegante e non scontato. Mi sono innamorato della Cina a 360 gradi, per la mia voglia di scoprire tutto ciò che è nuovo, diverso e particolare;  e lo  è sempre, pertanto ho questa voglia di continuare ad arricchirmi di questa cultura.   

Cosa farai dopo la laurea? Programmi per il futuro?

Nonostante il lavoro da interprete sia molto difficile, io non mollerò, anche se so che sarà dura: pian piano arriverò a conseguire il mio sogno, con la mia “cazzimma” che mi contraddistingue. Dopo la laurea però voglio subito ripartire per la Cina, voglio scoprire se effettivamente è un posto con cui ho voglia di averci a che fare, lavorare lì come insegnate di italiano perché no. Sento il bisogno di spostarmi verso altri luoghi e di parlare le lingue.

Massimo Carchedi

#PEOPLEOFUNINT:

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Mi chiamo Francesca. Sono nata in Italia e posso dire che la mia lingua madre é l’italiano. Nonostante questo, da sempre, le lingue sono state parte integrante della mia vita.
Sono figlia di italiani e anche la loro lingua è l’italiano. O almeno, per mio padre che ha sempre vissuto in Italia lo è stata, anche perché non ha avuto la possibilità di avvicinarsi ad altre lingue; nonostante ciò questo non gli ha impedito di viaggiare e entrare a contatto con altre culture. Invece, mia madre ha avuto la possibilità di vivere, da ragazza, per necessità lavorative dei suoi genitori, in Brasile. Questo gli ha permesso di imparare come seconda lingua, il portoghese. Purtroppo però, la conoscenza parziale e anche poco specifica del portoghese è arrivata a me solo più tardi e questa lingua non mi è stata parlata da bambina, esclusivamente qualche ninna nanna o canzone semplice che mi ha consentito, non di imparare le basi grammaticali, bensì di avvicinarmi a nuovi suoni.
Le lingue straniere mi hanno sempre affascinata , da che no ho memoria, anche l’italiano stesso che per me è sempre stato punto di riferimento perché mia lingua madre, ha sempre qualcosa di interessante e nuovo da scoprire.
Da bambina ho iniziato a parlare molto presto, ero molto loquace e nonostante la mia timidezza e introversione incombenti, alle persone che conoscevo e con cui mi sentivo a mio agio non davo un attimo di respiro con i miei discorsi e chiacchierate infantili.
Potrei definire l’italiano la lingua della mia infanzia ma, entra in gioco un altro elemento fondamentale: mio zio, fratello di mia madre, vive in Inghilterra da quando è un bambino. E cosa poteva fare una bambina curiosa e affascinata dal mondo se non voler imparare un nuovo modo di comunicare? L’inglese per questo è stata la seconda lingua che ho imparato, e fin da subito l’ho utilizzata non tanto per qualcosa di funzionale, ma piuttosto per un po’ di divertimento, perché dopotutto ero molto piccola.
Se penso alla mia infanzia penso alle parole come “cioccolata” e “aereo”, parole tanto semplici e quotidiane quanto, per una bambina piccola difficili da pronunciare. Ricordo le ore passate con mio nonno a fare giochi , o per così dire esercizi, di pronuncia delle mie parole preferite, di quei momenti ricordo tanto affetto e anche tanto divertimento.
Ma quando penso ad una me piccola ricordo, anche, vividamente di aver cantato “Happy Birthday Moon” fino all’ esaurimento dei miei genitori. Non so neanche cosa mi spingesse a cantare la canzone di auguri alla luna.Tuttavia ricordo le risate e gli sguardi divertiti che suscitavo negli adulti della mia famiglia che vedevano una bambina di tre o quattro anni che si impegnava in qualcosa di così apparentemente sciocco ma allo stesso tempo che la faceva ridere così tanto.
I miei genitori avendo notato il mio desiderio di conoscere l’inglese mi hanno dato la possibilità di studiarlo privatamente fin dall’asilo e io non gliene sarò mai abbastanza grata.
Essendo molto curiosa, appena ho imparato a leggere ho cominciato a divorare libri di qualsiasi genere, sia in italiano che in inglese. Il problema era che leggevo così tanto che ho finito presto i libri per ragazzi e ho iniziato a leggere libri per adulti quando già facevo il primo anno di scuole medie. Questo però ha implicato che mia madre dovesse attuare una censura perché alcuni argomenti non erano adatti ad una bambina ancora troppo piccola. Questo pero non mi ha impedito di appassionarmi alle parole più strane: ricordo che per molto tempo la mia parola preferita è stata il verbo ‘defenestrare”. Ricordo che amavo l’idea che qualcuno avesse trovato una parola che a me sembrava così raffinata per dire semplicemente “buttare giù dalla finestra”. O per esempio in inglese trovavo molto affascinante la parola “corpse” che pur significando cadavere per me aveva veramente un bel suono.
Alle scuole medie ho studiato lo spagnolo, ma date esperienze negative con gli insegnanti non sono appassionata più di tanto alla lingua in se, piuttosto alla cultura. E si unì al mio grande amore per la Gran Bretagna anche una grande ammirazione per il Sud America, soprattutto dopo aver letto “La casa degli spiriti” di Isabel Allende. Affascinata dal Sud America ho cominciato ad interessarmi al portoghese, parlato da mia madre,i miei nonni mio zio e sua moglie che è brasiliana.
Quando arrivo il momento di scegliere il liceo optai non per la scelta più ovvia quindi il linguistico, ma decisi di prendere il liceo classico, perché la mia curiosità non si limitava alle lingue moderne, conoscere il latino ma soprattutto il greco antico mi interessava molto.
Ed arrivando ad oggi non ho altro da dire se non che penso proprio di aver trovato la mia strada, studio con passione e interesse e la mia curiosità è sempre più grande, cresce ogni momento di più e a volte mi trovo a desiderare come quando ero bambina di poter parlare tutte le lingue del mondo, perché a mio parere conoscere più lingue è quasi come vivere più vite.

Francesca Merola

#MONDAYABROAD: CURIOSITÀ DA SCOPRIRE SUL BELGIO

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Il Belgio è una nazione che presenta sia strange and fun facts che molte curiosità, tra cui Manneken Pis, la statua del ragazzo che urina. Eccone alcuni!

  • La rete stradale del Belgio è l’unica rete stradale visibile dalla luna a causa del numero di luci.
  • L’aeroporto di Bruxelles, Zaventem, vende annualmente tonnellate di cioccolato ed è il più grande punto di vendita di cioccolato al mondo, con una media di 1,6 kg di cioccolato venduti ogni minuto.
  • La città di Durbuy è la città più piccola del mondo, con una popolazione di circa 500 abitanti.
  • Sono ben tre le lingue ufficialmente parlate in Belgio. Anche per questo Bruxelles è soprannominata “Capitale d’Europa”! Difficile perciò arrivare in Belgio e… non riuscir a comunicare.
    Si parla fluentemente l’olandese a nord, il francese a sud e il tedesco a ovest. Conosciuto anche il vallone, un’antica lingua romanza da molti ancora parlata quasi dialetticamente (soprattutto ovviamente in Vallonia, regione a Sud del Belgio) e più che altro tramandata in famiglia, di generazione in generazione.
  • Più di 1000 varietà di birra sono fabbricate in Belgio; puoi bere una diversa varietà di birra ogni giorno per tre anni senza ripetizioni. Non sono solo le patatine fritte e il cioccolato ad esser famosi da queste parti. L’anno scorso l’UNESCO ha inserito la cultura belga della birra nella sua lista del “patrimonio culturale immateriale dell’umanità”. La produzione della birra in Belgio risale al XII secolo e oggi nel paese esistono circa 180 birrifici. Certo, magari ci sono altri paesi che, in termini di quantità, producono più birra, ma il Belgio è noto soprattutto per la grande varietà di tipologie di birra.
  • È importante ricordare che se la sede del Parlamento Europeo si trova a Strasburgo, la maggior parte delle attività delle commissioni parlamentari si svolge a Bruxelles. Per anni, infatti, il Belgio e la Francia si sono contrapposti sulla determinazione della sede ufficiale. È stato in occasione del consiglio europeo di Edimburgo, nel 1992, che è intervenuto un accordo politico, con cui il Belgio accettava che Strasburgo diventasse a termine la sede ufficiale, con dodici sessioni plenarie, a condizione che le altre attività politiche (riunioni delle commissioni, dei gruppi politici e plenarie supplementari) restassero a Bruxelles. Questo accordo è stato ufficialmente sancito dal trattato di Amsterdam (in vigore dal 1999).

#PEOPLEOFUNINT

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La scelta di approfondire lo studio delle lingue scaturisce da un legame con il Brasile. Sono entrata in contatto con la cultura brasiliana sin dall’età di 4 anni in quanto mio padre è originario di San Paolo del Brasile, dunque ho viaggiato tra l’America e l’Europa spessissimo. Mi ha sempre incuriosito tutto ciò che riguardasse la conoscenza delle varie culture nel mondo. Gli insegnamenti acquisiti dal liceo classico mi hanno permesso di venire a conoscenza dell’esistenza di un cosmopolitismo che fondasse le proprie radici nel mondo classico, assorbendo (da esso) l’idea che siamo “dei nani sulle spalle dei giganti” rapportandomi dunque ai classici sempre con curiosità e voglia di imparare.
Ritengo che lo studio delle lingue, e conseguentemente delle culture ad esse correlate, sia una sorta di trampolino di lancio per poter scambiare cultura e conoscenza con altri popoli di cui si studia la lingua, gli usi e i costumi, così da poter dare un contributo proprio (“cogito ergo sum” o il discorso sulla maieutica socratico) al mondo.
Ritengo infine che l’apertura mentale e la conoscenza di altre culture con le quali veniamo in contatto sia fondamentale per arginare l’indifferenza verso i problemi che affliggono le varie etnie nei loro paesi di origine e conseguentemente l’indifferenza culturale. Questo proposito si raggiunge rafforzando i rapporti tra i popoli così da evitare (possibilmente) guerre, poiché laddove c’è ignoranza e voglia di predominare l’uno sull’altro senza un dialogo e guidati dalla mera violenza, quello che si ottiene è proprio l’eliminazione di un popolo e conseguentemente la sua cultura.

È proprio la storia che ci insegna che tramite lo scambio e il contatto con nuove culture e popolazioni è possibile ampliare i propri confini economici (come il commercio delle spezie, la Via della Seta nella storia) e sociali (istituzione degli organi dell’ONU come la FAO, la UNHCR per lottare contro la fame nel mondo, i crimini di guerra e promuovere gli aiuti umanitari). Infatti è grazie alla conoscenza delle culture e alla non indifferenza che si è arrivati all’istituzione di tali organi per garantire la pace tra i popoli che condividono con noi questo fantastico pianeta chiamato Terra.

Clara Leone