Mace

#urbantalks arriva al quarto episodio.

Avendo già introdotto i nostri lettori all’analisi testuale di Mentre nessuno guarda di Mecna, oggi saranno più facilitati nel nostro viaggio tra le liriche di OBE (Out of Body Experience) dello storico produttore milanese Mace.

Mace, pilastro del rap e della musica elettronica italiana, negli ultimi anni ha raccolto beat e collaborazioni da scene differenti, da quella del rap, della trap e della urban (Gemitaiz, Salmo, Guè Pequeno, Noyz Narcos, Side Baby, Rkomi, FSK, Ketama126, Psicologi, Madame, Rosa Chemical, Ernia, Samurai Jay, DARRN, Geolier, J Lord, Fritz Da Cat, Izi, Jake La Furia, Jack The Smoker, Blanco) a quella dell’Itpop e del neo-cantautorato italiano (Franco126, Colapesce, Venerus, Joan Thiele, Carl Brave, Irama).

Gli incipit per il suo primo album in studio sono Ragazzi nella nebbia, uscita nel 2020 e all’interno della quale il gruppo trap hardcore FSK si amalgama alla melodia cantata di Irama, e La canzone nostra, uscita l’8 gennaio 2021, dove Mace, come se fosse uno chef stellato, mischia su una traccia molto intima la potenza esplosiva della nuova leva classe 2003 Blanco, un artista difficile da inquadrare in un solo genere, e una colonna del rap italiano come Salmo.

Eppure, questa tendenza di unire gusti, generi e influenze musicali è una caratteristica intrinseca dell’istrionico Mace, che non a caso nell’album, pubblicato il 5 febbraio 2021, non si limita alla concezione ufficiale di generi musicali: infatti, il produttore sperimenta se non addirittura crea qualcosa di nuovo, mai sentito prima, con una facilità disarmante. È un gioco musicale che se fatto male rischia di diventare un’accozzaglia di suoni, ma ascoltando l’album si percepisce la perfezione delle scelte melodiche: l’esplorazione non è una componente casuale, dato che Mace ha viaggiato e vissuto in più di 50 paesi del mondo, condividendo e creando musica con artisti di qualsiasi cultura e nazionalità.

Concludendo l’analisi complessiva del disco, per rendere l’idea delle esperienze ultra-corporee che ha vissuto nella propria vita e che si possono “rivivere” attraverso le tracce dell’album, Mace associa a ogni canzone un simbolo alchemico, un carattere tibetano o delle icone metaforiche, che danno un’interpretazione esoterica del concetto evocato da ogni brano.

Entriamo ora nel vivo dell’analisi. Il primo brano che ho deciso di trattare è Buonanotte, con la partecipazione di Noyz Narcos e Side Baby nelle strofe e Franco126 nel ritornello.

Sull’egregia produzione di Mace, che riesce a far suonare insieme suoni elettronici, synth, chitarre e arpe, i tre artisti si raccontano in un viaggio intimo nella propria vita: Noyz parla della Roma difficile, quella povera e che appare senza via d’uscita, dove l’unico modo di venirne a galla sembra essere la criminalità: “Sono cresciuto in quest’inferno anche se Dio m’ha benedetto/Ho visto il mondo cadere, il potere è maledetto” e rimarca la propria appartenenza all’Urbe eterna con una citazione alla storica cantautrice Gabriella Ferri (“Roma canta, buonanotte sorellina”). Franco, dal canto suo, collega le due strofe rappate con un ritornello melanconico che sa di vita e morte (“Forse quando si muore non si va lontano/Tutto rimane uguale e si sale di un piano”) e infine Side parla dei suoi problemi ricorrenti, delle sue ansie, delle sue delusioni e delle sue paure che, se non attraverso l’uso di psicofarmaci, vengono superati grazie alla musica: “Prima di fare il rap pensavo avrei fatto gli impicci/Imparo dagli sbagli, provi, ma non puoi ammazzarmi”.

La seconda traccia è Senza fiato, con la collaborazione di Joan Thiele e Venerus. La base, levigata e delicata, accompagna il tema portante dell’intera canzone, ovvero l’insicurezza che una persona può provare nel rapporto con se stessa e con gli altri. La cantante italo-colombiana Joan Thiele afferma che ha scritto questo pezzo in un momento molto fragile, bellissimo e sbagliato al tempo stesso. E nel testo le sue insicurezze vengono a galla, in un rapporto di lotta-timidezza nei confronti delle proprie esitazioni: “Abbassavo lo sguardo, non ero sicura/Non ero abbastanza”, “La voce mi spoglia/Sono nuda ogni volta/Io canto, è una lotta”. In questi versi è chiara la volontà di uscire fuori dal proprio guscio, nonostante il timore che questa evasione comporti, e la chiave di lettura nonché il mezzo per riuscirci è sempre la musica. Questo rapporto complesso si riflette negli altri, e infatti la Thiele canta: “Sorrisi nascosti che parlan per ore/A me bastano gli occhi/E se ci guardiamo, diventiamo luce/Basta che mi tocchi” mentre Venerus aggiunge a proposito di questo tema: “Scusa se sono sincero/Ma vorrei di più […] Non è facile stare su/Sai, a volte ci avrei scommesso tutto/E adesso non ci credo più”.

La terza e ultima traccia che vediamo è Scostumato, dove figurano alla co-produzione Fritz Da Cat, altro storico produttore del rap italiano, e alle strofe un’ulteriore nuova leva del panorama Hip Hop nostrano, il classe 2004, napoletano di seconda generazione, J Lord. Su una strumentale dal sapore tipicamente rap anni ’90, è la vita difficile di J Lord che viene messa a nudo. Non a caso il simbolo associato alla traccia è quello del pianeta Saturno, che tra i tanti significati ha quello della necessità di interrompere i legami tossici della vita. Nelle barre si affrontano infatti questi temi, dal rapporto esclusivo con i nonni, l’avversione nei confronti di un padre violento, assente e sfruttatore (“Sono cresciuto di più con i nonni nell’adolescenza/Papà aveva il vizio del bere, non mi piaceva/Tornava sempre sbronzo la sera, mamma piangeva”), l’odio per i bulli e la sopravvivenza in un contesto selvaggio e duro (“Litigavo di più con i bulli e difendevo i deboli […]

“Facevamo a gara a chi picchiava di più/Giravamo con un coltello nel borsello”). Alla fine, da questo racconto rappato completamente in dialetto napoletano, emerge che per uscire fuori da una situazione del genere vi sia sempre bisogno della musica, vero e proprio filo conduttore di tutta l’opera di Mace.

Valerio Cavallaro