Il “multiculturalismo” viene definito nelle enciclopedie come “appartenenza o partecipazione a diverse culture”. Significa riconoscere il rispetto dell’identità linguistica, religiosa e culturale di tutte le altre etnie. Comprende quindi l’aspetto religioso e culturale ma soprattutto l’aspetto linguistico di un popolo. La lingua è una componente fondamentale di ogni società e, che sia scritta o orale, risulta vitale poiché se l’uomo non comunicasse con se stesso, con gli altri e con l’ambiente circostante, morirebbe.

Nella società di oggi, il plurilinguismo si inserisce nel quadro del “melting-pot”, termine utilizzato per definire la mescolanza di diverse etnie in un contesto geografico. Il plurilinguismo è una qualità che, se coltivata, può cambiare il nostro modo di vedere il mondo e la nostra percezione della realtà.

Mi chiamo Angela, ho 18 anni e sogno di essere plurilingue. In realtà potrei già definirmi tale, in un certo senso. Nonostante abbia solo 18 anni, ho un buon livello di inglese, francese e tedesco e il mio dialetto lucano è piuttosto fluente. Lo studio delle lingue mi ha senza dubbio cambiata: mi ha permesso di avvicinarmi a realtà che non conoscevo e mi ha portata ad essere una persona dalla mente aperta, sempre alla ricerca del nuovo e alla scoperta del diverso. Potrò essere di parte, ma credo che lo studio di almeno una lingua, oltre alla lingua madre, sia fondamentale per tutti gli individui. Anziché pensare ad una lingua solo ed esclusivamente come mezzo per comunicare con persone provenienti da un’altra nazione, bisognerebbe rivalutare il fine formativo dello studio di un nuovo codice e l’enorme ricchezza culturale che ogni lingua porta con sé. Dopo la maturità ho finalmente iniziato il percorso che mi porterà, spero presto, a diventare la versione migliore di me stessa. Tra i miei obiettivi c’è sicuramente la laurea, ma anche un’esperienza Erasmus e una prima esperienza lavorativa in campo linguistico.

Le ragioni principali che mi hanno spinta ad intraprendere un percorso linguistico-culturale sono tre: confronto, passione, viaggi. Quando si entra in contatto con una nuova lingua, si iniziano a rivalutare molti aspetti della propria cultura d’origine: noi italiani abbiamo il vizio di gesticolare molto quando parliamo; per noi è un’azione del tutto naturale, quasi innata. Se ci spostassimo in un’altra nazione come l’Inghilterra però, noteremmo subito una differenza: il distacco evidente tra gli interlocutori. Pertanto, confrontarsi con gli altri e in particolar modo con chi non parla la nostra stessa lingua e non ha la nostra stessa cultura, evidenzia quei tratti che ci contraddistinguono e che ci rendono in un certo senso “speciali”.
Il mio plurilinguismo è alimentato dalla passione e dalla curiosità insaziabile che mi insegnano ogni giorno qualcosa di nuovo. Mi stupisce quanto sia complesso il linguaggio umano e quanti aspetti nascosti ci siano. Fra le tante, l’aspetto etimologico del linguaggio e la conoscenza dell’evoluzione della lingua nel tempo sono sicuramente caratteristiche che spingono ad approfondire l’affascinante mondo della lingua.
I viaggi sono altrettanto importanti perché completano la formazione teorica. Bisognerebbe studiare una lingua e parlarla immergendosi nella cultura e nella mentalità di quel popolo, perché la lingua parlata è ben diversa da quella studiata sui libri di grammatica. Dietro una lingua c’è sempre una cultura, un modo di fare diverso, un modo di pensare alternativo al nostro. Viaggiare non significa solo migliorare la lingua, ma anche “partecipare” ad un’altra cultura.

Di viaggi ce ne sono stati tanti. Ricordo la mia prima volta a Londra, 5 anni fa. Ero incollata al finestrino dell’aereo impaziente di arrivare. Londra la definirei una “piacevole tempesta” perché quello, che è stato il mio primo viaggio fuori dall’Italia, mi ha cambiata profondamente. La realtà che ho sperimentato per una settimana circa era completamente diversa dalla realtà che vivevo tutti i giorni, nel mio piccolo paesino di provincia, che oramai mi stava stretto. Osservavo la gente camminare per strada in maniera disinvolta e indifferente. Chiunque sembrava libero di mostrare se stesso, senza filtri, senza maschere. Da lì è iniziato tutto: valigie, carte d’imbarco, aeroporti, sono diventati il mio modo di evadere la routine noiosa per scoprire aspetti di me stessa e del mondo che prima ignoravo o meglio, non riuscivo a vedere.

Per questo motivo, ho scelto di continuare i miei studi per diventare un’interprete e fare delle lingue un mestiere: decodificare realtà diverse e renderle comprensibili per me e per gli altri, riuscire a trasmettere anche solo una minima parte della mia passione per le lingue. Questo è ciò che sogno.

Essere plurilingue è come possedere un terreno: vi si piantano semi diversi e ci si prende cura del raccolto, si gode poi dei frutti che si condividono con gli altri. Sono Angela, e faccio parte dell’universo.

Angela Berteramo