Giorgio Rosa

Oggi è 2 marzo e proprio il 2 marzo 2017 ci lasciava il bolognese Giorgio Rosa. Un nome poco noto ai molti, ma che qualcuno sicuramente si ricorderà per la recente uscita del film “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose”. Giorgio è stato un ingegnere famoso per aver progettato e creato l’ormai celebre Isola delle Rose negli anni ‘60, una piattaforma nel mare Adriatico a quasi 12 chilometri dalla costa di Rimini e 500 metri fuori dalle acque nazionali.



Dopo anni di progettazione e costruzione, il primo maggio del 1968, l’isola viene inaugurata e proclamata Stato Indipendente col nome ufficiale di “Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose”. L’11 febbraio del 1969, i sommozzatori della Marina Militare Italiana iniziarono i lavori di demolizione della piattaforma; invano fu l’appello di Rosa al presidente Saragat in quanto fuori dalle acque italiane.

Nonostante la vita breve e nonostante non fu mai riconosciuta da nessuno Stato, l’ingegner Rosa aveva provveduto a tutto ciò che compone una nazione: l’esperanto (tra le più note tra le lingue ausiliarie internazionali, è sviluppata da un oculista polacco nella seconda metà dell’800) come lingua ufficiale; una bandiera con tre rose raffigurate sopra; una valuta che non fu mai emessa; due serie di francobolli («Spedivamo lettere che puntualmente venivano sottoposte ad annullo postale in Italia», Giorgio Rosa); un proprio governo ed infine fu adottato il “Timoniere! Smonta di guardia!” tratto da L’Olandese Volante di Wagner come inno ufficiale.

L’idea iniziale dell’ingegnere era soltanto quella di aprire, sulla piattaforma, ristoranti e luoghi per lo svago in una Rimini che si stava aprendo al turismo, in un clima opposto a quello che l’Italia e l’Europa intera stava vivendo. In seguito ai continui blocchi burocratici e all’affermazione di un professore di diritto sul fatto che non fosse impossibile la creazione di uno Stato, Rosa si ribellò alle istituzioni con la creazione della Repubblica che però lui stesso definì «un peccato d’ingenuità».

Anche se non era lo scopo dell’ingegnere Rosa, ripensandoci oggi, l’isola ha rappresentato uno tra i “primi vagiti di un ’68 ancora lungo da venire”[1], il simbolo di una libertà che faticava a trovare posto in un’epoca segnata da stragi, lotte e rivoluzioni.

Ylenia Cossu


[1] Citazione tratta da “Compagno di scuola” di Antonello Venditti