Se chiudo gli occhi sono a… mi Buenos Aires querido

Cari amici, compagni e colleghi,

oggi #MondayAbroad vola a Buenos Aires grazie al racconto della nostra responsabile Sara!

Sara è stata la prima persona che ho conosciuto quando ho messo per la prima volta piede all’UNINT, lo scorso ottobre 2019. In tutto questo tempo, complici molte passioni in comune (per esempio, il nostro amato UNINTBlog), ci siamo avvicinate molto ed è un rapporto che sicuramente porterò sempre nel cuore, sia per la stima e il rispetto che l’hanno caratterizzato, sia per le avventure che l’hanno accompagnato.

Volevo, per questo motivo, dedicarle l’ultimo articolo dell’anno accademico: cara Sara, vedi questo articolo come un ringraziamento per la fiducia che hai riposto in me. Grazie davvero di tutto.

Sara è partita per Buenos Aires grazie a un progetto organizzato dall’Università degli Studi di Bologna: il 10 gennaio 2016 ha iniziato la sua grande avventura ed è rimasta nella capitale argentina per i successivi 9 mesi.

“Diciamo che i primi tempi sono stati sia positivamente che negativamente traumatici. Ho ancora in mente le immagini del viaggio in taxi che feci dall’aeroporto al centro della città: un’altra realtà, era come stare in una bolla e il mio primo sentimento è stato estremamente negativo perché è un mondo che già dal primo impatto risulta di essere estremamente complesso e diverso dalla mia quotidianità. Aggiungiamo, inoltre, che a 19 anni avevo visto poco del mondo e partire per un’esperienza così grande, sicuramente, è stata una scelta coraggiosa e impattante.”

Vi svelo un segreto: sin da bambina (complice “Il Mondo di Patty”, non voglio negarlo) ho sempre sognato di visitare quelle terre così lontane, quindi vi lascio immaginare la mia curiosità nel racconto di Sara.

“C’è da dire che di Buenos Aires non ti abitui mai: puoi esserne perdutamente innamorata, ma, oltre ad avere molti pregi, è una città anche pericolosa e complicata… immagina che anche dopo nove mesi io continuavo a provare questa contrapposizione di emozioni tra loro opposte. […] È comunque una città meravigliosa: a tratti europea, a tratti ricorda New York; è piena di colori, di vita; è vero che la gente balla il tango nelle strade (pensa che sui marciapiedi ci sono addirittura le impronte con i passi!).”

Cerco in tutti i modi di riportare le emozioni che, pian piano, sto riconoscendo nelle parole di Sara: come fosse una spettatrice meravigliata, sta rivivendo la sua esperienza con il giusto pathos e la giusta malinconia (e a me fa davvero piacere sentire la leggerezza di quei ricordi).

“Il mio posto preferito è sicuramente la biblioteca costruita all’interno del teatro: a vederla da fuori, in verità, sembra un edificio qualunque, ma la vera magia avviene quando entri e hai questa distesa infinita di libri colorati, il tutto all’interno di un teatro. Un posto veramente affascinante che mi piaceva vedere come se fosse il mio luogo sicuro, la mia isola di pace in mezzo a tanta confusione. […] Buenos Aires, inoltre, è la città sudamericana per eccellenza e al suo interno puoi trovare i colori più vivaci dentro ai quartieri più pericolosi, come per esempio La Boca, nella quale mi sono sentita come se stessi nuovamente in una bolla. Forse, a essere sincera, questo è il maggior difetto di Buenos Aires: è tanto bella (non le mancano sicuramente arte e architettura), quanto complessa e povera. È una città dove non esistono né il bianco, né il nero, ma neanche il grigio: ti spinge tanto da decentrarti e quasi mandarti in confusione.

[…] Oltre alla biblioteca, un posto meraviglioso è anche il mercato di Sant’Elmo, questa strada lunghissima ricca di bancarelle dell’artigianato, del vintage e del choripán, questo semplice panino con la salsiccia che, però, lì acquista un gusto tutto suo, forse dato dal contesto, più che dalle materie prime!”

La chiacchierata con Sara sta quasi per giungere al termine, ma prima la mia solita domanda “lo rifaresti?”

“È stata sicuramente un’esperienza forte e non nego che, mentre ero lì, contavo i giorni per il mio rientro a casa… Per una ragazza di 19 anni alla sua prima esperienza all’estero, forse, era veramente troppo, anche solo da metabolizzare. È stata dura, ma è da almeno tre anni che dico di volerci tornare, sia col senno di poi, che con la testa di oggi: come tutte le esperienze molto forti, quando si concludono hanno subito un sapore dolce-amaro, che finisce col depositarsi e lasciare scoperto il vero e profondo legame che hai instaurato.

Sento sicuramente il bisogno di rivederla con gli occhi della Sara di oggi: è stata una tappa fondamentale della mia vita e, forse, non l’ho vissuta come avrei dovuto.

Quel lontano 10 gennaio sono partita senza sapere bene cosa avrei voluto fare, né chi avrei voluto essere, ma sono tornata con fame di conoscenza sul mondo e sui suoi meccanismi, tant’è che in quel momento ho deciso che mi sarei iscritta alla triennale in Relazioni Diplomatiche e Internazionali e, in seguito, a Sicurezza Internazionale.”

Concludiamo, dunque, questa meravigliosa serie di storie, di racconti, di vite che nel corso di queste settimane ci hanno tenuto compagnia.

Il mio #MondayAbroad va in vacanza: è stato un anno ricco di emozioni, traguardi, gioie e momenti, sia positivi che negativi; insieme abbiamo conosciuto tanti posti e tanti amici che, mai come in questo periodo così particolare che tutti quanti abbiamo vissuto, abbiamo ritrovato sempre e comunque a un millimetro dal nostro cuore.

Un saluto speciale a tutti voi: in bocca al lupo per gli esami, per la laurea, per la vita.

Grazie per avermi permesso di raccontarvi (e raccontarmi).

Un besito

Ilaria Violi