#MONDAYABROAD

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#MondayAbroad Se chiudo gli occhi sogno…l’Europa dell’est e la Transilvania:

Il mondo è bello perché è vario: detto che, forse, tante volte perde il suo vero significato e che, per questo motivo, viene a sua volta sottovalutato o sopravvalutato.

Le righe che seguono raccontano un viaggio e non solo: Chiara ci ha aperto i suoi ricordi e oggi ha deciso di farli parlare per lei con un’esperienza che pochi possono vantare nel proprio bagaglio culturale; un’impresa che aiuta a crescere, a maturare e, a suo modo, a saper respirare.

Chiara e i suoi sentimenti parlano in prima persona e io, da spettatrice ammaliata, sono contenta di aver potuto leggere e immaginarmi in quei posti e davanti a quei paesaggi. #Torneremoaviaggiare

31 luglio 2017, ore 19.00: un traghetto in partenza da Ancona, con arrivo a Spalato alle 7 del mattino successivo.  Era un periodo strano, particolare della mia vita, pieno di incognite e qualche certezza: era finito il primo anno di università, ero stanca dei tanti esami dati a giugno e luglio e il viaggio Unint-casa, al nord, non mi bastava. Così è bastato un clic su un sito internet per prenotare il biglietto per una settimana dopo per un traghetto da Ancona con destinazione… Croazia! Penserete “Oh, una bella vacanza in Croazia, al mare, sole, caldo, amici”, beh, ecco… non esattamente. Partiamo dall’inizio. Alle ore 19.00, come sopracitato, mi trovo davanti a questo traghetto che avrebbe attraversato tutto l’Adriatico fino alla Croazia in esattamente 12 ore. Lascio immaginare il caldo soffocante, accompagnato da uno zaino sulle spalle, una tenda e un sacco a pelo. Tutto lo stretto necessario.

Ma necessario per cosa? Non lo sapevo nemmeno io. E potrà sembrare una barzelletta ma non è così.

Non era stato pianificato praticamente nulla: né luoghi, tempo, spostamenti, niente. Vi lascio immaginare mia madre, che la mattina della partenza si sente dire dalla figlia appena 20enne che sarebbe partita per un tempo non ancora deciso, per delle mete che nemmeno io sapevo quali sarebbero state. (Nota divertente di quest’imprevedibile avventura: mi ha scattato una foto in caso avesse dovuto mandarla a “Chi l’ha visto”, allegando la frase: “così almeno sanno come sei vestita”).
E così presi quel traghetto. 12 ore dopo ero in Croazia, una “toccata e fuga” come si suol dire, per poi immergersi nei magnifici paesi dell’Europa dell’Est.
Spalato, Mostar, Sarajevo, Novi Sad, Belgrado, Timișoara, Sibiu, Brașov, Sighișoara, Costanza, Vama Veche e Bucarest. 12 città viste, 4 nazioni attraversate, Croazia, Bosnia, Serbia, Romania, in 20 giorni, con uno zaino, una tenda e un sacco a pelo con me.
Tra tutte, la Romania è stata forse quella più sorprendente e in particolare la Transilvania: piccole cittadine tutte colorate e caratteristiche come quelle di Timișoara, Sighisoara, Sibiu e, Brașov.
“Chissà quanti rom, quanti zingari avrai incontrato”, tipica frase una volta tornata in Italia a chiunque raccontassi del mio viaggio. La verità è che ciò che ricordo della Romania è esattamente tanto colore, per l’appunto nella zona della Transilvania, tanta gente che mi ha ospitata aprendo le loro case senza problemi, indicandomi le zone più suggestive da visitare, oltrepassando barriere di ogni tipo, linguistiche e culturali per aiutarmi, reinventandosi guide turistiche per mostrarmi le parti della loro terra di cui erano più orgogliosi e il loro cibo, prevalentemente a base di carne. (Quella non può mai mancare, così come non è mai mancato il caldo: 42/43 gradi era la temperatura che mi ha accompagnata durante tutto il viaggio).

La Transilvania è uno dei punti più alti dell’intera Romania: contiene zone in cui si snodano i monti Carpazi, è meravigliosa dal punto di vista naturalistico ed è caratterizzata da piccoli borghi costellati di case ed edifici antichi (ognuno con un colore diverso dall’altro), viste mozzafiato e i celebri castelli medievali, come il famoso castello di Dracula, il Castello di Bran, uno dei monumenti della Romania più conosciuti al mondo, a mezz’ora da Brașov.

Brașov, cittadina di poco più di 300.000 abitanti, ha una delle viste più sorprendenti che i miei occhi abbiano mai ammirato (e io sono abituata a salire su castelli, torri e chi più ne ha, più ne metta, in qualsiasi città io vada, ma questa mi ha letteralmente lasciato a bocca aperta).
Certo, la salita fino a quella roccia in cui sono seduta è meglio farla con la funivia, comunque vi assicuro che la vista vale tutto il prezzo del biglietto, non proprio così economico, forse. Una volta arrivati fin lì, ci si perde completamente nel paesaggio: la vista dà sulla grande piazza principale di Brașov (che si vede in foto), su tutta la città e oltre. La discesa poi, così come la salita, si può fare sia con la funivia, sia a piedi: bisogna solo scegliere se metterci mezz’oretta o 3 ore (quelle che ci ho messo io scendendo a piedi per le strade buie di un bosco, perdendomi e riperdendomi per poi ritrovarmi dall’altra parte della città).
Se, dunque, dovessi riassumere questa vacanza nell’Est Europa, direi sicuramente che non è stata una vacanza turistica, bensì un’esperienza da viaggiatrice: un viaggio all’insegna di un’immersione totale nella cultura del posto, composta, quindi, da lingua (persino l’alfabeto era diverso in alcune delle nazioni menzionate) e tradizioni totalmente diverse dalle nostre; un viaggio fatto di lunghi spostamenti in treni di 3,6,9 ore, di ostelli; di gente speciale che mi ha ospitata e mi ha permesso di abbattere ogni tipo di pregiudizio; di notti passate in stazioni, in parchi, o in tenda in riva al mare, senza smartphone, senza orologio, senza tempo.

Proprio su questo vorrei concentrarmi: un viaggio senza tempo. Non c’era mattina, ora di pranzo, ora di cena, l’ora del ritorno a casa, non c’era nulla: c’era la vita, fatta di racconti, di conoscenze, di camminate tra città nuove, belle, affascinanti e tanto diverse dalle nostre.  Un viaggio diverso dagli altri, il viaggio del grande cambiamento della mia vita.

Chiara Ferrario
 

#QUELLOCHECIUNISCE: CARBONARA DAY

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#CarbonaraDay: mai hashtag mi risuonò più dolce – o forse sarebbe meglio dire saporito – alle orecchie. Il 6 aprile, già da qualche anno, è la giornata dedicata al piatto di pasta più amato dai giovani italiani – almeno secondo le statistiche. Quest’iniziativa è organizzata dai pastai di AIDEPI (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane) e IPO (International Pasta Organisation), dopo la proposta di Stefano Bonilli. Nel 2008 infatti, il famoso food blogger italiano, fondatore della rinomata rivista culinaria Gambero Rosso, aveva deciso di dedicare, nell’ambito della giornata internazionale della pasta, maggiore attenzione alla carbonara, regina indiscussa.

Ma come nasce la carbonara? Boh, e chi lo sa. Nemmeno noi italiani ce lo ricordiamo bene. Esistono infatti più storie che circolano, che si passano di padre in figlio, sulla nascita di questo piatto.

Alcuni sostengono che la carbonara, in realtà, provenga proprio da un “incontro” tra l’Italia e la patria di coloro che, nel profanare la cucina italiana, sono i numeri uno: gli USA. Proprio così. Ora vi spiego: nel 1930 viene pubblicato un libro di ricette che raccoglie tutti i piatti tipici romani. E della carbonara neanche l’ombra. Quindi viene ovvio pensare che la ricetta risalga ad anni successivi, e allora ecco l’intuizione: durante la seconda guerra mondiale, quando le truppe americane erano a Roma, mischiavano, senza arte né parte, i primi ingredienti che riuscivano a racimolare, ossia uovo, pasta e bacon. Eh sì, bacon. Forse per questo, come fanno notare in molti, l’uso della pancetta al posto del guanciale non scatena la stessa furia omicida che scatenerebbe il farlo con l’amatriciana: nella “ricetta” (se così la vogliamo definire) originale il guanciale non c’era. Ad ogni modo io, quando vedo che qualcuno usa la pancetta, lo giudico comunque. Ma il pecorino? Eh già, il pecorino. Come dicevo, la ricetta dei soldati americani non è mica quella che mangiamo oggi: ovviamente dei cuochi romani, vedendo che lo strambo abbinamento uova-pasta-carne funzionava, hanno deciso di perfezionarla, rendendola arte. Nasce quindi la carbonara, quel mix di sapori che quando assaggi senti il fegato chiedere pietà, ma il palato supplicarne ancora.

Secondo un’altra ipotesi, invece, la carbonara deriva dai carbonai, ossia da quelli che trasformavano la legna in carbone, e operavano sugli Appennini laziali e abruzzesi, chiamati “carbonari” in dialetto romanesco. A quanto pare i carbonari erano grandi fan del piatto abruzzese cacio e ova, a cui avrebbero poi aggiunto il guanciale, rendendo il piatto più sostanzioso e, tocca ammetterlo, appetitoso. Da qui, inoltre, deriverebbe la tradizione dell’usare il grasso del guanciale e non l’olio, in quanto i carbonari erano poveri e non se lo potevano permettere.

Ma non finisce qui: addirittura c’è chi sostiene che la carbonara derivi dalla cucina napoletana, dove d’altronde uova sbattute e formaggio grattugiato sono all’ordine del giorno, oppure ancora chi sostiene che la carbonara debba il suo nome a un tipico salume che, originariamente, veniva impiegato al posto del guanciale. Questo salume veniva affumicato sotto i carboni, e da qui avrebbe poi preso nome il piatto.

Insomma, non si sa di preciso la vera storia della carbonara, ma penso che tutti dovremmo ringraziare chiunque abbia avuto l’idea di unire questi ingredienti e trasformarli in quest’opera.

Che tripudio di maestria la cucina italiana: l’UNESCO ha proclamato la pizza patrimonio dell’umanità, e l’IPO, insieme al mondo intero, celebra la carbonara. Niente da farci, noi italiani ne sappiamo sempre una in più del diavolo quando si tratta di cibo. Perché? Perché per noi mangiare è un’arte, non si tratta solo di riempirsi lo stomaco con la prima cosa che ci capita davanti -studenti fuori sede non preoccupatevi, non vi giudico- o mangiare il più alto numero possibile di calorie -the bigger the better, eh America?-. Si tratta di tradizioni, amore, famiglia. È l’ingrediente segreto che la nonna ti sussurra nell’orecchio quando la aiuti a preparare il pranzo della domenica (“mi raccomando, aggiungi un po’ di zucchero nel pomodoro che ne risalta il sapore” mi disse una volta mia nonna), si tratta del pranzo di Pasqua passato con tutta la famiglia, si tratta dell’amore con cui zie e mamme coltivano l’orticello dietro casa, anche se poi sei costretto a mangiare zucchine per settimane e settimane. La cucina è arte, passione. Ovvio che ci arrabbiamo quando scopriamo che all’estero mettono la panna nella carbonara, oppure che usano la cipolla. O peggio ancora, quando sostituiscono il pecorino con il cheddar. Ma d’altronde, come abbiamo detto, la nostra cucina è un’arte: chi vuole imitarla, si accomodi. Ma non riusciranno mai, nemmeno lontanamente, a raggiungere la perfezione dei nostri gusti, dei nostri sapori.

Ora, per allietarvi in questo periodo di quarantena, vi condivido qui di seguito la ricetta della migliore carbonara di Roma. Vi ricordate Stefano Bonilli, colui a cui dobbiamo la nascita del #CarbonaraDay? Ebbene, quando nel 2008 decise di promuovere quest’iniziativa, indisse un concorso per proclamare la regina delle carbonare. La vincitrice è stata la carbonara di Roscioli, un’antica salumeria in Via dei Giubbonari, che con il suo cuoco di origine tunisine si aggiudicò il podio. Esatto, il cuoco è di origini tunisine: che meraviglia vedere come, attraverso la cucina, si crea unione tra le culture. E che serva anche da esempio a coloro che, all’estero, cucinano la prima cosa che si trovano davanti, dandole poi un nome italiano senza, di fatto, avere la minima idea di cosa sia la cucina italiana.

Ecco a voi la ricetta della miglior carbonara de Roma, buon appetito!

Ingredienti per 4 persone (mamme, papà e coinquilini vari vorranno sicuramente assaggiare)

400 gr spaghettoni

200 gr di guanciale

250 gr di pecorino romano bio stagionato almeno 16 mesi

40 gr pecorino di fossa di Sogliano al Rubicone (opzionale – soprattutto di ‘sti tempi, direi che la ricerca del pecorino magico può saltare, ma ve lo lascio caso mai, finita l’emergenza, vi vorrete dilettare a perfezionare l’arte della carbonara)

5 tuorli di uovo

1 albume intero

Pepe q.b

Preparazione

  1. In una boule di vetro sbattere cinque uova con un albume aggiungendo 150 grammi di pecorino e 40 grammi di pecorino di fossa.
  2. Fare due giri di pepe macinato fresco, lasciare riposare il composto per 5 minuti in frigo.
  3. In una padella di ferro (o eventualmente antiaderente) rosolare il guanciale, privato della cotenna e tagliato a dadini da circa un centimetro ciascuno, a fuoco vivace.
  4. Quando avrà formato una leggera crosticina e assunto un colore brunito spegnete il fuoco ed eliminate la metà del grasso rilasciato dal guanciale.
  5. Cuocere gli spaghettoni in acqua non molto salata con cottura al dente.
  6. Versarli nella boule con il composto preparato precedentemente di uova pepe e pecorino aggiungendo gradatamente il guanciale e il suo grasso di risulta.
  7. Mantecare velocemente lontano dal fuoco aggiungendo se necessario acqua di cottura, adagiare sul piatto di portata e cospargere il tutto con il resto del pecorino e del pepe.

Ps: e non dimenticatevi di seguire l’hashtag #CarbonaraDay sui social, per vedere che simpatiche iniziative sono state avviate per celebrare la regina della pasta!

Emanuela Batir

Fonte: https://www.lucianopignataro.it/a/carbonara-di-roscioli-ricetta-originale-spiegata-da-alessandro-roscioli/58449/

#ATUTTOMONDO

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La rassegna stampa internazionale dell’UNINT sul COVID-19

In Italia si avvicina lo scadere del primo termine previsto per le restrizioni legate all’emergenza Covid-19 e anche se ancora manca la comunicazione ufficiale, il governo ne sancirà una proroga a data da destinarsi. Le spaventose cifre di contagiati e deceduti giornalieri fanno presagire un decisivo prolungamento delle misure restrittive, condizione che ci costringe a re-inventarci e re-inventare un tipo di vita a cui non potevamo di certo ritenerci abituati. 

Il valore aggiunto di questa anomalia, infatti, sta nell’imparare a non soffrire della “mancanza di…”, ma nell’imparare ad apprezzare “l’assoluta libertà di…” che in condizioni di normalità determina il nostro stile di vita.

La libertà di movimento, di riunione, di espressione, di stampa, ad esempio.

Quest’ultima in particolare è la chiave del nostro lavoro, e approcciandoci ad universi linguistici e geografici diversi abbiamo imparato a riscoprire il valore di quelle libertà che noi italiani tanto diamo per scontate, ma che tanto scontate, indipendentemente dall’emergenza, per altri, non sono.

Sara Nardi

In Italia, una settimana fa è arrivato un carico di mascherine e ventilatori dal Brasile dopo i blocchi alle esportazioni delle settimane precedenti. Per capire meglio vi riportiamo l’intervista fatta a Vanessa Teixeira Volochen, di Curitiba (Paranà) di 28 anni.

Come sta affrontando l’emergenza Covid-19 il Brasile?
I presidenti dei vari stati non riuscendo a trovare un accordo, hanno deciso di prendere delle misure in maniera indipendente. Alcuni hanno scelto la via della quarantena prima rispetto ad altri. Ad esempio, io adesso mi trovo nello stato di Santa Catarina e la quarantena finirà il 31 marzo ma sicuramente verrà prolungata: una settimana non basta.

In Italia abbiamo visto il presidente Bolsonaro chiamare il Covid-19 “raffreddorino”: cosa ne pensano i brasiliani?
Personalmente penso sia da irresponsabili. Un presidente che sminuisce il problema, che non sensibilizza la gente, è un presidente irrispettoso. Molti imprenditori, attraverso dei video sui social appoggiano l’idea di Bolsonaro di tornare al lavoro per non fermare l’economia, come il proprietario della nota catena di fast food Madero. Ha detto che alcuni moriranno ma l’economia non può aspettare. Anche i più poveri preferiscono rischiare: se non è il virus, sarà la fame a metterli in ginocchio. Bolsonaro ha perfino pensato ad una campagna pubblicitaria da 5 milioni di real (circa 880 mila euro) contro la quarantena, chiamata “il Brasile non può fermarsi”. Fortunatamente è stato fermato.

In Brasile i media parlano dell’Italia?
Sì, i media parlano continuamente dell’Italia: mostrano immagini, dati. Il caso italiano ci insegna come poter agire. Ci sentiamo molto vicini agli italiani e vedere un leggero calo nei contagi ci rasserena.

Pensi che la vita dei brasiliani dopo questa emergenza cambierà in qualche modo?
Forse il popolo esigerà dal Governo un miglioramento per quanto riguarda il nostro sistema sanitario pubblico. Inoltre, credo che per l’opprimente sensazione che genera lo stare in casa molti cureranno di più le relazioni interpersonali. Ci godremo la vita un po’ di più. Alcuni saranno più tolleranti perché la solitudine ci ha fatto capire che dovremmo dare un peso diverso ai problemi. Spero che la gente non dimentichi ciò che stiamo passando.

Martina Pavone

In crescita il numero dei casi in Canada. In una settimana si è passati da 219 casi a 2840, la maggior parte di questi si trova nella Provincia del Québec. Tuttavia, le autorità Canadesi affermano di riscontrare numeri inferiori a quelli previsti e si rifiutano di svelare lo scenario di propagazione in Québec, poiché creerebbe panico nelle altre province.

In Australia i casi arrivano a +4000 e il Ministro della Sanità parla di primi segni di appiattimento della curva di contagi, grazie anche alle norme di restrizione, che da questa domenica prevedono incontri solo tra due persone. Il governo lavora ad un fondo sussidiario per salvaguardare i posti di lavoro e permettere agli imprenditori di non lasciare indietro i dipendenti. Il Primo Ministro Morrison ha annunciato il lancio dell’app Coronavirus Australia, per aggiornamenti sulle misure prese dal governo e sui comportamenti da tenere. Connessa anche a WhatsApp, per chiarimenti direttamente dagli addetti al governo. Le comunità indigene sono le più a rischio a causa dello stile di vita comunitario e dell’alta percentuale di malattie croniche nella popolazione: “se il coronavirus arriva nelle nostre comunità siamo spacciati” dicono i capi indigeni.

Nel Regno Unito il Covid-19 attacca il cuore del governo: Johnson e Hancock, i quali hanno avuto contatti con personalità politiche di alto livello, e si cerca di ricostruire la rete di entrambi negli ultimi giorni. Boris Johnson avvisa che ulteriori restrizioni potrebbero essere necessarie. “Il peggio deve ancora arrivare” dichiara “abbiamo sempre cercato di attuare le giuste misure al momento giusto e non ci tireremo indietro, se sarà necessario andare oltre”. Nel mondo del calcio la Premier League è sospesa fino al 30 aprile, e i giocatori si allenano da casa. Secondo l’ex difensore Angelo Ogbonna potrebbero avere bisogno almeno di un mese, prima di riprendere a giocare quando tutto sarà finito. La Gran Bretagna “ha riso” dell’Italia e ha “sottovalutato” il coronavirus, afferma lo stesso Ogbonna, che vive a Londra ma ha la famiglia in Italia. “A Londra c’è stata subito preoccupazione” dichiara in un’intervista “supermercati vuoti, meno gente in giro. Ma Londra non è il Regno Unito”. Negli Stati Uniti, ad oggi sono oltre 141.000 i casi registrati di cui più di 59.000 a New York, epicentro del contagio. A preoccupare è la situazione sanitaria: il governatore Cuomo ha annunciato che lo Stato di New York avrà bisogno di più di 30.000 respiratori ed è troppo basso il numero di medici e infermieri in grado di utilizzarli. Bill Gates osserva che il confinamento graduale non funziona e prevede il picco per fine aprile. Nel Kentucky: il sindaco di Louisville come il Presidente della Campania De Luca si dichiara contro chi non rispetta l’isolamento. I colossi americani come Coca-Cola, McDonald’s e Nike rivisitano i propri loghi in stile “distanziamento sociale”.

Lucia Capriglione Claudia Cesetti Diana Fagiolo Laura Forcella Stefano Mazzagatti Emanuele Spina

La Spagna sembra essere legata all’Italia da un filo conduttore: il paese segue drammaticamente il nostro, non solo per numero di contagi, ma anche per quanto riguarda i provvedimenti sanitari e non, attuati dagli organi competenti. La Spagna sta registrando un aumento vertiginoso di casi positivi al coronavirus: questa settimana sfiora gli 80.000 infettati, circa 10 mila in più rispetto alla scorsa. Il numero delle vittime nel paese, che ammonta a 6.737, ormai supera di gran lunga quello della Cina. Gli spagnoli si uniscono in un grido di terrore, i malati muoiono da soli, senza l’opportuna e necessaria attrezzatura medica, lontani dai loro cari e soprattutto senza una parola di conforto. È solo l’inizio: il picco dei contagi è previsto fra 15 giorni. Notizia che sconvolge il paese è quella di Fernando Simón, direttore del Centro per la gestione della crisi sanitaria (Centro de Coordinación de Emergencias y Alertas Sanitarias) il quale, la notte del 30 marzo, è stato nuovamente sottoposto al tampone per il Covid-19, già effettuato qualche settimana fa e al quale risultava negativo, riportando ora la positività alla malattia. Il premier Pedro Sánchez ha inasprito ulteriormente il confinamento: oggi un nuovo decreto vieta tutte le attività non essenziali fino al 9 aprile con un congedo retribuito per tutti i lavoratori con lo scopo di limitare al massimo tutti gli spostamenti.

In Argentina, il Ministero della Salute (Ministerio de Salud de la Nación) registra attualmente 820 casi confermati, 22 sono i decessi. Solamente nella giornata di domenica scorsa si sono registrati 72 casi in più. Intanto il Presidente Alberto Fernández estende la quarantena, la quale sarebbe dovuta terminare ufficialmente martedì scorso. Il nuovo provvedimento prevede lo stato di emergenza fino al termine della Settimana Santa.

A Cuba Il Ministero della Salute annuncia che su 665 tamponi realizzati nel paese, 139 sono i casi positivi e che dispongono dei protocolli medici già messi in atto dai paesi più colpiti. Persistono aspre misure restrittive su chiunque entri nel paese tra cui l’isolamento.

Aumentano i casi in Venezuela, di fronte a 119 morti, il presidente della Repubblica Nicolás Maduro lancia un nuovo appello alla popolazione chiedendo di rispettare la quarantena, “la via più efficace per limitare la propagazione del virus”. Il paese, oltre a dover affrontare una crisi economica e umanitaria già da molti anni ormai, deve sopportare il peso di nuovi disagi.

                                                        Francesca Vannoni

Il sito francese di Euronews lamenta il fatto che, nonostante la situazione critica del sistema sanitario del loro Paese, molti italiani continuano ad andare a correre, creando spesso assembramenti. Grazie alla localizzazione GPS, l’app Strava permette di individuare gli utenti che trasgrediscono all’isolamento. La pratica sportiva si ferma invece per gli atleti che si stavano preparando ai giochi olimpici previsti per luglio 2020 nella città di Tokyo. Il Presidente del CIO (Comitato Olimpico Internazionale) ha annunciato martedì scorso il rinvio dei giochi al 2021. Prima d’ora soltanto tre edizioni erano state annullate: Berlino (1916), Tokyo (1940) e Londra (1944). In Svizzera, dopo la decisione del Ticino di chiudere tutte le attività, in virtù dell’alto numero di contagi, anche il governo federale ha stabilito che fino al 19 aprile rimarranno aperti solo i negozi di prima necessità. 159 svizzeri sono stati rimpatriati da Santiago con il quarto volo organizzato dal Dipartimento Federale degli Affari Esteri; è previsto anche un aereo da Algeri. Ci sono molte iniziative per intrattenere la popolazione in quarantena: si passa dai “balconcerts”, i concerti in balcone o il concorso indetto dal giornale “Le Temps” per disegnare la propria vita in quarantena. L’UCM, associazione belga di tutela dei lavoratori indipendenti, per aiutare gli imprenditori in difficoltà ha richiesto una serie di misure, tra cui l’indennità regionale, la sospensione generale delle tasse e un incentivo agli affittuari per sospendere gli affitti. Riporta un po’ di speranza il caso della centenaria ligure sopravvissuta al Covid-19. Ricoverata a inizio marzo per una leggera insufficienza cardiaca, Italica, a 102 anni, è stata dimessa dopo tre settimane di lotta contro il virus: un esempio che in Belgio dona tanta speranza. La pandemia avanza in Africa e l’emergenza sanitaria diviene subito emergenza sociale. Mentre i governi rafforzano le misure di contenimento, in strada si assiste ad un incremento degli episodi di violenza. In Senegal, Sud Africa, Kenya, Ruanda e Zimbabwe sono stati denunciati abusi di potere e atteggiamenti violenti da parte della polizia, chiamata a far rispettare le nuove regole. Contemporaneamente l’immagine “dell’untore bianco” si diffonde tra la popolazione, sfociando a volte in episodi di razzismo contro gli stranieri residenti in Africa, considerati i portatori del virus nel continente. In Canada, molte imprese hanno convertito la loro linea di produzione per dare il loro contributo nella lotta contro la pandemia. Se molti birrifici e distillerie si sono lanciate nel loro piccolo nella produzione di gel disinfettante, la grande ditta di attrezzatura da hockey “Bauer” ha ottenuto il permesso dalle autorità sanitarie locali per fabbricare 300.000 visiere protettive mediche, che saranno vendute al Ministero della Salute del Québec. Nella realizzazione delle mascherine per coloro che assicurano i servizi essenziali, invece, si è cimentata la “Coop Couturières Pop” a Montréal, un laboratorio sartoriale che ha raccolto l’offerta di 4000 sarte disposte a portare avanti il loro lavoro a domicilio. 

Emanuela Batir Carolina Benucci Lara Bruno Flavia Lucarelli D’Ortenzi Ngwikem Manfo Solange Giulia Marinucci Diana Sandulli Elen’Alba Vitiello Eleonora Valente

In Germania, mentre la popolazione si interroga su quanto dureranno ancora le restrizioni varate dal governo federale e dai Länder per l’emergenza sanitaria da COVID-19, è in preparazione una nuova misura più stringente e non ancora utilizzata in ambito europeo, sebbene in altri paesi se ne discuta: un piano per geolocalizzare attraverso i telefoni cellulari i soggetti affetti da COVID-19, sul modello già sperimentato in Corea del sud.

Questa misura, strategica per impedire l’estendersi della pandemia, è prevista da uno studio del Ministero degli Interni reso noto dal “Süddeutsche Zeitung” e da “Der Spiegel”.

Il governo federale non è alle prese solo con l’aspetto sanitario del contagio in costante crescita, ma anche con le difficoltà economiche che prevedibilmente colpiranno anche la Germania.

A Bruxelles, si sta discutendo su quali strumenti economici adottare per fare fronte alla crisi che sta mettendo in forti difficoltà mercati e economie di diversi paesi UE. Lo scontro è tra l’applicazione di due differenti strumenti, da una parte i titoli obbligazionari europei (Coronabond) e dall’altra il ricorso al Fondo Salva Stati (Meccanismo europeo di stabilità -MES)

I Coronabond sarebbero uno strumento della Commissione Europea che consentirebbe agli stati membri di finanziare le spese sanitarie straordinarie, e di fronteggiare anche la crisi di imprese e famiglie.

Questo strumento, sostenuto dal governo italiano, francese e spagnolo, ha trovato l’opposizione dei governi tedesco, austriaco, olandese e finlandese, favorevoli al MES.

Lo scorso 26 marzo i capi di stato della UE, hanno rinviato di 2 settimane ogni decisione per tentare di definire meglio le differenti posizioni ed arrivare ad una conclusione definitiva e condivisa.

Il MES rappresenta uno strumento già pronto ad intervenire con un fondo di 410 miliardi di euro, ma il suo impiego, graverebbe sul debito dei paesi che ne farebbero uso; i Corona bond, emessi dalla BCE che ne sarebbe garante, sarebbero una misura straordinaria e innovativa e al di là dell’aspetto economico, un forte segnale di unità e coesione della UE.

Se in ambito europeo il confronto è acceso, gli aiuti umanitari della Germania al nostro paese sono un vero ed apprezzabile sostegno.

Infatti, oltre agli aiuti in mezzi e strumenti, sono 47 gli italiani curati in terapia intensiva in Germania.

Il trasferimento dei pazienti provenienti dalle regioni più colpite dell’Italia, non è facile a causa del loro stato di salute, che necessita di condizioni straordinarie per gestire il “bio-contenimento” dei pazienti.

In Germania, tra gli effetti del COVID-19, è da registrare anche la morte del ministro delle Finanze dell’Assia, Thomas Schäfer. Si tratterebbe del primo caso di suicidio di un politico dovuto allo stress e alle preoccupazioni. In una lettera, lo stesso Schäfer pur non citando direttamente il COVID-19 come principale causa, avrebbe definito “senza speranze” il futuro sociale ed economico del Land.

Ivan Denaro

Mosca, 25 marzo 2020. Ci sono all’orizzonte piccoli miglioramenti anche nella lontana Russia. Sono esattamente 14 i guariti nella giornata di oggi: persone, non anziane, che prima di ammalarsi erano state in Europa. Un gradino sotto i guariti, ci sono poi quelli che Il Ministero della salute pubblica definisce paucisintomatici di COVID-19: 290 su 450 contagiati. Definiti solamente dal personale medico, in questi pazienti la febbre è più bassa di 38,5 C° e respirano liberamente. Ai paucisintomatici si raccomanda l’assunzione di alcuni farmaci antipiretici e di bere molto. Devono, comunque, riguardarsi le persone più a rischio come: anziani con più di 65 anni d’età, donne incinte, diabetici, malati cardiaci e asmatici.

A risentire di questa pandemia è anche il mondo dello sport. Come afferma il Presidente del comitato olimpico, Tomac Bax: “Le Olimpiadi che si sarebbero dovute tenere a Tokio dal 25 luglio al 9 agosto sono posticipate a data da destinarsi”. A prendere quest’ardua decisione è stato Bax coadiuvato dal primo ministro del Giappone Singzo Abe, il governatore di Tokio Juriko Koike e il direttore generale dei Giochi. Quest’ultimo, infatti, ha dichiarato che la pandemia COVID-19 ha peggiorato le condizioni delle persone in tutto il mondo, influendo quindi anche sullo stato fisico degli atleti partecipanti. Ciononostante, l’evento sportivo si terrà non oltre l’estate 2021. Nel frattempo, la fiamma olimpica rimarrà a Tokio, rappresentando per tutto il mondo la speranza di vincere, un giorno non lontano, questa lunga e dura battaglia.

Ed è proprio in questo momento così difficile che, l’arte e la cultura riescono a superare le barriere, infatti, lo staff del museo Hermitage a San Pietroburgo ha organizzato una visita online speciale dedicata all’Italia. “Vorremmo dare una mano ai cittadini italiani in questo periodo non facile. Non possiamo prestarvi aiuto medico o finanziario, ma speriamo di fare almeno qualcosa per abbellire questo momento duro con la bellezza infinita dell’arte.”, queste sono le parole riportate nella presentazione del tour virtuale. La dott.ssa Olga Macho, capo del settore per l’Educazione pubblica al Museo statale Hermitage ha tenuto oggi la visita in lingua italiana. Il 25 marzo di solito è un giorno in cui si festeggia il compleanno di Venezia, così, il direttore del Museo, Michail Piotrovsky, ha comunicato con un video di conforto e vicinanza che, per questo motivo, inizieranno proprio oggi una serie di trasmissioni online sull’arte italiana, in lingua italiana, per gli spettatori italiani. Il Direttore sottolinea l’importanza di Venezia per la città di San Pietroburgo e per il Museo stesso, infatti proprio in piazza San Marco si trova la sede del centro Hermitage – Italia. “Raccontando dell’arte italiana all’Hermitage vorremmo esprimere la nostra solidarietà verso i nostri amici italiani che come noi stanno affrontando l’epidemia.”

Paola D’Onofrio Angela Doria

Come hanno segnalato di recente i media italiani, l’emergenza ha raggiunto anche il continente africano, con una maggiore concentrazione nella zona del nord Africa.

Stando a quanto riportano i giornali arabi, quali Hespress e Alayam 24, i paesi del Maghreb, seguendo l’esempio europeo, hanno attuato misure preventive volte a rallentare la diffusione del virus. Sebbene il Marocco sembri essere al centro dell’interesse giornalistico arabo, non bisogna sottovalutare i preoccupanti dati relativi ad Algeria e Tunisia, che allo stato attuale registrano rispettivamente 454 e 278 contagi, con un totale di 37 decessi. Sembrerebbe invece che la Libia non sia ancora coinvolta in questa situazione di emergenza mondiale.

Quanto al Marocco, invece, i casi ad oggi confermati sono 437 e si registrano purtroppo 26 decessi. Ma la velocità di mobilitazione, responsabilità collettiva e disciplina che i marocchini hanno dimostrato rappresenta un motivo di orgoglio per il Paese. Ed è proprio la loro fede in Dio, unica via di uscita in un momento così tragico, ad illuminarli sull’importanza del rispetto per le regole di sicurezza, igiene e fiducia nelle autorità, come segnalato dal MAP (Agenzia di stampa marocchina). Una tale condotta risulta essere necessaria se si considera la ristrettezza delle risorse economiche e la fragilità dei sistemi sanitari; infatti, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, l’Africa non dispone di mezzi sufficienti per far fronte ad un’epidemia di questa portata.

La situazione di crisi che affronta il Marocco è oggi paragonabile allo scenario che qualche settimana fa caratterizzava l’Italia. Nel nostro Paese vi è una forte presenza di comunità marocchine, che secondo le statistiche si concentrano maggiormente nelle zone del nord. Ma nonostante la lontananza e il difficile momento storico, rimane molto forte il contatto tra i marocchini residenti in Italia e la loro terra d’origine. Alcuni di loro sono stati intervistati dal quotidiano arabo Hespress, ed hanno riportato la loro opinione riguardo la strategia adottata dall’Italia per far fronte a questa emergenza. “La sicurezza italiana sta compiendo enormi sforzi, […] e non possiamo lamentarci di questo Paese che ci ha accolto”, ha sottolineato il portavoce. Quanto alla didattica, al pari dei loro compagni italiani, anche gli studenti marocchini si stanno abituando alle nuove tecniche da remoto.

In un momento storico-politico in cui valori fondamentali come solidarietà e accettazione del diverso sembrano venir meno, sorprende il senso di umanità dimostrato dall’Italia nei confronti dei suoi fratelli stranieri. Sono stati proprio i marocchini coinvolti direttamente nell’emergenza sanitaria a confermarlo, come si evince dalle seguenti parole: “tutti i malati ricevono cure complete e non esiste divario tra bianco, nero, italiano o straniero”.

Valeria Di Bonaventura Arianna Mercuriali Giulia Roncella

Il ministero degli Esteri cinese ha stabilito che, a partire dalla mezzanotte del 28 marzo, gli stranieri in possesso di visto valido o di permesso di residenza si vedranno temporaneamente precluso l’ingresso in Cina.

Secondo quanto riportato dall’agenzia ufficiale di stampa cinese “Xinhua”, venerdì, il presidente cinese Xi Jinping, in una conversazione telefonica con la sua controparte statunitense Donald Trump, ha sottolineato che dall’inizio dell’epidemia di COVID – 19 la Cina ha condiviso le informazioni in modo aperto, trasparente e responsabile con l’Organizzazione mondiale della sanità e paesi tra cui gli Stati Uniti.

Le epidemie, ha rimarcato Xi, non conoscono confini o razze e sono un nemico comune dell’umanità. Il paese, ha proseguito il presidente cinese, ha anche condiviso esperienze sulla prevenzione, il contenimento e il trattamento della malattia, senza riserve e fornendo il maggior supporto e assistenza possibile ai paesi bisognosi.

Secondo quanto riferito dalla Procura suprema del popolo cinese, in Cina sono state perseguite 1.919 persone per reati connessi all’epidemia di coronavirus. Tra loro, 18 persone sono state incriminate per aver compromesso la prevenzione delle malattie infettive, 506 per aver ostacolato gli affari ufficiali, 132 per aver fabbricato o venduto prodotti falsi o farmaci e apparecchiature mediche scadenti.

Sabato la Commissione sanitaria cinese ha annunciato 54 nuovi casi di coronavirus in Cina continentale. Inoltre, l’amministrazione di Wuhan ha iniziato a riaprire parzialmente la circolazione dei trasporti pubblici della città, in vista della riapertura totale prevista il prossimo 8 aprile.

L’Italia ha assistito la Cina 12 anni fa e adesso la Cina è pronta a restituirgli il favore.

La Cina non dimentica nonostante sia passato tutto questo tempo: “il ponte d’amicizia tra Cina e Italia sarà più forte quando ci aiuteremo a vicenda”, come afferma il presidente cinese Xi Jinping; e continua: “nella lotta contro il virus, gli esseri umani avranno maggiori possibilità”.

La Cina non dimentica: nel 1988 l’Italia, senza percepire alcun indennizzo, ha aiutato la Cina a istituire più centri di emergenza medica, che per oltre 30 anni hanno salvato innumerevoli vite umane.

La Cina non dimentica: nel terremoto di Wenchuan del 2008, l’Italia è stata la prima ad arrivare sul luogo del terremoto inviando un gran numero di aiuti umanitari, mentre rapidamente è stato istituito un ospedale mobile nell’area del disastro.

Confucio disse: “Se non accetti le persone lontane, allora devi coltivare la tua moralità”. La cultura cinese, in questo caso molto simile al cristianesimo, porta ad amare gli altri nonostante le controversie. Questa crisi, ormai quasi completamente superata, come testimoniano le decine di treni di chi fa ritorno a Wuhan, è per la Cina un nuovo battesimo, morto l’uomo vecchio ecco che emerge dalle acque l’uomo nuovo.

Gabriele Bonanni Nicolò Cornacchia

FONTI e SITOGRAFIA

Per la lingua PORTOGHESE

Intervista di Martina Pavone a Vanessa Teixeira Volochen

Per la lingua INGLESE

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Diez nuevos casos por covid-19 registra en Venezuela

Edizione del TG1 del 29/03/2020

Per la lingua FRANCESE

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Per la lingua RUSSA

https://xn--80aesfpebagmfblc0a.xn--p1ai/news/

Hermitage Museum: visita online dedicata all’Italia

Per la lingua ARABA

https://www.hespress.com/marocains-du-monde/463385.html

https://www.alayam24.com/articles-259077.html

https://www.hespress.com/sciences-nature/465189.html

https://www.mapnews.ma/ar/actualites/سياسة/بعد-تقديمه-كمثال-في-تدبير-جائحة-فيروس-كورونا-المستجد،-المغرب-يتلقى-دعما-كبيرا-من

Per la lingua CINESE

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http://www.xinhuanet.com/politics/leaders/2020-03/27/c_1125776865.htm

http://www.chinanews.com/gn/2020/03-26/9138890.shtml

http://www.chinanews.com/gn/2020/03-29/9140854.shtml

https://www.toutiao.com/a6809476681749758468/

http://world.people.com.cn/n1/2020/0330/c1002-31653499.html

#MONDAYABROAD

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Se chiudo gli occhi sono a… Lisboa!

Cari amici, compagni e colleghi, benvenuti nella quarta settimana di reclusione (se avete rispettato le regole, s’intende eheh).

#MondayAbroad è una bellissima rubrica, nata con lo scopo di farci sognare incuriosendoci e raccontandoci di posti vicini e lontani che, magari, abbiamo già conosciuto o che ci piacerebbe visitare in futuro.

Viste le ultime vicissitudini che abbiamo dovuto e che ancora dobbiamo affrontare, ho pensato fosse una bella idea parlare dei viaggi che più ci hanno emozionato. Vi chiedo, quindi, di raccontarmi le vostre magnifiche esperienze; i colori, i profumi, le curiosità che più vi hanno colpito e insegnato.

Per mia grande fortuna, ho viaggiato molto (non ancora abbastanza) e ogni Stato che ho visitato mi ha lasciato qualcosa:

  •  la Spagna, per esempio, mi ha dato amore e musica (spero che ancora non abbia finito di farmi regali, perché io ho ancora tanto da offrirgli);
  • la Francia mi ha consigliato la delicatezza (e a non mangiare prima di salire sulle montagne russe di Disneyland);
  • Monaco di Baviera mi ha mostrato come un cucù possa essere un punto di ritrovo (e che la birra dell’HB può essere tranquillamente considerata come piatto tipico);
  • Londra mi ha lasciato a bocca aperta per le sue illuminazioni natalizie (ma ho imparato a mie spese a chiuderla subito dopo, sennò mi bevevo la pioggia);
  • la Grecia mi ha catapultata in Hercules (intendo il cartone animato, ovviamente);
  • in Turchia ho scoperto e sviluppato una grande passione per thè alla mela e tappeti;
  • negli USA mi sono sentita una formichina che si divertiva a girovagare tra Broadway e la Casa Bianca.

Oggi, però, voglio parlarvi del viaggio che più mi ha sorpreso e soddisfatto in assoluto: LISBONA.

Sono stata nella capitale portoghese all’inizio di dicembre 2019, durante il mio Erasmus a Murcia. Ricordo quell’esperienza in maniera fin quasi malinconica: mi sono innamorata delle sue strade, dei suoi quartieri, della sua gente e dei suoi colori (difatti spero di poterci tornare presto).

Le attrazioni principali di Lisbona sono molte: quelle che sicuramente mi hanno impressionato maggiormente sono il negozio composto interamente da scatolette di sardine chiamato “O Mundo Fantastico da Sardinha Portuguesa” (i portoghesi e la fantasia coi nomi vanno a braccetto), l’Alfama, un quartiere super affascinante in quanto composto da un labirinto di viuzze acciottolate ed edifici antichi (è qui che si trovano molti dei principali edifici storici di Lisbona), il quartiere Belém, un po’ distante dal centro città, ma pazzesco sia per la Torre che per O Mosteiro dos Jerónimos (non vi svelo cosa sono, in caso non li conosciate eheh) e il favoloso tram giallo, che ti porta alle zone geograficamente più elevate della città.

Non so che cosa mi abbia rubato il cuore di quel posto (anche se os pasteles de nata e o bacalhao hanno giocato un ruolo molto importante per le mie papille gustative), ma so che tornerei lì anche in questo esatto momento. Obrigada, Lisboa,  espero que um dia possamos voltar a visitar, volte sempre!

Ilaria Violi

#ATUTTOMONDO

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La rassegna stampa internazionale dell’UNINT sul COVID-19

L’emergenza legata alla diffusione del COVID-19 continua ad assumere proporzioni difficilmente controllabili e sempre più estese a livello globale.

Anche gli Stati con i sistemi sanitari più solidi, fra i quali il nostro Paese, che in prima linea ne è l’esempio, stanno incontrando enormi difficoltà. Queste fanno correre il nostro pensiero a tutte quelle aree del mondo carenti di servizi essenziali come le strutture ospedaliere e la libera possibilità di accedere alle cure mediche.

Per questo motivo, anche oggi raccontiamo quello che è accaduto nel mondo nelle ultime giornate, con la speranza che non si continui a diffondere esclusivamente un virus bensì consapevolezza, solidarietà e senso di comunità.

Sara Nardi

Il giornale brasiliano globo.com riporta che ad oggi l’Italia ha registrato un altissimo tasso di decessi a causa del coronavirus superando, addirittura, la Cina. Vari studiosi sostengono che l’alto tasso di contagio che si è presentato in Italia è dato dal fatto che la nostra è una popolazione composta, per lo più, di anziani. Il Presidente brasiliano Jair Bolsonaro sottovaluta l’epidemia e il propagarsi del virus e afferma che l’elevato tasso di mortalità verificatosi in Italia è appunto dovuto all’anzianità della popolazione. Il Presidente inoltre sostiene che in Brasile non si dovrà mai affrontare la stessa situazione.
            Nel mentre il Ministero della Salute brasiliano dichiara ufficialmente il contagio su tutto il territorio nazionale. Gli ultimi dati, aggiornati al 24 marzo, indicano un totale di 2.201 contagi includendo 46 decessi (40 a San Paolo e 6 a Rio de Janeiro). Sul territorio nazionale i casi di contagio sono così distribuiti:

  • Nord = 82
  • Nord-est = 354
  • Sud- est = 1.278
  • Centro-ovest = 217
  • Sud = 270

Il Presidente ha ignorato le indicazioni date dal Ministero della salute e, come se non bastasse, è anche stato a stretto contatto con uno dei suoi collaboratori che è risultato positivo al COVID-19. Il Presidente Bolsonaro dopo aver effettuato 2 esami (uno il 12 e e l’altro il 17 marzo) di cui non si hanno i risultati ufficiali afferma di non aver contratto il virus.

Contrariamente alle decisioni prese dal Presidente brasiliano, il governatore dello Stato di Rio de Janeiro in data 21 marzo ha deciso di isolare il territorio per 15 giorni attraverso la sospensione e il blocco dei mezzi di trasporto (aerei, ferroviari e marittimi), la chiusura temporanea delle attività commerciali, delle spiagge e non solo. Per impedire il fallimento delle agenzie non sono stati effettuati rimborsi ma si è proposto ai clienti di posticipare viaggi, attività turistiche e soggiorni negli hotel (che rimarranno chiusi fino al 3 maggio).

Ci sono state alcune proteste da parte dei lavoratori, principalmente a Belo Horizonte e a Recife, per cercare di ottenere il permesso per lo smartworking. Ciò è dovuto al fatto che sono state segnalate violazioni delle norme di prevenzione come la mancanza di alcol e gel-igienizzanti, il sovraffollamento negli uffici e la mancanza di attenzione nei confronti dei lavoratori con problemi di salute, anziani e donne incinte.

Il Governatore di Minas Gerais, per far fronte all’epidemia, il 25 marzo ha dichiarato che darà inizio alla costruzione di un ospedale a Belo Horizonte. Questo ospedale potrà ospitare 800 letti nell’unità di Terapia Intensiva (UTI) e, inoltre, in programma c’è l’aggiunta di altri letti negli ospedali interni allo Stato per garantire massima organizzazione in caso di necessità.

Francesco Cabras, Agata Cignitti

L’Australia ad oggi conta più di 2800 contagi e vede nuove restrizioni: locali e pub a Sydney si reinventano con il servizio bar a domicilio. Vari artisti, seguendo l’esempio americano, hanno creato il sito “I Lost My Gig Australia” (Ho Perso il Lavoro Australia), per sostenersi a vicenda segnalando i soldi persi causa virus. Cifre che verranno segnalate all’Australian Music Industry Network (Rete australiana dell’industria musicale) e all’Australian Festival Association (Associazione festival australiano), per stimare un eventuale supporto economico. La cantante Kira Puro si è fatta portavoce di alcuni musicisti su Twitter, suggerendo alle radio di trasmettere quasi esclusivamente musica australiana; la proposta è stata accolta da alcune antenne. Anche nel mondo dello sport c’è difficoltà, in particolare per il rugby: si teme infatti per le 16 squadre che dovranno rimanere in piedi senza i proventi delle partite e del merchandising durante la quarantena.

Nel Regno Unito il virus ha colpito anche la famiglia reale: Carlo, principe del Galles, è risultato positivo al COVID-19 con lievi sintomi e in questo momento si trova in Scozia, in isolamento insieme alla consorte Camilla. La Regina Elisabetta e il Principe Filippo si sono rifugiati nel castello di Windsor, con pochi membri del loro staff, in via precauzionale.Cancellati eventi e manifestazioni e implementati i controlli alle frontiere, poiché ci sono ancora troppe persone in giro. Negli ultimi due giorni la Camera dei Lord ha approvato un disegno di legge che darà al governo un potere senza precedenti. Mentre a livello sanitario, 7563 medici in pensione sono tornati a lavorare per contribuire alla gestione dell’emergenza.

In Canada, invece, i veterinari mettono a disposizione i loro ventilatori. Lo Stato ha inoltre destinato 40 miliardi di dollari per venire incontro ai lavoratori colpiti dalle conseguenze della pandemia. Gran parte della popolazione (anche i sedicenni) avrà accesso al credito e a partire da aprile il credito di 2000 dollari sarà erogato senza condizioni di accesso.

Anche negli Stati Uniti, il Senato ha approvato un disegno di legge per erogare incentivi e fondi in favore di famiglie, ospedali e imprese in difficoltà, dopo essersi verificata una corsa alle domande di disoccupazione da parte di milioni i richiedenti. L’azienda statunitense Dyson ha ristrutturato gli impianti per avviare la produzione di un nuovo modello di respiratore che sarà disponibile all’inizio di aprile. La situazione emergenziale ha inoltre sollevato polemiche dirette al presidente Trump, accusato di aver sottovalutato i rischi di una possibile epidemia da COVID-19 non ascoltando gli esperti virologi e mancando di trasparenza. Il COVID-19 ha colpito anche il mondo del cinema: protagonisti l’attore Tom Hanks e di sua moglie Rita e dell’ex produttore cinematografico Harvey Weinstein, condannato per molestie. Immediato il trasferimento presso le celle di isolamento al Wende Correctional Facility (prigione di massima sicurezza).

Diana Fagiolo, Laura Forcella, Emanuele Spina, Stefano Mazzagatti, Lucia Capriglione, Claudia Cesetti

La Spagna ha registrato nel periodo tra il 31 gennaio e il 25 marzo oltre 47.000 casi di coronavirus e circa 3.500 morti, superando il numero delle vittime in Cina. Come ribadito in questi giorni dal direttore del Centro per la gestione della crisi sanitaria (Centro de Coordinación de Emergencias y Alertas Sanitarias), Fernando Simón, la settimana è particolarmente dura. La relazione stilata, aggiornata quotidianamente dal Ministero della Salute spagnolo, registrava tra il 24 e il 25 marzo 738 morti in più rispetto ai giorni precedenti, con 1.574 pazienti dimessi.

In Argentina ci sono attualmente 387 casi confermati, tra cui 7 decessi. Secondo i dati ufficiali, il 40,9% dei contagiati sarebbero donne e il 59,1% sarebbero uomini. Martedì scorso erano stati confermati 86 nuovi casi, l’aumento più alto dall’inizio della pandemia. Nella stessa giornata sono morti due pazienti. Secondo i dati forniti, nella capitale sono stati registrati 135 casi, 174 comprendendo anche la periferia.

In Perù, il presidente Martín Vizcarra si è espresso contro coloro che non stanno rispettando le misure del paese per l’arresto dell’espansione del virus e ha affermato che mercoledì scorso sono stati detenuti 18.476 cittadini per non aver rispettato l’autoisolamento obbligatorio. Solo pochi giorni fa sono stati arrestati, nell’arco di 24 ore, 2.427 cittadini. Il capo di Stato ha dichiarato che l’obiettivo della misura adottata dal Governo peruviano è per “la tutela della vita”. La misura prevede l’autoisolamento obbligatorio per 15 giorni, la chiusura delle frontiere e la sospensione dei trasporti internazionali di passeggeri via terra, mare e aria.

A Cuba, il Ministero della Salute ha confermato 57 casi. Secondo le informazioni riportate dalla Presidenza di Cuba, le misure adottate si concentrano sul monitoraggio epidemiologico soprattutto di coloro che entrano nel paese, unito al potenziamento di altre misure sanitarie.

In Venezuela, il presidente della Repubblica Nicolás Maduro si è complimentato con gli artisti che hanno regalato un momento di allegria in questo periodo di pandemia. “Non c’è niente di più bello che portare l’allegria al popolo venezuelano che, in un momento di crisi per il Covid-19, rimane saldo con la quarantena […]”, scrive il capo di Stato su Twitter. In questi giorni in Venezuela sono stati registrati 91 casi di coronavirus.

In Honduras hanno avuto luogo diverse proteste per la mancanza di forniture per affrontare il virus. Martedì scorso la polizia del paese ha affrontato con il gas lacrimogeno le folle che protestavano per mancanza di cibo e per il coprifuoco imposto. Altri gruppi hanno chiesto anche la possibilità di poter lavorare nonostante le limitazioni. Anche l’Honduras, con 36 casi confermati, ha dichiarato l’emergenza sanitaria in tutto il paese, chiudendo le frontiere e imponendo il coprifuoco su sei città.

Marco Riscica

Francia: In un articolo di mercoledì 24, apparso sul quotidiano francese Le Monde, si legge che “il bilancio delle vittime resta ancora da incubo, tuttavia la diminuzione del numero dei contagiati suscita timide speranze negli scienziati, che confidano nell’efficacia delle misure draconiane di isolamento prese dal governo italiano”. C’è anche chi, come il fotografo Samuel Gratacap, ne approfitta per fare un reportage fotografico di una “Roma deserta”, che sembra essersi trasformata in un “set cinematografico”. Arrivata la notizia di un paziente cinese trovato nuovamente positivo al virus. Le persone guarite in realtà risulterebbero immuni a questo ceppo del virus tuttavia l’organismo non sarebbe immune ad una sua possibile mutazione.

Il Belgio, senza più mascherine, ha mandato una richiesta d’aiuto a cui ha risposto Mossa, azienda turca, garantendo la consegna entro 3 giorni a patto che l’ordine fosse saldato entro il 12 marzo. Si è rivelata essere una frode ai danni del Belgio che sarà pertanto rimborsato. Nel frattempo, Marius Gilbert, epidemiologo all’Università di Bruxelles, lamenta l’assenza di dati reali sul Covid-19: “È un problema significativo che ritarda la nostra capacità di reagire a questa epidemia. Urge adottare un sistema trasparente di accesso ai dati così come fatto in Italia e in Francia”.

Nonostante le misure restrittive adottate dalle autorità africane per fermare il virus, i numeri continuano ad aumentare. Il 25 marzo sono 43 i paesi in cui si è diffuso il contagio. “Il rapido incremento del Covid-19 in Africa costituisce un appello preoccupante a cui rispondere con decisione. Possiamo ancora cambiare il corso di questa pandemia, i governi devono attingere a tutte le loro risorse e capacità per rafforzare le misure preventive” ha affermato il direttore regionale dell’OMS per l’Africa, Matshidiso Moeti. I paesi più colpiti del continente finora sono l’Egitto, il Sudafrica, e l’Algeria.

In Canada il governo ha preso provvedimenti in linea alle altre province e agli altri paesi, contro quella che il premier del Québec, François Legault, ha definito “la più grande battaglia della nostra vita”. Poiché nell’area i positivi al COVID-19 ammontano a 1339, al 25 marzo, si è ricorsi alla chiusura delle attività a eccezione di farmacie, alimentari e S.A.Q. (la società responsabile del commercio di bevande alcoliche). A tal proposito, verranno emessi assegni dal governo federale, il 6 aprile p.v., per sostenere le persone rimaste senza occupazione.

Ad oggi il numero di casi in Svizzera è in aumento, tanto che si parla di scenario all’italiana: è il primo Paese al mondo per rapporto popolazione-contagiati, si svolgono più di 1000 test al giorno. Le scuole sono chiuse, ma la didattica a distanza non sembra funzionare, si sta ancora lavorando per migliorarla. Un albergo ha offerto le sue stanze per i medici affinché possano riposarsi. Il governo consiglia di uscire solo in casi di estrema necessità. Continua l’ammirazione per l’Italia, si parla dell’intuizione di trasformare le maschere da sub di Decathlon in maschere respiratorie.

Carolina Benucci, Eleonora Valente, Giulia Marinucci, Elen’Alba Vitiello, Lara Bruno,  Ngwikem Manfo Solange, Diana Sandulli, Flavia Lucarelli D’Ortenzi, Emanuela Batir

In Germania non sono mancate le manifestazioni di solidarietà verso l’Italia: è infatti il primo Paese al mondo ad essersi offerto di prendere in carico pazienti italiani per curarli. Dopo il Land della Sassonia, che nella giornata di lunedì ha accolto i primi 2 pazienti (ora ricoverati all’ospedale di Lipsia), anche il Nord Reno-Westfalia, la Baviera, Berlino, il Brandeburgo e l’Assia si sono resi disponibili ad aiutarci.

Intanto già da domenica 22 sono entrate in vigore le prime misure di sicurezza valide per l’intero territorio nazionale, accolte con favore dalla stragrande maggioranza della popolazione (solo il 3% dei tedeschi si dichiara contrario).

Tra le nuove disposizioni c’è il divieto di riunirsi all’aperto in gruppi di oltre 2 persone e di mantenere ovunque la distanza di 1,5 m gli uni dagli altri. Tuttavia non è stato ancora deciso di vietare gli spostamenti ai cittadini così come è accaduto in Italia, e pertanto i tedeschi sono ancora liberi di muoversi e uscire di casa, sebbene le autorità invitino a farlo solo in caso di necessità. Queste nuove disposizioni tentano di fare leva sul buon senso dei tedeschi, tuttavia la loro violazione può comportare multe molto salate, il cui ammontare varia molto da Land a Land. Il Nord Reno-Westfalia è stato il primo Land a introdurre sanzioni fino a 5000€, che possono ammontare fino a 25.000€ in caso di recidività.

Intanto il numero dei casi continua a salire: nella giornata di giovedì i casi confermati sono arrivati a 36.508, le vittime sono 198.

Preoccupano molto le possibili conseguenze economiche di cui fa una stima l’Ifo, l’istituto di ricerca economica di Monaco di Baviera: al termine della pandemia potrebbero ritrovarsi senza posto di lavoro più di 1 milione di persone, e la Germania potrebbe perdere mezzo trilione di euro. Vale però la pena spendere anche cifre altissime per le misure di politica sanitaria, al fine di abbreviare quanto più possibile la parziale chiusura dell’economia senza compromettere la lotta alla pandemia.

Il Bundestag ha oggi approvato una manovra aggiuntiva da 156 miliardi di euro per sovvenzionare gli aiuti necessari a contrastare l’epidemia. Questo pacchetto avrà un costo di 122,5 miliardi di euro, di cui 50 miliardi verranno utilizzati per finanziare piccole imprese e lavoratori autonomi. Verrà anche effettuato un taglio alle imposte di 33,5 miliardi di euro.

In data 22.03 la cancelliera Angela Merkel si era messa volontariamente in quarantena domestica, in quanto era entrata in contatto con un medico poi risultato positivo. La cancelliera fortunatamente è risultata negativa al primo tampone, effettuato il giorno dopo.

Riguardo le recenti polemiche sullo svolgimento dell’esame di maturità, la Conferenza dei ministri dell’Istruzione e degli Affari culturali si è pronunciata a favore del normale svolgimento dell’esame, nonostante fino a ieri molti Länder tedeschi sembrassero intenzionati alla cancellazione per l’anno corrente.

Francesca Della Giulia, Rosa Palumbo

Il giorno 25 marzo alle ore 14:00 italiane, il presidente russo Putin si è rivolto ai suoi concittadini in merito al coronavirus e alle misure in ambito di sicurezza e in ambito economico. Esordisce dicendo: “Grazie alle misure adottate in anticipo, siamo in grado di frenare la diffusione ampia e rapida della malattia. Ma dobbiamo capire che la Russia – a causa della sua posizione geografica – non può isolarsi dalla minaccia. È oggettivamente impossibile bloccare completamente la penetrazione dell’epidemia nel nostro paese.”

Il presidente, quindi, dichiara il blocco delle attività lavorative non necessarie, dal 28 marzo fino al 5 aprile resteranno aperte: le istituzioni mediche, le farmacie, i supermercati, le banche, gli istituti finanziari, i trasporti e le autorità di ogni livello.

Si invita a restare a casa, senza però nessun obbligo.

Molte sono le misure economiche per garantire il necessario: previdenza sociale, reddito e lavoro, nonché il sostegno alle piccole e medie imprese.

Quindi tutti servizi di previdenza nei prossimi sei mesi dovrebbero essere rinnovati automaticamente. A partire da aprile per tre mesi è stato proposto di aggiungere all’assegno di maternità ulteriori 5000 rubli al mese per ogni bambino di età inferiore ai tre anni inclusi. I pagamenti delle ferie per malattia dovranno essere calcolati sulla base di almeno un salario minimo al mese e, ad eccezione di alcune categorie di cittadini, il pagamento massimo delle indennità di disoccupazione, attualmente limitato all’importo di 8000 rubli al mese, si propone di aumentarlo al livello del salario minimo, cioè fino a 12.130 rubli.

Inoltre, si è decido di bloccare il pagamento dei prestiti dei cittadini a basso reddito e per le piccole e medie imprese nei prossimi sei mesi.

Continua ancora il presidente preoccupandosi della situazione economica: “Per le piccole e medie imprese, ritengo necessario prevedere una proroga del pagamento di tutte le tasse, ad eccezione dell’IVA, per i prossimi sei mesi. E per le microimprese, oltre a tale misura fiscale, anche una proroga del pagamento dei contributi di previdenza sociale.”

Infine, conclude: “Dobbiamo ricordare la nostra responsabilità personale per i nostri cari, coloro che vivono nelle vicinanze e che hanno bisogno del nostro aiuto. È nella solidarietà che risiede la forza della società, l’affidabilità dell’assistenza reciproca, l’efficacia della nostra risposta alla sfida che affrontiamo.”

I vicini kazaki, invece, si sono chiusi in una e vera propria quarantena: dal 22 marzo sono bloccate tutte le uscite ed entrate; fanno eccezione solo i lavoratori del trasporto pubblico, le forze dell’ordine e i servizi comunali. Le strade sono state riempite da posti di blocco di militari delle truppe d’assalto e per il mantenimento della pace; senza dimenticare, ovviamente, la disinfezione del territorio e di oggetti per limitare il contagio.

Clarissa Giacomini, Paola D’Onofrio

Perchè l’italia ha uno dei tassi di mortalità più alto al mondo? Secondo il quotidiano degli Emirati Arabi Uniti Al Bayan le motivazioni sono principalmente tre.

  • L’elevato tasso di anzianità del paese

L’alto numero dei decessi causato dal virus è dovuto in parte al fatto che la popolazione italiana è tra le più anziane al mondo, seguita dal Giappone.

  • Pressioni sul sistema sanitario

La seconda causa riguarda il sovraffollamento delle strutture sanitarie: sempre più malati hanno bisogno della terapia intensiva, i cui posti non sono sufficienti per tutti. In tali condizioni critiche, la priorità viene data a chi ha maggior possibilità di guarire: tutto ciò ha portato a un deterioramento della qualità della terapia intensiva, nonostante il sistema sanitario in Lombardia (il principale focolaio del virus in Italia) sia considerato eccellente.

  • Differenti metodi di censimento

Gli esperti ritengono che la percentuale dei decessi in Italia sia legata anche alla politica di censimento; il governo italiano effettua i controlli solo sulle persone che manifestano dei sintomi, senza tener conto dei cosiddetti asintomatici.  Questo metodo è diverso rispetto a quello applicato da stati come la Germania e la Corea del Sud, che hanno scelto di seguire politiche di censimento su larga scala. D’altro canto, l’Italia ha deciso di inserire nel conteggio totale dei decessi anche i soggetti che, durante i controlli, hanno manifestato dei sintomi ma che sono morti a causa di un’altra malattia pregressa; questo metodo di censimento non è stato invece adottato da altri stati.

Uno spiraglio di luce nel piccolo stato del Bahrein. Nel Regno del Bahrein, secondo quanto riportato dal quotidiano nazionale Al Ayam, è stato svelato il nome del farmaco utilizzato per curare alcuni casi di Covid19, ovvero l’Hydroxychloroquine. Queste informazioni ci giungono dall’intervista effettuata al Presidente del Consiglio Superiore di Sanità del paese, Muhammad Abdallah al Khalifa, il quale ha illustrato gli effetti positivi che derivano dall’utilizzo del farmaco, tra cui la diminuzione della mortalità del virus, dei suoi sintomi e delle sue complicazioni. Il farmaco è stato usato per la prima volta in Bahrein il 26 febbraio scorso e il paese è uno dei primi al mondo ad utilizzarlo, assieme a Cina e Corea del Sud. Questo tipo di medicinale veniva già utilizzato per curare malattie come lamalaria, l’artrite e il lupus eritematoso sistemico.

Didattica a distanza. Anche i paesi del Golfo hanno risposto prontamente alla necessità di non interrompere la continuità didattica nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università. In particolare, il modello saudita spicca per l’efficienza e la fruibilità delle sue piattaforme di e-learning; infatti sin dalla chiusura delle scuole del Regno, avvenuta il 9 marzo scorso, il Ministero dell’Istruzione saudita ha messo a disposizione 17 canali satellitari per la didattica a distanza, a cui si aggiungono quelli youtube per le lezioni in streaming.

Dinella Vella, Anna Parmegiani, Riad Al Thobaity

In Cina, la decisione della Commissione Sanitaria di eliminare le restrizioni per la provincia di Hubei, ad eccezione di Wuhan, dimostra che la Cina si è risvegliata da un incubo durato oltre due mesi. Il Governo centrale ha due obiettivi principali: limitare i contagi di ritorno (67 nella Cina Continentale) e l’importazione di nuovi, nonché fornire assistenza alla comunità internazionale nella lotta contro il Covid19.

Sul fronte interno, si aggiorna il numero dei paesi inclusi nella lista per il controllo e la prevenzione delle epidemie, tra questi: gran parte dei paesi europei, Stati Uniti e paesi del Medio Oriente come Iran e Arabia Saudita, prova della diffusione a livello mondiale della pandemia. Sul fronte estero, la Cina si muove su due linee di coordinamento: sanitario e politico. Durante la visita di stato in Kazakistan, il Presidente cinese Xi Jinping ha ribadito la totale disponibilità a collaborare con la comunità internazionale per combattere il virus che “non conosce etnie o frontiere”. A dimostrare l’impegno della Cina è stato l’ampio sostegno ad organizzare un summit straordinario dei leader del G20 che abbia come tema centrale un progetto condiviso per affrontare la diffusione dell’epidemia e la stabilizzazione dell’economia mondiale. Il vertice virtuale ha una portata storica straordinaria e la presenza del Presidente Xi Jinping, ha affermato il Viceministro degli esteri Ma Zhaoxu mercoledì scorso, conferma gli sforzi e il senso di responsabilità della Cina nella lotta contro il Covid19. Circa gli aiuti concreti, il governo si è impegnato ad inviare forniture e dispositivi medici in 82 paesi, all’ OMS e all’Unione Africana, nonché squadre di medici volontari impegnati in prima linea nel sostegno dei paesi colpiti dall’epidemia, con l’obiettivo di unire conoscenze ed esperienze per fornire un sostegno pratico agli operatori sanitari e di cui sta beneficiando, più di tutti, l’Italia. Importante per la riuscita del progetto, come riporta lo Shangai Post, è l’incontro online organizzato dalla School of Medicine dell’Università di Shangai in cui esperti italiani e cinesi si sono scambiati importanti informazioni sull’uso di attrezzatture, scelta dei farmaci antivirali, misure protettive e trattamento dei pazienti maggiormente a rischio.

I risultati sono soddisfacenti, la cooperazione tra i due paesi si muove con successo anche sul territorio nazionale: tra gli obiettivi dell’ambasciatore cinese in Italia Li Junhua c’è quello di salvaguardare la salute e la sicurezza dei propri connazionali. In tal senso, è stata istituita una task force che lavorerà con le autorità italiane per far fronte ad eventuali diagnosi positive, contattare i familiari in Cina e fornire assistenza mirata. Il virus rappresenta una sfida per il mondo intero: lascia una tragica eredità nel breve termine ma fornirà nel lungo, parafrasando le parole del Presidente Xi Jinping, la solidità di una cooperazione e di un coordinamento duraturi per tutti.

Claudia Cigno, Elisa Caminiti, Francesca Runci

FONTI e SITOGRAFIA

Per la lingua PORTOGHESE

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Protestan en Honduras por falta de suministros para afrontar covid 19

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Per la lingua TEDESCA

Per la lingua  RUSSA

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Per la lingua ARABA

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Per la lingua CINESE

#UNINTSIGHTSEEING: SAN FELICE CIRCEO (LT)

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San Felice Circeo, in provincia di Latina, è un paese molto caratteristico che sorge sul litorale laziale a ben 100 metri sul livello del mare. Suggestiva la vista che si estende verso l’arcipelago delle isole Pontine.

Il paese ha una storia antichissima. Sono infatti presenti reperti archeologici come la rinomata Grotta di Neanderthal, testimonianza dell’insediamento degli uomini di Neanderthal in quelle aree.

Durante i secoli il Circeo è stato poi colonia romana, possedimento dei Templari durante il Medioevo, un feudo dei Caetani e, infine, roccaforte pontificia.

Nella piazza principale di San Felice Circeo si affaccia la Torre dei Templari, costruita tra il 1240 e il 1259. Sulla torre fu fatto istallare, ai primi dell’ottocento, il caratteristico orologio che precedentemente si trovava sul portone d’ingresso del palazzo baronale. A destra della piazza un arco immette nel cortile del palazzo baronale, oggi sede del municipio, costruito nel XIV secolo dalla famiglia Caetani.

Tra le innumerevoli bellezze che caratterizzano il territorio si annovera il Promontorio del Circeo di forma particolare: sembra infatti allungarsi nel mare e sdraiarsi sinuosamente come il corpo di una donna sulla riva. Il suo profilo, per i viaggiatori via mare che lo guardano da nord, provenendo da Sabaudia e Latina, viene associato a quello della maga Circe.

Per chi, invece, viene da sud il Promontorio sembra un’isola. Per questo motivo sin dall’epoca romana con esso si identificava la mitologica isola Eea, isola descritta nell’Odissea, nella quale abitava la terribile maga Circe che aveva trasformato i compagni di Ulisse in porci.

A soli 100 km circa da Roma, San Felice Circeo è raggiungibile dalla stazione Termini prendendo un treno fino a Monte San Biagio – Terracina per poi cambiare e prendere un autobus fino a destinazione. In macchina è sufficiente seguire la via Pontina e continuare nella via Litoranea fino all’uscita San Felice Circeo.


#QUELLOCHECIUNISCE

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Il 24 marzo 2010 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito la Giornata Internazionale per il diritto alla verità sulle violazioni gravi dei diritti umani e per la dignità delle vittime.

Questa ricorrenza annuale è stata istituita per rendere omaggio alla memoria di Monsignor Oscar Arnulfo Romero che, dopo aver denunciato le violazioni dei diritti umani delle popolazioni più vulnerabili de El Salvador e aver difeso i principi di protezione della loro vita, venne preso di mira dagli squadroni della morte che lo assassinarono il 24 marzo del 1980 mentre stava celebrando la messa.

L’obiettivo dell’evento è triplice: onorare il ricordo delle vittime di gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani, promuovere l’importanza del diritto alla verità e alla giustizia e rendere omaggio a coloro che hanno dedicato e perso la propria vita nella lotta per promuovere e proteggere i diritti umani, così come fece Romero. Il diritto alla verità è un diritto per il quale si lotta ogni giorno, in quanto rappresenta una condizione indispensabile per salvaguardare i diritti di tutti. In riferimento a ciò voglio ricordare una frase celebre di Aldo Moro, presa da “Il Memoriale” che recita così: “Quando si dice la verità, non bisogna dolersi di averla detta. La verità è sempre illuminante. Ci aiuta ad essere coraggiosi”.

Il 25 marzo 2007, invece, l’Assemblea Generale dell’Onu ha istituito la Giornata Internazionale di Commemorazione delle Vittime della Schiavitù e della Tratta Transatlantica degli Schiavi. L’obiettivo dell’evento è quello di ricordare coloro che sono stati privati della libertà e che si sono battuti per l’abolizione della schiavitù. La giornata serve per mettere in guardia dai pericoli del razzismo e dell’intolleranza che oggi “avvelenano” la nostra società. Sebbene la schiavitù sia stata abolita, il commercio di esseri umani non è stato eliminato del tutto.

Si stima che un terzo dei circa 15 milioni di persone che sono state deportate dall’Africa attraverso l’Atlantico, fossero donne. Donne che oltre a sopportare le difficili condizioni di lavoro forzato, hanno subito diverse forme estreme di discriminazione e di sfruttamento sia per il loro sesso che per il colore della loro pelle. Quando si parla di schiavitù, è inevitabile pensare che sia qualcosa legato al passato, ma così non è, dato che oggi il fenomeno è ancora vivo. Con il termine schiavitù moderna ci si riferisce a diversissime forme di questa: traffico di esseri umani, sfruttamento di bambini, sfruttamento sessuale e lavori forzati.

Oltre a queste giornate mondiali sono state istituite anche la Giornata Internazionale per l’abolizione della schiavitù che si celebra il 2 dicembre e la Giornata Internazionale della Commemorazione del commercio degli schiavi e della sua abolizione che si celebra il 23 agosto.

Sono molte le rotte illegali da cui passa tutto il traffico illecito: esseri umani, droga, armi. A volte queste cambiano in base alle condizioni meteorologiche.

Storicamente, alla tratta atlantica si affiancò quella araba, detta anche tratta arabo-musulmana. Questa tratta prevedeva il commercio di esseri umani e si concentrava principalmente su tre itinerari posti tra l’area sub-sahariana, quella del Medio Oriente e quella dell’Africa Settentrionale.

Nel Mondo arabo l’abolizione della tratta non fu un processo endogeno e non si assistette alla formazione di un movimento abolizionista autoctono. Diverso fu il caso della tratta barbaresca degli schiavi dove il commercio riguardava prettamente gli schiavi bianchi e che fiorì nell’Africa settentrionale (Marocco, Algeria, Tunisia e Libia).

È interessante notare come la tratta di esseri umani abbia avuto un nuovo boom negli ultimi anni, in particolare a partire dal 2013, data dalla quale il numero di deportati ammonta a circa 15 mila persone. Dalle analisi statistiche forniteci dal Ministero della giustizia emerge che la vittima tipica dello sfruttamento siano giovani ragazzi e ragazze, con un’età media di 25 anni e nel 75% dei casi di sesso femminile. La nazionalità è prevalentemente nigeriana o rumena e in molti casi le vittime sono sposate e/o con figli. Di queste, il 15% è rappresentato da minorenni che spesso arrivano in Italia, senza il consenso dei genitori.

Prendendo per esempio il caso delle donne nigeriane: pochi sanno che il primo contatto che la vittima ha con i contrabbandieri avviene spesso attraverso un parente, un amico o un’altra persona familiare. Dopo l’avvicinamento iniziale, la vittima viene messa in contatto con una “matrona”, la persona più importante di questa rete in Nigeria. In molti casi, la matrona ha anche il ruolo di “sponsor“, ovvero è colei che finanzia il viaggio via aereo o via mare. Il canale favorito dai trafficanti di esseri umani per far giungere le ragazze in Italia è via mare. Anche in questo caso negli ultimi anni c’è stato un cambio di sistema da parte delle organizzazioni criminali. L’importo del debito per garantire il trasporto non è mai specificato ed è la stessa famiglia della ragazza ad essere garante per il pagamento. I costi tipici vanno dai 410 € ai 1.640 € per i documenti e 6.570 € a 9.850 € per il viaggio. Il debito contratto dalla vittima è sempre molto più alto, e varia tra i 32.780 € e gli 82.000 € (circa). La vittima e il suo sponsor fanno un “patto” che obbliga il rimborso in cambio di un passaggio sicuro in Europa. Il sigillo del patto culmina con un rito juju o voodoo, rito magico celebrato da un native doctor detto anche ohen che, attraverso preghiere rituali, l’utilizzo di peli pubici, capelli, unghie, sangue mestruale e la foto della vittima compie un rito attraverso il quale lega l’anima della malcapitata a lui e la vincola a pagare il debito contratto e a non tradire mai l’organizzazione criminale e la matrona a cui dovrà restituire la somma pattuita. Se la vittima verrà meno al giuramento il native doctor farà sì che lei impazzisca o muoia.

Dopo il rito le giovani partono per raggiungere il centro di smistamento che si trova nella località di Agadez in Niger, dove sostano per alcuni giorni e dove spesso vengono cedute e fatte violentare dalle guardie di frontiera per guadagnarsi il transito sino alla Libia. Le giovani sovente vengono fatte prostituire nelle zone di sosta intermedie e, all’arrivo in Libia vengono smistate all’interno delle connection house, dove vengono fatte prostituire o all’interno dei ghetti, dove spesso vengono ridotte in schiavitù domestica e sessuale da uomini autoctoni o da connazionali. Se durante la loro permanenza in Libia vengono arrestate ed incarcerate dalle milizie libiche, subendo violenze, torture e stupri, la loro condizione di assoggettamento si aggrava ulteriormente a causa delle richieste di “riscatto” avanzate dai carcerieri alle matrona. Questo debito andrà a sommarsi a quello già accumulato prima della partenza. Se le condizioni di salute della donna/vittima non sono buone e/o la sua condizione la rende “inutilizzabile” ai fini della prostituzione l’organizzazione può decidere di abbandonarla alla mercé dei miliziani e non ci saranno prospettive di salvezza. Se la vittima rimane incinta durante la permanenza in Libia può capitare che venga agganciata o comprata da un connazionale o da persona di fiducia della matrona in modo tale da sembrare un nucleo familiare ed avere così accesso ai percorsi preferenziali che i nuclei familiari hanno all’arrivo sui nostri territori.

Qualora queste sopravvivano al viaggio nel Mediterraneo vengono accolte nei CAS (Centri di accoglienza straordinari). Qui ci sono due ipotesi: la ragazza ha un numero di telefono, già ricevuto in Nigeria, che dovrà contattare non appena arriverà in Italia; se non ha un numero, la famiglia contatterà direttamente lo sfruttatore. Nei centri, insieme alle ragazze, ci sono anche membri delle organizzazioni criminali che hanno un ruolo strategico di coinvolgimento e di indirizzo. Nessuno dice alla vittima che è costretta a prostituirsi, poiché questa sarebbe una disgrazia per la famiglia. Probabilmente però, in alcuni casi, la famiglia lo sa e convince la figlia stessa a pagare il debito per paura di ritorsioni degli altri familiari rimasti in Nigeria. Quando arrivano in Italia, l’OIM (Organizzazione internazionale per le migrazioni) registra l’arrivo delle ragazze vittime di tratta con patologie psicologiche che richiedano l’intervento immediato di personale sanitario specializzato. Sono frequenti i casi di allucinazioni che colpiscono queste donne, spesso riferiscono di vedere la presenza di un uomo nella loro stanza (ohen) o dicono di sentirsi soffocare per mano di qualche spirito.

In diversi paesi europei, le autorità sono intervenute salvando le donne dai loro trafficanti, ma spesso queste tornano alla prostituzione per adempiere agli obblighi nei confronti dei loro sponsor.      Per questo sono costrette a uscire in strada, dove vengono pagate dai 10 ai 30 € per ogni atto sessuale.

Finora, vari gruppi hanno lavorato per fermare questa forma di violenza cercando di inserirle in programmi di protezione, ma spesso è difficile convincerle a non chiamare i numeri che hanno ricevuto prima di fuggire dalla guerra o dalla povertà del loro paesi. Quel numero di telefono rappresenta infatti, l’unica certezza che hanno in una terra sconosciuta.

È importante soffermarci e ragionare sul fatto che sia il 24 che il 25 marzo rappresentano eventi indelebili dalle nostre menti, poiché testimoniano secoli e secoli di vessazioni e sfruttamenti.

E quindi mi chiedo, in che modo la situazione potrà mai cambiare? Molto probabilmente la schiavitù moderna e la tutela dei diritti umani avranno una soluzione definitiva solo quando verrà combattuto il nemico comune, nemico chiamato Povertà.

Nisrine Jouini


I dati sono presi dagli studi condotti dall’ EPAWA (Enslavement Prevention Alliance) e dal Master Eyes MEDI: Diritto all’immigrazione e Mediazione Interculturale

#MONDAYABROAD

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Oggi parla Mattia!

Cari amici, compagni e colleghi, oggi mettiamo da parte (metaforicamente) la chiusura delle frontiere che ci obbligano a rimanere nel nostro amato paese e voliamo in Cina con una meravigliosa intervista del nostro mitico Mattia! A voi il lavoro svolto 🙂

Covid-19 Reportage intervista: Ecco la situazione attuale in tre città cinesi (Xiamen, Pechino, Chongqing)

Grazie alle varie preziose conoscenze intraprese durante il mio anno di scambio presso la Peking University, ho avuto modo di intervistare tramite videochiamata WeChat tre cari amici – rispettivamente uno studente cinese della Hebei Normal University originario di Xiamen,  uno studente nordcoreano della Peking University e un altro ancora, italiano della Chongqing University – che mi hanno fornito informazioni interessanti sulle misure adottate dai governi locali cinesi (delle loro rispettive zone di residenza) per la gestione di una realtà che oggi, in buona parte della Cina, sembra volgere ad una attesissima fine.

Queste le domande poste agli studenti intervistati:

Com’è la situazione attuale in città?

Ci sono restrizioni particolari da parte degli enti locali?

Quando verranno riaperte le scuole nella tua città?

Quali misure o piani di assistenza ha adottato la tua università per agevolare gli studenti?

Ecco Yun Fei, studente cinese di 23 anni della Hebei Normal University of Science & Technology, viene da Xiamen (nella provincia di Fujian, situata 780 km a sud-est di Wuhan) e studia lingue moderne.

Yun Fei parla di “una vita che si avvicina sempre più alla normalità nella mia città natale. La gente ha ricominciato a lavorare, fa shopping, va nei pub e nei ristoranti. Non abbiamo casi di contagi da un mese. Quasi tutto come prima, ma i controlli sanitari sono dappertutto, specialmente nei posti pubblici. È obbligatorio usare sempre la mascherina così come, per l’accesso ai mezzi pubblici, scansionare [attraverso il QR Code di WeChat] il proprio codice identificativo [per rilasciare traccia dei propri spostamenti] e, persino per l’acquisto di antipiretici, rilasciare le proprie generalità. In tutta la provincia [Fujian, 35 milioni di abitanti], ogniqualvolta si esce e si fa rientro nel quartiere di residenza, degli addetti ti misurano la temperatura corporea. Se la tua temperatura è al di sotto di 37°C, il certificato di “via libera” [il 通行证, per gli amici sinofili] appare automaticamente sul tuo cellulare [più precisamente su WeChat, app cinese “factotum” collegata alla tua identità e al tuo codice sanitario sin dal momento di registrazione]. Da qualche giorno, però, questi controlli si limitano soltanto ad alcuni quartieri”.

Yun Fei aggiunge: “Tuttavia tutte le scuole sono ancora chiuse nella mia provincia [Fujian]”. Mentre, in merito al resto delle province cinesi, Yun Fei conclude dicendo che “solo un quarto delle province cinesi ha una data per la ripresa delle lezioni, ovvero fine marzo/inizio aprile”.

L’intervista si è conclusa con un mio “们中国人太厉害!” (“Voi cinesi siete straordinari!”), riferendomi alle serrate misure di sicurezza adottate dai loro governi locali. Yun Fei, ridendo, mi risponde: “In Cina siamo tantissimi, non c’è altro modo per fermare il virus!”.

È la volta di Min-jun, studente nordcoreano ventenne del dipartimento di Marketing presso la Peking University:

“A Pechino la situazione è migliorata tantissimo. Adesso per strada ricomincio a vedere gente e macchine. Ciò non significa che Pechino si è completamente ripresa. Molti negozi e ristoranti sono ancora chiusi. Nei negozi di tutto il distretto ci sono mascherine per tutti, non bisogna fare nessuna corsa per accaparrarsele. Inoltre gli studenti internazionali come me ricevono gratuitamente, dall’università, un tot di mascherine alla settimana. Invece il disinfettante per mani è più difficile da trovare. L’università ha inoltre stanziato un fondo per gli studenti meno abbienti, dando loro un laptop e uno smartphone a titolo gratuito per garantire l’accesso alle piattaforme di didattica online”. In merito alla riapertura dei dipartimenti, Min-jun risponde: “Ancora nessuna notizia dall’università, non ci hanno ancora fatto sapere nulla nemmeno sullo svolgimento dei mid-terms”.

Anche il ventenne Nicola, studente italiano di International Business presso la Chongqing University (Chongqing, municipalità autonoma che conta 30,5 milioni di abitanti, situata a 750 km da Wuhan), racconta che la situazione è migliorata in modo significativo soprattutto nelle ultime due settimane:

“Ieri sera sono andato al bar con i miei amici. Tuttavia ogni locale è ancora tenuto a misurarti la febbre all’ingresso, così come nei centri commerciali. Quest’ultimi, invece, sono tenuti a controllare anche il tuo via libera su WeChat [vedi sopra] per farti entrare. Invece, la maggior parte degli uffici in città sono stati riaperti da due settimane”. Nicola chiarisce che anche a Chongqing “tutti i quartieri sono tappezzati di addetti sanitari che gestiscono gli ingressi e le uscite dei vicinati. Fino a una settimana fa, era possibile uscire ed entrare dalla propria area residenziale solo una volta ogni due giorni, a giorni alterni. Adesso, fortunatamente, non c’è più un limite.” Quanto al contesto università, “tutti i dipartimenti sono ancora chiusi e non si hanno ancora notizie sull’inizio delle lezioni”. Nicola risponde alla mia ultima domanda dicendo che “la mia università, oltre ad averci fornito gratuitamente delle mascherine di tipo n95, ha anche lanciato un programma di assistenza psicologica gratuita per gli studenti in difficoltà.”

Un modello di cui le università italiane potrebbero senz’altro fare tesoro.

Ed infine un quarto amico che vive attualmente nel sud della Cina (ha preferito non essere intervistato e non rilasciare dati personali) mi ha inviato una fotografia di un salone di bellezza a Shenzhen, dove all’entrata si legge che il negozio “proibisce temporaneamente l’ingresso a coloro che hanno una temperatura corporea superiore a 37.3°C e agli amici stranieri”.

In altre parole, amici stranieri, con o senza febbre, non possiamo accogliervi. Decine di stranieri di ritorno in Cina (gran parte di loro sono lavoratori) sono infatti risultati positivi al test. Un capovolgimento di fronti nell’arco di poche settimane: in Cina lo straniero è diventato la nuova e, presumibilmente, ultima minaccia da tenere sotto controllo nella battaglia all’ultimo sangue contro il Covid-19.

Mattia del Vecchio

#QUELLOCHECIUNISCE: Giornata mondiale della meteorologia

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Il mondo è un bel posto e vale la pena combattere per esso.
(Ernest Hemingway)

Il 23 marzo si celebra la Giornata Mondiale della Meteorologia.

Istituita per commemorare la creazione dell’Organizzazione Mondiale della Meteorologia come parte delle istituzioni che compongono le Nazioni Unite, ricorda il contributo essenziale dei Servizi Meteorologici e Idrologici Nazionali.

Gli  obiettivi dell’Organizzazione Mondiale della Meteorologia, oltre alla promozione di scambi di informazioni, alla ricerca nel campo meteorologico e all’applicazione della meteorologia  all’agricoltura, ai problemi dell’acqua, all’aeronautica e ai trasporti, si focalizza moltissimo su una facilitazione della cooperazione internazionale per costruire una rete di stazioni, per mantenere economicamente centri di previsione del meteo e per effettuare rilevamenti geofisici, meteorologici e idrogeologici.

A sostegno di questi obiettivi, la Giornata Mondiale della Meteorologia organizza diversi eventi come conferenze, mostre e convegni durante i quali si incontrano leader mondiali, esperti nel campo e un pubblico di spettatori interessati ai temi trattati.

Molti di questi eventi mirano ad ottenere una maggiore visibilità da parte dei media per quanto concerne l’importanza della meteorologia, ora più che mai valido strumento di supporto alla risoluzione di drammatiche questioni ambientali che affliggono il pianeta e diversi premi per la ricerca vengono presentati (come, ad esempio, il Premio Norbert Gerbier-Mumm).

Ogni edizione di questa Giornata presenta un tema differente: quest’anno, il tema sarà “Climate and Water”, in concomitanza con la Giornata Mondiale dell’Acqua. Non c’è nulla di cui stupirsi, vista l’interconnessione tra cambiamento climatico e scarsità d’acqua.

Si tratta di un tema più che attuale e scomodo che apparentemente sembra interessare soltanto il Sud del Mondo e che, al contrario, possiede un’importanza strategica e geopolitica a tratti sbalorditiva. Nel 2050, circa 5 miliardi di persone potrebbero trovarsi in aree con risorse idriche esigue almeno una volta all’anno. 5 miliardi di individui non avranno un regolare accesso all’acqua. Riuscite a pensarci? Effettivamente non è una previsione che tranquillizza.

La soluzione in anteprima? Riciclaggio e sostenibilità a 360° sono ovviamente le parole chiave, ma anche opportunità economiche e sicurezza ai massimi livelli nella gestione idrica, insieme a una protezione maggiore dei depositi naturali di carbonio come foreste e oceani.

Tenetevi forte e non perdetevi quest’edizione. Dobbiamo imparare e mettere in pratica quanto appreso. Non possiamo più aspettare.

Clara Corvasce

#QUELLOCHECIUNISCE: Giornata mondiale dell’acqua

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“The earth, the air, the land, and the water are not an inheritance from our forefathers but on loan from our children. So we have to handover to them at least as it was handed over to us.” – Mahatma Gandhi

Oggi 22 marzo 2020 è la Giornata mondiale dell’acqua (World Water Day), affrontare questo tema mi ha fatto venire in mente alcuni episodi della mia infanzia. Quante volte mentre eravate in bagno a lavarvi i denti, i vostri genitori dall’altra stanza vi dicevano di chiudere il rubinetto per non sprecare l’acqua? Oppure, chi di voi ricorda quando da piccoli le maestre ci spiegavano come rispettare il nostro ambiente?

Parlare dell’acqua e della sua importanza mi fa anche pensare a quando ero una Scout e in particolare a una frase del saggio Baden Powell: “Lascia il mondo un po’ migliore di come l’hai trovato”. Questa frase mi fa riflettere su quanto sia fondamentale rispettare le risorse che il nostro pianeta ci ha donato, l’acqua è un patrimonio per gli esseri umani, è un elemento da cui dipendiamo e di cui siamo composti.

Come non celebrarla? Così nel 1922 le Nazioni Unite fissano una Giornata mondiale dell’acqua (World Water Day). L’intento è quello non solo di celebrare l’elemento acqua, ma ancor di più interrogarsi sulle relative problematiche quali possono essere: l’accesso all’acqua potabile, disponibilità per tutti di servizi igienico-sanitari, la sostenibilità degli habitat acquatici, salvaguardia del ciclo naturale dell’acqua ecc.

Il 22 marzo di ogni anno gli Stati membri dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, si riuniscono per promuovere attività concrete, inerenti all’acqua, nei loro rispettivi Paesi. Alla Giornata viene dato sempre un tema diverso, quest’anno il World Water Day sarà sull’acqua e i cambiamenti climatici e su come i due sono estremamente connessi. Infatti i cambiamenti climatici aumentano la variabilità del ciclo dell’acqua, inducono a disastri ambientali e riducono la prevedibilità della disponibilità della risorsa.

Per farvi alcuni esempi, in Messico solo una parte della popolazione ha accesso all’acqua potabile e una lattina di Pepsi costa meno di una bottiglietta d’acqua.

In Medio Oriente e nella regione del Nord Africa risiedono la maggior parte dei Paesi a rischio idrico, secondo l’ultimo aggiornamento dell’Atlante-Aqueduct Water Risk.

L’India, vive contemporaneamente un’emergenza sia livello idrico che a livello nutrizionale, causata soprattutto dal fatto che l’acqua viene estratta per l’irrigazione, in particolare per il prodotto nazionale, il riso.

Il Word Water Day è anche una giornata che deve servire a sensibilizzare gli animi della popolazione mondiale. Il cambiamento climatico così come le problematiche legate all’acqua sono argomenti che generalmente intimoriscono, ma ognuno di noi può fare la differenza. Informiamoci, usiamo in modo intelligente l’acqua, non sprechiamola, assicuriamoci di tramandare il messaggio alla parte più giovane della popolazione, che un domani potrà fare la differenza.

Il nostro pianeta è il nostro mondo, l’acqua è uno degli elementi che fa sì che ogni giorno il miracolo della vita avvenga, non possiamo permetterci di aspettare!

Vorrei lasciare uno spunto di riflessione su una frase di Publio Ovidio Nasone:

“Che c’è di più duro d’una pietra e di più molle dell’acqua? Eppure la molle acqua scava la dura pietra”

L’acqua stessa ci insegna come le cose in apparenza impossibili possano divenire realtà, così l’uomo deve essere acqua e con costanza e perseveranza tracciare la via del miglioramento.

 Pasqualina Florio

Fonti:                                                                                         https://www.unwater.org/publications/un-water-policy-brief-on-climate-change-and-water/learn