La rassegna stampa internazionale dell’Unint

Articolo di approfondimento: lavoro

Disoccupazione sì o no?

In Angola il Governo e l’Istituto Nazionale di Statistica (INE) garantiscono che il numero di disoccupati si è ridotto proprio nell’anno della pandemia. Il Regno Unito non seguirà più le regole dell’Unione europea, pertanto dal 1° gennaio verrà limitata la circolazione dei lavoratori italiani. In Belgio, il mercato del lavoro è stato sconvolto dall’emergenza coronavirus. Arriva da Madrid la decisione del Governo di lanciare la maggior offerta di lavoro pubblico della storia del Paese. Attualmente, il ritratto che si può fare della situazione in Libano non risulta essere uno dei più floridi e promettenti. In Russia, la pandemia ha evidenziato il problema dell’occupazione giovanile. In Cina le statistiche sull’indice di ripresa del lavoro hanno mostrato che le province costiere nel sud-est stavano lentamente tornando alla normalità.

EUROPA

Regno Unito. Con il TCA (Trade Cooperation Agreement), il Regno Unito non seguirà più le regole dell’Unione europea. Pertanto, dal 1° gennaio 2021 la libertà di circolazione dei cittadini e lavoratori italiani in UK e cittadini e lavoratori britannici in Italia verrà limitata.
I cittadini del Regno Unito, a partire dal 1° gennaio 2021, saranno considerati cittadini extracomunitari. Dunque, per i soggiorni in Italia per periodi inferiori a 90 giorni non sarà necessario il visto d’ingresso; invece, per qualsiasi soggiorno di durata superiore e/o per svolgere attività lavorative in Italia, potranno servire un’autorizzazione al lavoro (nullaosta), un Visto di lavoro presso l’ambasciata italiana del Paese di provenienza, la dichiarazione di presenza presso le Questure territorialmente competenti o la polizia di frontiera e il permesso di soggiorno in Italia.
L’ingresso in Italia per motivi di lavoro subordinato, stagionale, e/o autonomo, deve effettuarsi in base alle quote di ingresso fissate nei decreti che periodicamente sono emanati dal presidente del Consiglio dei ministri. I cittadini e lavoratori britannici e i loro familiari, già presenti sul territorio italiano al 31 dicembre 2020, che sono iscritti nell’Anagrafe del Comune di competenza a partire dal 1° gennaio 2021 potranno richiedere il documento di soggiorno in formato elettronico.
I cittadini britannici che non risultino ancora iscritti all’Anagrafe entro il 31 dicembre 2020, ma che dimostrino la presenza sul territorio italiano alla suddetta data, potranno richiedere il rilascio del documento di soggiorno elettronico alla Questura della provincia di residenza.
Il TCA permette dal primo gennaio 2021 l’entrata di cittadini italiani in UK, in modalità Standard Visitor, per soggiorni pari o inferiori a 6 mesi per eseguire diverse attività, tra cui: partecipazione a riunioni, conferenze o consultazioni con soci in affari, ricerca tecnica, scientifica e statistica, a titolo indipendente o per una persona giuridica, ricerca o analisi di mercato, partecipazione a seminari di formazione per motivi professionali, ecc. 
In modalità Standard Visitor non è permesso: svolgere attività lavorativa subordinata per una società locale o autonoma, retribuita o non retribuita; vivere nel territorio per lunghi periodi di tempo; frequentare un corso di studi che abbia una durata superiore ai 6 mesi.
Per soggiorni di durata superiore è possibile fare richiesta del “Long-Term Standard Visitor Visa”.
I cittadini italiani che non risiedono nel Regno Unito alla data del 31 dicembre 2020, dovranno richiedere il Visto per lavoratori specializzati (“Skilled Worker Visa”), che si fonda su un sistema a punti. Saranno necessari almeno 70 punti, da ottenersi attraverso il possesso di certi requisiti, quali, ad esempio: un’offerta di lavoro per mansioni qualificate, ossia per mansioni che richiedano un diploma; la conoscenza della lingua inglese; il superamento di una soglia minima di retribuzione, ecc.

V.G. A.D.S.

Belgio: il mercato del lavoro è stato sconvolto dall’emergenza coronavirus. Quali effetti ha avuto la pandemia sui tassi di occupazione e disoccupazione? I risultati elaborati dall’istituto di statistica belga mostrano che il tasso di occupazione per la fascia d’età compresa tra i 20 e i 60 anni è pari al 69%, valore quasi uguale a quello del mese precedente. Tuttavia, emergono differenze tra le regioni: per esempio, il tasso di occupazione è in calo nella zona delle Fiandre ma in continuo aumento a Bruxelles e in Vallonia (statbel.fgov.be). Da quest’anno, inoltre, è cambiato anche il modo di calcolare il tasso di occupazione: non basta solamente confrontare i dati con quelli degli anni precedenti, bensì le persone temporaneamente disoccupate per un periodo superiore a tre mesi, non possono essere più conteggiate tra gli occupati ma tra i disoccupati e inattivi. Per quanto riguarda il tasso di disoccupazione, invece, sono emersi dati preoccupanti. Per la fascia d’età compresa tra i 15 anni e i 64 anni, nel mese di maggio si è stimato un aumento del tasso di disoccupazione pari al 6,8%, maggiore rispetto ai dati di aprile (6,3%). L’aumento riguarda principalmente i giovani e le persone poco qualificate. Non bisogna dimenticare che la crisi sanitaria ha cambiato anche il modo di lavorare. Ad oggi, il 43,2% degli occupati lavora quasi sempre da casa, nella cosiddetta modalità “smartworking”. A questo proposito, un sondaggio ha portato alla luce che più di un lavoratore belga su dieci crede che la propria professione possa scomparire a causa dell’automazione tecnologica guidata dalla pandemia (L’Echo). La pandemia, infatti, non solo ha cambiato il modo di lavorare, bensì ha accelerato il processo tecnologico e l’innovazione. Il sondaggio effettuato dal sito di reclutamento StepStone e della KU Leuven University ha dimostrato che, su un totale di 1131 persone, il 13% degli intervistati di trova in una situazione di insicurezza professionale, temendo che la loro professione scompaia. Per quanto riguarda il momento della scomparsa, il 9% teme di dover cambiare lavoro a breve (da 1 a 2 anni) mentre, per il 18%, questa paura riguarda la professione a lungo termine (da 5 a 10 anni). Francia. La crisi sanitaria del Covid-19 ha cambiato profondamente la vita dei cittadini francesi e del resto del mondo. Dall’inizio della pandemia sono bastate poche settimane per capovolgere completamente la vita di ognuno di noi: dalla vita quotidiana a quella professionale, fino ad arrivare alle relazioni interpersonali. È cambiato completamente anche il modo di viaggiare. Nonostante i progressi fatti durante la campagna di vaccinazione contro il coronavirus, la pandemia è ancora presente e gli spostamenti restano soggetti a molte restrizioni, considerando anche la circolazione delle varianti Delta e Beta. In primo luogo, in Francia, vige l’obbligo di sottoporsi ad un test PCR durante le 72 che precedono il viaggio. Se da una parte il governo incoraggia i cittadini a trascorrere le vacanze estive in Francia, dall’altra alcuni programmano le loro vacanze all’estero. Bisogna tenere presente, però, che ogni paese ha la propria normativa e che non è possibile avere libero accesso a tutti i paesi. L’Inghilterra, per esempio, a causa della circolazione della nuova variante Beta, ritiene coloro che provengono dalla Francia “a rischio”. Infatti, coloro che viaggiano dalla Francia verso l’Inghilterra, dovranno sottoporsi a dieci giorni di quarantena e al test PCR due giorni dopo il loro arrivo in terra britannica o, se hanno ricevuto entrambe le dosi del vaccino, otto giorni dopo. Gli Stati Uniti, invece, hanno deciso di mantenere il divieto di ingresso nel loro territorio per tutti i viaggiatori provenienti dall’area Schengen. Diverso è il caso del Canada, che favorirà l’accesso per i viaggiatori europei a partire dal 7 settembre. Oltre quelli citati sopra, altri paesi restano inaccessibili ai cittadini francesi, che siano vaccinati o meno: Cina, Russia, Giappone, Australia, India, Senegal, Madagascar, Filippine, Lao, Cambogia, Vietnam, Sud America, Argentina, Uruguay e Cina (Ouest-France). Per quanto riguarda i viaggi verso i territori francesi, la Francia spera di ospitare quest’estate 50 milioni di turisti stranieri, principalmente provenienti dall’Europa, contro i 35 milioni dello scorso anno e i 90 milioni del 2019. Il segretario di Stato per il turismo, Jean-Baptiste Lemoyne, in un’intervista rilasciata al Journal Sunday, ha sostenuto che “l’estate è portatrice di speranza”, confidando in una ripartenza del settore del turismo.

S.F.

Arriva da Madrid la decisione del Governo di lanciare la maggior offerta di lavoro pubblico della storia del Paese. L’offerta prevede la volontà di coprire un totale di 30.455 posti nell’amministrazione statale, un aumento dell’8% rispetto alle convocazioni dell’anno precedente. Il Presidente Sánchez vuole modernizzare la pubblica amministrazione spagnola, riducendo la stagionalità occupazionale pubblica (che si attesta circa al 30%) e aggiornando il numero dei dipendenti. La decisione prende come riferimento i dati locali spagnoli. Innanzitutto, i dati sulla stagionalità dimostrano un elevato tasso di precarietà, tra i più alti in Europa, unitamente al fatto che i dipendenti pubblici sono stremati dal periodo pandemico ed estenuati dalla crisi finanziaria. Con la previsione delle future pensioni, il Governo sta cercando di ovviare al problema della mancanza di personale pubblico in largo anticipo. I posti riguardano i settori della scienza, della tecnologia, della matematica e dell’ingegneria. L’importante non è la quantità dei posti, ma la qualità e il talento delle persone selezionate. Quella del 2021 sarà la più grande offerta della storia del Paese. Non si tratta però di un’iniziativa inedita, infatti Sánchez aveva avanzato una simile richiesta già nel 2018, approvando circa 109.718 posti, un 73% in più rispetto all’esecutivo di Mariano Rajoy tra il 2012 e il 2017. Non si è mai registrato un così alto numero di appalti pubblici, ma nemmeno così tanta precarietà. Circa il 75% dei lavoratori sono infatti provvisori con un contratto a tempo determinato. A tal proposito sono stati introdotti processi di regolarizzazione per far sì che questi ultimi ottengano finalmente un posto fisso. A riportare la notizia è ElPaís.

M.P. V.G

Sul Frankfurter Allgemeine si legge come, a partire da due episodi avvenuti in Germania, la Corte di giustizia dell’Unione Europea (CGUE) autorizza i datori di lavoro a imporre la neutralità religiosa ai loro dipendenti. Una decisione che colpisce molti dipendenti religiosi, specialmente le donne che indossano simboli di fede in ogni momento della loro quotidianità; una tradizione con la quale si sono già scontrati diversi tribunali. Una questione che, il più delle volte, si basa sul limite della libertà religiosa in luoghi prettamente laici come le scuole, i tribunali e le aziende private. Ora la CGUE dichiara che le aziende private possono insistere sulla neutralità religiosa, nonché ideologica e politica dei loro dipendenti in virtù di ragionevoli motivi, e in tal caso sul posto di lavoro dovrà essere garantita l’assenza di simboli religiosi. I giudici di Lussemburgo sottolineano che si tratta di una legge estremamente delicata che, nonostante le apparenze, non dà libertà illimitata ai datori di lavoro. Anzitutto, per tale applicazione è necessario dimostrare una “necessità reale” di neutralità di fede o di ideologia; queste possono essere legate alle richieste dei clienti di un’azienda o a quelle dei fruitori di un servizio. Inoltre, l’obiettivo di questa legge è quello di evitare i conflitti sociali attraverso la garanzia di una laicità in determinati luoghi. In ogni caso in cui il datore di lavoro richieda la neutralità religiosa, i tribunali dovranno esaminare attentamente il tipo di necessità che sussiste. Chiaramente, in caso di applicazione della legge non vi saranno distinzioni per il tipo di religione che viene limitata.La decisione nasce a partire da due diversi episodi avvenuti in Germania. In entrambi i casi, i giudici hanno dato ragione ai datori di lavoro, che richiedevano la massima neutralità ai propri dipendenti qualsiasi fosse la loro religione. Due episodi che vedono come protagoniste due donne musulmane, una dipendente di un asilo di Amburgo, l’altra farmacista.Con questa sentenza, la Corte di giustizia europea va oltre i tribunali tedeschi, oltre la Bundesverfassungsgericht (BVerfG), coinvolgendo tutti gli stati membri. A Karlsruhe, sede della BVerfG, la libertà di religione è sempre stata in primo piano e protetta dalla Costituzione. Per garantire la massima neutralità, la CGUE afferma che l’applicazione di tale legge sarà subordinata alle decisioni dei singoli stati appartenenti all’UE.

M.P.

MEDIO ORIENTE

Attualmente il ritratto che si può fare della situazione in Libano non risulta essere uno dei più floridi e promettenti. Lo Stato è rimasto privo di governo per oltre 250 giorni fino a quando, lunedì 26 luglio, Najib Mikati è stato nominato come primo ministro designato del Paese. Si tratta di un uomo d’affari miliardario che, a seguito di consultazioni parlamentari vincolanti con il presidente Michel Aoun, ha ricevuto il compito di formare un governo riformista. La nomina arriva 11 giorni dopo che Saad Hariri si è dimesso dal ruolo di primo ministro designato a causa dell’escalation della crisi. Il governo di Beirut sta difatti attraversando una gravissima crisi economica che imperversa ormai da quasi due anni. Un anno e mezzo fa, il precedente esecutivo aveva dichiarato il default del Paese a causa del mancato pagamento di 1,2 miliardi di eurobond. Oggi, l’attuale amministrazione deve far fronte alla svalutazione della valuta nazionale, la lira libanese, che dal 2019 ha perso il 90% del suo valore. Un simile scenario non ha fatto altro che generare disordini interni, favorire un inasprimento della tensione sociale e causare il fallimento del sistema bancario. Mikati si è detto pronto a collaborare con il presidente libanese Aoun seguendo il piano di riforme economiche e strutturali che il presidente francese Emmanuel Macron ha presentato in Libano nell’agosto 2020. L’economia di Beirut continua a sgretolarsi con circa metà della popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà e con un settore del lavoro che conta tra i più alti tassi di disoccupazione. Aoun ha affermato che la priorità per il Partito del governo entrante è “fermare il collasso finanziario” raggiungendo un accordo con l’FMI, audit forensi e altre riforme. Un tempo invidiato dal restante mondo arabo, oggi il Libano si ritrova con un sistema politico in stallo e con un’economia che muore ogni giorno che passa, costringendo i suoi leader a chiedere l’assistenza di emergenza straniera. Mentre i politici dei principali partiti sembrano interessati solamente a proseguire un gioco egoistico che permetta loro di mantenersi al potere, i cittadini libanesi, da sempre abituati ad un tenore di vita piuttosto elevato, sono diventati ora impoveriti ed isolati. A fine giugno, nella città di Tripoli, che registra i più alti tassi di disoccupazione, alcuni uomini si sono armati e sono scesi in piazza a manifestare per le pessime condizioni di vita. Le donne sono quelle che pagano il prezzo più alto in quanto si registra un tasso di disoccupazione femminile superiore del 63% nel 2020, rispetto al 2019. Nel frattempo, l’organizzazione no profit Oxfam sta intensificando i propri sforzi rivolti alle comunità libanesi più vulnerabili così da sostenere le piccole imprese locali e favorire la creazione di nuovi posti di lavoro oltre che fornire aiuti concreti ai tanti giovani disoccupati. 

L.L.

SUDAFRICA

Angola. Disoccupazione si o no? Secondo quanto si apprende da dw.com, il Governo e l’Istituto Nazionale di Statistica (INE) garantiscono che il numero di disoccupati si è ridotto proprio nell’anno della pandemia. Il parere dei cittadini di Luanda, capitale dell’Angola, è opposto e la realtà e totalmente un’altra. Ad inizio 2021, l’INE ha affermato che il tasso di disoccupazione nel quarto trimestre del 2020 è calato del 3,7% rispetto allo stesso periodo nell’anno precedente. I due principali sindacati angolani contraddicono con questi dati ufficiali. Secondo Mário Caetano João, segretario dello Stato dell’Economia, dal 2019 ad oggi sono stati creati migliaia di posti di lavoro, grazie ad una serie di approvazioni e progetti fatti in accordo con la banca commerciale. Ma ciò che si percepisce in strada è tutt’altro stato d’animo e nella capitale cresce lo sconforto nei confronti dei dati diffusi dal Governo. Di seguito alcune testimonianze. Secondo il venditore ambulante António Manuel è tutta una menzogna, riferendosi ai dati pubblicati dagli enti pubblici. È molto tempo ormai che il signor Manuel cerca lavoro ma senza successo per questo sta facendo il venditore ambulante al fine di portare qualcosa a casa. Anche il signor Inocêncio Domingos Zeca, residente di Luanda, si è dedicato alla vendita informale di piccole torte poiché dopo aver cercato a lungo un lavoro senza alcun risultato, l’unica via è stata quella della vendita ambulante. Il giovane Inocêncio riferisce al giornale di guadagnare soltanto 300 kwanzas al giorno (in euro sono 40 centesimi), l’unico suo giorno libero è il venerdì e con quel poco che guadagna riesce a malapena a portare a casa un bene primario come il pane. Cosi come António e Inocêncio, molti altri giovani angolani si ritrovano per le strade di Luanda a fare il possibile per guadagnare qualche soldo. Per questo sono convinti che manchi il lavoro ed ormai la maggior parte di loro è entrato in una situazione di disperazione. Ormai non vogliono più commentare circa una possibile speranza di trovare lavoro un giorno, sembra un’utopia incontrare un impiego. António già non ci crede più mentre Inocêncio, data forse la sua giovane età, ammette di credere ancora in un futuro migliore perché confida in Dio e confida nel fatto che un giorno la loro vita possa cambiare. Intanto il Paese continua ad essere devastato da una crisi economica e finanziaria condizionata dal basso prezzo del petrolio nel mercato internazionale ed aggravata dalla situazione dovuta alla pandemia da Covid-19.

Y.C.

RUSSIA

In Russia, la pandemia ha evidenziato il problema dell’occupazione giovanile. La disoccupazione giovanile e la mancanza di istruzione e formazione professionale tra i giovani in cerca di lavoro rappresentano un “punto dolente del mercato del lavoro”, evidenziato ancora di più dalla pandemia. La vicepremier russa Tatiana Golikova ha parlato dei giovani disoccupati in un’intervista del canale tv Rossija-24 lunedì 26 luglio, informa TASS. Secondo Golikova, “la pandemia ha portato alla luce alcuni dei problemi più gravi del mercato del lavoro russo legati alla disoccupazione giovanile e al fatto che i giovani senza un’istruzione o una formazione professionale devono ricevere indennità di disoccupazione minime o fare lavori ausiliari non qualificati”. Allo stesso tempo, Golikova ha notato che negli ultimi anni c’è stato un crescente interesse per la formazione professionale da parte dei giovani. Il presidente russo Vladimir Putin ha incaricato il governo di stanziare 30 miliardi di rubli in tre anni per lo sviluppo degli istituti di istruzione secondaria. Il documento pubblicato sul sito web del Cremlino ha chiarito che verrà pubblicato un rapporto a tal proposito entro il 1° settembre e in seguito una volta all’anno. Come è cambiata la situazione della disoccupazione in Russia? Ce ne parla Rossijskaja Gazeta (RG.ru). Il numero di disoccupati registrati in Russia è sceso a 1,11 milioni, il 60% in meno rispetto all’inizio del 2021, dice il ministero del Lavoro. Il numero totale di disoccupati in Russia nel giugno 2021 era di 3 milioni 579 mila persone, specifica Rosstat (l’istituto nazionale di statistica), vale a dire 106 mila in meno rispetto a maggio dello stesso anno. Nella Baschiria industrializzata, la disoccupazione registrata è scesa di 2,2 volte dall’inizio dell’anno. Uno dei motivi è che il Ministero del Lavoro regionale ha istituito un sistema informativo in cui vengono segnalati i posti vacanti da parte dei datori di lavoro, riferisce bashinform.ru. Si è scoperto che, in totale, sono 80 mila le attività nella regione che hanno carenza di personale, soprattutto nel settore agricolo, nella silvicoltura e nella pesca, ma anche nel settore dei trasporti. Il tasso di disoccupazione registrato nella regione di Jaroslavl’, che è salito alle stelle durante il picco del contagio da Covid-19, è sceso all’1,3%, che corrisponde al livello pre-pandemia. Secondo Dmitry Medvedev, il XXIV Forum economico internazionale di San Pietroburgo (SPIEF), tenutosi dal 2 al 5 giugno 2021, avrebbe favorito l’occupazione, con la firma di accordi per 30 miliardi di rubli. Ora la regione avrà più di 4mila posti di lavoro grazie a questi progetti. Il governatore dell’Oblast’ di Kostroma Sergei Sitnikov ha detto lo scorso autunno che “lo Stato ha delle responsabilità verso i disoccupati, ma non è lo stesso per i disoccupati nei confronti del servizio di collocamento che li manda a lavorare. Di conseguenza, circa la metà dei disoccupati non ha un’occupazione regolare da più di un anno”. Secondo gli esperti, questo indica che svolgono lavori irregolari e vengono pagati sottobanco. L’ispettorato del lavoro della regione non ha avviato nessuna procedura riguardo i salari in nero, ma il governatore della regione sostiene che presto tale ispezione sarà effettuata dalla procura. Nel frattempo, nella Repubblica dei Komi, il Consiglio di Stato continua a discutere un’iniziativa legislativa avanzata alla Duma di Stato riguardante gli emendamenti alla legge sul lavoro. I parlamentari propongono la cessazione dei sussidi ai disoccupati che hanno seguito una formazione professionale e a cui è stato offerto un lavoro ma lo hanno rifiutato. Inoltre, RG.ru riferisce che i lavoratori qualificati nel ramo dell’industria, delle costruzioni e dei trasporti sono i più richiesti, con più di 460 mila posti vacanti. Il servizio stampa del Ministero del Lavoro afferma che la ripresa della situazione occupazionale è stata sostenuta da programmi regionali e federali, come la riqualificazione dei disoccupati o le assunzioni sovvenzionate. Si nota anche che poco più del 5% dei dipendenti lavora oggi da remoto. Il numero di offerte di lavoro da remoto a giugno ha raggiunto un record mai visto nella storia del mercato del lavoro russo, soprattutto per via della pandemia. Gazeta.ru ha effettuato un’indagine sul lavoro a distanza in Russia. Nella prima metà del 2021 il numero di posti vacanti da remoto ha continuato a crescere rapidamente. All’inizio dell’estate, questa tendenza si è intensificata a causa del peggioramento della situazione pandemica. Così, dal 1° al 18 giugno il portale del lavoro hh.ru ha registrato quasi 48,8 mila annunci di posti vacanti da remoto, una cifra da record nella storia del mercato del lavoro in Russia. Il picco precedente si era verificato ad aprile, con 46,8 mila posti vacanti. A maggio, il numero di posti vacanti si è ridotto a 34,8 mila, soprattutto per via delle festività dal 1 all’11 maggio. Il numero di posti vacanti nel lavoro da remoto sta aumentando in media del 15% al mese. Solo tra gennaio e metà giugno 2021, ha raggiunto 215 mila, il 10% in più rispetto a tutto il 2020 (circa 200 mila). Un posto su dieci riguarda il settore IT, seguito da telecomunicazioni, vendite, consulenza, marketing, pubblicità, PR e banche. Inoltre, più di 10mila lavori da remoto sarebbero adatti agli studenti e ai giovani professionisti. Gli stipendi più alti vengono offerti dalle aziende straniere ai russi. Tradizionalmente, gli stipendi più alti nel lavoro da remoto sono offerti a programmatori e sviluppatori, con stipendi che vanno da 140 mila a 280 mila rubli.

O.P.

CINA

Per più di due mesi, il Paese è stato di fatto in isolamento. Fabbriche, imprese e scuole sono state chiuse per combattere una battaglia le cui vittime hanno superato le 3.000 unità, arrivando quasi a 90.000 persone infettate nel paese. Eppure, lentamente, i cittadini cinesi stanno tornando al lavoro, secondo un sondaggio flash di Alibaba-owned Gaode, che è anche conosciuto come AutoNavi. All’inizio di questa settimana, l’app di mappatura, navigazione e servizi basati sulla posizione ha scattato un’istantanea della vita della seconda economia più grande del mondo. Le statistiche sull’indice di ripresa del lavoro di Gaode hanno mostrato che “le province costiere di potenza d’esportazione” nel sud-est stavano lentamente tornando alla normalità, ha riferito Trivium China, la società di ricerca e consulenza politica. La città leader era Dongguan nella provincia di Guangdong la cui cifra di “ripresa del lavoro” è di circa il 49,5%, mentre Wuhan, l’epicentro dell’epidemia di coronavirus, risulta in fondo alla tabella con il 12,5%. Di seguito, il resto dei numeri dell’occupazione: Ningbo (provincia di Zhejiang) 48,82%; Wuxi (provincia di Jiangsu) 48,40%; Qingdao (provincia di Shandong) 46,80%; Foshan (provincia di Guangdong) 46,20%; Shenyang (provincia di Liaoning) 45,99%; Chengdu (provincia di Sichuan) 45,69%; Shanghai 45,47%; Hangzhou (provincia di Zhejiang) 44,90%; Chongqing 42,83%; Guangzhou (provincia di Guangdong) 40,42%; Tianjin 37,39%; Pechino 37,14%. “A questo punto, la maggior parte delle aziende con cui collaboriamo, cercheranno di raggiungere almeno l’80% della capacità per marzo, con una normalizzazione ad aprile”, ha dichiarato asiatimes.com. “Per raggiungere questi obiettivi, molti lavoratori dovranno tornare subito a lavoro”. Inoltre, un sondaggio pubblicato la scorsa settimana dalla China Enterprise Confederation che ha coinvolto 500 dei principali produttori, ha registrato a malapena un battito cardiaco. Più del 75% erano aziende private e il resto imprese statali o SOE. I risultati hanno mostrato che più del 95% degli intervistati ha riportato un calo delle entrate e dei profitti, mentre il 50% ha detto che avrebbe lottato per sopravvivere alle perdite che stava subendo. Eppure questi sono segnali di speranza per quanto concerne l’attività commerciale. Mercoledì, Morgan Stanely, la banca d’investimento multinazionale con sede a New York, ha rilasciato un comunicato stampa, affermando che “il 72% delle persone che hanno lasciato la città durante le due settimane prima del Nuovo Anno Lunare, sono già tornate al lavoro”. “Anche l’attività intra-città sta migliorando costantemente, con la congestione del traffico ed il traffico dei passeggeri in metropolitana nelle grandi città che raggiungono l’81% (rispetto all’84% di lunedì e all’(80% di venerd’ scorso) e il 37% (rispetto al 36% di lunedì e al 32% di venerdì scorso) dei rispettivi livelli comparabili ai giorni feriali dello scorso anno” ha detto Morgan Stanley. Dal punto di vista economico, l’attività commerciale si è appiattita in Cina, poiché il settore manifatturiero e quello dei servizi  sono scesi ai minimi storici del PMI. Anche le esportazioni e le importazioni sono crollate a gennaio. Mercoledì, l’Ufficio Nazionale di Statistica ha confermato che l’inflazione al consumo il mese scorso è aumentata del 5,2% rispetto allo stesso periodo del 2019, ma è in calo rispetto al 5,4% di gennaio.

C.C.

Rassegna stampa a cura di:

Antonella de Stasio (lingua inglese)
Valentina Guerra (lingua inglese, lingua spagnola)
Simona Ferri (lingua francese)
Ludovica Lara (lingua araba)
Oxana Parshina (lingua russa)
Mariella Perrone (lingua spagnola)
Marika Provenzano (lingua tedesca)
Ylenia Cossu (lingua portoghese)
Chiara Cavallini (lingua cinese)