Le lauree ai tempi del Coronavirus
Non si tratta di un reboot del romanzo di Gabriel García Márquez, bensì di un titolo molto inflazionato nelle storie e nei post dei giovani laureati di questo periodo, che descrive una realtà fattasi strada nel contesto della pandemia che in Europa ha colpito per prima l’Italia, diffondendosi poi a macchia d’olio in tutte le nazioni del continente e al di là della Manica. Infatti, un gruppo di studenti dell’Università degli Studi Internazionali di Roma ha consumato un breve momento di celebrazione e gioia all’interno delle loro quattro mura domestiche, mentre il mondo fuori dalla loro finestra combatteva un nemico invisibile; è stata la fioritura del germe del futuro, che è sbocciato in una serra fertile e protetta, mentre fuori c’era una primavera secca.
“Mi sono laureata ai tempi del coronavirus”, sarà questa la frase che diranno ai posteri i 73 laureati della UNINT di Roma che hanno conseguito il titolo per via telematica; non sarà però facile spiegare cosa questo significhi realmente, perché sarebbe riduttivo dire solamente che un percorso universitario si è concluso dentro il proprio domicilio, davanti ad un computer quando fuori c’era un virus che viaggiava dal nord al sud dell’Italia, costringendo l’intera nazione a casa, dato che il sistema sanitario era vicino al collasso. Parleranno di isolamento, di restrizioni, di spirito di adattamento e di distanze, ma anche del potere dei social media e dello spirito di comunità che ha unito tutti virtualmente e spiritualmente per festeggiare un traguardo meritato; parleranno di come un momento straordinario in una condizione straordinaria sia stato condiviso da molti giovani, i quali si aspettavano di discutere la tesi davanti ad una commissione, vestiti di tutto punto e di festeggiare nelle loro facoltà e poi in qualche locale con i propri cari, magari facendo foto con corone d’alloro, tocchi e mazzi di fiori, ma che poi hanno dovuto ridimensionare tutto e adattarsi alla situazione. Quindi, anche se ognuno di questi si è ritrovato a parlare a immagini catturate da webcam sparse in tutta la penisola, nel confinato spazio della propria cameretta o del proprio salone, erano tutti lì, nella stessa piattaforma, seppur virtualmente. I protagonisti di questo evento si sono resi disponibili a dare il proprio contributo per ricostruire l’intera vicenda, fornendo la loro prospettiva e dopo essere stati contattati tramite un gruppo Facebook creato due anni fa per facilitare la comunicazione tra compagni di corso, hanno condiviso la loro esperienza, ricorrendo allo stesso software usato per discutere la tesi e per la proclamazione: Skype. È stato chiesto loro di raccontare come avessero vissuto l’esperienza in una videochiamata tête-à-tête ed è subito risultato chiaro come ogni storia fosse a sé, ma in qualche modo simile alle altre, disegnando così la fitta rete che ha messo in connessione i membri della micro comunità di laureati.
Tutto è iniziato il 4 marzo 2020 con la notizia arrivata dal Presidente Giuseppe Conte, che annunciava la sospensione delle attività didattiche per far fronte all’emergenza dovuta alla diffusione del coronavirus. Ovviamente, i provvedimenti emanati da Palazzo Chigi hanno impiegato alcune ore per percorrere i 5,6 chilometri di strade e venir posti in essere all’interno della sede dell’Università degli Studi Internazionali di Roma; ore piene di incertezza e preoccupazione per i futuri laureandi, incollati al televisore insieme alle famiglie, i coinquilini, gli amici e i propri cari, per capire quale fosse stato il destino della nazione. Inevitabilmente, dopo aver appreso la notizia, il loro pensiero è andato anche alla sessione di laurea ed è così che sono iniziate le supposizioni in merito ai possibili scenari: la rimandano? Si farà a porte chiuse? Non mi laureerò mai? E altri dubbi che alimentavano il disorientamento dato all’intero contesto.
Le risposte sono arrivate giovedì 5 marzo con una comunicazione che annunciava la decisione di svolgere le lauree a porte chiuse, vietando anche i festeggiamenti nelle immediate prossimità dalla struttura per non creare assembramenti e vanificare le misure di contenimento; a quel punto si sono diffusi sentimenti contrastanti negli animi degli studenti laureandi: c’era chi voleva “solamente laurearsi”, chi invece ha messo in moto la rete dei rappresentanti degli studenti per poter parlare con la presidenza e richiedere almeno di far entrare in aula due invitati per candidato. Lo smarrimento si era tinto di disapprovazione e delusione; Giulia racconta “mio padre mi ha detto: ‘mi stai dando una pugnalata’. Però poi entrambi i miei genitori mi hanno mostrato grande sostegno per risollevare almeno il mio di morale” e aggiunge “sinceramente all’inizio mi sembrava tutto surreale e neanche ci pensavo troppo alla laurea, ero più preoccupata per la salute dei miei genitori e dei miei nonni”. Ma tutto il dissenso si è placato alla successiva comunicazione, che è stata accolta anche con più consapevolezza dei rischi da parte degli studenti: il 10 marzo l’università ha comunicato la chiusura della sede e la coerente e conseguente scelta di svolgere le lauree per via telematica a seguito del decreto che dichiarava l’estensione della zona rossa a tutta l’Italia. Gli studenti si sono rassegnati davanti alla gravità della situazione, rinunciando a tutti i piani che si erano costruiti per questo giorno che doveva essere il culmine della loro carriera universitaria; Virginia dice “avevo perso l’entusiasmo, non volevo quasi più laurearmi, ho proprio deciso di fregarmene”, anche Alice denuncia lo stesso sconforto “non mi andava giù”. Un’altra Giulia (che per comodità chiamerò L’altra Giulia) dice “in quel momento mi sembrava che la laurea stesse perdendo il suo valore simbolico. Ero molto dispiaciuta”; hanno iniziato, quindi, a provare rifiuto per l’intera situazione, tanto che Giulia (questa volta si tratta de La Prima Giulia) confessa “inizialmente mi sembrava una barzelletta, tanto che mi è tornata in mente una storia fatta dalla mia collega Clarissa quando non si sapevano ancora le nostre sorti, dove ironizzava sul fatto che avrebbe preferito quasi laurearsi in pigiama a casa e mi ricordo di averci riso su per l’assurdità della cosa”; Vita invece racconta “ero a Roma nella mia stanza in affitto, lontana dalla mia famiglia e quando mia madre l’ha saputo, ha iniziato a piangere e credo abbia pianto tutti giorni fino a quando non mi hanno proclamata”. Successivamente è arrivata la fase dell’accettazione, dove ormai gli studenti si erano abituati all’idea e hanno iniziato a reagire: un’altra Giulia (che chiamerò L’ultima Giulia) dice “il decreto è uscito proprio il giorno in cui ho ritirato la copia cartacea della tesi. Mi è dispiaciuto, ma mi sono rassegnata” poi aggiunge “mi sono detta di rimanere positiva, perché volevo concludere questo percorso”, la stessa conclusione alla quale è arrivata Alice “pensare positivo era l’unica cosa che restava da fare, l’unica cosa che ci rimane”; La Prima Giulia è sulla stessa linea “ho pensato che quasi era meglio così, perché almeno avrei avuto la mia famiglia con me, nella stessa stanza”. Anche Virginia con il passare dei giorni ha iniziato a reagire: “ho metabolizzato la cosa. Ho pensato a cosa mettere e ho cominciato a lavorare alla presentazione”. Enrico invece, si è mostrato positivo fin da subito: “l’ho subito vista come un’opportunità”, mentre dall’altra parte c’è stato chi si è sentito privato di un’occasione di riscatto, ad esempio Isabella con un po’ di amaro in bocca dice: “ero curiosa di vedere cosa si provasse ad aspettare davanti all’Aula Magna con le gambe che tremano e il discorso in mano, per poi parlare al microfono davanti ad una commissione, perché alla triennale non abbiamo vissuto una laurea del genere. Non potrò dire di aver mai discusso una tesi nella modalità canonica”. Lo stesso dice Laura con un animo ancora più deluso “mi ero buttata molto giù, perché alla triennale non avevo sostenuto una vera discussione con i miei cari alle spalle e aspettavo la magistrale per farlo. La delusione era talmente tanta che avevo deciso di non ripetere neanche la presentazione” aggiunge “non mi sono mai comportata così, sono andata a tutti gli esami sempre più che preparata. Solo qualche ora prima del mio discorso, ho iniziato a rivedere il PowerPoint”.
Sta di fatto che nei giorni prima del grande evento fuori dall’ordinario, si sono attivati tutti, grazie anche al sostegno dei familiari, degli amici e niente po’ po’ di meno che dei rispettivi relatori; alcuni hanno organizzato dirette su Facebook, Twitch e Instagram per accorciare le distanze e condividere il momento in sicurezza, creando un piccolo spazio virtuale di celebrazione e affetto. La maggioranza ha vissuto in tranquillità i giorni precedenti alla laurea, senza troppa ansia, tanto che Flavia, come altri, ammette di non averci proprio pensato quasi, fino a che non si è ritrovata davanti al suo computer ad aspettare la chiamata dalla facoltà e La Prima Giulia la sera prima dice di avere risposto alla domanda della sue amiche sul suo stato d’animo con un secco e spensierato “sto guardando Harry Potter sul divano”.
Il giorno è arrivato inesorabilmente, COVID o non COVID, i nostri ragazzi hanno preparato la postazione nella propria cameretta o nel soggiorno e hanno aspettato, anche più del dovuto per via di imprevisti tecnici; l’attesa in alcuni casi è salita addirittura a due ore e questa potrebbe essere la dimostrazione che la tecnologia ha fatto passi da gigante, ma non riesce ancora a raggiungere l’uomo in tempo. Francesca racconta “la mattina stessa abbiamo deciso di fare come se fossimo dovute andare a Roma. Abbiamo fatto colazione, trucco e parrucco e poi dal bagno sono andata in sala praticamente” facendo quasi finta che quello fosse il tragitto dalle Marche a Roma; mentre, La Prima Giulia e Federica dicono di non esser riuscite a portare da Roma i vestiti che avevano comprato per l’occasione e si sono viste costrette a rimediare qualcosa di già usato o, come ha confessato Federica, di andare a frugare nell’armadio della mamma. Molti invece non si trovavano a casa con i propri cari, ma piuttosto con i coinquilini in un appartamento nella capitale; Valerio infatti ci dice “ero rimasto a Roma con la mia ragazza. Ho provato ansia solo nei minuti che hanno preceduto la discussione, ma ho sciolto la tensione parlando su WhatsApp con i miei colleghi, che erano nella mia stessa situazione” e precisa “ecco, forse è questa la cosa che mi è mancata di più: non poterli avere fisicamente con me e festeggiare con loro il completamento di un percorso che abbiamo condiviso in tutti i suoi aspetti”. L’ansia si è fatta avanti, un po’ per tutti, negli attimi prima della chiamata, quando alcuni dei candidati hanno iniziato a fare avanti e dietro per la stanza, a maturare preoccupazioni relative al funzionamento di internet e agitazione per quanto stava per accadere.
Accesi microfono e webcam, si è dato inizio alla sessione, in un’atmosfera che via via è diventata sempre più distesa, grazie anche alla presenza sullo schermo delle facce note di colleghi e professori; la sensazione di tutti è stata quella di aver vissuto una chiamata molto veloce e come afferma Irene, quasi da non rendersi conto di essersi laureati; Alice inoltre dichiara “ho avuto l’impressione che fosse tutto più informale di quello che mi aspettavo. Mi è mancato un po’ l’aspetto rituale dell’evento” anche nelle parole de La Prima Giulia c’è sostegno per questa tesi “non c’erano tutti i fronzoli di una laurea classica, ma il valore ce l’ha avuto lo stesso” poi aggiunge “ho potuto vedere gli occhi lucidi di mio padre in piedi davanti a me, cosa che non sarebbe successa de fossi stata in un’aula universitaria con lo sguardo rivolto verso la commissione”; in quasi tutti i laureati, quel velo di delusione piano piano è svanito, lasciando il posto all’emozione e alla contentezza che si è sfogata in centinaia di chiamate ai parenti e videochiamate e anche alcune nonne sono diventante social per l’occasione. Ovviamente, non sono mancate bottiglie di spumante stappate con coinquilini o familiari, infatti Laura afferma “i miei coinquilini si sono impegnati molto per farmi sentire speciale e regalarmi dei festeggiamenti degni”; Clarissa racconta “il mio ragazzo e il mio coinquilino hanno preparato dei lancia coriandoli con un rotolo finito della carta igienica e un palloncino attaccato in fondo” e una cosa simile l’ha fatta anche la famiglia di Francesca “abbiamo tagliato dei giornali a forma di coriandolo e li abbiamo lanciati dopo la proclamazione”. Valerio, dal suo canto, dice “per festeggiare ho fatto una cosa per me inusuale: ho ordinato la pizza a domicilio e insieme alla mia ragazza abbiamo preparato una torta”; anche Alice e Federica si sono date alla cucina, preparando una crostata nelle rispettive case. Ilaria invece afferma “eravamo solo io e la mia coinquilina ma non siamo riuscite a brindare, perché non abbiamo fatto in tempo a comprare lo spumante, dato che le file alle casse dei supermercati durano ore”. Di sicuro i festeggiamenti non sono stati in linea con le aspettative e La Prima Giulia sottolinea infatti che qualcosa è mancato particolarmente: “il più grande rammarico di mio padre è quello di non avermi potuto regalare dei fiori, perché era tutto chiuso”; da questo punto di vista Federica e Francesca sono state invece più fortunate, perché hanno potuto confezionare un piccolo mazzetto con i fiori dei loro giardini e Flavia ha ricevuto da parte di sua madre una corona fatta da lei stessa. L’alloro in testa è mancato a molti, tanto che alcuni hanno riesumato le vecchie corone secche della triennale oppure di qualche coinquilina laureata da poco, come è stato il caso di Virginia o si sono arrangiati con vecchi tocchi, altri invece come Alice non sono riusciti ad avere né tesi stampata né contrassegni vari, infatti dice di aver pubblicato una sua foto del giorno senza alcun elemento che richiamasse una laurea dove ha scritto: “mi sono appena laureata, mi dovete credere”. Non sono mancati comunque momenti di comunità, soprattutto con gli amici in diretta sui social e con il vicinato che ha testimoniato le celebrazioni: Vita ci racconta infatti che, appena si è conclusa la chiamata con la commissione, ha iniziato a esultare e a saltare insieme alla sua coinquilina, che l’ha sostenuta in tutto il processo, si sono spostate poi in balcone e vedendo il vicinato affacciato per il flash mob delle 18, la neolaureata ha urlato “mi sono laureata” sentendo la necessità di condividere un momento avvenuto lontano dallo sguardo del mondo e che rischiava di passare in sordina. È lì che da tutti i balconi del circondario sono arrivate le congratulazioni per il suo traguardo e i condomini hanno addirittura tirato fuori i calici per brindare a distanza insieme a lei; è simile un po’ a quello che è successo a Flavia,che uscendo in balcone per festeggiare, è stata accolta dall’Inno d’Italia che poi ha fatto da sottofondo a cori di congratulazioni. Clarissa ha invece trovato una lettera per lei attaccata al suo portone, firmata “la ragazza dell’appartamento di sopra” dove questa sua coetanea, deducendo cosa stesse succedendo dai festeggiamenti, si congratulava con lei per il traguardo raggiunto, con un gesto spontaneo e inaspettato; a questo proposito, aggiunge Clarissa “mi sono sentita parte di una comunità. Già dopo che sono stata riconosciuta nel video dei The Jackal ho ricevuto tanta solidarietà da parte degli utenti dei social, anche da persone che non conoscevo”. Come detto prima alcuni hanno organizzato delle dirette con i propri amici e come dice Enrico “nella sfortuna sono stato fortunato, perché avevo lì con me in diretta miei amici un po’ da tutto il mondo, anche dall’Australia, che in una condizione ‘normale’ non avrebbero mai potuto prendere parte alla mia laurea. Persino mia nonna ha guardato la mia diretta” e anche Vita ha detto lo stesso “mi hanno potuto vedere anche miei amici dalla Spagna”; essere rimasti a casa, inoltre, ha sicuramente fatto sentire ad alcuni più calore, perché come dice Federica “se fossi stata a Roma le persone a me care non sarebbero potute essere presenti e magari non sarei stata giù di tono, ma sicuramente sarei stata sottotono”. In alcuni casi, le persone care erano però distanti dai laureati, ma si sono comunque fatti sentire anche in videomessaggi e come dice Clarissa “hanno trovato il modo di essere ugualmente come me”. Ma ovviamente, tutti concordano sul fatto che i grandi festeggiamenti sono solo rimandati a data da destinarsi e ovviamente saranno l’occasione perfetta per stare tutti insieme e non solo per festeggiare la laurea. Relativamente a ciò, La Prima Giulia dice “anche questa è una cosa straordinaria, perché in una situazione normale non avrei mai potuto sperare che avrei festeggiato la mia laurea ancora dopo due mesi”.
Ho lasciato poi spazio alle loro riflessioni in merito all’intera vicenda, chiedendo loro di fare un appello ai ragazzi che si sarebbero laureati nella loro stessa modalità e hanno lanciato tutti messaggi carichi di speranza, dipingendo il lato positivo di questa situazione; come Irene che sottolinea “è stato il nostro modo di contribuire a queste emergenza” e L’ultima Giulia aggiunge “bisogna pensare che andrà tutto bene e imparare ad apprezzare le piccole cose e non bisogna smettere di sognare neanche ora”. A questo pensiero si unisce anche la riflessione di Clarissa: “a volte ci preoccupiamo troppo di come andranno le cose, ma una volta che queste passano e volgiamo lo sguardo indietro, ci rendiamo conto che quelli che vedevamo come macigni erano in realtà dei sassolini”. La Prima Giulia riporta le stesse parole che ha detto a suo cugino, che si laureerà a breve sempre telematicamente: “è stata una bellissima sensazione e un’esperienza nuova. Abbiamo comunque vissuto un giorno di allegria e felicità in un periodo così buio e ci siamo sentiti straordinari!”; Federica sottolinea “siamo la dimostrazione che nulla può fermarci! Non ci siamo abbattuti e ce l’abbiamo fatta: abbiamo raggiunto il nostro obiettivo”. Nella sua testimonianza, Enrico fa una sua riflessione “mi ha colpito molto una cosa che mi ha detto un mio amico: ‘mia nonna si è laureata nel 1944 in un rifugio antiaereo’. Anche se fuori non ci sono bombardamenti, mi sono riconosciuto nella situazione e se ce l’hanno fatta loro, ce la faremo anche noi ad uscire da questa guerra”.
Come nota conclusiva, ho chiesto loro di condividere con me la prima cosa che vorrebbero fare quando l’emergenza finirà e tutti hanno parlato di passeggiate all’aperto e viaggi, anche se, come sottolinea L’altra Giulia, ci sarà un po’ di preoccupazione nel guardare al di là dei confini una volta che l’Italia ne sarà uscita, dato che probabilmente alcuni paesi saranno nel cuore dell’emergenza. A parte questo, come dice La Prima Giulia: “ci sarà una grande voglia di stare insieme e di condivisione. Sarà tutto più sentito” ma anche di affetto, come rivela Vita: “vorrei prendere una persona X alla quale tengo e che non ho visto in tutto questo tempo e abbracciarla in silenzio per alcuni minuti”. Molti hanno approfittato di questo periodo per prendersi cura di se stessi, come sta facendo Isabella: “sicuramente questa situazione mi ha regalato molto più tempo per capire cosa voglio, così da arrivare a delle consapevolezze che mi potranno indirizzare nel lavoro”; altri sono rimasti attivi nella ricerca di un impiego come Irene che mentre fa lezioni su Skype di lingua, continua a mandare CV sperando che, una volta tornati alla normalità, ci possano essere altre opportunità lavorative. Ilaria aveva invece trovato un tirocinio in Spagna ed è per questo che era rimasta a Roma, ma è stato bloccato a causa dell’emergenza: “vorrei sfruttare questo periodo per formarmi: seguo webinar e provo ad imparare lo spagnolo. Ma quando sarà finito tutto vorrei tornare a casa e farmi una passeggiata al mare”. Anche Laura stava lavorando per la Regione Lazio quando il governo ha tagliato i fondi per gli stage: “ero riuscita a crearmi la mia indipendenza a Roma e vorrei solo riavere il mio posto nel mondo”.
Per quanto la situazione sia incerta, ognuno ha conservato i propri sogni e non sarà una pandemia a fermare la determinazione di realizzarli; chi ha le redini nel mondo degli adulti deve però ascoltare il nostro grido di rivalsa che si diffonde più rapidamente di un virus e risuona più forte di un tuono ripetendo: fateci posto!
Claudia Cesetti