#QuelloCheCiUnisce

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Giornata Internazionale della Lingua Araba

Per celebrare uno degli idiomi più diffusi al mondo, le nazioni unite hanno deciso di proclamare il 18 dicembre Giornata Internazionale della Lingua Araba. Difatti, proprio il 18 dicembre 1973 l’arabo è diventata la sesta lingua ufficiale di lavoro dell’Assemblea Generale dell’ONU. 

Questa affascinante lingua appartiene al ceppo linguistico semitico insieme all’ebraico, all’aramaico e al fenicio. Le sue origini sono ancora poco chiare dato che esistono poche testimonianze scritte di gran parte della sua storia; solo nel 2014 venne ritrovata la più antica iscrizione in lingua araba risalente al 110 a.C in Arabia Saudita. Tale lingua può essere suddivisa in 4 principali dialetti: arabo egiziano, arabo del Maghreb, arabo levantino che abbraccia la Libia, Siria, Giordania e Palestina, e infine l’arabo iracheno.

Ma qual è l’etimologia della parola “arabo”?

Alcuni studiosi hanno cercato la risposta a questa domanda scavando tra le antiche leggende greche scoprendo che «arabo» deriva dall’eroe Arabos, nato in un paese di nome Arabia; si tratta del figlio del dio Hermes.

Un’altra ipotesi sostiene che il suo significato indichi «il luogo in cui il sole va a dormire».

Ad ogni modo, la lingua araba possiede un legame viscerale con la religione, infatti, il Corano racconta come il profeta Maometto abbia ricevuto il messaggio di Dio in arabo, con l’intercessione dell’angelo Gabriele. Questa relazione strettissima tra Corano e arabo è quella che ha conferito alla lingua il suo statuto speciale e che ha contribuito all’arabizzazione di diverse popolazioni. Possiamo affermare che il vettore di diffusione più importante è stato il suo ruolo di lingua portavoce dell’Islam. L’islam ha conosciuto un momento di massima espansione conquistando i diversi angoli del mondo: dalla Persia al Portogallo. Questo vagabondaggio linguistico e religioso ha comportato un arricchimento culturale non solo per il popolo arabo in sé, ma anche per i paesi conquistati. Infatti, l’interazione della lingua araba con altri linguaggi ha portato ad abbozzare un nuovo vocabolario che ha arricchito la lingua in campi come i poteri pubblici, l’amministrazione e la scienza. Osserviamo, ad esempio, il Portogallo: Dal 711, con l’invasione dei mori nella Penisola, l’arabo è stato adottato come lingua amministrativa nelle regioni conquistate. Alcune popolazioni hanno recepito così tanto l’influenza araba da formare delle comunità miste chiamate “moçárabes” adottando solo gli elementi linguistici e culturali. L’eredità linguistica araba in Portogallo ha offerto più di un migliaio di vocaboli di ambito culinario, botanico, scientifico, geografico e anche religioso! Si pensi ad esempio alla comune espressione Insh’Allah, questa venne adottata dalle lingue iberiche “Oxalá” in portoghese e “ojalá” in spagnolo, per poter esprimere il sentimento di fiducia che ripongono nella fede, con il significato “che dio voglia” e in questo modo si condividono speranze comuni e la lingua diventa strumento per legare culture poi non così diverse. Inoltre quest’impronta Medio orientale si percepisce ancora oggi in ogni angusta stradina del quartiere Alfama il cui nome deriva proprio da Al-hamma con il significato di “fontane” o ancora la avvertiamo nei toponimi del sud del paese come “Algarve” che deriva da al-gharb al-Andaluz ovvero “Andaluso occidentale”.

In conclusione, l’arabo è l’elegante lingua de “le mille e una notte”, è la culla dei nostri dialetti meridionali, è il portale delle scienze matematiche, è quell’alone di mistero che avvolge l’islam. L’ arabo è poesia ed è essenziale riuscir a porgerle l’orecchio e ascoltare i suoi racconti così lontani dai pregiudizi e dagli stereotipi che ci annebbiano sensi e percezioni.

Greta Accardi

#ATUTTOMONDO

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La rassegna stampa internazionale dell’UNINT

Continuano i tortuosi negoziati riguardo il livello di accesso alle acque britanniche per i pescherecci UE. Nel frattempo, oltreoceano negli States, da un sondaggio pubblico emerge che più di un quarto dei cittadini americani non si vaccinerebbe contro il Covid-19. Grande orgoglio, invece, per il Madagascar: la ricercatrice Zara Randriamanakoto firma la sua nuova invenzione, il radiotelescopio più grande al mondo.

EUROPA

Dalla Spagna, in base a quanto riportato da El Pais, arriva il 15 dicembre la conferma della crescita dei contagi da coronavirus che tocca quota 200 ogni 100.000 abitanti. Le Baleari e le Canarie risultano fortemente colpite dall’aumento dei casi e annunciano, già da lunedì, un aumento delle restrizioni. Secondo lo studio dell’Instituto de Salud Carlos III, si legge su El Pais, almeno 1 spagnolo su 10 avrebbe contratto il virus durante questa seconda ondata, infatti lo studio di siero prevalenza riportato su Rtve conferma che circa il 10% della popolazione spagnola sarebbe stato contagiato. Intere province come Madrid, Cuenca e Soria mostrano una prevalenza di positivi di più del 18%. Intanto, Casado, leader del PP, mette in dubbio l’effettiva realizzazione del piano di vaccinazione del Governo spagnolo e accusa il presidente Sanchez di non affrontare con sincerità la pandemia. Al Congreso de Diputados, scrive El Pais, Casado avrebbe chiesto al presidente di “metterci la faccia” come la cancelliera tedesca Angela Merkel e di mostrare onestà al popolo spagnolo. Con l’arrivo del Natale aumentano le preoccupazioni per la possibile terza ondata e il presidente Sanchez dichiara, secondo quanto si legge su El Pais e El Mundo, che aumenterà le restrizioni nel Paese in vista delle festività. Il coronavirus, però, non soltanto ha avuto conseguenze economiche, bensì, sottolinea EL Pais, ha segnato profondamente e in maniera estremamente negativa un’intera generazione di giovani, già penalizzati dalla crisi precedente. Le conseguenze più immediate sono state una diffusa perdita di impiego e una precarietà, tanto economica, quanto psicologica. El Pais, sul fronte politico riporta l’intento del PSOE e Unidas Podemos di sottoporre al Congreso, durante l’ultimo mese dell’anno, una serie di disegni di legge in campo sociale per riuscire a confermare la maggioranza rispetto al Partido Popular. Le leggi riguardano tematiche delicate quali l’eutanasia, l’educazione, la protezione dell’infanzia e i cambiamenti climatici, oltre al rinforzamento del Poder Judicial.

A.C.

Il protagonista della une di LeMonde continua a essere il Covid-19. In Francia la seconda ondata sta mettendo a dura prova gli ospedali e il personale sanitario, in particolare l’ospedale Bichat, situato nel XVIII arrondissement di Parigi, è in grave difficoltà.

Sono le 11 del mattino e la stanza di Colette è illuminata da una luce invernale sottile e dall’abbraccio del Sacré-coeur che si affaccia alla finestra. Colette vorrebbe fare la sua solita passeggiata in cortile insieme a Julie Pacharro, fisioterapista del reparto di geriatria ma, purtroppo, la mattina del 13 dicembre 2020 non riesce a far altro che sussurrare agli operatori sanitari «Dodo, dodo» (“voglio fare la nanna”). Come Colette, molti pazienti anziani, positivi al Covid, fanno fatica a rimettersi anche in assenza di problemi respiratori: “Sono completamentescarichi nel loro letto, è impressionante”, afferma Agathe Raynaud-Simon, responsabile del reparto.

Spostando l’attenzione verso un’altra grande battaglia, la Francia continua a combattere in prima linea il cambiamento climatico. Nonostante, infatti, siano passati cinque anni dalla COP21, i progressi raggiunti sembrano insufficienti e lo scenario futuristico presentato nella riunione virtuale, tenutasi il 12 dicembre scorso e citata da LeFigaro, appare catastrofico. Malgrado le previsioni distopiche, il Regno Unito, l’UE, la Cina e il Pakistan riaffermano l’impegno e la volontà di intensificare i loro sforzi al fine di garantire lo sviluppo sostenibile.

Nondimeno, il quotidiano francese ci tiene a sottolineare che bisogna fare i conti anche con la crisi economica.

Al grido «si je paye, je coule» (“se pago, fallisco”), Frédéric Bedin, Jean-Bernard Falco e Nicolas Bergerault chiedono aiuto e sostegno al governo per rilanciare le proprie attività. Questa richiesta è stata portata avanti dai tre imprenditori che hanno evidenziato l’ottimo andamento dello scorso anno, gli affari infatti andavano a gonfie vele prima della pandemia raggiungendo persino un fatturato di 300 milioni di euro.

A.B.

Dopo mesi di tortuosi negoziati e a sole tre settimane dal termine del periodo di transizione, restano due questioni a dominare i colloqui tra UE e Regno Unito. Si tratta del futuro livello di accesso alle acque britanniche concesso ai pescherecci dell’UE e, più significativamente, la clausola anti-diluizione per garantire che gli standard normativi non divergano a tal punto da lasciare nel lungo periodo le imprese britanniche o europee a un significativo svantaggio competitivo sul mercato.  Mentre a Bruxelles la questione sull’accesso alla pesca non è vista come un rompicapo, a Londra il sentimento non è contraccambiato. In entrambi i casi, la sensibilità politica al problema, con industrie della pesca da soddisfare per entrambe le parti, rende difficile approdare a un accordo. Londra propone di discutere ogni anno con Bruxelles le quote riservate ai pescherecci degli Stati UE entro 200 miglia marine di zona economica esclusiva. Ciò significa che le quote sarebbero fissate in base alla percentuale di pesce all’interno della zona economica esclusiva di ciascuna parte. Si sostiene che questo sistema sarebbe più equo e più scientifico. È già utilizzato dall’UE nei colloqui annuali per la fissazione delle quote con la Norvegia. Il Regno Unito possiede stock prioritari su cui prevede un aumento delle catture e vuole che l’area da sei a 12 miglia intorno alle sue coste sia utilizzata esclusivamente dai pescherecci britannici. L’UE cerca di resistere in quanto questo tipo di negoziato non offrirebbe sicurezza agli Stati costieri. Vorrebbe inoltre mantenere i guadagni di Londra intorno al 15-18% del pesce catturato da barche comunitarie in acque britanniche, rispetto al 60% richiesto dal Regno Unito. Le divergenze riguardano gli standard ambientali, lavorativi e sociali, che vanno dagli obiettivi di riduzione delle emissioni alle normative in materia di salute e sicurezza oltre agli standard alimentari, che potrebbero lasciare le aziende di una delle parti con una base di costo inferiore nel momento in cui si immetteranno sul mercato europeo. Questo, mentre l’UE sta cercando un meccanismo per garantire che le imprese europee non siano svantaggiate dal punto di vista economico qualora la Gran Bretagna non si faccia avanti. Si sostiene che col passare del tempo gli standard minimi protetti dalla non regressione diventeranno obsoleti. Inizialmente l’UE proponeva che, laddove una parte non fosse riuscita a migliorare i propri standard, l’altra avrebbe dovuto essere in grado di applicare automaticamente le tariffe per correggere le ragioni di scambio. Bruxelles ora sostiene invece che dovrebbe essere possibile per entrambe le parti proporre una revisione degli standard minimi comuni quando sarà il momento. Il Regno Unito ha alcuni problemi con questo approccio. Vuole sapere quale sarà il criterio per giudicare se una parte sia in svantaggio competitivo, come verranno fissati i nuovi standard minimi, oltre a pretendere che le tariffe vengano applicate solo nelle aree di commercio in cui sia possibile dimostrare che eventuali distorsioni siano da ricondursi a divergenze normative, anziché trasversali rispetto a tutti i settori dell’economia. Secondo il Guardian, il capo negoziatore del Regno Unito, David Frost, sostiene che la paura di contromisure potrebbe portare la Gran Bretagna a essere trascinata nell’orbita dell’UE. I funzionari di Bruxelles sospettano che ci sia un’altra motivazione dietro lo scetticismo del Regno Unito: un futuro governo laburista potrebbe accettare di migliorare gli standard che una futura amministrazione conservatrice sarebbe incapace di rimuovere.

L.D.

Protagonista indiscusso di questi giorni è il coronavirus e questa volta il triste primato per numero di decessi spetta alla Germania. Come riferisce il giornale Zeit, che riporta i numeri forniti dal Robert Koch Institut (RKI), sale a oltre 590 il numero dei decessi da coronavirus in un solo giorno registrando così un nuovo record, il più alto dall’inizio della pandemia. Tra i vari Länder è la Baviera a detenere il primato di vittime con 140 decessi, seguita dalla Renania e dal Baden Württemberg.

Nell’attuale panorama una speranza viene fornita dalla società biofarmaceutica Farmycon, come riporta Tagesschau, che intende immettere sul mercato un nuovo farmaco che, sfruttando il principio degli anticorpi, sarà efficace nella lotta contro il coronavirus. Ciononostante, lo stato federale tedesco non può permettersi di abbassare la guardia in vista delle festività natalizie.

Sono in fase di progettazione nuovi inasprimenti delle misure e ulteriori restrizioni per limitare gli spostamenti e gli assembramenti, secondo quanto riportato dallo Spiegel. Infatti, il numero crescente di contagi ha spinto la Cancelliera Merkel ad invocare misure più restrittive.

Nella conferenza telefonica di domenica con i vari governatori dei Länder la Cancelliera ha dunque rivolto un accorato appello, quasi implorando gli stessi ad adottare un lockdown più severo, come riporta il Tagesschau. Secondo la Cancelliera Merkel le misure di lockdown blando, già in vigore dal 2 novembre, non si sarebbero rivelate sufficienti a contenere i contagi e numeri così drammatici aprono la strada ad un lockdown più severo, a partire da mercoledì 16 dicembre fino a domenica 10 gennaio 2021.  Secondo quanto riportato dalla Deutsche Welle, chiuderanno tutte le attività ritenute non essenziali ad eccezione di ospedali, supermercati e farmacie. Alle categorie che hanno abbassato le serrande già da novembre, si uniranno anche tutti i negozi e centri commerciali e vengono anticipate al 16 dicembre le vacanze natalizie per le scuole.

Si apprende dalla lettura del giornale tedesco die Zeit che si sono registrate lamentele e cori di protesta in risposta alle nuove misure introdotte dal governo, infatti estremisti e neonazisti hanno manifestato con minacce e insulti e hanno successivamente preso d’assalto il Reichstag a Berlino accusando il governo di voler limitare la libertà delle persone e la stampa di connivenza e di propaganda favorevole al governo, mentre le restrizioni sono condivise e rispettate dalla maggior parte della popolazione.

Le immagini pubblicate dal giornale Die Welt mostrano però file di persone davanti ai negozi che approfittano degli ultimi giorni prima del lockdown per fare gli acquisti di Natale e sovraffollamenti nelle strade. Per questo si auspica che la campagna di vaccinazione approvata e prevista a partire dal 29 dicembre, secondo quanto si apprende dal giornale Süddeutsche- Zeitung, riporti presto alla normalità dei rapporti sociali.           

 A.P.

Nella Federazione Russa il giorno 10 dicembre circa 20.000 moscoviti si sono iscritti alla vaccinazione contro il Covid-19 e più di 6.000 sono già stati vaccinati, secondo quanto riportato da Mskagency.ru riprendendo le parole del sindaco della capitale russa Sobjanin. L’intero sistema di vaccinazione funziona bene, tant’è che le autorità di Mosca non prevedono di introdurre ulteriori restrizioni e sanzioni durante le vacanze di Capodanno, scrive Mskagency.ru, ma ovviamente non verranno organizzati eventi di massa. Inoltre, da lunedì 14 dicembre la registrazione per la vaccinazione è stata messa a disposizione di altri gruppi a rischio a causa del proprio lavoro: si tratta di lavoratori del commercio, di centri di servizi pubblici e di istituzioni culturali, secondo quanto riporta Iz.ru, che sono a contatto con milioni di cittadini. Il capo del Centro Gamaleja Aleksander Gincburg ha affermato che il vaccino Sputnik V sarà in grado di proteggere il corpo dall’infezione da coronavirus per 2 anni, riporta Russian.rt.

Per quanto riguarda la distribuzione del vaccino russo nelle altre regioni russe e nel mondo, il primo ministro Mišustin ha detto che i primi lotti del vaccino Sputnik V sono stati inviati nelle altre regioni della Federazione Russa, secondo quanto riporta Regnum.ru e anche il secondo vaccino EpiVacCorona è entrato nella circolazione civile, così ha riferito il capo del Rospotrebnadzor Anna Popova a un corrispondente di Regnum.ru. Il Centro Vector ha già prodotto 50.000 dosi del secondo vaccino russo e 7.800 dosi sono state introdotte nella circolazione e consegnate a 5 regioni, scrive Ria.ru mentre il secondo vaccino russo è ufficialmente entrato in una nuova fase di test, i cui risultati verranno annunciati a gennaio. Nel frattempo, l’Argentina ha firmato un contratto con la Russia per la fornitura del vaccino Sputnik V (circa 300.000 dosi entro fine anno) e prevede di vaccinare 10 milioni di persone tra gennaio e febbraio, secondo quanto riporta Ria.ru. Continuano a essere riportati giornalmente i casi di coronavirus: l’11 dicembre sono stati riportati 28.585 casi nel Paese, il dato più alto della settimana. Il 15 dicembre, i dati riportano un totale di più di 2,7 milioni di casi, secondo il sito Stopcoronavirus.rf ma fortunatamente durante il corso della settimana il numero di casi è diminuito. San Pietroburgo detiene un record per il ricovero settimanale di persone infette da coronavirus e di conseguenza il carico sugli ospedali pietroburghesi è estremo, scrive Vesti.ru. Il presidente del comitato sanitario cittadino Dmitrij Lisovec ha annunciato un aumento significativo del numero di ricoveri nell’ultima settimana, tanto che l’addetto stampa del Cremlino Dmitrij Peskov ha annunciato una situazione grave a San Pietroburgo, scrive Russian.rt. Secondo la fonte Gazeta.ru, dal 7 al 13 dicembre 5.785 persone sono state ricoverate, si tratta del dato più alto dall’inizio della pandemia. Sono state introdotte misure molto restrittive, come il divieto alle imprese di ristorazione di servire i clienti durante le vacanze invernali e la chiusura di musei e teatri. Nel frattempo, come riporta Pravda.ru, sono iniziate le vaccinazioni volontarie per i medici e gli insegnanti della città: entro fine dicembre saranno consegnate più di 4,6 mila dosi di vaccino Sputnik V.

In relazione alle questioni economiche del Paese, il servizio stampa del Cremlino ha riferito che il 9 dicembre si è tenuta una riunione tramite videoconferenza durante la quale il presidente Putin ha chiesto di risolvere la questione dei prezzi del cibo nel più breve tempo possibile, in modo da fermare l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, spiega Gazeta.ru. Il presidente ha ribadito che l’aumento dei prezzi non è correlato alla pandemia in corso e non è giustificabile in alcun modo. Secondo un articolo di Zona.media, il presidente si è rivolto al capo del Ministero dello Sviluppo Economico Rešetnikov criticandolo per questo aumento dei prezzi, poiché tali “esperimenti” sono inaccettabili davanti al calo dei redditi della popolazione. Entro lunedì 14 dicembre ministeri e dipartimenti hanno dovuto preparare i documenti necessari alla riduzione dei prezzi dei prodotti alimentari, secondo quanto richiesto dal Primo Ministro russo Mišustin, scrive Rbc.ru. Il 15 dicembre Mišustin ha così firmato una serie di documenti per stabilizzare i prezzi dei prodotti alimentari, riporta Gazeta.ru: uno dei documenti riguarda degli accordi speciali con produttori alimentari e catene di vendita al dettaglio. Tali accordi aiuteranno a ridurre e mantenere a un livello normale i prezzi dei beni più popolari.

Per quanto riguarda i rapporti tra Russia e Stati Uniti, il presidente Putin si è “finalmente” congratulato con Joe Biden per aver vinto le elezioni presidenziali statunitensi tramite telegramma, secondo il sito web del Cremlino. Il presidente ha espresso la sua convinzione che attraverso gli sforzi congiunti tra Mosca e Washington si potrebbero risolvere molti problemi e sfide a livello mondiale, poiché una collaborazione tra Russia e Stati Uniti soddisferebbe l’intera comunità internazionale. Ciò è successo il 15 dicembre, poiché il 14 i membri del collegio elettorale hanno votato per Biden: il collegio elettorale prende la decisione finale su chi diventerà il nuovo presidente degli Stati Uniti, per questo Putin si era astenuto dal congratularsi con Biden, volendo appunto aspettare il completamento della procedura statunitense, spiega Rbc.ru.

Per quanto riguarda la situazione con l’Ucraina, l’ex Paese sovietico si è preparato per l’attuazione di uno scenario militare per risolvere il conflitto in Donbass, secondo quanto riporta Pravda.ru. L’Ucraina non dovrebbe nemmeno pensare a una soluzione militare alla questione del Donbass, sia perché le sue aspirazioni non sono sostenute dai Paesi europei, sia perché Putin ha spiegato che tali azioni porterebbero conseguenze molto gravi all’ex Paese sovietico.

S.P.

AFRICA

Il Madagascar punta in alto, alle stelle. Il 15 dicembre 2020, la ricercatrice Zara Randriamanakoto, originaria del Madagascar, firma la sua nuova invenzione: il radiotelescopio più grande al mondo. Come sottolinea Christelle Marot (jeuneafrique.com), la dottoressa in scienze astrofisiche non ha ancora avverato il suo sogno di poter continuare la ricerca in Madagascar affinché tutte le giovani donne possano esserne ispirate.

Il sogno della giovane donna sembra però infrangersi quando si continua a leggere di episodi razzisti, per esempio nello sport. Secondo Alexis Billebault di jeuneAfrique, il match del 12 dicembre entrerà nella storia. La partita che ha visto scendere in campo il PSG e il Basaksehir ha fatto da cornice alle ire dell’attaccante Webo, quando il quarto uomo romeno ha usato il termine “negru” (nero in italiano) per riferirsi al viceallenatore dei turchi. Così l’allenatore del Basaksehir ha deciso di sospendere la partita. «Le mal est ancien» e, ancora una volta, si rende manifesta la volontà di sconfiggere una piaga secolare: il razzismo.

A.B.

Giovedì, Donald Trump ha annunciato la normalizzazione delle relazioni tra Marocco e Israele. Con questo accordo, il Marocco diventa il quarto Paese arabo a mettere da parte l’ostilità con Tel Aviv negli ultimi mesi, dopo EAU, Bahrein e Sudan. Stabilirà piene relazioni diplomatiche con la controparte e consentirà sorvoli aerei e voli di linea da e verso Israele per tutti i suoi cittadini. Il monarca marocchino ha affermato che il Regno è determinato a salvaguardare l’impegno permanente alla difesa della causa palestinese e alla costruzione della pace in Medio Oriente. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha accolto con favore l’accordo, descrivendolo come “un altro grande segnale per la conciliazione”. Come parte dell’intesa, Trump ha anche annunciato di riconoscere la sovranità di Rabat sul territorio del Sahara occidentale, teatro di un conflitto pluridecennale tra il Marocco e il Fronte Polisario, un movimento separatista, sostenuto dall’Algeria, che cerca di insediare sul territorio uno Stato indipendente. Da parte sua, il Fronte Polisario deplora profondamente la decisione di riconoscere la sovranità del Marocco sulla regione. In commento alla svolta nei rapporti, il rappresentante del movimento in Europa ha parlato di “un evento singolare ma non sorprendente”, aggiungendo che ciò non pregiudicherà il diritto del popolo Saharawi all’autodeterminazione. Le Nazioni Unite hanno ribadito che nonostante la decisione americana, la posizione del Segretario generale Guterres riguardo il Sahara occidentale non cambierà. Durante la conferenza stampa all’ordine del giorno, il portavoce Dujarric ha riferito dell’intenzioni di Guterres nel volere continuare a negoziare una soluzione sulla base delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza. La forza trainante dietro la conclusione di questi accordi, riferisce al-Quds al-Arabi è stata la volontà di costituire un fronte unito contro l’Iran al fine di contenerne l’influenza regionale.

L.D.

Secondo quanto riportato da al-Jazeera, il primo ministro sudanese Abdalla Hamdok ha annunciato il vertice dell’IGAD (Autorità intergovernativa per lo sviluppo), per risolvere la crisi nella regione del Tigre, in Etiopia, in seguito ai bombardamenti del 4 novembre che hanno dato vita a una crisi umanitaria, ucciso migliaia di persone e visto fuggire circa 50.000 etiopi. Il vertice, previsto ad Addis Abeba nella giornata di domenica, è stato concordato con la controparte etiope, Abiy Ahmed. In una nota su Twitter, il primo ministro sudanese ha sottolineato l’importanza di questa riunione di “emergenza” per discutere in modo produttivo su questioni politiche, umanitarie e di sicurezza di interesse comune al fine di garantire un futuro di pace, di stabilità e di prosperità per le due Nazioni e la regione. Un funzionario del governo sudanese ha dichiarato all’agenzia di stampa AFP che l’incontro tra Hamdok e Abiy è stato fruttuoso, soprattutto sulla riunione di emergenza dell’IGAD e sul rilancio di un comitato che lavorasse per delineare il confine condiviso.

V.D.I

Secondo quanto riportato da An-Nahar, gli Stati Uniti hanno ufficialmente ritirato il Sudan dalla lista degli Stati che sponsorizzano il terrorismo, in cui era incluso nel 1993. A confermare la notizia è l’ambasciata americana a Khartoum con una nota su Facebook, nella quale ha anche riportato che la decisione è stata presa dall’amministrazione americana lo scorso ottobre, in seguito alla scadenza del termine di presentazione delle relazioni congressuali di 45 giorni. La misura è stata pubblicata nel registro federale ed è entrata in vigore nella giornata di lunedì 14 dicembre.

V.D.I

Più in linea generale, parlando dell’Africa nella sua totalità in quanto continente, gli epidemiologi africani cominciano a interrogarsi sulla presunta data di arrivo dei vaccini contro il coronavirus nel proprio continente. Secondo quanto riportato da al-Jazeera, infatti, nella giornata di giovedì il direttore dei centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie, John Nkengasong, si è pronunciato sulla questione mostrando preoccupazione per l’arrivo dei vaccini nei Paesi africani, affermando realisticamente che è improbabile che ciò accada prima della metà del 2021. A tal proposito, chiede una sessione straordinaria delle Nazioni Unite affinché venga garantita un’equa distribuzione dei vaccini, essendo un bene comune da garantire indipendentemente a tutti e non solo ai Paesi ricchi che si sono già assicurati un gran numero di dosi. Malgrado le numerose sfide infrastrutturali e logistiche (conservazione del vaccino) e i fattori in gioco (vincoli finanziari, investimenti necessari, vita quotidiana della popolazione), l’epidemiologa e direttrice esecutiva dell’African Population and Health Research Center, Catherine Kyobutungi, ha dichiarato che potrebbe volerci del tempo ma i vaccini arriveranno e spera che nel primo trimestre del 2022 una parte significativa della popolazione africana sarà stata vaccinata.

V.D.I

MEDIO ORIENTE

Lunedì, in Arabia Saudita, una petroliera della compagnia singaporiana Havnia è esplosa al largo del porto di Gedda, centro di distribuzione del colosso petrolifero saudita Aramco. La compagnia ha comunicato che una “causa esterna” avrebbe preso di mira la petroliera, dando luogo a un incendio avvenuto durante lo scalo della nave. L’equipaggio, tuttavia, è stato in grado di placare le fiamme senza riportare alcun ferito, pur non escludendo perdite di petrolio. Negli ultimi due anni, tra il Golfo e il Mar Rosso diverse petroliere sono state oggetto di attacchi misteriosi. L’Arabia Saudita con il placito degli Stati Uniti ha arrecato la responsabilità di questi eventi alle milizie Houthi, sostenute dall’Iran, il quale tuttavia nega qualsiasi ruolo negli attacchi. Attraverso Bab al-Mandab e il Golfo di Aden, il Mar Rosso rappresenta uno dei principali corridoi di trasporto per la sicurezza energetica e acquista una notevole vaglia geopolitica in presenza di isole dalla grande importanza strategica, tra cui Shedwan e Demira. Nel settembre 2019, gli attacchi agli impianti petroliferi Aramco, il più grande esportatore mondiale di greggio, hanno temporaneamente dimezzato la produzione del regno, provocando turbolenze nei mercati globali. Gli osservatori ritengono che il targeting della petroliera non sia privo di messaggi volti a fare pressione agli USA affinché recedano dall’intenzione di classificare il gruppo filoiraniano come organizzazione terroristica. L’amministrazione Trump aveva considerato l’idea di classificare la milizia come gruppo terroristico già nel 2018, salvo rinviare il piano in parte a causa di una serie di preoccupazioni tra cui la complessità nel fornire aiuti umanitari oltre alla messa a repentaglio degli sforzi per una soluzione pacifica alla crisi. Gli Houthi, che controllano le aree dello Yemen settentrionale al confine con l’Arabia Saudita, hanno intensificato i loro attacchi al Regno da quando Riyadh nel 2015 ha assunto la guida di una coalizione militare a sostegno del governo yemenita. Il quotidiano al-Arab ricorda che il conflitto ha dato luogo a quella che molti definiscono la più grave crisi umanitaria della storia recente, in cui circa l’80% della popolazione è diventata dipendente dagli aiuti umanitari.

L.D.

Fonti dalla Palestina hanno riferito che la visita del presidente Mahmoud Abbas a Doha mira a cercare il “sostegno del Qatar” di fronte alla crescente pressione araba (saudita-egiziana) per spingere il presidente palestinese a impegnarsi nel nuovo percorso di pace direttamente con Israele. Le fonti riferiscono che l’Egitto ha consigliato ad Abbas di essere più aperto verso i Paesi arabi che hanno scelto la nuova via della pace o che vi si stanno indirizzando, in quanto tale mossa darebbe un margine ai Paesi arabi per presentare positivamente la questione palestinese all’amministrazione Biden, riducendo la velocità di Israele sulla strada della normalizzazione. Abbas ha di recente scelto di scommettere su Qatar e Turchia e sul riavvicinamento con Hamas come reazione alla decisione dell’amministrazione Trump di passare alla fase degli accordi diretti tra Israele e Paesi arabi senza alcuna attesa per il progresso della pista israelo-palestinese, dopo che lo stesso Abbas ha rifiutato di assecondare Trump e gli sforzi della sua amministrazione per rilanciare la pace secondo una nuova visione. Il presidente Abbas vorrebbe che il Qatar svolga un ruolo di sostengo ai suoi sforzi con la nuova amministrazione statunitense, per collocare il dossier palestinese in cima alle priorità americane e, nonostante i suoi dubbi, continua a credere al discorso del Qatar secondo cui Doha sarà la più vicina a livello regionale all’amministrazione Biden. In una intervista con Al-Arab, Muhammad Masharqa, direttore del Progress Center for Policies di Londra, ha sottolineato come le variabili regionali e globali richiedano un’intensa attività che abbia a iniziare con la razionalizzazione dell’amministrazione politica palestinese mediante rapide elezioni legislative e presidenziali e con la promozione di nuove iniziative che contribuiscano a incoraggiare l’amministrazione Biden a dare la priorità al conflitto israelo-palestinese. Masharqa ha invitato il presidente Abbas a ripristinare le relazioni palestinesi con tutte le capitali arabe e ad essere dalla loro parte per dare nuovo slancio a soluzioni.

L.D.

AMERICA

In base a quanto riportato dal New York Times, il fatto che negli Stati Uniti sia iniziata una delle campagne di vaccinazione più ambiziose della storia non basterà a convincere tutto il popolo americano a sottoporsi al vaccino. Infatti, secondo il sondaggio pubblicato martedì scorso dalla Kaiser Family Foundation, più di un quarto degli americani afferma che non prenderà il vaccino contro il Coronavirus. In particolar modo, tra i più riluttanti a farsi vaccinare troviamo i repubblicani, la popolazione rurale e gli uomini di colore. La fondazione Kaiser ha pubblicato questo primo report sul “Covid-19 Vaccine Monitor” per esaminare in profondità le opinioni che il pubblico ha sviluppato nei confronti di queste vaccinazioni. Ovviamente, tali informazioni saranno essenziali per gli esperti di sanità pubblica, i quali stanno cercando di incoraggiare la vaccinazione. Attenendoci a queste dichiarazioni sembra che gli Stati Uniti, oltre a cercare di reprimere infezioni, ricoveri e decessi esplosivi, dovranno farsi carico anche di una seconda sfida: lo scetticismo, nonostante questo non sia stato del tutto imprevisto. Sempre in base a quanto riporta il New York Times, sembra che il presidente Trump voglia sfruttare la sua potenza per aiutare i produttori di farmaci a ottenere le materie prime di cui avrebbero bisogno per produrre decine di milioni di dosi extra del vaccino Pfizer, tutto entro la prima metà del prossimo anno. Se Trump riuscisse a raggiungere quest’ accordo riuscirebbe anche a porre rimedio alla carenza incombente di vaccini che la stessa amministrazione ha contribuito a creare non preordinando più dosi del vaccino Pfizer, il quale è stato sviluppato insieme al suo partner tedesco, BioNTech. Quest’estate la Pfizer ha comunque accettato di fornire agli Stati Uniti 100 milioni di dosi entro la fine di marzo, sufficienti però per inoculare solo 50 milioni di persone poiché il vaccino stesso richiede due richiami. Quindi, l’amministrazione americana ha chiesto di recente alla Pfizer di vendere il vaccino in dosi sufficienti per coprire altri 50 milioni di persone, tuttavia la richiesta non sembra essere andata a buon fine poiché la Pfizer ha affermato di aver già trovato clienti in tutto il mondo per le dosi che riuscirà a produrre fino alla metà del prossimo anno. Tuttavia, negli ultimi giorni, la società produttrice dei vaccini ha indicato che riuscirebbe a produrre più dosi se l’amministrazione americana ordinasse ai fornitori dell’azienda di dare la priorità alle loro richieste di acquisto. Ora le due parti stanno negoziando un contratto in base al quale Pfizer fornirebbe decine di milioni di dosi in più tra aprile e la fine di giugno.

Come ultimo argomento introduciamo ora i continui e presunti eventi razziali che sembrano verificarsi in America, spesso in maniera latente. In base a quanto riportato dal New York Times sembra che uno studente nero sia stato espulso da una scuola d’ élite. Tutto inizia quando il mese scorso la madre dello studente di colore che frequentava la scuola privata di Charlotte, nel North Caroline ha appreso che la classe di inglese del figlio avrebbe studiato la commedia “Fences” di August Wilson. L’opera letteraria esaminava il razzismo nell’America degli anni ’50 e nello specifico è un racconto costellato di insulti razziali fin dalla prima pagina. Consecutivamente alla scoperta Faith Fox, avvocato e madre single, è andata a lamentarsi con la scuola. La donna ha spiegato il suo rancore in un’intervista e ha affermato di aver immaginato la classe prevalentemente bianca di suo figlio alla Providence Day School che leggeva il dialogo ad alta voce. La sua principale preoccupazione era che i temi fossero troppo maturi per il gruppo e che avrebbero quindi potuto promuovere gli stereotipi sulle famiglie nere. Dopo un giro di e-mail e un incontro con la signora Fox, la scuola ha accettato una lezione alternativa per suo figlio, Jamel Van Rensalier, 14 anni. La scuola ha anche discusso le lamentele con i genitori di altri quattro studenti. Tuttavia, il disaccordo della signora Fox si è intensificato fino ad arrivare alla creazione di un gruppo Facebook di genitori, in seguito al quale la donna ha scritto una mail che i funzionari della scuola hanno interpretato come un attacco personale a un membro della facoltà. Così il giorno dopo il Ringraziamento la scuola ha informato la signora Fox che Jamel non avrebbe più frequentato l’unica scuola che avesse mai conosciuto, ossia la Providence. Sua madre l’ha definita un’espulsione mentre l’istituzione scolastica l’ha definita “una cessazione dell’iscrizione” che aveva a che fare con il genitore e non con lo studente. In ogni caso, quella che doveva essere una lezione letteraria sulla diversità e l’inclusione è in qualche modo costata a un quattordicenne nero il suo posto in una scuola superiore privata d’élite. Jamel, l’ex studente, aveva recentemente fatto parte della squadra di basket e in un’intervista aveva detto che sperava di diplomarsi come un leader del Providence Day. “Ero completamente distrutto”, ha affermato. Ora il ragazzo dovrà iniziare a frequentare la scuola pubblica a gennaio. In conclusione, sembra che quest’anno particolare, oltre ad aver causato una crisi economica, ne abbia causata anche una sociale, dal momento che molte istituzioni americane hanno dovuto affrontare il tema del razzismo, comprese le scuole. Per esempio, quando sono scoppiate le proteste in piazza dopo la morte di George Floyd, i giovani di tutto il Paese hanno utilizzato i social media per denunciare il razzismo nelle loro scuole e alla Providence Day School, mentre gli studenti neri condividevano storie di discriminazione e insensibilità su Instagram, la scuola stessa rilasciava dichiarazioni contro il razzismo.

A.B.

Da Cuba, arriva quella che EL Diario De Cuba definisce “una sorpresa per il presidente Biden”, una carovana di migranti cubani che tentano di arrivare in America del Nord. Secondo l’informativa de las Academias Nacionales de Ciencias de EEEUU, riporta El Diario De Cuba, le microonde ad alta frequenza sarebbero la causa di alcuni problemi di salute dei diplomatici di La Habana. Il Governo cubano, però, sembra rifiutare tale ipotesi sostenendo che si tratti di un fatto non dimostrato e altamente improbabile.

A.C

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Il Messico riconosce la vittoria elettorale di Joe Biden, il quale, si legge su El Pais, ha promesso di migliorare la vita dei migranti messicani negli Stati Uniti prima del compimento dei primi cento giorni di soggiorno nel Paese. In questo modo, scrive il presidente Obrador in una lettera a Biden, sarà possibile continuare a promuovere lo sviluppo e il benessere delle comunità del sud-est del Messico e dei Paesi del Centroamerica.

A.C.

In Argentina la Camera dei Deputati ha approvato un disegno di legge per legalizzare l’aborto gratuito e volontario, avvicinando il Paese all’adozione di una legislazione che gli attivisti per i diritti delle donne hanno cercato a lungo, scrive il BBC News.

Il progetto ha ottenuto 131 voti favorevoli e 117 contrari, dopo un dibattito durato 20 ore.

Nelle prossime settimane il disegno di legge dovrà essere sottoposto a votazione in Senato per la sua definitiva approvazione. Attualmente, la legge argentina consente l’aborto solo quando la gravidanza rappresenta un serio rischio per la salute della madre o in caso di stupro, mentre, con il progetto in corso, l’aborto volontario e gratuito sarebbe consentito fino alla quattordicesima settimana di gestazione. Nel 2018 anche la Camera dei deputati argentina ha approvato un disegno di legge simile per legalizzare l’aborto, ma il Senato lo ha respinto. Questa volta il progetto ha il sostegno esplicito del presidente del Paese, Alberto Fernández, poiché è stato lui stesso a presentarlo al Congresso di novembre. La Chiesa cattolica ha ribadito la sua opposizione all’aborto e ha chiesto ai politici argentini “un secondo per riflettere su cosa significhi il rispetto per la vita”. Al contrario, il ministro delle donne, dei generi e delle diversità, Elizabeth Gómez Alcorta, ha twittato dopo il voto: “Abbiamo scritto un nuovo capitolo della nostra storia”. Durante il dibattito e la votazione, i gruppi favorevoli e contrari al disegno di legge si sono riuniti davanti al palazzo dei congressi nella capitale, Buenos Aires. Le persone a favore dell’aborto indossavano il verde, il colore del loro movimento.

A.C.

Lo scorso lunedì nel sud del Cile si è aperto un cielo sereno e coperto che ha permesso a migliaia di persone di godersi l’eclissi solare, che per gli indigeni Mapuche potrebbe essere l’inizio di un nuovo ciclo o un cattivo presagio, scrive il DW. Questo fenomeno è percepito come un generatore di cambiamenti dovuti alla “morte temporanea del Sole” o “Lan antü”, nella lingua Mapuzungún. Sulla base di questa visione del mondo, i membri della comunità hanno vissuto il fenomeno con rispetto e alcuni si sono nascosti temendo cattivi segnali, ma tutti hanno condiviso la convinzione che si tratti di un messaggio di cambiamenti nella natura. Nella città di Finfin, anche a La Araucanía, molti mapuche si sono nascosti nelle loro case al momento dell’eclissi dopo aver pregato in modo che l’impatto negativo non fosse così forte. “Per noi il fatto di non vedere il Sole è negativo, ma simbolicamente questo significa un avvertimento su ciò che potrebbe accadere in futuro, per questo non dovremmo guardare l’eclissi”, ha spiegato Rosa Barbosa, guida spirituale del territorio dei Finfin, che è stata visitata durante la giornata dal direttore della National Indigenous Corporation (Conadi), Ignacio Malig.

A.C

Come riportato dal BBC News, in Venezuela, almeno 14 persone sono state trovate senza vita questo fine settimana nel mare di Güiria, nello stato di Sucre. La guardia costiera venezuelana ha registrato 11 decessi sabato a circa 7 miglia nautiche (circa 13 km) dalla costa e altri 3 sulla spiaggia questa domenica. I corpi sono stati trasferiti all’obitorio dell’Ospedale Centrale di Cumaná, capitale di Sucre.

David Smolansky, commissario del Segretariato generale dell’Organizzazione degli Stati americani per la crisi dei migranti e dei rifugiati venezuelani, ha detto che sono stati vittime del naufragio di una barca che era partita con i migranti a bordo da Güiria a Trinidad il 6 dicembre. “Ci sono donne e minori tra i venezuelani che sono deceduti cercando di fuggire dal regime ed essendo stati rimpatriati da Trinidad sono naufragati e trovati galleggianti vicino alla costa di Güiria”, ha scritto Smolansky su Twitter sabato. Smolansky in seguito ha affermato che 19 venezuelani erano apparentemente senza vita, anche se solo 11 sono stati identificati e 7 sarebbero adulti e 4 minori. Il coordinamento e i collegamenti sono mantenuti tra il governo venezuelano e le autorità militari della Repubblica di Trinidad e Tobago, sostenendo con il loro comando della Guardia Costiera e la missione di ricerca via mare, così come il supporto aereo.

A.C.

La richiesta di una nuova Costituzione in Perù è stata incarnata in un disegno di legge dopo che la richiesta si è rafforzata durante la crisi politica dello scorso novembre, soprattutto nelle massicce manifestazioni che hanno causato la caduta del governo di transizione del presidente Manuel Merino di breve durata, scrive Infobae. Al Congresso è stata presentata un’iniziativa legislativa per approvare lo svolgimento di un referendum in cui si consulta la popolazione se è favorevole alla sostituzione dell’attuale Costituzione, in vigore dal 1993 e promossa dall’ex presidente Alberto Fujimori (1990-2000), dopo un auto-colpo di stato. Nonostante la richiesta di una nuova Costituzione sembrasse minoritaria prima della crisi di novembre, è stata apparentemente ampliata dopo che i peruviani hanno visto come le massicce proteste popolari in Cile hanno portato a un processo di sostituzione della Costituzione imposta dal 1980 di Augusto Pinochet.

Il disegno di legge suggerisce l’idea di far coincidere il giorno del plebiscito con le prossime elezioni generali, convocate per l’11 aprile 2021.

Nel caso in cui si tenesse il referendum e il sì vincesse, il presidente eletto avrebbe 90 giorni dall’assunzione del capo dello Stato per indire le elezioni per l’Assemblea costituente, che si terranno la seconda domenica di aprile 2022.

L’attuale presidente ad interim, Francisco Sagasti, è stato riluttante a spingere per una nuova Costituzione durante il governo di transizione che guida e ha ritenuto che dovrebbe essere un compito del presidente eletto alle prossime elezioni.

A.C.

ASIA

In base a quanto riportato dall’Asia Times mercoledì, una delle società farmaceutice cinesi ha accettato di acquistare 100 milioni di dosi del vaccino contro il coronavirus dalla società tedesca BioNTech, a condizione però che Pechino ne approvi l’uso. Motivo per cui la Cina ha trovato rapidamente i propri candidati per il vaccino Covid-19 e incrementato gli impianti di produzione. Nel frattempo, anche le aziende locali cinesi collaboravano con gli sviluppatori stranieri per rifornire uno dei Paesi più popolati del mondo. Nello specifico, Shanghai Fosun Pharmaceutical Group ha dichiarato di aver stipulato un accordo con l’azienda tedesca volto a garantire “una fornitura adeguata” di vaccini in Cina, aggiungendo che effettuerà un pagamento iniziale di 125 milioni di euro (152 milioni di dollari) prima della fine dell’anno per 50 milioni di dosi, mentre i restanti 125 milioni di euro verranno pagati solamente dopo aver ricevuto l’autorizzazione a commercializzare il vaccino tedesco nella Cina continentale. Tuttavia, l’accordo non specificava quando sarebbero arrivati ​​le restanti 50 milioni di dosi. I vaccini Pfizer e BioNTech sono già stati approvati per l’uso di emergenza in paesi come Stati Uniti, Regno Unito e Singapore.

Ora cambiando argomento, in base a quanto riportato dall’ Asia Times, la spesa interna della Cina continua a crescere, nello specifico le vendite al dettaglio nella seconda economia più potente del mondo, durante il mese di novembre, sono aumentate del 5% su base annua, almeno così afferma il National Bureau of Statistics (NBS). La cifra era stata già prevista dagli analisti ed era in aumento rispetto alla crescita del 4,3% del mese scorso. Sembra che l’economia cinese stia assistendo ad una ripresa costante dopo la pandemia da coronavirus. Tuttavia, data la recrudescenza del virus, la ripresa economica mondiale sta ancora affrontando venti contrari con crescenti instabilità e incertezze. Nonostante la Cina sia riuscita in gran parte a tenere sotto controllo il coronavirus, la sua ripresa della spesa è stata comunque più lenta poiché il mondo si trova ancora oggi a dover affrontare l’impatto della pandemia e ne è stato colpito in particolar modo il settore dell’ospitalità. Per esempio, recenti dati hanno mostrato che in Cina la crescita dei ricavi nel settore della ristorazione è diminuita dello 0,6% a novembre, dopo essere però diventato positivo per la prima volta nel 2020. A novembre, invece, il reddito della produzione industriale è cresciuto leggermente al 7%, rispetto al 6,9% del mese scorso. Nel frattempo, il tasso di disoccupazione urbana – una delle principali preoccupazioni con un gran numero di laureati che entrano nel mercato quest’anno – è sceso leggermente al 5,2% a novembre.

A.B.

Rassegna stampa a cura di:
Alessandra Semeraro (responsabile inglese, cinese, portoghese, arabo)
Alissa Bianconi & Livio D’Alessio (lingua inglese)
Alissa Bianconi (lingua cinese)
Livio D’Alessio & Veronica Dello Iacono (lingua araba)
Veronica Battista (responsabile spagnolo, tedesco, francese, russo)
Angelica Chimienti & Alessandra Colone (lingua spagnola)
Antonella Bruno (lingua francese)
Antonella Petrone (lingua tedesca)
Simona Piergiacomo (lingua russa)
Claudia Lorenti (coordinatrice del progetto)

#RECEUSTIONI

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Niente ci accarezza di più il respiro delle grandi storie d’amore immortalate nella forma del romanzo. Freud asseriva che la nostra vita psichica è tanto più sana quanto più si ama e si è contraccambiati, e il romanzo ci permette di acuire quella riposta intelligente che si spera sia in noi, tanto più se la storia e i suoi attori ci invitano a intraprendere quel viaggio iniziatico che è l’eros.

Il romanzo di cui tenterei un sobrissima esposizione tratta proprio di un viaggio: geografico, tecno-assistito, escatologico, o più ancora psichico (mentale… detto tra noi, sa di bimbominkia) se vogliamo. Un intinerium mentis alla Alighieri, to’! Tuttavia, il titolo potrebbe trarre in inganno: sì perché In un amore felice, sulle prime darebbe l’impressione di un accostamento mal riuscito di due parole che, soprattutto ai più schifiltosi di noi, fanno sanguinare le orecchie… ma nient’altro che una mera impressione.

L’opera, edita da Adelphi, è una delle ultime fatiche letterarie di Guido Ceronetti, squisito poeta e scrittore italiano, nonché teatrante e autore di formidabili traduzioni di testi biblici e non solo. Una figura, quella di Ceronetti, poco gloriata negli spazi ristretti in cui la letteratura si affaccia ai più, eppure notevole suonatore di spariti letterari degni delle sale da concerto del XIX secolo.

Quella da lui evocata nel romanzo è un’epopea leggendaria che vede protagonisti due anonime figure umane, un uomo e una donna che, data la loro numerosa differenza d’età, apparirebbero come coppia piuttosto improbabile negli scenari quotidiani, eccetto là dove si staglia l’odore di meschini interessi. Sui due grava l’oscuro presagio di un’invasione aliena che, lungi da rasentare il ridicolo sproloquio ufologico a stelle e strisce, l’autore mutua dai primissimi testi biblici del Genesi. Sullo sfondo, un’Italia ancora vergine delle grandi avventure industriali (quella delle lucciole assai cara a Pasolini), con brevi soggiorni nella Parigi tanto elogiata come pure bistrattata dagli autori del Novecento, una Washington burocratica, già votata al controllo del mondo e una Puerto Rico esotica ed edenica. In questo spazio epico, accompagnati da un mitico carrozzone di comprimari e illustri comparse (da Orson Welles, a Robert Capa, e a Louis Ferdinand Celine per termine con Nicola Tesla nella veste di padrino dei protagonisti) i due attori si muovono, come anime spaurite, nel tentativo di salvare l’umanità da una minaccia ignota e imperscrutabile.

L’imminenza dell’apocalisse suggella intimamente il legame tra i due sventurati, lui vecchio fotografo di guerra segnato dal tempo e dai dolori e lei molto più giovane, ma nondimeno lacerata dalla lame della vita. È un amore, quello dipinto da Ceronetti, vissuto ascoltando tutti i suoi echi, dai più lugubri rantoli della gelosia, ai sospiri suadenti della voluttà, fino agli accenti di quella philia che i filosofi antichi indicavano come la forza cosmica che spinge in armonica unità gli elementi.

L’escamotage fantascientifico degli alieni è rara metafora di quell’altro, che noi figli della post-modernità (o modernità posticcia?) siamo soliti interpretare come l’anelito di quei romantici fiaccati dalla storia o come entità che ci lusinga fin quando è accomodante. Lo stesso autore, nella lettera rivolta al suo pubblico posta in esergo al testo, fa ammissione di un inappagato bisogno di Trascendenza che sarebbe errato confondere con un desiderio combattuto di conversione religiosa. Un tentativo terreno di colmare l’abisso, semmai.

Nel “depauperamento generale del Numinoso”, Ceronetti ci spinge ad esercitarci al mistero, all’indistinto, al silenzio o, se non altro, alla voce leggera che si appoggia sulle nostri menti. E visto l’avvicinarsi del Natale, quale eventi più misterioso della venuta di Cristo?

Nel leggere il romanzo (il che vi invito a fare, anche solo per solcare uno stream tutt’altro che main, piatto, semmai appena sgorgato dalla fonte) non diffidate per lo stile a tratti ‘ipercolto’ o per la sofisticata irrealtà che sembri vi stia propinando: l’autore affida al romanzo un aspetto che esalti il suo essere maestro di lingue colte e storie arcane.
Nel tentativo di celebrare il suo legame durevole col verso e l’aforisma, Ceronetti non museifica la prosa, anzi è proprio dall’unione di queste dimensioni che scaturisce un pastiche linguistico di vivente raffinatezza, che riempie un vuoto stilistico.

In tempi in cui ogni cosa la si osanna su schermi angusti e artificiosi, In un amore felice ci consegna in mano una bussola per orientarci nello spazio intergalattico di gioia e dolore, soffuso di naturale luce solare.

Amore è l’essenza perenne di tutte le creature, ma se non è congiunto a dolore non può ritenersi perfetto. Agli angeli fu dato amore, non dolore; il dolore non si addice che all’uomo.”
Farid ad-Din Attar

Buone feste e buon inizio anno!

Livio D’Alessio

#UniversEAT

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XMAS Edition!!!

Ciao a tutti amici di #UniversEat!! Oggi ci siamo unite virtualmente per proporvi qualche idea in vista del Natale. Avete presente quando si dice “prendi due e paghi uno”? Ecco, è questo il nostro caso: con una stessa preparazione, possiamo ottenere differenti risultati.

Partiamo dunque dalla base.

Ingredienti per 6/8 persone:

  • 5 uova;
  • 70 g di farina;
  • 30 g di fecola;
  • 150 g di zucchero.

Se non abbiamo la fecola, possiamo fare 100 g di farina, così saranno necessari solo 100 g di zucchero. Inoltre se vogliamo fare l’impasto al cioccolato basterà togliere 40 g di farina e mettere 40 g di caco amaro in polvere.

Per prima cosa dividiamo le uova, montiamo a neve gli albumi e li lasciamo da parte. Uniamo i tuorli con lo zucchero e quando saranno ben amalgamati aggiungiamo le farine. Adesso possiamo incorporare gli albumi montati a neve mescolando delicatamente per non farli smontare. Iniziamo a riscaldare il forno. Mettiamo l’impasto in una teglia ed inforniamo a 180°, lasciamo cuocere per circa 15 minuti. Una volta sfornato possiamo mettere un poco di bagna, nel gusto desiderato, per non far indurire l’impasto.

A questo punto abbiamo due opzioni: un classico tronchetto alle castagne oppure un alternativo albero natalizio.

Per fare l’albero una volta sfornato l’impasto lo lasciamo freddare per poi tagliarlo della forma desiderata. Noi lo abbiamo farcito con marmellata all’arancia e decorato con meringhe e bottoncini di cioccolato colorati.

Per il tronchetto prepariamo la farcia con purea di castagne e panna montata. La purea di castagne si fa con castagne lessate e poi frullate che poi andremo ad unire alla panna montata. Stendiamo la farcia sull’impasto per poi arrotolarlo. Una volta ottenuto il tronchetto possiamo decorarlo con un po’ di cioccolato fuso.

Queste sono le nostre proposte; sbizzarritevi anche voi e proponete le vostre idee taggando #UNINTBlog sui social!

Siete pronti a pasticciare per questo Natale? Tre, due, uno… Unint ai fornelli!!!

Noi vi auguriamo un buon Natale… mi raccomando niente dieta e ci rivediamo nel 2021.

Buone Feste!

Ylenia Cossu & Alessandra “Sandra” Alfano

STORIE DI DONNE

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Tilda Swinton, attrice camaleontica ed icona di moda

Bellissima, androgina ed eccellente.

Inutile dire che Tilda Swinston, nata Katherine Mathilda Swinton, è una delle attrici più talentuose del mondo. Un’artista tutt’altro che superficiale, va da sempre contro lo stereotipo della diva hollywoodiana preferendo la campagna scozzese alle ville sull’oceano ed uno stile “essenzialmente suo” in contrasto con la ricerca della perfezione “plastica” odierna.

Tilda Swinton nasce a Londra il 5 novembre del 1960 da una famiglia borghese e cresce nel Kent frequentando la scuola femminile “Heath Girls’ School” e sembra che sia stata compagna di studi di Lady Diana Spencer.Nel 1983, dopo una breve esperienza al Fetter College di Edimburgo, si laurea al Murray Edwards College di Cambridge in scienze politiche e sociali. Il colpo di fulmine per la recitazione scatterà più tardi grazie alla Royal Shakespeare Company che la porterà ad esibirsi al Traverse Theatre di Edimburgo decretando un immediato successo che le faciliterà l’ingresso nel mondo del cinema.Da questo momento in poi, la Swinton collabora proficuamente con Derek Jarman, regista inglese che la riterrà la sua musa scegliendola per diverse produzioni; sono legati da una profonda e sincera amicizia fino al 1994, anno in cui l’artista si spegne. Da qui la Swinton prenderà parte a diverse pellicole degli anni 80: da “Egomania- Insel ohne Hoffnug” di Christoph Schligensief a “Caravaggio” di Jarman in cui interpreta il ruolo di Lena; passando per “Aria”, “The last of England”, “Friendship’s death”, “War requiem”, “The Garden” ed “Edoardo II”. Quest’ultima pellicola rappresenta per l’attrice il conseguimento del primo riconoscimento in carriera, la Coppa Volpi alla Mostra del Cinema di Venezia, ottenuto grazia all’interpretazione della regina Isabella di Francia.

Negli anni 90, la sua presenza cinematografica raddoppia, grazie anche a ruoli particolarmente impegnativi ma tutti incarnati brillantemente. Nel 1992 è parte del cast di “Man to man” di John Maybury, qualche anno più tardi l’attrice opta per un breve ritorno a teatro con una performance artistica creata da Cornelia Parker ed intitolata “The Maybe”; l’esibizione, andata in scena nel 1995 al Museo Barraco di Roma e alla Serpentine Gallery di Londra, vede la Swinton all’interno di una teca di vetro per 8 ore al giorno, 7 giorni su 7.

Altre pellicole si susseguono: Da “Perversioni Femminili”, primo ruolo omosessuale per l’attrice, a “Conceiving Ada” di Lynn Hershman-Leeson nel quale interpreta la figlia di Lord Byron. Pellicola particolarmente interessante negli anni 90, e fondamentale per testimoniare la versatilità infinita dell’attrice, è “Orlando” di Sally Potter tratto dal romando omonimo di Virginia Woolf. Durante lo svolgimento del racconto, il personaggio principale interpretato dalla Swinton cambia sesso (da uomo a donna) garantendole un apprezzamento generalizzato da parte della critica (la Potter, inoltre, riceverà una candidatura per l’Independent Spirit Award per il miglior film straniero); quasi a dimostrare che una donna può fare il lavoro di un uomo ma un uomo non potrebbe fare il lavoro di una donna.

Nel 1997, l’attrice diventa madre di due gemelli, Honor e Xavier Byrne, nati dalla relazione con il commediografo scozzese John Byrne. La loro relazione durerà è durata dal 1989 al 2003. Dal 2004 invece è legata sentimentalmente all’artista tedesco Sandro Kopp con cui vive vicino Inverness, Scozia.

Nel 2000 affianca Leonardo DiCaprio in “The Beach” per la regia di Danny Boyle mentre qualche anno più tardi sarà l’anno de “I segreti del lago” con Ewan McGregor.  È nota ai più giovani, inoltre, per il ruolo della strega Jadis de “Le cronache di Narnia- il leone, la strega e l’armadio”. Nel 2008 la Swinton conquista il primo Oscar della carriera come attrice non protagonista per il thriller “Michael Clayton” ed ottiene una candidatura ai Bafta Awards con “Burn after reading- A prova di spia” dei fratelli Coen. Nello stesso anno fonda Ballerina Ballroom Cinema of Dreams un festival cinematografico che si svolge in Scozia (sala da ballo di Nairn). Negli ultimi dieci anni, molti sono i sodalizi artistici dell’attrice con i suoi registi, che la scelgono ripetutamente affidandole spesso ruoli molto diversi tra di loro; è il caso del regista Luca Guadagnino che la sceglie per “Io sono l’amore”, “A bigger Splash” e il recente “Suspiria”.

Spesso definita eterea e con un corpo longilineo, ideale per tutte le case di moda, la Swinton non ha paura di trasformarsi attraverso i suoi film: dai capelli, al make-up agli abiti in/out la scena. Amante dei completi, soprattutto per le premiere dei suoi film,  tra i suoi look più riusciti ricordiamo il completo di Valentino in Beige Pierre de France per la premiere losangelina de “Only lovers left alive”, il due pezzi black-white di Chanel per il Busan film festival del 2015,  il completo in menta per il photocall di Okja del 2017 al Festival di Cannes ed ancora in Lanvin per il Rome film festival con Luca Guadagnino in cui l’attrice sfoggia un pantalone lucido total black con scarpe verde sfavillante e giacca fur color porcellana. L’abbiamo ammirata con abiti lunghi e super femminili ed in tailleur-pantalone con capello cortissimo e cresta: il risultato resta sempre lo stesso, una dea al di là del tempo delicata e diafana ma contemporaneamente una donna con una forte personalità che non teme di “perdere” la sua iconicità e preferisce piuttosto sperimentare.

Fanny Trivigno

Sources:
https://biografieonline.it/biografia-tilda-swinton
www.amica.it/gallery/queen-tilda-tra-cinema-e-moda-2/

#FACCIAMOILPUNTO

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Il Recovery Fund tra necessità e difficoltà

Il deal raggiunto quest’estate riguardante il cosiddetto Recovery Fund, altresì conosciuto come programma Next Generation EU, è stato considerato un accordo storico, senza precedenti di fama né di effettivo peso economico. L’accordo politico trovato a luglio prevede l’istituzione di un fondo di 750 miliardi, di cui 390 miliardi di sussidi a fondo perduto; tuttavia la situazione non è stata così semplice, in quanto nei mesi successivi la strada intrapresa si è dimostrata impervia e piena di ostacoli critici; in primo luogo, l’importanza di tramutare il politico in legislativo, quindi la necessità di trasformare l’abbozzo in regolamento UE; infine, la conseguente difficoltà di adozione di una linea chiara e precisa alla luce delle divisioni intrinseche all’Unione.

La condizione del rispetto del famoso concetto di stato di diritto al fine di accedere al fondo sembra essere comprensibilmente un requisito minimo necessario al fine di poter beneficiare delle future risorse stanziate. Proprio in questo quadro si inserisce il veto imposto da Polonia e Ungheria sul bilancio europeo, volto al fine di bloccare il processo di messa in moto del piano economico. La ragione di questa mossa politica riguardava l’impossibilità per Orbàn e Morawiecki di accettare che la rule of law potesse davvero inficiare la prelazione nell’attingere dal Bancomat europeo post Covid-19. Nelle ultime settimane si è discusso molto sul da farsi ed una delle soluzioni contemplate riguardava anche la possibilità di aggirare totalmente il veto dei due ‘ribelli dell’Est’, come sottolineato dal commissario europeo per l’economia Gentiloni.

Settimana scorsa, la svolta: la couple franco-allemande ha riscosso l’ennesimo successo in termini di diplomazia economica. Dopo un vertice intenso con Orbàn e Morawiecki, Angela Merkel (con il sostegno di Macron) è riuscita a far rimuovere il veto e a sbloccare finalmente il progetto di ripresa europeo che tutti i stati membri stavano aspettando. Quale sarà il prezzo? Le sovvenzioni destinate ai paesi principalmente colpiti (prima su tutti l’Italia) servono eccome, sono richieste da mesi da governanti ed opposizioni, l’iter al fine di ricevere le risorse è stato ben delineato, il progetto italiano c’è. Il rovescio della medaglia, seppur ragionevolmente flebile alla luce dei successi elencati sopra, è la conferma di un’Unione divisa, composta da Paesi con visioni differenti che tendono a complicare persino una situazione delicata come la pandemia del 2020. Le prime divisioni, emerse già in primavera tra Nord e Sud dell’Europa (MES versus Eurobond), hanno continuato a complicare la buona riuscita del Recovery Fund, sino ad arrivare al compromesso del 10 dicembre.

Anche quest’ultimo, purtroppo, nasconde qualche insidia. Sicuramente, grazie alla mediazione tedesca il nostro paese sarà il primo a beneficiare degli aiuti europei, elemento non facilmente trascurabile. Per quanto riguarda invece il fattore rispetto dei pilastri fondamentali, il passo indietro di Ungheria e Polonia ‘costa’ di base la sospensione delle sanzioni previste dei confronti dei due Paesi per le violazioni dello stato di diritto fino alla sentenza definitiva della CGUE che verosimilmente coinciderà con le elezioni politiche nei due Paesi (rispettivamente nel 2022 e nel 2023).

Martina Noero

#CURIOSITÀDALMONDO

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Il Natale nel mondo

Manca sempre meno alla festa più attesa dell’anno: il Natale. Ma vi siete mai chiesti come si festeggia negli altri paesi del mondo?

Nel Regno Unito:

Il Natale è uno dei giorni più belli e i preparativi iniziano già a novembre, le strade sono piene di luci e si respira già aria natalizia. Il giorno della Vigilia i bambini appendono le calze e per ringraziare Babbo Natale, in inglese “Father Christmas”, lasciano un bicchiere di latte con un dolce tipico natalizio inglese, Mince pie, mentre lasciano una carota per la renna Rudolph.

In America:

I festeggiamenti natalizi rispecchiano le tradizioni europee e iniziano dopo il Giorno del ringraziamento che ha luogo ogni quarto giovedì di novembre, una festa pagana molto antica. È inutile dire quanto siano meravigliosi gli addobbi e le luci e di come gli americani si impegnino a illuminare ogni angolo delle loro case.

In Germania:

Anche qui il Natale inizia già a novembre, infatti il giorno di San Martino, 11 novembre, viene organizzata una grande processione dove bambini e adulti accendono una lanterna per illuminare la strada a San Martino. Nel periodo dell’avvento si preparano delle ghirlande e nelle quattro settimane precedenti al Natale si accendono quattro candele, una per ogni settimana, aspettando così l’arrivo di Gesù bambino.

In Spagna:

Tutto inizia con la lotteria più famosa al mondo, “la lotteria del Gordo”, dove i numeri vincenti vengono estratti il 22 dicembre in diretta tv da alcuni bambini. La tradizione vuole che i regali si scambino il 6 gennaio, giorno dell’arrivo dei “Reyes Magos” (Re Magi). Un’altra tradizione particolare è quella del conto alla rovescia per il giorno di Capodanno, dove invece di gridare “Buon anno”, gli spagnoli cercano di mangiare dodici chicchi di uva prima che finiscano i dodici rintocchi alla mezzanotte. Chi riesce a completare l’impresa avrà un anno pieno di prosperità.

In Argentina:

Sebbene si trovi dall’altra parte del mondo, la tradizione natalizia è uguale alla nostra, ma l’unica differenza è che lì è piena estate!

In Austria:

Tutti preparano l’Adventkranz (Corona d’avvento), formata da rami di pino con quattro candele che indicano le quattro settimane che mancano alla nascita di Gesù. Ogni settimana ne viene accesa una fino alla quarta e ultima settimana, momento in cui arriva Christkindl, il tradizionale portatore dei doni di Natale, ovvero Gesù bambino.

In Russia:

Il termine Natale in russo è Roždestvo Christovo, (lett. Nascita di Cristo). Il giorno di questa festività coincide con il 7 gennaio in quanto in Russia viene adottato il calendario Giuliano che differisce da quello gregoriano per tredici giorni.

In Cina:

Sebbene solo il 7% della popolazione cinese sia cristiana, la festa è molta sentita, ma in Cina succede un po’ quello che succede con Halloween in Italia, si tratta di una festa commerciale priva di significato religioso in cui è evidente il ruolo della globalizzazione culturale.

In Giappone:

Così come in Cina, anche in Giappone si tratta perlopiù di una festa commerciale, alberi di Natale e illuminazioni addobbano le strade e ricorre la tradizione di fare regali ad amici e parenti, ma è un momento da trascorrere principalmente con il proprio partner.

Different country, different sound                                                                                       

                                                                    Rosita Luglietto

#MondayAbroad

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Se chiudo gli occhi sono a… Istanbul!

Carissimi amici e colleghi viaggiatori,

siamo nuovamente alla ricerca di fonti d’ispirazione che ci consentano di viaggiare anche solo per un secondo verso qualsiasi genere di destinazione, che sia questa lontana e sconosciuta, o vicina e familiare.

Oggi vi consiglio di lasciarvi trasportare dal racconto di una bloggheggiante (ho coniato questo termine qualche tempo fa per riferirmi ai partecipanti al nostro meraviglioso UNINTBlog) di fiducia: Evelyn, mamma della fantastica rubrica in collaborazione con RadioUNINT #LoSapevateChe!

La nostra protagonista odierna è una ragazza molto curiosa e disponibile, che si è dimostrata da subito interessata a condividere con me (e con tutti Voi) la sua avventura in una delle città più importanti della Turchia: Istanbul!

Parto col dire che il suo entusiasmo pervade in ogni sua parola, quindi spero vivamente di portare onore alla sua esperienza: Evelyn ha visitato più volte la Turchia e Istanbul, dunque, come possiamo immaginare, conosce veramente molto di questo paese, di questa città e della cultura di per sé.

Mi è praticamente impossibile riportare in un solo articolo tutte le curiosità che mi ha narrato, ma proverò comunque a riportare quelle che mi hanno richiamato maggiormente l’attenzione.

Evelyn ha soggiornato nella parte asiatica, molto diversa da quella europea, sia in termini architettonici, sia in termini culturali: con una semplice passeggiata, ci si può rendere conto delle differenze anche solo nell’approccio al turismo (in genere, chi visita la città, tende a focalizzarsi nella sponda europea, dove si possono trovare le moschee più famosi e i numerosi bazar tipici del luogo); ciononostante, secondo lei, la parte migliore della città è quella asiatica, in quanto ritenuta più vera, storica e tradizionale (pensate che solo nella parte asiatica è possibile ammirare una favolosa chiesa armena nei pressi di una moschea!).

L’amore per la cultura, il territorio e il paesaggio turco l’hanno spinto a visitare questi luoghi più volte: “mi hanno sempre insegnato a vedere Istanbul come il perfetto incontro tra Oriente e Occidente” […] “ricordo che ho avuto la prima vera occasione di visitarla bene quando avevo circa 16-17 anni. Da quel momento ho iniziato a innamorarmi sempre più… figurati che, solo l’anno scorso, sono andata due volte!”

Per quanto riguarda l’aspetto culinario, Evelyn mi racconta del tipico odore di kebab che puoi assaporare lungo le strade… una delizia per il palato!

Rispetto alla cultura, la nostra bloggheggiante tiene molto che venga riportata la grande apertura mentale e sociale riscontrata nel popolo turco: “loro si sentono vicini, in qualche modo… ci sono molte correnti di pensiero che affiancano Istanbul a Roma, per esempio! Inoltre, piccola curiosità, ho notato che nelle loro librerie sono presenti molti libri italiani! È molto interessante vedere come sentano vicina una cultura che, comunque, riporta molte differenze rispetto alla loro.”

“Ho sempre trovato persone pronte a raccontarsi e a raccontare la loro storia, magari davanti a un tè, con ospitalità e orgoglio: credo che queste due ultime parole siano caratteristiche fondamentali per descrivere il loro passato e i loro trascorsi e lo dimostrano in molte occasioni.”

Evelyn mi racconta, inoltre, di un forte senso di attaccamento alla storia, alle tradizioni e anche a determinati beni materiali: si cerca, per esempio, di rimanere sempre nella stessa casa, proprio come se anche le mura facessero parte della famiglia e fossero parte fondamentale per la costruzione dei loro ricordi.

Passiamo, invece, alle meraviglie per gli occhi: in primis, la moschea di Santa Sofia (adibita a museo fino a poco tempo fa) e la moschea blu, la più famosa e l’unica con sei minareti, capace di suscitarti emozioni molto difficili da provare in altre occasioni grazie alla sua aurea di potenza e le sue decorazioni interne; palazzo Topkapi, il palazzo dei sultani ottomani, ottimo escamotage per immergersi in tutta la storia dell’Impero, molto diverso dalla nostra architettura, in quanto è composto da due costruzioni, una interna e una esterna, le quali compongono una piccola città imperiale (curiosità: si dice che proprio all’interno del museo è conservato il bastone col quale Mosè divise le acque nel passaggio sul Mar Rosso); la moschea di Solimano, preziosa soprattutto per la sua vista, dalla quale si può ammirare tutto lo skyline della città; il Gran Bazar, il mercato coperto più grande del mondo, definito come un labirinto con (almeno) 4000 negozi, tanto da dover essere tutti numerati per facilitare l’orientamento dei negozianti stessi all’interno (non voglio immaginarmi il Black Friday in un luogo del genere…); il Bazar delle Spezie, dove vengono vendute maggiormente le spezie, oltre ai cibi tipici; la Kalaba, zona della città, a parere di Evelyn, paragonabile a Montmartre a Parigi, in quanto molto artistica, dove ci si può lasciar ispirare dall’arte grazie a tante piccole boutique e quadri appesi agli edifici; la Torre di Galada, conosciuta anche come la Torre dei Genovesi, in quanto è stata costruita da mercanti italiani di Genova (belin che bel!), punto migliore per ammirare la città dall’alto; infine Piazza Taksim e Istiklal Caddesi, un viale gigantesco, dove sono presenti le grandi marche europee e che si può definire come tra le zone più alla moda della città.

Concludiamo l’articolo con l’ultima domanda: merita tornare?

“Assolutamente sì: è un luogo che mi può dare ancora molto e che sento che devo ancora finire di scoprire; se ho capito qualcosa, è che il mix culturale che puoi trovare al suo interno, ti consente di lasciarti trasportare dall’irrazionalità della città. Se il 2021 me lo concederà, ci ritornerò sicuramente”.

Allora? Che cosa aspettiamo a partire?

Ilaria Violi

#QuelloCheCiUnisce

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Giornata Internazionale della Montagna

Aaaaah le montagne, il fresco anche d’estate, la neve d’inverno… in Italia ne siamo pieni e sono anche patrimonio dell’UNESCO!

Italia a parte, le montagne occupano un quarto della superficie terrestre e ospitano il 12% della popolazione mondiale; tuttavia, sono tra gli habitat più minacciati e sono quelle che risentono maggiormente del cambiamento climatico (in modo purtroppo negativo).

Ma lo sapete che esiste una giornata dedicata a loro? L’11 dicembre è la Giornata Internazionale della montagna. Questa giornata è stata istituita dall’Assemblea Generale dell’ONU a partire dal 2002 e punta ad aumentare la consapevolezza sul loro sviluppo sostenibile e quindi, in poche parole, a far capire quanto il paesaggio montano sia importante per l’ecologia mondiale.

Serve veramente una giornata internazionale? Gli italiani sembrerebbero, a prima vista, non aver bisogno di incitamenti per amare la montagna. Come stiamo vedendo in questi giorni di pandemia, non manca chi è addirittura disposto a violare ogni regola e sfidare ogni contagio pur di non rinunciare alla settimana bianca.

La voglia di sciare o di scalare non va però confusa con l’amore per la montagna, che dovrebbe basarsi soprattutto sul rispetto.

Se si è disposti per il proprio divertimento a degradare il territorio, inquinare l’ambiente o mettere in pericolo la flora e la fauna, non si può parlare di amore.

Il problema non è solo italiano: addirittura l’Everest è ormai coperto dai rifiuti dei sempre più numerosi turisti che si improvvisano scalatori della domenica affollandosi sulle sue piste, incuranti di ogni regola.

Ben venga, quindi, questa giornata internazionale; pur nell’eccesso di retorica che da sempre caratterizza questi eventi, qualsiasi sforzo per aumentare il rispetto dell’uomo per la natura, l’ambiente e la montagna, non può che essere il benvenuto.

Alessandra (Sandra) Alfano

#LOSAPEVATECHE

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Città postcoloniale; cos’è, come si riconosce e perché esiste ancora

Città…città multiculturale, città postcoloniale, città etnica. Ma cosa significa davvero?

Le città “postcoloniali” sono da sempre teatro di scambi transculturali tra popolazioni e culture differenti. Parlare di città “postcoloniale” genera però una problematica terminologica; tale definizione può risultare fuorviante poiché lo smantellamento delle costruzioni coloniali nello spazio urbano è un processo mai definitivamente concluso. Il prefisso “post”, dunque, in questo contesto non può essere considerato in termini strettamente temporali; si rischierebbe infatti di occultare l’importanza che le dinamiche coloniali posseggono ancora nel presente. Una città postcoloniale non è una città ormai lontana e successiva alle dinamiche coloniali, ma – pur appartenendo a un’epoca diversa – è ancora molto influenzata da esse.

Il processo globale dell’imperialismo plasmò il profilo culturale e geografico delle città europee non soltanto in maniera esplicita – con la commemorazione degli imperi e l’esaltazione della cornice ideologica della guerra – ma anche in una maniera velata che ancora oggi si insinua nelle dinamiche sociali.

Frantz Fanon parlò infatti di compartmentalization riferendosi alla divisione della città coloniale in due sezioni distinte sia su un piano fisico sia simbolico; da un lato il luogo dei colonizzatori, «dove i bidoni della spazzatura traboccano di spazzatura strana e meravigliosa, di avanzi inimmaginabili», e dall’altro il luogo dei colonizzati, «dove gli abitanti affamati sono stati accatastati insieme».

Per Fanon le società successive all’epoca dell’imperialismo e del colonialismo non furono però mai in grado di separarsi dalla loro lunga tradizione di segregazione.

Città come Roma, Londra, Istanbul o Baghdad hanno alle spalle una centenaria storia come centri imperiali; rimangono – nonostante i tentativi di rimozione storica – siti chiave in cui gli effetti deleteri degli spossessamenti coloniali sono continuamente sottintesi. Questa sorta di “zonizzazione” attuata nelle città coloniali si riversa spesso nelle città postcoloniali; la suddivisione spaziale in zone territoriali diverse, sebbene più allusiva, risulta ancora evidente e adattata alle dinamiche sociali contemporanee nel tentativo di proteggere i privilegi esclusivi di determinati gruppi e classi.

I labirinti spaziali e identitari delle città sottintendono una rete di simboli sedimentati nel corso delle varie stratificazioni cittadine e riguardanti i modelli comportamentali, i costumi e gli spazi abitativi della città; le architetture e gli edifici coloniali oggi riadattati e utilizzati con altre funzioni sottintendono ancora dei rapporti di forza e mantengono una funzione pedagogica in grado di influenzare le norme vigenti nello spazio urbano.

La segregazione e zonizzazione tanto diffusa in epoca coloniale, si ripropone dunque oggi in qualsiasi grande metropoli. proprio con lo scontro tra centro e periferia, tra centro e margine, tra dentro e fuori, e tra storia dei vinti e dei vincitori.

Evelyn De Luca

FONTI:

Cristina Lombardi-Diop, Caterina Romeo, L’Italia postcoloniale, Le Monnier-Mondadori, Firenze, 2014.