#GUESS WHO?: ALBERT EINSTEIN

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Considerato il più grande scienziato del XX secolo, Albert Einstein è universalmente conosciuto per aver sviluppato la teoria della relatività, oggi alla base della fisica moderna, e per aver teorizzato l’equivalenza concettuale tra massa ed energia, espressa dalla famosa equazione E = mc².

Sapevate che…?

Nacque nel 1879 a Ulm, in Germania, da una benestante famiglia ebraica. Da giovane mal tollerava il sistema scolastico, da lui considerato eccessivamente rigido, ma sembrano essere infondate le voci che lo ritraggono come un cattivo studente – al contrario, ottenne buoni voti soprattutto in matematica e latino. Nel 1985, invece, tentò il test di ammissione al Politecnico di Zurigo, senza superarlo per insufficienza nelle materie letterarie: dovette ripeterlo una seconda volta.

Nel 1921 vinse il Premio Nobel per la Fisica, ma non per la teoria della relatività che lo ha reso noto, bensì per la sua scoperta della legge dell’effetto fotoelettrico.

Nel corso della sua vita ebbe tre cittadinanze diverse. Nato tedesco, nel 1901, dopo aver soggiornato a lungo per motivi di studio e lavoro in Svizzera, fu naturalizzato svizzero. Nel 1940 acquisì invece la cittadinanza statunitense e non fece più ritorno in Europa, rimanendo negli USA fino alla sua morte.

Nel 1952, alla morte del Presidente d’Israele Chaim Weizmann, il Primo Ministro di allora gli offrì l’incarico come successore, ma egli declinò l’offerta motivando la sua scelta con la mancanza di esperienza e inclinazione, due caratteristiche ritenute da lui fondamentali per diventare presidente.

Alla sua morte, Thomas Stoltz Harvey, il patologo che effettuò l’autopsia sul suo corpo, asportò il cervello di propria iniziativa e lo immerse nella formalina all’interno di un barattolo sottovuoto che custodì a casa propria per oltre trent’anni.

#MONDAYABROAD…mica tanto!

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Cari amici, compagni e colleghi, iniziamo oggi, tutti insieme, la nostra seconda settimana di quarantena.

Vi parlo sempre da casa mia in Piemonte, dove freddo, nebbia e virus non mancano all’appello da diversi giorni (ahimè).

Monday Abroad sostiene ogni giorno di più la campagna #iorestoacasa: è, difatti, molto importante che ognuno di noi dia il proprio contributo alla causa, come ho già riportato nello scorso articolo, anche se sono sempre più desiderosa di tornare a Roma per potervi rivedere di persona e non dietro a una webcam (che, comunque, menomale che esiste).

Proprio per questo, vi invito a vedere il video che noi studenti abbiamo creato (presente sui profili di Athena, UNINTBlog, UNINTSport e AperilinguaUNINT): oltre ad ammirare i nostri meravigliosi musetti, è veramente incredibile il sostegno e la partecipazione che tanti hanno manifestato nei confronti dell’iniziativa.

Per quanto mi piaccia parlare di tutto ciò che è internazionale (non avrebbe senso il nome della rubrica, altrimenti), in questi momenti di paura e noia, mi sento sempre più orgogliosa della mia Patria e del positivismo che tanti stanno dimostrando in questi giorni (vedi i meravigliosi appuntamenti musicali sui balconi, per esempio).

Dall’Inno di Mameli alle note di Celentano, noi italiani siamo il popolo più sorridente che ci sia e io ringrazio di far parte di tutto ciò.

La quarantena che stiamo affrontando, comunque, ci impone di impiegare le nostre testoline in nuovi modi: io, per esempio, non sapevo che casa mia avesse 103 scalini o che in una videochiamata su Facebook si potessero aggiungere gli effetti e si potesse giocare tutti insieme alle attività proposte dall’applicazione (io consiglio gli unicorni, fatemi sapere che ne pensate).

In più, ho scoperto di non avere grandi doti in cucina (per il momento, visto ciò che sembra attenderci, non escludo di migliorare anche in quest’aspetto), ma sì grandi capacità nel pulire vetri, tapparelle e parquet (quello che mi piace chiamare “effetto Cenerentola”, presto nelle migliori guide di dolce far nulla, topolini annessi).

Insomma, solo noi italiani riusciamo a vedere l’aspetto tragicomico di quest’incresciosa situazione.

Non voglio ripetere dati e informazioni che chiunque di voi può trovare su internet con una semplice ricerca, né tantomeno voglio rattristarvi con il numero di casi presenti nella nostra cara Italia e nel mondo: il mio obiettivo è quello di farvi sorridere e farvi capire che non tutti i mali vengono per nuocere. Siamo, difatti, più uniti, malinconici e potenti di prima (ci voleva il coronavirus per ricordarcelo).

Manteniamo la distanza di sicurezza, ma rimaniamo ognuno a un millimetro dal cuore (la quarantena sta suscitando anche il mio lato poetico, pazzesco).

Daje Italia e daje Mondo: insieme siamo una forza!

Ci vediamo (fisicamente) presto!

Un besito, amici (sempre a più di un metro di distanza)

Ilaria Violi

#FACCIAMOILPUNTO

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Il virus che ha sorpreso l’Italia

In poche settimane abbiamo conosciuto il Covid-19. È come quando una terribile malattia si impadronisce del corpo di una persona portandola allo sfinimento, solo che questa volta nello stato patologico non ci sono solo le persone fisiche, ma è l’intero organismo-Paese che è in una condizione di sofferenza. Quotidianità stravolta, sistema sanitario che è sull’orlo dell’implosione, borse europee che hanno perso miliardi di euro e, soprattutto, piccole e medie imprese che a breve registreranno una mancanza di liquidità. Questi sono i principali disturbi funzionali che si manifestano con questo virus.                                                                                                                      
E mentre dai bilanci i numeri dei pazienti positivi e dei decessi continuano ad aumentare, noi cittadini dobbiamo farci carico delle nostre responsabilità, gli errori non sono più ammessi. In questi giorni abbiamo visto trionfare le istanze egoistiche dell’individuo, che come un cavaliere sguainava la spada dell’invincibilità, della sicurezza. Purtroppo nessuno è immune. E sfortunatamente non è stata percepita la giusta dimensione del pericolo. Bastava aprire i social network, perfetto misuratore del tessuto sociale, per vedere che gli abbracci, le cene e gli aperitivi non sono mai cessati. Ma durante queste settimane la classe dirigente italiana come si è mossa? È la fine di gennaio quando la positività di due turisti cinesi in vacanza a Roma fa scattare le prime misure: l’Italia blocca i voli diretti da e per la Cina, ma ahimè, continuano ad aver luogo i voli indiretti. A metà febbraio sembra tutto risolto, fino a quando dalla Lombardia arriva la notizia della positività del primo italiano, un uomo di trentotto anni residente a Codogno. Da questo momento in poi rimbalzeranno le notizie relative a continui contagi, inizia l’isolamento di alcuni paesi, scattano i primi obblighi di quarantena e le Regioni coinvolte emanano le loro ordinanze.  Il 4 marzo segna l’adozione del decreto-legge che suona come fortemente drastico, quello che in primis prevede la chiusura di scuole e Università di tutto il territorio nazionale fino alla metà del mese, e la sospensione di manifestazioni, eventi e spettacoli. Tali misure vengono accompagnate da un videomessaggio del premier Conte che chiama la nazione a fare la propria parte. Nella serata in cui i casi sono 5.883 emerge l’indiscrezione sul decreto con le nuove misure. L’8 marzo l’Italia si sveglia con l’isolamento della Lombardia e di altre 14 province. Ma è lunedì 9 marzo che gli italiani non possono far a meno di trovarsi incollati davanti al televisore, sono da poco trascorse le 21.30, il Presidente Conte da Palazzo Chigi annuncia la decisione relativa a “rinunce” e “misure più stringenti”. L’intera nazione diventa zona di contenimento, ciò implica il divieto di tutti gli spostamenti – eccezion fatta per situazioni comprovate di necessità -, restrizioni nei locali pubblici, la sospensione delle manifestazioni sportive e il prolungamento della chiusura dei luoghi di istruzione. L’Italia è in piena emergenza. E come va inquadrata un’emergenza dal punto di vista politico-istituzionale? A differenza di altri Paesi, il nostro ordinamento è privo di una disciplina sullo stato di emergenza, ciò nonostante l’Assemblea Costituente elaborò degli strumenti da mettere a disposizione del Governo. Uno di questi strumenti è l’art.77 Cost., che fa riferimento alla facoltà del Governo di emanare provvedimenti provvisori aventi forza di legge, esclusivamente in casi eccezionali. Sono appunto i cosiddetti decreti-legge che stiamo vedendo sul tavolo dell’Esecutivo in questi giorni. Ricordiamolo, anche quando sembrava non esserci via d’uscita – ad esempio negli anni di piombo – l’Italia è riuscita a risalire la china.                                                                           
In tutta questa vicenda poi, un paziente che sembra riversare in condizioni particolarmente difficoltose è l’Europa che per il momento ha lasciato alle sue spalle la voce «Unione» e ha assistito inerme al prevalere della ragion di Stato dei suoi membri. L’Italia si è ritrovata ad essere dipinta come l’untore dell’Occidente proprio dai suoi partner regionali. È proprio vero che a volte il colpo più duro viene inflitto da chi meno te lo aspetti, ed è senza dubbio quello più doloroso. Ma siamo certi che quella forte identità che nel passato è riuscita a stimolare il processo di integrazione sarà il catalizzatore di una riorganizzazione comune. L’Europa riprenderà il controllo del proprio destino e riuscirà ad imprimere una nuova sinergia fra i suoi membri.
C’è stato un tempo, quello del primo conflitto mondiale, in cui la guerra di posizione fece conoscere la trincea. Oggi, le nostre mura domestiche potrebbero diventare il luogo dove trincerarsi, noi però non siamo soldati sottoposti ad atroci sofferenze, a noi è richiesta solo pazienza, all’interno delle nostre “fortificazioni” ci sono i nostri affetti, ci sono i nostri indispensabili dispositivi tecnologici. Insomma, è sì un tempo scandito dall’incertezza, ma possiamo uscirne. E no, non ci sono nemmeno supereroi, ma ci sono persone con il camice bianco che ci stanno salvando anche senza i superpoteri. Fantastico, vero?  
L’Italia ormai indossa la corazza del combattente, ma è una nazione dalla scorza dura. Siamo l’Italia delle meraviglie!  Siamo il Paese del caffè caldo al mattino, della pasta al dente. Siamo il Paese del buon vino, dei tramonti sui vigneti e sul mare cristallino. Siamo il Paese dei celebri artisti, dei piccoli borghi e dei grandi monumenti. Siamo il Paese con la illustre laguna, con il Duomo, con gli incantevoli golfi e con la città eterna. Siamo il Paese dei magnifici stilisti, degli artigiani e delle vette mozzafiato. Noi siamo il Paese che “nel blu dipinto di blu” riesce a volare.                                         

Caro Belpaese ti promettiamo che ce la farai, ancora una volta!

Gaia Natarelli

  • Fonte: articolo “Il Foglio” 3 marzo 2020
  • Fonte: articolo “Corriere della Sera” 4 marzo 2020
  • Fonte: articolo “Corriere della Sera” 7 marzo 2020
  • Fonte: articolo “Corriere della Sera” 8 marzo 2020
  • Fonte: “governo.it – Notizie” del 9 marzo 2020

#PEOPLEOFUNINT

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Come ti descriveresti?

Anzitutto mi presento. Sono Ludovica e mi occupo dell’Ufficio Dottorati qui alla UNINT. Questa domanda un po’ mi spiazza, quasi da non sapere come descrivermi. Dal punto di vista lavorativo sono una ragazza molto pignola e puntuale, curiosa e determinata invece dal punto di vista caratteriale. Sicuramente sono sorridente, solare e cerco di esserlo tutti i giorni e con tutti i colleghi che mi circondano.

La persona che sei oggi è quella che sognavi di essere?

Ho studiato qui alla UNINT solo nel biennio magistrale perché il mio sogno era quello di fare l’interprete. Poi, strada facendo, ho capito che in realtà il mondo dell’interpretariato e la vita da interprete era più una passione, un hobby da coltivare nel mio tempo libero, e non da dedicarmici a pieno nella vita. Perché a livello lavorativo mi sento molto inserita qui e spero che questo percorso possa continuare. Come già detto sono inserita nell’Ufficio Dottorati e anche in quello per l’Alternanza. Seguo la parte selettiva dei concorsi, supporto la commissione e la consegna dei documenti, controllo le attività, le organizzo a livello mensile, faccio insomma un po’ da tramite. Per quanto riguarda l’Alternanza con le scuole ci stiamo adoperando per delle video lezioni che saranno sottoposte a ragazzi/e liceali per il loro futuro inserimento universitario.

Se tornassi indietro cosa diresti alla te di un tempo?

Premettendo che io guardo sempre e solo avanti, non tornerei mai indietro. Sono molto soddisfatta di me stessa perché penso di non aver mai lasciato un obiettivo cadere. Da testarda quale sono, quando mi dico di fare qualcosa, la porto sempre a termine, perché sarebbe contro la mia natura lasciare le cose in sospeso.

Non mi sono mai pentita delle mie scelte. Spero di poter restare qui perché mi sento molto a casa. Ci sono cresciuta dentro. Per me la UNINT è come una famiglia ormai.

Ludovica

#GUESS WHO?: MICHELANGELO BUONARROTI

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Fra i massimi artisti di tutti i tempi, considerato il genio del Rinascimento, è stato pittore, scultore, architetto, nonché poeta, e ha lasciato un’eredità artistica che ha influenzato per sempre i secoli a seguire: stiamo parlando di Michelangelo Buonarroti.


Sapevate che…?


Nacque a Caprese da una famiglia di nobili fiorentini che, da quello che si dice, versava in condizioni economiche poco favorevoli: pare infatti che uno dei motivi per cui il giovane Michelangelo approdò alla bottega di Domenico Ghirlandaio era rappresentato anche dalla necessità di riscuotere il denaro dell’apprendistato, grazie al quale il ragazzo poté ricevere un’istruzione classica.


Durante la sua vita ha potuto godere dell’appoggio di influenti mecenati del calibro di papa Alessandro VI, papa Giulio II e Lorenzo il Magnifico, il quale fu talmente colpito dalla grandezza delle sue opere da accogliere l’artista come suo ospite proprio nella residenza medicea di via Larga.


Si dice che non avesse un carattere affabile, ma che al contrario fosse particolarmente irascibile: uno degli aneddoti sulla sua persona prevede che un giorno, infuriato, colpì con un pugno talmente violento il volto dello scultore Pietro Torrigiano da comprometterne la fisionomia. Sembra, inoltre, che in un’altra occasione se la prese a tal punto con un cliente che voleva pagare un dipinto da lui commissionato a un prezzo inferiore rispetto a quello concordato, che perse la pazienza e si riprese indietro l’opera: a quel punto il cliente fu costretto a pagare una cifra doppia per riavere indietro il dipinto.

È noto che fra lui e Leonardo da Vinci ci fu sempre una rivalità accesa, unita tuttavia a un profondo rispetto reciproco. L’episodio emblematico che alimentò le incomprensioni fra i due artisti pare essere quello riguardante la realizzazione della decorazione per la Sala Grande del Consiglio di Palazzo Vecchio a Firenze, che venne commissionata ufficialmente a entrambi ma che non fu mai concretizzata.

Monday Abroad: SPECIALE CORONAVIRUS

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Cari colleghi, compagni e amici, Monday Abroad oggi cambia nuovamente rotta: voglio dedicare queste righe al Coronavirus, l’argomento più trattato, specialmente negli ultimi giorni, da giornali, politici, medici ed economisti.
Vi scrivo da casa mia in Piemonte, oggi ancora zona gialla (in quanto si tratta della provincia di Cuneo) per raccontarvi qualche dato: nelle settimane precedenti al giorno in cui la nostra Università è stata sapientemente chiusa per precauzione e prevenzione, ho lavorato molto a delle interviste con tema Covid-19 rivolte ad alcuni dei nostri professori, ai nostri Presidi e al nostro Rettore. Si cercava, difatti, di avere una panoramica generale, gestita da esperti nel settore, su quello che stava succedendo sia nel nostro Ateneo, che a Roma, che in Italia e nel mondo in generale. Purtroppo, il virus si è espanso prima che si potesse concludere il lavoro, ma ciò non ha rallentato la mia forte esigenza di conoscenza rispetto al tema trattato.
Non mi dilungherò molto, voglio solo informarvi su alcuni dati che hanno a che fare con l’internazionalità del tema (più Abroad di così!):

  • Oggi arriviamo a un totale di 110mila contagiati nel mondo (guariti inclusi), con 3.800 morti e 61mila guariti. L’Italia è nelle prime posizioni per contagi, ma, secondo l’articolo de “La Stampa” di Letizia Tortello del 08.03.2020, siamo dopo la Cina (80.700 casi), il Sud Corea (7300) e l’Iran (6500);
  • Partendo dagli USA, dove i casi confermati sono 564 in 34 Stati, il sindaco di New York, Bill de Blasio, invita i cittadini a non prendere la metropolitana, soprattutto se malati. Lo Stato di New York, la California e l’Oregon hanno dichiarato lo stato di emergenza. (Per non parlare della nave Grand Princess che oggi attraccherà nel porto di Oakland con a bordo 3.500 persone tra cui 21 contagiate; del senatore texano Ted Cruz che decide di autoimporsi la quarantena o le misure prese dal Presidente Trump riguardo al tema );
  • Arriviamo in Germania, Paese dal quale negli ultimi giorni sembra essere partita tutta la bufera Coronavirus (dunque siamo veramente noi gli untori d’Europa?), che, con un totale di 1112 casi sottolinea il bassissimo tasso di morte collegato al virus: sembra, difatti, (e spero per loro che si continui con questi numeri, allora) che non vi siano ancora stati decessi avvenuti a causa del Covid-19. Detto ciò, tuttavia, secondo l’economista tedesco Henrik Enderlein, la Germania è solo a una settimana di distacco dal nostro destino e riporta quanto appena citato in un tweet che vi lascio molto volentieri :
  • In Albania, un papà e un figlio tornati da Firenze sono risultati positivi al test e ora sono in quarantena[1];
  • Secondo un articolo di ADNKRONOS, del 09.03.2020 (aggiornato alle 12:28, se proprio vogliamo essere puntigliosi), la Francia rimane nella “Fase 2”, vale a dire che la priorità delle autorità è “fare tutto il possibile per rallentare la diffusione del virus”. Con 1.126 persone infettate e 19 decessi, per lo più anziani, la Francia rimane il Paese europeo più colpito dopo l’Italia e poco prima della Germania (anche se nei giorni scorsi hanno preferito perdere tempo a fare della comicità sul contagio italiano, vedi la Pizza Corona, che, io per lo meno, non ho trovato affatto divertente);
  • Secondo l’ANSA, la Spagna registra un’accelerazione dei contagi saliti oggi a 999, quasi il doppio rispetto ai 589 di ieri. Lo scrive l’agenzia Bloomberg sottolineando che il governo di Madrid ha riunito un incontro di emergenza per valutare l’adozione di “misure drastiche” per contenere la diffusione del virus. Il maggior numero di contagi si registra a Madrid e nei Paesi Baschi. Nella capitale i casi confermati sono aumentati di 200 unità nelle ultime 24 ore mentre i decessi sono raddoppiati (16 le vittime segnalate oggi contro le 8 di ieri).
  • Per ultimo, ma non per importanza (anzi!) voglio citare il calo di casi in Cina e la conseguente ripresa dello Stato: lo ha riferito la National Health Commission, segnalando che il numero è in calo rispetto ai 44 casi del giorno precedente. Il numero totale di casi confermati nella Cina è di 80.735. Il bilancio delle vittime dallo scoppio dell’epidemia ha raggiunto quota 3.119. La provincia centrale di Hubei, epicentro dell’epidemia, ha registrato 21 nuovi decessi, 18 dei quali a Wuhan, dove le autorità hanno sospeso oggi le attività di un altro ospedale da campo, il quattordicesimo, utilizzato per far fronte all’emergenza. La struttura di Jianghan a Wuhan, riconvertito da centro espositivo internazionale a ospedale, è stato chiuso. Le autorità locali hanno fatto sapere che le ultime due strutture ospedaliere temporanee rimaste in funzione in città dovrebbero chiudere domani[2].

Questi sono solo alcuni dei dati che in questi giorni mi hanno chiamato l’attenzione e che, con molto piacere, vi ho riportato.

Come possiamo vedere, la situazione non è da sottovalutare né in Italia, né nel mondo intero.

Da studentessa, posso consigliarvi di seguire le norme che lo Stato ha scelto di adottare: laviamoci spesso le mani, evitiamo i luoghi affollati e, se viviamo in una zona rossa, preferiamo la lettura di un libro alla tipica passeggiata. (Ci incoraggiano al Netflix and Chill, in pratica;) )

Sperando che i nostri esperti riescano a risolvere il prima possibile la situazione, cerchiamo di vivere questi momenti con tutto il positivismo possibile e concessoci.

A presto, raga!

Un besito (a distanza di almeno un metro e mezzo;) )


[1] Fonte: articolo di “Repubblica” del 09.03.2020

[2] Fonte: articolo di “Repubblica” del 09.03.2020

[3] Fonte: articolo di “Repubblica” del 09.03.2020

[4] Fonte: articolo di “Repubblica” del 09.03.2020

Ilaria Violi

#GUESS WHO?: WILLIAM SHAKESPEARE

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A partire dalla notizia uscita qualche giorno fa sulla netta somiglianza e omonimia che lega l’attrice newyorkese Anna Hathaway e suo marito Adam Shulman alla figura di William Shakespeare e di sua moglie, sembra che i due amanti del ‘600 sarebbero legati da una teoria ovviamente non confermata che li vede come due viaggiatori nel tempo, per via della eco lasciata dal loro grande amore.

Perché non ricordare qualche curiosità su questo grande poeta del ‘600? William Shakespeare è uno dei drammaturghi più amati di tutti i tempi e degli scrittori più celebri della cultura occidentale.

Lo sapevi che..?

Le sue opere sono state trasposte in 360 versioni cinematografiche piuttosto fedeli, e in 63 versioni liberamente ispirate. Senza contare tutti i film indipendenti e le parodie diffuse ovunque.

Si racconta che i genitori e i figli di Shakespeare fossero analfabeti. Con tutta probabilità nessuno dei suoi parenti sapeva tantomeno leggere o scrivere, mentre William frequentò le scuole a Stratford.

Shakespeare sposò a 18 anni una donna più grande di lui di 8 anni, Anne Hathaway appunto, che era incinta di tre mesi. Tre anni dopo nacquero i gemelli Hamnet e Judith.

La morte dei suoi figli e dei suoi nipoti senza figli ha portato all’estinzione del suo albero genealogico.

Probabilmente Shakespeare non si scrive così. Secondo le fonti del tempo ci sono oltre 80 modi diversi di scrivere Shakespeare, da “Shappere” a “Shaxberd”. Nessuna della sei firme che si conservano fino ad oggi possiamo ritrovare il cognome scritto così come lo conosciamo oggi. Infatti si firmò “Shakespe”, “Shakspe”, “Shakspere”,“Shakespear” “Willm Shakp,” “Willm Shakspere” and “William Shakspeare”.

Inventò ben 1700 parole ed espressioni: un vero creatore e ampliatore di vocabolario, creò nuove locuzioni come fashionable”, “eyeball” , “wild goose chase”, “swag” etc, entrate nel linguaggio comune, oltre a molte espressioni popolari come “non è tutto oro quello che luccica” oppure “ molto rumore per nulla”, alcune delle quali sono anche dei titoli di commedie.

Si pensa che possa avere delle origini italiane: il suo vero nome era forse Guglielmo Spaccalancia, figlio di una nobildonna siciliana e perseguitato a causa della religione calvinista. A sostegno di questa tesi c’è infatti l’amore di Shakespeare per l’Italia, l’ambientazione di molte sue opere e la conoscenza non solo del teatro italiano ma anche della sua lingua.

#MONDAYABROAD

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Oggi #MondayAbroad torna a Lille… passando per l’Algeria! La splendida Maïssane è, difatti, francese, ma con origini (da parte di entrambi i genitori) algerine.
Le lingue sono la sua grande passione: se si parla (in) di algerino, inglese e italiano, Maïssane si sente sicuramente a suo agio. Studia italiano da 7 anni: “mi piacerebbe insegnare francese in questo meraviglioso stato o, comunque, italiano in Francia. L’Italia è meravigliosa: fino a ora sono riuscita a vedere molto, ma non sono ancora soddisfatta. Vorrei andare in Sicilia, visitare il sud e riuscire a toccare con mano quanto posso di questa grande cultura.”

“Culture, amusement et voyage!” Maïssane racconta così la sua esperienza. Tre parole che la dicono lunga sull’Erasmus di per sé. A mio avviso, ha scelto le parole migliori: la cultura è fondamentale quando si vivono queste avventure, si parte con la piena consapevolezza della propria, ma al rientro ti rendi conto che c’è, anche se in piccola parte, una coscienza straniera è entrata a far parte di te. Si tratta di Intercultura, quello spazio che rimane a metà tra due (o più) culture, l’incontro, lo scontro e, infine, la loro unione. Nella maggior parte degli Erasmus, questa crescita culturale si sviluppa attraverso il divertimento: ridendo e scherzando, non ti rendi conto del passare del tempo e delle tante nozioni che hai appreso, delle varie tradizioni a cui hai partecipato e le abitudini che hai sviluppato. Il tutto unito all’esperienza che più t’insegna a vivere: il viaggio.
Viaggiare non è solo prendere un aereo e partire; viaggiare è la meraviglia di scoprire il nuovo anche là dove non ce lo saremmo mai aspettati; viaggiare è crescere, stupirsi e tornare più ricchi di prima (shh, non diciamolo al portafoglio!;) )

Come ho già detto, Maïssane ha origini algerine “pur essendo nata in Francia, mi sento molto più algerina che francese… e il bello è che non ho mai avuto il piacere di andare in Algeria! C’è, comunque, qualcosa che mi porta a dirlo: sarà l’educazione che i miei genitori mi hanno impartito, la lingua che con loro sono abituata a parlare… dopo quest’esperienza, comunque, sono consapevole di avere anche una terza casa: l’Italia.”

Maïssane Boussekine

Edizione straordinaria di #FACCIAMOILPUNTO

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STORIE DALLA SIERRA LEONE

Nessun uomo è un’isola” questo verso di John Donne è recentemente diventato il mio motto.

Mi trovo in Sierra Leone, uno dei paesi più ricchi di risorse e più poveri al mondo.
Sono partita perché l’Africa da tanto tempo rappresentava il tassello mancante nel puzzle delle mie necessità esplorative e formative.
Sono partita perché volevo toccare con mano le tradizioni e le difficoltà di questo paese pieno di bambini, di colori e martoriato da una povertà dilagante.

L’anima e la guida di questo mio viaggio è Daniel Sillah, un “black Italian” come si lascia scherzosamente chiamare.
Daniel era appena adolescente quando scoppiò la guerra civile in Sierra Leone e nei suoi racconti è ancora molto vivido il ricordo delle atrocità vissute in quel periodo.
L’esercito dei ribelli era solito prendere i ragazzi giovani come lui e farne degli “scudi umani”, per fermare l’avanzata delle forze governative.
Daniel però riuscì a salvarsi grazie ad un prete italiano, che lo portò con sé in Italia garantendogli istruzione e formazione.
Ma dopo aver studiato e lavorato per dieci anni, scoprì che la sua famiglia era sopravvissuta allo sterminio condotto dalle forze ribelli nel suo villaggio e decise di tornare.

Il rientro a casa per Daniel fu allo stesso tempo gioioso e doloroso, le immagini legate alle violenze vissute durante la guerra affollavano la sua mente. Ritrovare i suoi cari però gli diede la forza di riconoscersi fra i pochi “fortunati” e da qui nacque il desiderio di impegnarsi nei confronti della maggioranza della popolazione sierraleonese, in estrema difficoltà.
In particolare, da diversi anni Daniel e la moglie, Lucy, si battono per garantire un luogo sicuro e una vita serena ai bambini orfani e abbandonati delle zone più povere del paese.

Se c’è una cosa che ho imparato finora è che la parola “fortuna” è estremamente volubile e facilmente manipolabile a seconda dei contesti.
E in questo risiede forse l’apprendimento più prezioso maturato in queste settimane: la relatività dei valori e delle cose che possediamo.

Mi sono riscoperta molto fragile, una volta scardinate le tante e comode certezze materiali che do per scontate.
Mi sono riscoperta fortunata, nel momento in cui ho capito che la mia felicità è relativa allo spazio e al tempo che mi è concesso di vivere.
Mi sono scoperta incompleta, quando ho percepito la vastità dei problemi che avevo finora ignorato.

Poi un giorno ho giocato con delle macchinine con un bambino che non ne aveva mai avute.. e a quel punto tutto è diventato relativo, ed io completa.

Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto.
” (John Donne)

Sara