#UNIVERSEAT

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Ed eccoci con un nuovo appuntamento di #UniversEat!!

Ogni volta che mi presento, dato il mio cognome Cossu e, forse, i miei lineamenti, la prima domanda che mi viene fatta è “Sei sarda?”.

Le mie origini, a quanto pare, sono evidenti e, proprio per questo motivo, oggi ho deciso di stupirvi con un piatto tipico della suddetta tradizione: le seadas, un tempo definite mannas cantu su prattu, ossia “grandi quanto il piatto” in cui venivano servite. Oggi la dimensione è stata ridefinita, pur rimanendo il gusto sempre lo stesso.

Ingredienti per sei persone:

  • 300 g di farina (è consigliata quella di grano duro ma io ho usato la 00 che avevo in casa);
  • 30 g di strutto;
  • 100 ml di acqua tiepida;
  • Pasta fresca di dolce sardo q.b. (formaggio tipico sardo);
  • Scorza di limone e/o arancia grattugiata;
  • 1 albume;
  • Miele q.b.;
  • Olio per friggere q.b.;
  • Coppapasta di due misure (generalmente il più grande da 9 cm).

Ora che abbiamo tutto l’occorrente, mettiamo le mani in pasta!

Per prima cosa, uniamo lo strutto e l’acqua alla farina (l’acqua va aggiunta poco alla volta). Lavoriamo l’impasto finché non diventa liscio e morbido; a questo punto lo lasciamo riposare 30 minuti a temperatura ambiente in una ciotola e coperto dalla pellicola.

Intanto che l’impasto riposa, prepariamo la farcia iniziando a grattugiare il dolce sardo. Per il ripieno abbiamo due possibilità: la maniera tradizionale o quella più rapida (vi anticipo già, avendole provate entrambe, che il risultato finale sarà lo stesso). Nella versione tradizionale, il dolce sardo, dopo essere stato grattugiato, va cotto in un pentolino e, una volta sciolto, gli si vengono aggiunte le scorze di limone e/o arancia; dopodiché, viene steso il composto su un foglio di carta forno e vengono formati dei dischi col coppapasta più piccolo. Nella versione più rapida, invece, non è necessario cuocere il dolce sardo, ma lasciarlo grattugiato aggiungendo la scorza dell’agrume scelto.

Passati i 30 minuti riprendiamo l’impasto, lo stendiamo e formiamo dei dischi di circa 9 cm.

A questo punto, prendiamo un disco e spennelliamo il bordo con un po’ di albume; dopodiché, mettiamo il formaggio al centro (è indifferente che sia quello fresco o quello cotto) e andiamo a chiudere con un altro disco non spennellato; proseguiamo così fino al completamento.

Mettiamo sul fuoco una padella con abbondante olio per friggere e quando quest’ultimo sarà caldo, aggiungiamo le nostre seadas, lasciandole fino a che non avranno un bel colore dorato. Una volta pronte le asciughiamo con un foglio di carta assorbente e le cospargiamo di (taaaaaanto) miele.

Il nostro piatto è ora pronto per essere gustato.

Siete pronti a replicare? Tre, due, uno… Unint ai Fornelli!

E se non trovate il dolce sardo, sbizzarritevi nel creare seadas col formaggio tipico delle vostre zone, noi qui aspettiamo le vostre creazioni!

Ylenia Cossu

#FACCIAMOILPUNTO

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ECCO PERCHÈ IL FATTORE 5G È DA TENERE D’OCCHIO

La discussione sul fatto che il nuovo network 5G potesse essere uno dei principali fattori veicolanti del Covid-19 è stata accolta con una sonora risata da tutti noi: durante la prima metà di questo rocambolesco 2020, ci siamo divertiti ad ascoltare tutti quei negazionisti e le loro teorie secondo le quali il virus sopracitato sarebbe uno strumento inventato appositamente al fine di frenare le libertà dei cittadini. Da un punto di vista scientifico non esiste alcun collegamento tra Covid-19 e 5G; ciononostante, quello che abbiamo scherzosamente screditato per mesi potrebbe essere un fattore di collisione tra due superpotenze.

Di per sé lo scontro tra Pechino e Washington non è una grande novità: i dissidi tra i due giganti sono più o meno all’ordine del giorno in campo di relazioni internazionali. Si tratta di due attori internazionali che producono circa un terzo del PIL mondiale e che non vogliono proprio sentir parlare l’uno dell’altro. Le origini di questo reciproco disprezzo sono profondamente ancorate nel fatto che i due rappresentino ideologie completamente differenti: da una parte, la patria della democrazia liberale, dall’altra un comunismo interpretato ad hoc con sfumature autoritarie. I due Paesi rispecchiano inoltre modus operandi opposti in ambito di relazioni internazionali. Gli USA, sulla base del principio del manifest destiny, sono i pionieri della democrazia e delle libertà fondamentali in tutto il mondo, mentre Pechino ha sempre adottato una linea chiusa, sulla base del rigetto del prodotto del modo di fare diplomazia degli Stati occidentali. Due mondi opposti ma simili in quanto entrambi al momento appoggiano su un forte sentimento nazionalistico. Basti considerare l’ultimo discorso che Trump ha tenuto durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il cui principale scopo era quello di colpire la Cina ed identificare in quest’ultima l’unico e solo responsabile della pandemia. Un discorso che ha rimbalzato in Oriente e non ha fatto altro che rafforzare la posizione del Xi Jinping agli occhi del popolo dell’ex Celeste Impero.

Perché, quindi, l’avvento del 5G dovrebbe preoccuparci? La risposta è legata alla nuova guerra che riguarda il campo del progresso tecnologico. Gli USA sono da sempre leader del settore ed hanno dimostrato la loro superiorità a partire dall’inizio della guerra fredda. L’Unione Sovietica non è mai stata in grado di reggere il confronto con il nemico d’oltreoceano, ma Pechino sembra aver raccolto il guanto della sfida americana con prontezza. A seguito delle proteste di fine anni ’80, infatti, il governo cinese si è trovato ad investire molto nello sviluppo tecnico. Dopo circa 4 decenni, ci troviamo ad un punto cruciale: marchi come Huawei sono diventati i principali competitor delle aziende americane ed hanno esportato i loro prodotti in tutto il mondo. Questo nuovo conflitto, acuito dalle accuse poco accurate del presidente Trump nei confronti della responsabilità cinese riguardo alla pandemia, si sta trasformando in un fattore scatenante di quella che viene definita come una nuova possibile Guerra Fredda. In effetti, dopo aver messo al bando la costruzione della rete 5G da parte di Huawei a Londra, i nostri principali alleati stanno facendo pressioni su Roma proprio per evitare che l’Italia possa concedere al colosso cinese l’appalto per l’adesione al network. In poche parole, la posizione dura che gli Stati Uniti hanno adottato nei confronti della Cina si sta concretizzando attraverso l’appello agli ex-alleati di prendere una posizione netta nei confronti nei confronti di quella che può essere definita come una vera e propria crociata contro l’espansione cinese. D’altro canto, nonostante la propria iniziale timidezza, Xi Jinping non ha alcuna intenzione di restare a guardare: una sfida alquanto interessante, i cui sviluppi stanno prendendo forma anche in ambito diplomatico. Il 20 Luglio scorso l’FBI ha fermato 4 cittadini cinesi sostenendo che fossero coinvolti in operazioni di spionaggio, chiudendo il consolato cinese di Houston. Proprio all’interno di queste dinamiche si inserisce il nuovo dibattito hi-tech sul 5G, sul quale il Vecchio Continente giocherà un ruolo fondamentale.

In poche parole, bisognerà valutare quali politiche adotteranno gli Stati europei per far fronte a questo nuovo scontro internazionale. Il dibattito si è già scatenato in Francia ed all’interno della CDU tedesca: applicare una politica protezionistica di esclusione delle tecnologie cinesi, favorendo ancora una volta l’ingerenza USA nelle politiche di sviluppo del nostro continente, oppure lasciare il campo ad una potenza emergente con un potere economico non indifferente? Ad ognuno le proprie conclusioni. Quello di cui siamo certi è che la fine della governance internazionale americana e dell’asset mondiale unipolare è ormai giunta e bisognerà scegliere, ancora una volta, da che parte stare.

Martina Noero

#MondayAbroad

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Care lettrici e cari lettori,
mi presento: sono Giulia e questo è il mio primo anno di magistrale all’UNINT. Inoltre, come noterete, questo articolo segna il mio esordio nella rubrica #Mondayabroad. Spero, con il fondamentale aiuto di Ilaria, di riuscire a farvi evadere dalle vostre camere, classi o aule studio e di far affiorare in voi la voglia di viaggiare (anche solo ad occhi aperti).

Per rompere un po’ il ghiaccio, ho deciso di parlarvi della mia ultima avventura. Devo ammettere di essere stata particolarmente fortunata poiché, poco prima del lockdown di marzo, sono riuscita a partire in solitaria e la meta scelta è stata il Vietnam.

Questo paese non è mai stato nella lista dei “posti assolutamente da vedere”, anzi, potrei definirla una scelta alquanto casuale e dettata dall’istinto.

Il mio viaggio è cominciato intorno a metà febbraio e, nei 15 giorni successivi, ho percorso tutto il Vietnam, da nord verso sud. Atterrata ad Hanoi, sono rimasta sbigottita nel traffico della città: una miriade di motorini è solita sfrecciare tra le strette vie trasportando ogni sorta di oggetto, da piccole gabbie con animali a giganteschi frigoriferi. L’unica cosa che il passante può fare è fidarsi della capacità di guida degli autisti e lasciarsi schivare alla bene e meglio.

Tra le montagne del nord, ho scoperto l’esistenza di numerosissime etnie (se ne contano addirittura 50). Ognuna si distingue per le proprie tradizioni, per i costumi e per il dialetto che parla. Tutte, però, sono caratterizzate da un’elevata adattabilità al territorio in cui si trovano, riuscendo a coltivare anche nelle zone più rurali. Il loro attaccamento alla terra si riflette nei miti e nelle leggende che vengono tramandate. È forte la convinzione di essere figli della Terra, del Fuoco e dell’Acqua, elementi che vengono comunemente associati alle dee Madri.

Mi sono persa nei colori e nella frenesia del mercato locale di Lung Phin: immersa in un via vai di carretti, buoi e persone che cercano di vendere quello che quotidianamente producono. Il mercato è un’occasione, per i più giovani, di uscire a conoscere una potenziale futura moglie. Le ragazze si agghindano e sfoggiano i loro vestiti più belli, sperando di catturare lo sguardo di qualche fanciullo.

A bordo di una meravigliosa giunca di legno, ho navigato tra le isolette della Baia di Ha Long e, al sorgere del sole, ho praticato Tai Chi sul ponte della nave. Su tutta la costa, i pescatori vietnamiti venerano e rispettano profondamente le creature del mare, tanto da erigere, in loro onore, dei piccoli tempi tra gli scogli (la particolarità di questa Baia è che è possibile scorgere un altarino dedicato ad una balena sfortunatamente arenatasi e morta sulla spiaggia).

Andando verso sud, ho abbandonato il freddo e i villaggi rurali per lasciare posto al caldo e alle grandi città occidentalizzate. Non fraintendetemi, anche il sud ha le sue meraviglie naturali da scoprire, però tutto sembra riarrangiato e sistemato a misura di occidentale. Anche sulle rive del Mekong si cerca di accontentare il pretenzioso visitatore in ogni suo capriccio e nel sito che ospita i famosi tunnel di Cu Chi, costruiti durante la guerra d’Indocina e poi riutilizzati durante la guerra del Vietnam, hanno costruito una sorta di poligono di tiro molto gettonato tra i turisti. Attrazione che personalmente, trovo deprimente: come si può sentire la voglia di sparare ad un bersaglio in un luogo in cui sono morte, tra atroci sofferenze, così tante persone?

Questo è stato uno dei viaggi più intensi che abbia mai fatto: immergersi in una cultura così diversa dalla propria lascia sempre qualcosa di estremamente arricchente in chi parte. Che sia questa o un’altra meta, partite appena potete. Quando gli impegni scolastici o gli ostacoli esterni non saranno oppressivi, compratevi una guida turistica qualunque e fatevi travolgere dalla voglia di scoprire qualcosa di nuovo.

Giulia Giacomino

#POLITICAFFÈ

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Lo spettro di un lockdown s’aggira per l’Europa

Stampa inglese

L’evoluzione della situazione epidemiologica in Europa preoccupa, e nell’ultima settimana diversi governi hanno annunciato l’introduzione di nuove restrizioni più severe per bloccare la virulenza del Covid-19.

Il direttore regionale per l’Europa dell’OMS Hans Kluge ha affermato che secondo gli studi effettuati, se i Paesi non avessero applicato delle misure più severe per un certo periodo di tempo, le morti giornaliere di Covid avrebbero potuto raggiungere cinque volte il picco di aprile entro gennaio 2021 – così The Guardian. Dunque, queste nuove misure sarebbero necessarie per ridurre drasticamente l’aumento delle nuove tendenze. Il dottor Kluge ha però precisato che l’aumento dei casi è dovuto in parte all’accrescimento dei test effettuati e che, nel frattempo, c’è stata una riduzione del tasso di mortalità in ragione della maggiore trasmissione tra le persone più giovani e meno vulnerabili e per il miglioramento delle capacità degli ospedali a trattare i pazienti più gravi. 

La BBC offre invece una panoramica delle misure introdotte dai governi europei. La Francia, è tra le nazioni europee a essere stata maggiormente colpita dalla seconda ondata. Per questo motivo, è stato introdotto un pesante coprifuoco dalle 21.00 alle 06.00 del mattino nell’Île-de-France e in altre otto metropoli. In Spagna, il 9 ottobre è stato dichiarato uno stato di emergenza di 15 giorni a Madrid e nelle zone circostanti, quindi le persone non potranno lasciare o raggiungere la capitale spagnola se non per motivi essenziali. Inoltre, dal 15 ottobre le autorità catalane hanno ordinato la chiusura dei bar e ristoranti della regione per due settimane, potranno offrire solamente un servizio da asporto. Anche nei Paesi Bassi, dal 14 ottobre e per almeno quattro settimane, bar, ristoranti e caffetterie potranno unicamente lavorare tramite i servizi da asporto; sono consentite le visite presso la propria abitazione a un massimo di tre persone e solo quattro possono incontrarsi fuori. In Germania, il divieto di grandi raduni è stato prolungato fino alla fine dell’anno nelle zone con alti tassi di infezione, e sono previste multe per coloro che non lasciano corrette informazioni sulla propria identità nei locali pubblici. Nella città di Berlino – che ha registrato un notevole aumento dei casi – bar e ristoranti potranno rimanere aperti fino alle 23.00, mentre le feste private e le riunioni sono consentite a un massimo di dieci persone. In Danimarca è stato introdotto l’obbligo delle mascherine sui trasporti pubblici e a Copenaghen e nelle aree circostanti, bar, ristoranti e discoteche dovranno chiudere alle 22.00. In Belgio, i tifosi potranno tornare ad assistere alle partite di calcio negli stadi, seppure in maniera ridotta rispetto alle piene capacità delle strutture e con l’uso della mascherina. A Bruxelles, dal 1° ottobre non è obbligatorio indossare la mascherina nei luoghi all’aperto mentre ne è raccomandato l’uso negli spazi dove non è possibile mantenere la distanza di almeno 1,5 m. In Portogallo, dalla metà di settembre la chiusura degli esercizi commerciali è stata fissata alle 23.00 e dal 15 ottobre sono state vietate le feste universitarie. Sono però consentiti i raduni a un massimo di cinque persone ed è concesso l’invito a un massimo di cinquanta persone a matrimoni e battesimi. In Grecia, è stato introdotto l’obbligo dell’uso delle mascherine negli spazi pubblici interni e su tutti i trasporti pubblici. In Irlanda, sono stati scoraggiati tutti i viaggi non essenziali e i ristoranti possono solo effettuare pranzi all’aperto o asporto. Dal 15 ottobre, inoltre, sono state vietate le visite alle famiglie e agli ultrasettantenni è stato chiesto di rimanere a casa. In Svezia, non ci sono stati blocchi ma la maggior parte delle persone si è semplicemente adeguata al rispetto delle raccomandazioni, come il mantenimento delle distanze e l’incremento del lavoro da casa. Bar, ristoranti e palestre sono infatti rimasti aperti. Ad ogni modo, le autorità non hanno escluso la possibilità di adottare future misure più restrittive.   

Stampa francese

Emmanuel Macron ha spiegato che è stato necessario ridurre i contatti un po’ inutili, ossia quelli più festosi, anche se si è scusato per averli definiti così. E ha proseguito il discorso dicendo che è normale fare festa quando si è giovani, per questo non vuole colpevolizzare questa fascia della società ma ha chiesto loro maggiore responsabilità ancora per qualche settimana o mese. Le Monde, allora, ha voluto intervistare alcuni giovani protagonisti. Essi, in linea generale, hanno dichiarato che dopo una reclusione che “ci ha segnato”, i legami sociali sono necessari per mantenere una salute mentale più o meno stabile. In pratica – spiega il quotidiano – anche se fare festa ora appare superfluo, per molti c’è la necessità di aggrapparsi a questa bolla rassicurante di positività per vivere un autunno meno “ansiogeno”.

Le Figaro ricorda che la pandemia da Covid-19 ha già ucciso 1,09 milioni di persone in tutto il mondo dalla fine di dicembre. Ufficialmente, sono stati registrati circa 38,57 milioni di casi, di cui più di 26,6 milioni sono stati curati. E aggiunge che proprio in questi giorni la Francia ha superato la soglia dei 30.000 casi positivi in 24 ore. Per cercare di arginare questo flusso ingente di contagi, sono state introdotte particolari misure restrittive nel Paese. Chi viola il ‘couvre-feu’ rischia una multa di 135 euro; inoltre è stata incoraggiata la ‘bolla sociale’, quella teoria che spinge ad avere non più di sei contatti per persona. Oltre a ciò, è stata sostenuta la possibilità di introdurre il lavoro in videoconferenza per almeno due o tre giorni a settimana.

Il quotidiano inoltre, si preoccupa di riportare le impressioni nazionali di alcuni Paesi in seguito all’introduzione delle nuove misure. In Germania per esempio, è stata la complessità delle regole diverse tra i vari Land a suscitare l’esasperazione della popolazione tedesca, tanto che i media hanno parlato di ‘Regel-Chaos’ ovvero il caos delle regole. Quanto all’Inghilterra, va detto che Boris Johnson ha introdotto un nuovo sistema di allerta, basato su tre livelli. Eppure, sia la comunità scientifica sia l’opposizione laburista sono convinti che il Premier non stia facendo abbastanza, tanto che Keir Starmer ha chiesto un espresso contenimento del Paese anche in vista delle vacanze di Ognissanti. Infine, particolare attenzione viene dedicata alle reazioni degli italiani. Secondo l’Istituto Piepoli, Giuseppe Conte ha aumentato i consensi di due punti percentuali rispetto al mese scorso sulla gestione delle crisi pandemica, e così le sue misure restrittive lo hanno portato a raccogliere il 62% delle opinioni favorevoli. Tuttavia, è stata raccontata dell’avversione che ha suscitato il divieto di alcuni sport e a tal proposito è stata riportata la polemica dell’editorialista Massimo Gramellini, che sul Corriere della Sera ha espresso la sua ‘indignazione’ per il mancato divieto dei giochi di carte nella lista dei circa 130 sport che sono stati vietati dal governo. Ha scritto, infatti, che anche una semplice partita da poker è una disciplina che contempla possibilità di contagio.

Stampa statunitense

Il numero di casi di Coronavirus registrati questa settimana in Europa ha raggiunto il suo punto più elevato dall’inizio della pandemia. Infatti, in meno di 10 giorni si è rapidamente passati da 6 milioni a 7 milioni di contagiati e il numero di morti giornaliere è superiore a 1000. Questi dati, riportati da The New York Times, sono stati diffusi dal Direttore della regione europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Hans Kluge.

I Paesi europei si trovano in queste settimane a fronteggiare una seconda ondata di Coronavirus, imponendo chiusure mirate e restrizioni agli spostamenti per evitare di dover ricorrere ad un lockdown su larga scala come si è avuto la scorsa primavera. Infatti, di lockdown parziali si parla nei Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Francia. In Italia, Paese colpito in particolar modo dal virus durante la prima ondata a marzo, tornano restrizioni per quanto riguarda la vita sociale ma meno dure rispetto ad altri Paesi. Il Governo italiano ha prorogato lo stato di emergenza fino al 31 gennaio 2021 ed ha imposto l’uso della mascherine anche all’aperto in tutto il territorio nazionale. In questi giorni il Governo italiano sta vagliando diverse proposte per arrestare l’aumento dei contagi ed evitare un nuovo lockdown. Attendendo le disposizioni di Giuseppe Conte, al momento si parla di ricorrere alla didattica a distanza e di aumentare il lavoro agile, proprio per evitare di esporre le persone ad ambienti chiusi e tendenzialmente affollati come mezzi di trasporto, uffici e scuole. Per quanto riguarda la Gran Bretagna, il Primo Ministro Boris Johnson ha ignorato il consiglio di un influente gruppo di scienziati di bloccare l’economia per un breve periodo per cercare di fermare questa nuova ondata di casi di Coronavirus.

Bloomberg sottolinea come tale raccomandazione abbia intensificato il dibattito nel Regno Unito circa l’efficacia del lavoro svolto dal Governo inglese per prevenire questa seconda ondata. Questa settimana Johnson ha disposto alcune chiusure mirate e ha ribadito di essere contrario ad un nuovo lockdown generale che porterebbe seri danni a livello economico e sociale. In Gran Bretagna si parla di uno stato di allerta basato su tre livelli, a seconda dell’andamento dei contagi.

La CNN si è interessata in particolar modo al caso di Parigi, una delle principali capitali europee che sta sperimentando un rapido aumento dei casi, a seguito degli annunci che si sono susseguiti in queste ultime settimane. In diverse città francesi e nella capitale è stato imposto un coprifuoco dalle 9 della sera alle 6 del mattino al fine di ridurre i cosiddetti “contatti privati”, giudicati come i più pericolosi per la diffusione del virus. Due settimane fa era plausibile una chiusura totale delle attività in Francia a causa del vertiginoso aumento dei casi in tutte le regioni francesi.

Chiara Aveni e Gaia Natarelli

FONTI

Europe lockdown: new coronavirus rules country-by-country disponibile su https://www.bbc.com/news/explainers-53640249, consultato il 16/10/2020

Europe’s daily Covid deaths could reach five times April peak, says WHO disponibile su https://www.theguardian.com/world/2020/oct/15/europe-records-highest-ever-weekly-covid-cases-says-who-expert, consultato il 16/10/2020

Fêtes et soirées, «des moments indispensables pour le lien social et la santé mentale» : qu’en reste-t-il dans cet automne «anxiogène» ? disponibile su https://www.lemonde.fr/societe/article/2020/10/16/fetes-et-soirees-des-moments-indispensables-pour-le-lien-social-et-la-sante-mentale-qu-en-reste-t-il-dans-cet-automne-anxiogene_6056193_3224.html, consultato il 16/10/2020

Allemagne, Italie, Angleterre, Belgique: les nouvelles restrictions anti-Covid divisent les Européens disponibile su https://www.lefigaro.fr/international/allemagne-italie-angleterre-belgique-les-nouvelles-restrictions-anti-covid-divisent-les-europeens-20201015, consultato il 16/10/2020

Covid-19: couvre-feu, contacts réduits, déplacements limités… Ce qu’il faut retenir des annone de Macron disponibile su  https://www.lefigaro.fr/politique/covid-19-couvre-feu-contacts-limites-deplacements-reduits-ce-qu-il-faut-retenir-des-annonces-de-macron-20201014, consultato il 16/10/2020

Coronavirus: la France franchit le cap des 30.000 cas, «situation très préoccupante» en Europe disponibile su  https://www.lefigaro.fr/sciences/coronavirus-la-france-franchit-le-cap-des-30-0000-cas-situation-tres-preoccupante-en-europe-20201016, consultato il 16/10/2020

Europe scrambles to halt a rising wave of virus cases with more refined travel restrictions and closures, disponibile su https://www.nytimes.com/live/2020/10/13/world/coronavirus-covid/europe-scrambles-to-halt-a-rising-wave-of-virus-cases-with-more-refined-travel-restrictions-and-closures, consultato il 15/10/2020

Boris Johnson ignored scientists’ advice for a brief national lockdown, disponibile su https://www.nytimes.com/2020/10/13/world/boris-johnson-ignored-scientists-advice-for-a-brief-national-lockdown.html, consultato il 15/10/2020

U.S. Election, Boris Johnson, Coronavirus: Your Friday Briefing, disponibile su https://www.nytimes.com/2020/10/15/briefing/us-election-boris-johnson-coronavirus-your-friday-briefing.html, consultato il 15/10/2020

U.K., Czech Republic, Italy to Toughen Rules as Cases Surge, disponibile su https://www.bloomberg.com/news/articles/2020-10-11/u-k-czech-republic-italy-to-toughen-rules-as-cases-surge, consultato il 15/10/2020

London and Paris bring in strict new rules as cases surge across Europe, disponibile su https://edition.cnn.com/2020/10/15/europe/europe-coronavirus-paris-curfew-intl/index.html, consultato il 15/10/2020

Paris at risk of total lockdown as Europe cases rise, disponibile su https://edition.cnn.com/2020/10/02/europe/paris-lockdown-coronavirus-europe-intl/index.html, consultato il 15/10/2020

#UNINTSpeechPressReview

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El Día de la Hispanidad

Nella giornata dello scorso lunedì avrete sicuramente notato su social come Instagram, Twitter o Facebook tantissimi hashtag interessanti che parlavano del Día de la Hispanidad. Ma cosa si festeggia veramente in questo giorno, come si festeggia e perché? Cosa succede in Spagna?

Ogni 12 ottobre il cielo di Madrid si tinge dei colori della bandiera spagnola, i musei statali sono tutti eccezionalmente aperti, gli aerei militari solcano lo stesso cielo mentre i viali della capitale sono gremiti di persone che si accalcano per ammirare la parata militare alla quale partecipano le massime cariche del paese. Questi sono i festeggiamenti che ricorrono in questa giornata così particolare ogni anno. Sono festeggiamenti regolati dalla legge del 1987 n. 18, che si verificano in occasione della festa nazionale spagnola, festa dedicata all’orgoglio spagnolo. Questa ricorrenza, considerata una delle più importanti in Spagna, rivendica l’ispanità nei suoi vari aspetti, tanto linguistici quanto culturali. Ma perché si festeggia proprio il 12 ottobre?

Facendo un passo indietro scopriamo che è una giornata in ricordo della scoperta dell’America, evento che fu per la Spagna motivo di contatto tra il Nuovo e il Vecchio Mondo e che diede inizio alla colonizzazione delle nuove terre. Il 12 ottobre del 1492, infatti, Colombo approdò nell’isola delle Bahamas, scoprendo così il “Nuovo Mondo”; da lì avverrà lo sbarco, dando inizio alla colonizzazione europea. Né Colombo né i suoi uomini sapevano che quello sarebbe stato il primo passo verso un evento che avrebbe cambiato il mondo. Il 12 ottobre è una ricorrenza importante anche in alcuni paesi del Sud America, poiché l’arrivo dei conquistadoressegnò profondamente la storia di tali paesi con lo sterminio delle popolazioni indigene. Per questa ragione, in America la festa ha una denominazione differente: in Messico si chiama “Giorno della razza”, in Argentina “Giorno del rispetto e della diversità culturale” e in Bolivia “Giorno della decolonizzazione”.

Ma consideriamo adesso un aspetto piuttosto importante: sui social network emerge chiaramente l’immagine di una Spagna profondamente divisa, una divergenza marcata da hashtag del tipo: #Eldíadetodos (il giorno di tutti), #DíaDeLaHispanidad (giorno dell’Ispanità) o #NadaQueCelebrar (nulla da festeggiare). Senza ombra di dubbio si tratta di una velata critica da parte di coloro che non si sentono integrati nel concetto di Spagna: la divisione territoriale e la forte identità delle varie regioni autonome indeboliscono il patriottismo spagnolo. Prendiamo come esempio la Catalogna: alcune istituzioni hanno deciso di non considerare il 12 ottobre come festa nazionale, considerandolo piuttosto come un giorno feriale qualunque. Un caso particolare è quello di Barcellona il cui sindaco, Ada Colau, nel 2015 ha chiaramente espresso la sua posizione riguardo alla festività su Twitter dicendo: “È una vergogna uno Stato che celebra un genocidio, per di più con una parata militare da 800.000 €”.

Tuttavia, la capitale continua a far sognare i suoi abitanti con strabilianti spettacoli, balli e sfilate.

Francesca Vannoni

Fonti:
https://www.itagnol.com/2015/10/12-ottobre-festa-nazionale-in-spagna-a-madrid-parata-militare-e-musei-gratis/, consultato il 12/10/2020.


https://www.itagnol.com/2019/10/12ottobre-parata-militare-madrid-festa-nazionale/, consultato il 12/10/2020.


https://www.idealista.com/it/news/lifestyle-spagna/2019/09/30/6152-il-12-ottobre-si-celebra-la-festa-nazionale-spagnola, consultato il 12/10/2020.

#UNINTSpeechPressReview

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Siamo lieti di annunciarvi la nuova iniziativa di UNINTSPEECH prevista per l’anno 2020/21: UNINTSpeech Press Review

Di cosa si tratta?

UNINTSpeech Press Review è una rubrica di articoli scritti direttamente dai membri del nostro team: studenti UNINT interessati al mondo che ci circonda, con la voglia di divulgare informazioni utili per tutti coloro che, come noi, desiderano sapere di più sul campo delle lingue e delle culture, ma anche su temi di attualità in grado di fornire particolari spunti di riflessione.

Nello specifico, il nostro team si occuperà principalmente della stesura di differenti articoli, redatti sulla base di fonti scritte o video consultabili online. Inoltre, una delle particolarità della nostra rassegna stampa è che, in maniera regolare, almeno un membro del gruppo parteciperà fisicamente a conferenze di varia natura (di base TEDx) sparse in giro per l’Italia, ma anche realizzate all’interno della nostra stessa università. Da queste trasferte si trarranno le informazioni necessarie per redigere un articolo, potendo fare affidamento anche su interviste dirette ai vari oratori e sulla documentazione audio e video raccolta al termine di ogni conferenza.

I temi trattati saranno perlopiù inerenti al mondo delle lingue, delle culture, della traduzione e dell’interpretariato e si baseranno sia su esperienze fisiche reali sia su fatti internazionali che tutti coloro che fanno parte del settore dovrebbero conoscere e saper sfruttare al meglio. La presente rubrica è stata creata per raccogliere articoli, interviste, traduzioni, materiali e documenti vari relativi a questo campo specifico, con la speranza di suscitare curiosità e voglia di conoscere in tutti i nostri lettori.

Come affermava Plutarco: “la mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere”. Con questa rubrica ci auguriamo di fornirvi strumenti più adatti per poter accendere, se non un fuoco, almeno una piccola fiammella.

Giorgia Proietti
Responsabile UNINTSpeech Press Review

#POLITICAFFÈ

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Fine di un mito: il flop dello Stato sociale in Svezia.
La crisi pandemica ha portato alla luce una drammatica crisi in corso da anni.

Stampa statunitense

La pandemia ha portato alla luce una drammatica crisi in corso da anni in Svezia. Di quale crisi si tratta? Si tratta della crisi che sta interessando lo stato sociale svedese – comunemente denominato in inglese welfare state. La Svezia è nota per essere il prototipo di welfare state socialdemocratico, un meccanismo nel quale sembra che gli ingranaggi funzionino a perfezione. La sicurezza sociale del cittadino svedese si basa su una combinazione tra diversi elementi: diritti sociali uguali per tutti, principio della conservazione del reddito – in base al quale chi non può continuare a lavorare mantiene un adeguato tenore di vita. Con un’aliquota fiscale personale superiore al 57%, gli svedesi pagano alcune delle tasse più alte al mondo in cambio di notevoli servizi erogati dal Governo. Si fa riferimento alla assistenza sanitaria, all’istruzione, al congedo parentale con durata superiore ad un anno, all’assegno di disoccupazione per coloro i quali perdono il lavoro.

In un suo recente articolo The New York Times sottolinea l’impatto del Coronavirus sul sistema sociale. Con una popolazione di poco più di 10 milioni di persone, la Svezia ha registrato circa 98000 casi di Coronavirus e fra questi quasi 6000 decessi. Tra queste 6000 persone la cui morte è collegata al virus, circa la metà è rappresentata da quella fetta di popolazione più vulnerabile che vive in case di cura. Questa tragedia in parte è dovuta a come il sistema svedese abbia gradualmente ma costantemente ridotto i servizi governativi per poter tagliare le tasse.

Il Foreign Policy riporta come durante la prima ondata di Coronavirus, la Svezia sia stata citata allo stesso tempo, da un lato, come il Paese che ha saputo gestire la pandemia nel migliore dei modi e, dall’altro lato, come quello che ha deciso di lasciare che il virus si diffondesse liberamente anche nelle case di ricovero per anziani, portando dunque ad un gran numero di vittime. Foreign Policy afferma che l’errore commesso dallo Stato svedese risiede in uno dei maggiori punti di forza e di debolezza del Paese: la Svezia è una società che ripone molta fiducia nel comportamento dei suoi cittadini. Infatti, generalmente il popolo svedese si è dimostrato capace di comportarsi in modo esemplare seguendo le disposizioni emanate dal Governo. Tuttavia, in questa situazione di emergenza, probabilmente la fiducia che il Governo svedese ripone nei suoi cittadini non è stata tradita. Molto più plausibilmente è stato il taglio dei finanziamenti ai servizi statali a determinare questa criticità nelle case di cura.

The Nation propone un interessante parallelismo tra “l’esperimento di gestione della pandemia” tra Svezia e Stati Uniti d’America, evidenziando la presenza di un robusto welfare state e di un’ottima sanità pubblica presente in Svezia e la mancanza di tale sistema negli Stati Uniti. Tuttavia, anche The Nation pone l’accento sul declino che sta attraversando il sistema di protezione sociale svedese.

In queste settimane si sta vivendo la già preannunciata seconda ondata di Coronavirus e ci si chiede quali strumenti adotteranno i Paesi per far fronte sia al Covid-19 sia all’influenza stagionale. Purtroppo, sono ancora le categorie più vulnerabili ad essere esposte maggiormente al rischio. Infatti, si parla in particolar modo dei ricoverati nella case di cura o di riposo. Visti i risultati ottenuti nel corso della prima ondata, la Svezia provvederà ad aumentare i finanziamenti verso queste strutture per evitare una nuova crisi?

Stampa francese

Le Monde racconta che a partire dagli anni Novanta, la Svezia ha iniziato a sviluppare un sistema di privatizzazione per i settori della sanità e dell’istruzione. Un meccanismo che ha mostrato però tutte le sue debolezze negli ultimi mesi: la pandemia da Covid-19 ha infatti finito per riaccendere il dibattito sulla rilevanza dello stato sociale.

Erik Andersson, che è alla guida municipale dell’elegante città di Täby, non utilizza il termine “privatizzazione”, piuttosto preferisce la definizione “valfrihet” che si traduce con “libertà di scelta”. In pratica, questo concetto si è affermato già negli anni Novanta proprio per giustificare l’imponente trasformazione del welfare state che si stava realizzando in Svezia. E, spiega il sindaco di Täby, la valfrihet è un modo per distaccarsi dal ricordo delle imposizioni socialiste del passato e per promuovere, al contrario, la determinazione personale. Per quel che riguarda il settore dell’istruzione, sono iniziate ad apparire alcune imponenti aziende scolastiche: la più importante è AcadeMedia, fondata nel 1996 e quotata anche in borsa. Non tutti però sono favorevoli a supportare il settore privato. E nel marzo 2019, quando l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha pubblicato un rapporto in cui emergeva l’aumento delle disuguaglianze tra gli studenti, alcuni hanno iniziato a insistere sul fatto che quel sistema scolastico stesse incoraggiando una sorta di segregazione nelle scuole, ovvero un raggruppamento tra studenti dello stesso background sociale. Ad ogni modo in questi mesi, il settore scolastico è stato semplicemente una piccola parte della più generale riflessione sugli eccessi delle privatizzazioni. Il vero focus su questo dibattito ha riguardato infatti un altro ambito: a essere messo sotto accusa è stato principalmente il settore sanitario, specialmente in ragione dei disservizi che sono emersi nelle case di riposo.

La socialdemocratica Aida Hadzialic ha affermato che le privatizzazioni hanno permesso di aumentare l’accesso all’assistenza sanitaria grazie all’avvio di nuove pratiche; tuttavia ha sottolineato che per aumentare i profitti si è avuto un relativo aumento dei costi per le regioni, il quale è andato a scapito degli ospedali pubblici, che di conseguenza sono stati costretti a risparmiare. Il ricercatore John Lapidus ha invece voluto parlare di un altro fenomeno, quello delle polizze assicurative: gli operatori privati per migliorare le tempistiche dell’accesso ai servizi sanitari, hanno stipulato convenzioni con le compagnie di assicurazione sanitaria. Ora per lo studioso, l’aumento di tali polizze assicurative costituisce la prova della trasformazione del welfare state svedese a favore di un meccanismo ‘a due livelli’, che non promuove quindi un sistema egualitario.   

Stampa svedese

The Local.se parla dell’investimento nel welfare annunciato a settembre dal Primo Ministro Stefan Löfven. Il settore dell’assistenza agli anziani riceverà complessivamente 7,4 miliardi di corone nel 2021 e altri 4 miliardi confluiranno direttamente nel settore sanitario, per sostenere le cure mediche relative al Coronavirus e per contribuire al deficit sanitario provocato dalla posticipazione di tutti gli interventi che sono stati rimandati a causa della pandemia. Nel complesso, nel 2021 lo stato sociale svedese dovrebbe beneficiare di un importo di 19,7 miliardi di corone, che nello specifico andranno alle autorità locali e regionali.

Basterà questo nuovo piano economico per allontanare le critiche dell’ultimo periodo?

Chiara Aveni e Gaia Natarelli

Fonti

What Sweden’s new coronavirus cash boost means for healthcare services disponibile su https://www.thelocal.se/20200907/coronavirus-budget-sweden-pledges-20-billion-kronor-to-boost-welfare-state, consultato il 14/10/2020

Le modèle suédois n’en est plus vraiment un disponibile su https://www.lemonde.fr/m-le-mag/article/2020/10/09/mine-par-la-pandemie-le-modele-suedois-face-aux-exces-du-liberalisme_6055443_4500055.html, consultato il 14/10/2020

Sweden, U.S. Election, French Open: Your Friday Briefing disponibile su https://www.nytimes.com/2020/10/08/briefing/sweden-us-election-french-open-your-friday-briefing.html, consultato il 14/10/2020


Sweden and the World-Historical Power of Conformity, disponibile su https://foreignpolicy.com/2020/10/05/sweden-and-the-world-historical-power-of-conformity/, consultato il 14/10/2020


Focused Protection, Herd Immunity, and Other Deadly Delusions, disponibile su https://www.thenation.com/article/society/covid-jacobin-herd-immunity/, consultato il 14/10/2020

#UniversEAT

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Eccoci con la prima ricetta!

Partiamo con una cosa facile, un classico intramontabile che piace sempre a tutti e che ha bisogno di pochissimi e semplicissimi ingredienti.

Pensando all’autunno viene in mente un frutto, che sarà il protagonista indiscusso della ricetta di oggi: LE MELE.

Bene, oggi faremo insieme una morbidissima e cannellosissima (nuovo termine coniato da me) torta di mele! Attenzione, non una apple pie, ma proprio una vera e propria TORTA DI MELE.

Intanto la lista degli ingredienti:

  • 4/5 mele (dipende da quante ce ne volete ma non dovrebbero servirne di più)
  • 200 g di zucchero
  • 250 g di farina 00 (o una farina a vostra scelta, basta che non sia la farina di grano duro)
  • 100 g di burro
  • 150 ml di latte a temperatura ambiente
  • 2 uova a temperatura ambiente
  • 1 limone
  • 16 g di lievito in polvere per dolci (di solito corrispondono a una bustina)
  • ½ cucchiaino di cannella in polvere (poi assaggiate voi e regolatevi)
  • 1 pizzico di sale fino

Preso tutto? Bene! Iniziamo? Iniziamo!

Ah, quasi dimenticavo, munitevi di fruste elettriche se non volete perdere l’uso delle braccia!

  1. Sciogliete il burro a bagnomaria o al microonde e tenetelo da parte (non ci serve bollente);
  2. Sbucciate le mele e tagliatele a pezzettini né troppo grandi né troppo piccoli;
  3. Grattugiate la scorza del limone e spremetelo fino ad ottenere abbastanza succo da bagnare la quantità di mele ottenute (bagnare, non affogare);
  4. Trasferite, quindi, mele e succo in una ciotola e lasciatele lì (le riprenderemo a fine ricetta);
  5. Prendete un’altra ciotola, setacciate farina e lievito e mischiate;
  6. In un’altra ciotola invece mettete le uova e parte dello zucchero. Iniziate a sbattere il tutto (consiglio di usare le fruste elettriche altrimenti rischiate di perdere un braccio) e piano piano aggiungete il restante zucchero. Il risultato dovrà essere una crema spumosa giallina chiara (più si schiarisce meglio è);
  7. Ora, riprendiamo il nostro burro ormai freddo, ma non solido e incorporiamolo alla spuma appena ottenuta;
  8. Aggiungete la cannella e il limone (assaggiate e regolatevi con il sapore);
  9. Iniziate ad aggiungere farina e lievito un cucchiaio alla volta;
  10. Quando le polverate saranno completamente inglobate aggiungete il latte a filo (onde evitare di farvi un bagno);
  11. A composto ultimato prendete le mele e scolatele, togliendo eventuali semini;
  12. Prendete ora una spatola o un cucchiaio per girare le mele nel composto senza distruggerle;
  13. Imburrate e infarinate la tortiera (in alternativa potete anche imburrare e inzuccherare se vi piace l’effetto caramellato);
  14. Accendete il forno a 180°C, mettete dentro la torta e in 55 minuti sarà pronta. ATTENZIONE: i minuti sono indicativi, vedete come funziona il vostro forno, potrebbero volerci anche meno di 55 minuti. Fate la prova dello stecchino, nessuno se la fila mai ma è fondamentale!

La torta dovrebbe venire non troppo asciutta ma neanche troppo liquida, insomma morbida e soffice. Quando la tirate fuori dal forno aspettate che si raffreddi prima di toglierla dallo stampo, altrimenti si sgretolerà.

Per decorare potete cospargerla di zucchero a velo e mettere qualche pinolo. Volendo una pallina di gelato alla crema/vaniglia ci sta benissimo!

Buona merenda!

Alessandra “Sandra” Alfano

#FAIRPLAY

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Lo sport al tempo del COVID-19

Da quando è stato dichiarato lo stato di emergenza sia nel nostro paese che a livello internazionale per la diffusione del virus, lo sport insieme ai suoi organi competenti di ciascuna disciplina, hanno dovuto apportare delle modifiche tali da poter svolgere le attività in piena sicurezza ed evitare ulteriori contagi durante queste sessioni. Ma quali sono le misure adottate nei diversi sport e che vediamo al giorno d’oggi?

Nel Calcio: la nostra Serie A ha dovuto fermarsi per poi riprendere e finire in data 2 agosto 2020 (dovuto finire il 24 maggio 2020), la ripresa del campionato è stata di estraordinario impegno per tutte le squadre che si sono trovate a giocare 3 partite ogni due/tre giorni, cosa non semplice sia a livello di preparazione fisica che tattica. Per evitare degli infortuni e non dover nuocere sulla prestazione di alcuni giocatori la Figc, (Federazione Italiana Giuoco Calcio) ha apportato la modifica da 3 a 5 sostituzioni durante lo svolgimento partita (questa modifica è stata prolungata per il campionato già in corso 2020/2021). In più, questa ripresa ha comportato a disputare le partite senza pubblico (cosa che attualmente il pubblico può assistere ma in numero limitato e non oltre 1000 persone) che determino un’atmosfera surreale dove chi stava a casa a guardare le partite trasmesse in TV poteva ascoltare chiaramente e senza filtro parole di giocatori, allenatori, arbitri e staff di squadre. Logicamente, una partita a porte chiuse il fattore campo era ininfluente non avendo dei tifosi locali negli spalti.

Una volta finiti i campionati nazionali, si ha dato spazio alla fine di quelle competizioni tanto prestigiose come la UEFA Champions League ed Europa League, cui partite sono state disputate nel torrido mese di agosto, il tutto in due settimane di tempo con partita secca e dunque senza fare andata e ritorno.

Per cercare di non dover sospendere nuovamente, i maggiori campionati europei hanno reso visibile dei protocolli in caso si trovi un caso positivo di Covid-19, ad esempio: in Francia, si può giocare basta che le squadre si presentino con almeno 20 giocatori (incluso il portiere) negativi al tampone sulla lista dei 30 registrati in lega; in Inghilterra, si adotta una linea ferrea nel senso che, comunque si va avanti con il campionato per farlo finire entro i tempi previsti, meno che una squadra non abbia meno di 14 giocatori a disposizione, essa dovrà inserire Under 21 o comunque personale dello staff, se la squadra si rifiuta di giocare si andrà con la sanzione o di una multa o di detrazioni punti in classifica; in Spagna, il requisito minimo per poter scendere in campo sono 13 giocatori, 5 dei quali della prima squadra. Se una squadra non arriva a 13 giocatori per una seconda volta, perde la partita 3-0 a tavolino; in Germania, tamponi a raffica e isolamento solo del giocatore positivo e qui se il contagio è contenuto in città, si può arrivare a far entrare il 20% di pubblico negli stadi.

Due settimane fa si doveva disputare la partita Juventus contro Napoli, ma dopodiché sono risultati positivi 3 casi in casa Napoli, questi sono stati messi in quarantena da parte dell’l’Asl cosicché la squadra partenopea non parti per lo Stadium per il rispetto dei protocolli ricevuti. Il match è stato decretato nullo ed ora il giudice valuta se dare il 3-0 a tavolino o se ci sarà la possibilità di giocarla.

Caso invece sfortunato per l’Euro 2020, che si doveva disputare nei mesi di giugno-luglio ma appunto la situazione COVID-19 ha rimandato il campionato europeo per l’anno prossimo (2021).

Nel Tennis: anche qui il circuito professionale internazionale (WTA e ATP) si è fermato sino a giugno, dunque tornei Grand Slam come Wimbledon e altri piccoli ma non così importanti si sono dovuti cancellare, altri invece, hanno avuto l’opportunità e fortuna di essere riprogrammati durante l’anno come il caso del Roland Garros (Grand Slam) finitosi domenica scorsa o come l’Internazionale BNL d’Italia (Roma-Masters 1000) che ogni anno assiste ad un aumento esponenziale di persone, che vengono accolti da un’atmosfera unica in uno degli stadi tennisti più belli di sempre come è il caso del campo Pietrangeli sul quale sono presenti delle statue che creano una sorta di protezione al campo. In quest’ultimo torneo, si è vista la presenza di pubblico solo una volta arrivati nella fase delle semifinali con posti intercalari di uno assegnato e l’altro no appunto per rispettare la distanza di sicurezza interpersonale. Tra le novità inserite ci sono delle colonnine disposte su ogni lato del campo contrassegnate con il numero 1 e numero 2, dove ciascuno dei due giocatori posano il loro asciugamano senza essere toccato dai raccattapalle. In questa disciplina i giocatori una volta disputata la partita usano la racchetta come consueto saluto anziché uso della stretta di mano. 

Nella NBA (National Basketball Association): caso delicato data la presenza di 30 squadre nel campionato e territorio americano il più colpito da questa pandemia di COVID-19. Anche qui ci troviamo a campionato sospeso per un caso positivo da parte di un giocatore per poi riprendere il 31 luglio e finire in sicurezza la stagione in sede unica al Disney World Resort di Orlando (denominata la “bolla” di Disney). Di queste 30 squadre, hanno ripreso soltanto 22, poiché quelle escluse erano già matematicamente certe di non arrivare a disputare i playoff. Attualmente si stanno disputando le finali tra i Miami Heat e Los Angeles Lakers. Qui vediamo ad esempio, il tavolo degli ufficiali di gara che è in una posizione più arretrata e non come solitamente si vede a bordo campo, riparato da un plexiglass, e la comunicazione con arbitri avviene soltanto tramite microfono; cosi come la presenza virtuale del pubblico che viene progettato su schermi LED.

#dontbelazybeactive

Aldo Landini

#POLITICAFFÈ

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150 milioni di persone in estrema povertà entro il 2021: gli effetti della pandemia secondo la Banca Mondiale

Stampa statunitense

La povertà estrema globale aumenterà nel 2020 per la prima volta in oltre 20 anni come conseguenza del Covid-19, scrive la CNN. Secondo uno studio effettuato dalla Banca Mondiale, pubblicato il 7 ottobre, la crisi del Covid-19 porterà, entro la fine del 2021, fino a 150 milioni di persone al di sotto della soglia di povertà estrema, soglia attualmente fissata ad un 1 dollaro e 90 centesimi, equivalenti a poco più di 1 euro e 60 centesimi. Quindi, la pandemia azzererebbe i risultati ottenuti in più di vent’anni di progressi nella riduzione della povertà estrema nel mondo. La stima analizzata dalla Banca Mondiale parla di un numero di persone che oscilla tra gli 88 ed i 115 milioni che potrebbero trovarsi a vivere in condizioni di povertà estrema entro la fine del 2021 a causa della pandemia e della conseguente recessione economica. Le previsioni indicano che 8 su 10 “nuovi poveri” si trovano in Paesi a reddito medio.
Come riporta ABC News, citando il Poverty and Shared Prosperity Report, questa situazione porterebbe ad un aumento della percentuale di persone che versano in questo stato, dal 9,1% al 9,4%. La convergenza della pandemia con le pressioni del cambiamento climatico e dei conflitti rende impossibile il raggiungimento dell’obiettivo di porre fine alla povertà entro il 2030. Infatti, entro questa data, il tasso di povertà globale potrebbe aggirarsi intorno al 7%.
Bloomberg ha inteso sottolineare in particolare le parole del Presidente della Banca Mondiale, David Malpass, il quale ha affermato che per fare in modo che questa battuta d’arresto non si cronicizzi è necessario che i Paesi si preparino ad adottare un modello economico diverso nel post-Covid, consentendo al capitale, al lavoro, alle competenze e all’innovazione di avere spazio in nuove imprese e settori.
In Italia, come nel resto d’Europa, il numero dei contagi sta crescendo rapidamente. Questa impennata dei casi fa temere l’adozione di misure più severe e l’annuncio da parte dei diversi governi nazionali di nuovi lockdown. Se ciò dovesse accadere, le economie dei Paesi che hanno già subito una pesante battuta d’arresto nei primi mesi di quest’anno saranno nuovamente messe a dura prova. Dunque, il timore di un disastro sanitario dovuto ad una seconda ondata è accompagnato dalla certezza di forti ripercussioni al livello economico in caso di una nuova stretta da parte dei governi.

Stampa inglese

Adesso siamo giunti nel momento in cui è necessario comprendere profondamente le conseguenze di questa emergenza pandemica e, com’era prevedibile, le ripercussioni di lungo periodo saranno ancora più devastanti degli effetti immediati. In questo quadro si inserisce un Rapporto pubblicato di recente dalla Banca Mondiale che intende porre l’accento sugli scenari di povertà che il Covid-19 sta andando a delineare.
Il Rapporto contiene una stima delle persone che a causa della pandemia quest’anno scivoleranno in una condizione di povertà estrema: si tratta di una cifra che coinvolge tra gli 88 e i 115 milioni di persone – così spiega il Financial Times. E le regioni più colpite saranno l’Asia meridionale e l’Africa subsahariana. Carolina Sánchez-Páramo, una delle principali autrici, ha detto che molto probabilmente le persone che in passato erano fuggite dalla povertà ora potranno ricaderci e che, allo stesso tempo, diverse persone che non sono mai state afflitte da una condizione di questo tipo, potrebbero per la prima volta ritrovarcisi. Nel complesso, quasi il 7% della popolazione mondiale vivrà con meno di 1,90 dollari al giorno entro il 2030. E in pratica, i livelli di povertà globale subiranno il primo aumento significativo dopo il 1998, ponendo fine agli ultimi decenni di progressi. Tra il 2015 e il 2017 circa 52 milioni di persone nel mondo sono uscite dalla povertà ma, sempre secondo il Rapporto, questo andamento stava rallentando già da prima della pandemia.
The Guardian aggiunge che il mutamento di direzione riguardante il fenomeno di abbassamento della povertà, è stato e sarà alimentato da due fattori altrettanto importanti. Stiamo cioè parlando di crisi climatica e conflitti armati. Infatti, questi due fenomeni nell’ultimo periodo avevano fatto registrare una leggera inversione di tendenza, che diventerà appunto sempre più marcata con il passare del tempo, soprattutto alla luce dell’evento pandemico. Un insieme quindi di forze sottostanti e urto recente.

Stampa francese

Radio France Internationale asserisce che la soglia dell’estrema povertà verrà raggiunta nel 2021 da 150 milioni di persone. E tende a sottolineare che la parte più interessante del Rapporto è quella che fa emergere una ‘nuova categoria di persone povere’ rispetto alle epoche passate. Sostanzialmente, partendo dallo shock economico causato dal coronavirus e dal fatto che diversi Paesi ricchi a reddito medio hanno visto i propri bilanci economici scendere a picco nel giro di pochi mesi, si è creata una classe di individui poveri del tutto peculiare. In altre parole, si tratta di persone più istruite, che vivono nei centri urbani e che lavorano nel settore informale. E finiscono in questa situazione, perché quando perdono il lavoro, non hanno risparmi e non possono accedere al credito.
Le Monde dichiara che nella seconda metà dell’anno, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha previsto la distruzione di 195 milioni di posti di lavoro, e proprio su questo dato la Banca Mondiale ha affermato che molti Paesi sperimenteranno una caduta dei redditi da lavoro di una entità mai osservata prima – tenendo conto anche del collasso dell’economia. La povertà però non riguarda solo il reddito; bisogna altresì valutare la scossa violenta che la crisi sanitaria ha esercitato sulla vita quotidiana e sull’accesso ai servizi pubblici. Inoltre, la vulnerabilità dei sistemi sanitari potrebbe aumentare la mortalità infantile del 45%. Si tratta dunque, di dati estremamente preoccupanti.

Chiara Aveni e Gaia Natarelli

Fonti

COVID-19 to Add as Many as 150 Million Extreme Poor by 2021, disponibile su https://www.worldbank.org/en/news/press-release/2020/10/07/covid-19-to-add-as-many-as-150-million-extreme-poor-by-2021, consultato il 10/10/2020

The pandemic could push 150 million more people worldwide into ‘extreme poverty’ disponibile su https://edition.cnn.com/2020/10/07/economy/global-poverty-rate-coronavirus/index.html, consultato il 10/10/2020

150 million people set to fall into ‘extreme poverty’ due to COVID pandemic, World Bank warns, disponibile su https://abcnews.go.com/International/150-million-people-set-fall-extreme-poverty-due/story?id=73497257, consultato il 10/10/2020

Covid-19 Fuels World’s First Rise in Extreme Poverty Since 1990s, disponibile su https://www.bloomberg.com/news/articles/2020-10-07/covid-19-fuels-world-s-first-rise-in-extreme-poverty-since-1990s, consultato il 10/10/2020

Covid-19 will push millions in middle-income nations into poverty, warns World Bank disponibile su https://www.ft.com/content/2a41fa8b-e5d1-4102-b14f-7ec5820a5d7d, consultato il 10/10/2020

Further 150m people face extreme poverty by 2020, warns World Bank disponibile su https://www.theguardian.com/business/2020/oct/07/further-150m-people-face-extreme-poverty-by-2022-world-bank-covid-19-climate-coronavirus, consultato il 10/10/2020

Covid-19 impact ‘will throw up to 150 million people into extreme poverty’ disponibile su https://www.rfi.fr/en/economy/20201007-covid-19-impact-will-throw-up-to-150-million-people-into-extreme-poverty-world-bank-reversals-of-fortune, consultato il 10/10/2020

La pandémie de Covid-19 va faire basculer jusqu’à 150 millions de personnes dans l’extrême pauvreté disponbile su https://www.lemonde.fr/economie/article/2020/10/07/le-covid-19-va-faire-exploser-la-pauvrete-dans-le-monde_6055166_3234.html, consultato il 10/10/2020