La rassegna stampa internazionale dell’UNINT

Seconda edizione speciale della rubrica di approfondimenti tematici della nostra rassegna stampa: uno sguardo più nel dettaglio su diverse tematiche di spicco nel mondo.

EUROPA

APPROFONDIMENTO TEMATICO: Francia e Belgio tra ignoranza e rinnovata consapevolezza del passato coloniale

In Francia, la colonizzazione è stata per lungo tempo al centro dell’ideale repubblicano, il cosiddetto ideale di sinistra promosso da grandi figure politiche francesi, come Léon Gambetta e Jules Ferry, i quali il 28 luglio 1885 dichiararono alla Camera dei deputati: «ritengo che le Nazioni d’Europa debbano adempiere al loro superiore dovere di civiltà con ampiezza, grandezza e onestà».

Come riportato da Le Figaro, all’epoca i repubblicani di sinistra intendevano, attraverso la colonizzazione, esportare l’illuminismo, i diritti umani, la libertà l’uguaglianza. Gli oppositori, minoritari, della conquista coloniale della Terza Repubblica erano i militanti dell’estrema sinistra nazionalista, allora incarnata da Georges Clemenceau. Il primo ministro dell’epoca Albert de Broglie denunciava la politica coloniale definendola “un peso che grava sulla nazione” (Senato, 11 dicembre 1884).

Ad oggi, Albert de Broglie rimarrebbe stupito del paradosso che stiamo vivendo: negli ultimi decenni, l’insegnamento della storia, dal quale si dovrebbe imparare e migliorare, è stato messo all’angolo dalle politiche di destra e di sinistra. I programmi scolastici sono stati ridotti notevolmente, minacciando la conoscenza del passato. Sorge spontaneo chiedersi se quella di indebolire la conoscenza, strumento per lo sviluppo di menti critiche, sia una strategia deliberata della classe dirigente per manipolare le nuove generazioni.

Come affermato da RTBF, scenari simili non esistono solo in Francia: la storia del colonialismo belga è ancora sconosciuta al grande pubblico, soprattutto perché i programmi scolastici non si soffermano sufficientemente sull’argomento e spesso questi temi non vengono affatto affrontati durante il percorso di studio. Tuttavia, la società belga è sempre più consapevole dei temi della colonizzazione e dei suoi effetti. A tal proposito, a suscitare grande scandalo e indignazione nel Paese è stato il recente recupero della memoria di alcune azioni di Leopoldo II volte a tenere il popolo belga all’oscuro delle atrocità del colonialismo: il Re del Belgio alla fine dell’800, in pieno periodo coloniale, ordinava la censura sui giornali nazionali di notizie riguardanti la tortura della popolazione congolese, in particolare la brutale pratica del taglio delle mani, che aveva invece un’eco internazionale.

Quest’anno sono stati celebrati i 60 anni di indipendenza del Congo e le ferite lasciate dal colonialismo sono causa di un forte risentimento che si manifesta quotidianamente. Come riportato dal medesimo giornale, il gruppo “Ripariamo la storia” ha lanciato una petizione, già sottoscritta da più di 20000 persone, per la rimozione di tutte le statue di Leopoldo II sul territorio della città di Bruxelles. Tale azione si è sviluppata sulla scia delle proteste di “Black Lives Matter” in corso negli Stati Uniti. I protestanti considerando indegno che la figura di Leopoldo II sia ancora celebrata negli spazi pubblici nonostante la barbarie da lui perpetrata contro il popolo congolese.

S.C. & EA.V.

APPROFONDIMENTO TEMATICO: il Portogallo è un Paese razzista?

Ultimamente in Portogalloil tema del razzismo è uscito più volte sulle testate dei giornali. Ha contribuito sicuramente a scatenare la discussione la morte di George Floyd, fatto che ha velocemente portato le persone a scendere in piazza in varie città del mondo ed anche a Lisbona, Porto e Coimbra tra le altre. Ma lo scorso mese c’è stato un altro evento che ha rimescolato gli umori: l’uccisione di Bruno Candé, attore portoghese di origine guineensi ucciso con 4 colpi di pistola in strada da un 76enne in seguito a minacce razziste che andavano avanti da giorni. Le persone sono andate in strada a manifestare per due giorni consecutivi in varie città portoghesi, come riferisce Observador. Per questo accaduto il parlamento della Guinea Bissau, ha anche inviato una delegazione in Portogallo affinché entri in contatto con le autorità riguardo l’assassinio e investighi sulle condizioni della comunità guineense. Attualmente in Portogallo ci sono varie minoranze etniche che si sono accresciute negli ultimi anni, provenienti soprattutto dalle ex colonie come quella brasiliana, la più numerosa, angolana, mozambicana, capoverdiana, Timor Est, São Tomé e Principe e anche quella rom. Solo lo scorso mese è stato creato un movimento sul web chiamato “Brasileiras não se calam” (Le brasiliane non rimangono in silenzio) creato da 5 brasiliane residenti a Porto, con lo scopo di denunciare e dare sostegno a donne vittime di assedio, violenza e xenofobia in Portogallo riporta Tvi24. Il movimento ha già un seguito di 12 mila ed una delle fondatrici racconta di essere venuta in Portogallo per studiare 5 anni fa e che tutte le sue amiche e conoscenti brasiliane hanno almeno una storia su situazioni in cui sono state vittime di pregiudizi. Per questo è stato creato il gruppo ma anche perché c’è stato un fattore scatenante: in un programma televisivo, Big Brother Portugal, un concorrente ha affermato che tutte le brasiliane sono donne “facili”. Il problema è che non è stato censurato in tv nazionale. Inoltre, lo scorso anno in primavera, c’è stato un altro accaduto abbastanza grave che ha fatto emergere la discriminazione nei confronti dei brasiliani nelle università. Fuori dalla facoltà di Legge dell’Università di Lisbona, degli studenti avevano messo uno stand che accanto aveva una cassa con delle pietre dentro e sopra cartello che indicava “Negozio di souvenir, gratis se è per tirare a un ‘zuca’ (termine dispregiativo per indicare un brasiliano), che è passato avanti nella magistrale”, Público. Questo è accaduto perché per entrare nella magistrale i brasiliani che venivano da università brasiliane, convertendo i voti delle loro università d’origine, ottenevano punteggi più alti nei test d’ingresso, superando per questo alcuni portoghesi. Situazioni come queste stanno emergendo in superficie sempre più frequentemente grazie ai movimenti antirazzismo e antiviolenza, l’obiettivo è di raggiungere un livello di sensibilizzazione tale da non far ripetere le stesse situazioni e far capire alla popolazione la realtà, in un Paese in cui la maggior parte dei cittadini non si reputano razzisti e non credono che queste situazioni possano accadere.

D. F., M.P.

APPROFONDIMENTO TEMATICO: La Russia rivoluziona la propria Costituzione

Il primo luglio scorso sono terminate le votazioni sugli oltre 200 emendamenti per l’aggiornamento della Costituzione russa in vigore dal 1993 a seguito di un referendum che ottenne il 58,4% dei voti a favore. La ratifica alla Costituzione del 2020 è la più importante dalla caduta dell’Unione Sovietica. Inizialmente il voto era previsto per il 22 aprile 2020, ma la pandemia COVID19 ha imposto di rimandare il voto all’estate. 

Il procedimento di modifica costituzionale è particolarmente complesso e fu pensato, all’epoca della caduta dell’Unione Sovietica, proprio per garantire stabilità alla nuova Federazione Russa. A gennaio 2020 il presidente russo Vladimir Putin ha proposto una serie di modifiche costituzionali: si tratta di 206 emendamenti della Costituzione approvati da Duma di Stato e Consiglio della Federazione l’11 marzo scorso. In seguito, il documento è stato approvato dalle assemblee legislative degli stati della Federazione. Gli emendamenti accrescono i poteri del parlamento e ne aumentano il controllo sul governo e sul Primo Ministro: questo verrà infatti eletto dalla Duma e non più dal Presidente. Inoltre, gli emendamenti permetterebbero al Presidente Putin, che avrebbe terminato il suo ultimo mandato Presidenziale nel 2024 di ricandidarsi fino al 2036, poiché gli emendamenti “azzerano” il calcolo delle annualità dei mandati precedenti. Il Presidente avrà, inoltre, più poteri in ambito giudiziario: egli potrà nominare o licenziare i giudici. Molti articoli della “nuova Costituzione” ribadiscono la necessaria differenza di sesso per contrarre matrimonio: la riforma è improntata sulla “fede in Dio” e sulla tradizione. L’unico matrimonio valido previsto costituzionalmente sarà infatti quello contratto tra “uomo e donna”. Inoltre, la Costituzione emendata prevede che salario minimo e assistenza medica vengano garantiti non più solo a livello legislativo, ma anche costituzionale. Sono anche previsti articoli che tutelano la gestione delle risorse naturali per evitare che siano esclusivo appannaggio degli oligarchi. La riforma costituzionale ha incontrato numerose critiche da parte dell’opposizione: il 1° luglio, data conclusiva delle elezioni, a San Pietroburgo sulla Piazza del Palazzo, è scoppiato il movimento “Stop Provabki” – Stop agli Emendamenti. In precedenza, a Mosca, erano stati arrestati dei manifestanti che con i loro corpi si erano distesi sulla Piazza Rossa e avevano formato il numero “2036”, anno dell’ultimo mandato di Vladimir Putin.

D.S., S.N.

APPROFONDIMENTO TEMATICO: La Germania e il tema del cambiamento climatico

La Repubblica Federale Tedesca è pioniera internazionale nella protezione del clima e nell’espansione delle energie rinnovabili. Entro il 2050, almeno l’80 % della fornitura di energia dovrà provenire da fonti rinnovabili. Dal 2002 con l’Agenda 21 la sostenibilità è diventata un compito permanente e parte integrante della direttiva politica della Germania, che nel documento viene riassunta come “Prospettive per la Germania”. Ciononostante, stando a quanto si legge su co2online.de, le conseguenze del cambiamento climatico sono già percepibili: esso colpisce diversamente a seconda delle aree del Paese, l’agricoltura è colpita da siccità e caldo, le città che si trovano sull’acqua devono far fronte ad inondazioni e mareggiate e molte altre conseguenze.

Alla fine del mese di aprile, 68 aziende tedesche, tra cui la nota multinazionale farmaceutica Bayer, si sono appellate al governo federale tedesco affinché i pacchetti di aiuto economico stanziati per far fronte alla crisi provocata dal corona virus riguardino anche il clima. Contrariamente alla crisi provocata dal Coronavirus, la questione del cambiamento climatico rappresenta una sfida da ormai molto tempo. «Dobbiamo tenere sotto controllo la pandemia e allo stesso tempo affrontare i grandi problemi legati al cambiamento climatico e alla decarbonizzazione» – così ha affermato Matthias Berninger, Direttore di “Public Affairs und Nachhaltigkeit”, su iwd.de.

Stando a quanto emerge sul giornale Handelsblatt, la Commissione Europea presenterà una proposta per gli standard di CO2 entro due anni al massimo per far sì che il traffico di merci sulle strade in Europa venga decarbonizzato. I veicoli elettrici rappresentano una buona soluzione, su germanzero.de emerge che i mezzi elettrici sono cinque volte più efficienti di quelli convenzionali per l’uso di carburanti sintetici. Le soluzioni sono un’elettrificazione completa del traffico stradale, un passaggio dall’automobile al trasporto pubblico o alla bicicletta, nonché una progettazione adeguata delle città.

L.R., M.S.

MEDIO ORIENTE

APPROFONDIMENTO TEMATICO: La donna nel mondo islamico, tra emancipazione e restrizioni

La tematica che affronteremo in questa rassegna, il ruolo della donna nei Paesi arabi, è un fenomeno molto controverso che in numerose occasioni è stato motivo di accesi dibattiti in tutto il mondo. Nonostante molte donne studino, gestiscano i soldi della famiglia e lavorino, tante altre ancora sono vittime di matrimoni combinati, discriminazioni politiche e soprusi all’interno delle proprie famiglie e nelle società in cui vivono. È la condizione femminile nei Paesi arabi, dove l’emancipazione si alterna agli abusi e il progresso alle violazioni.  

In tal senso, lo scenario offerto dal Medio Oriente è piuttosto diversificato.  

Secondo Haifa Fahoum al-Kaylani, fondatrice del Forum internazionale per le donne arabe, il mondo femminile nei Paesi arabi ha conquistato significativi traguardi: dalla Tunisia fino all’Iran il numero delle laureate in medicina, farmacia e legge è cresciuto esponenzialmente. Si calcola infatti che circa il 70% dei laureati nel mondo arabo siano donne. In Egitto, ad esempio, la carica di Ufficiale di stato civile addetto alle cause matrimoniali è stata assegnata proprio alla 32enne Amal Selim. È la prima donna a ricoprire tale carica in Egitto.

È anche vero, però, che dal punto di vista economico e politico la presenza delle donne è piuttosto limitata e in alcuni Paesi la società patriarcale è causa di continue discriminazioni.

La condizione ambivalente della popolazione femminile accomuna Paesi ricchi e poveri: dagli Emirati Arabi Uniti, dove le donne d’affari aspirano a competere con le loro controparti maschili, con la speranza di poter migliorare l’economia del proprio Paese, allo Yemen in cui il Forum delle Sorelle arabe ha invitato la società civile a migliorare l’ingiusta condizione d’inferiorità a cui il genere femminile è sottoposto.

Insomma, vi sono reali pressioni sui Governi per trasformare quello che ora è un sogno ambizioso in reale emancipazione.

Sebbene nell’immaginario occidentale si suppone che le donne musulmane siano da sempre sottomesse e che non abbiano mai realmente lottato per far valere i propri diritti, le esperienze di molte donne arabe ci raccontano una storia diversa che va oltre il semplice pregiudizio della donna oppressa. È dunque possibile parlare di femminismo arabo e islamico, un fenomeno che pur avendo avuto tempistiche e, a volte, caratteristiche diverse di Stato in Stato, può essere descritto in maniera sostanzialmente omogenea.

Negli ultimi dieci anni, i movimenti femministi arabi sono stati influenzati dai cambiamenti politici che hanno scosso il mondo arabo, sottolineando un significativo impatto sulla partecipazione politica e sociale delle donne, che, tra alti e bassi, hanno giocato un ruolo fondamentale soprattutto durante la rivoluzione araba del 2011.

Ad oggi sicuramente il genere femminile nei Paesi arabi festeggia molti traguardi nel campo dell’educazione e del lavoro, ma la strada verso l’uguaglianza tra i sessi è ancora lunga.

S.H.

AMERICA

APPROFONDIMENTO TEMATICO: Modernizzazione post-Covid

La pandemia provocata dall’inarrestabile diffusione del Covid-19 ha avuto pesanti ripercussioni sulle economie di tutti i Paesi dell’America Latina causando la peggiore recessione della storia sudamericana e rendendo più evidenti le disuguaglianze già presenti nell’intera regione geografica. Tuttavia, quella che ha le sembianze di una reale catastrofe finanziaria potrebbe offrire la possibilità di perseguire nuovi obiettivi, quali il passaggio alla Green Economy e la creazione di 15 milioni di nuovi posti di lavoro.

Secondo un articolo de El Economista, durante un meeting avvenuto tra Graham Watkins, a capo del settore dedicato ai cambiamenti climatici all’interno del Banco Interamericano de Desarollo (BID), e Vinícius Pinheiro, direttore regionale della Organización Internacional del Trabajo (OIT), si è discusso della possibilità di istituire nuovi posti di lavoro e, contemporaneamente, di introdurre misure atte a fronteggiare il problema del cambiamento climatico.

La Green Economy può essere proficuamente adottata in svariati settori come l’agricoltura e la silvicoltura e può essere di grande supporto per i Paesi che devono risollevarsi economicamente dopo la pandemia. L’agricoltura e la silvicoltura rappresentano un rilevante potenziale lavorativo in un’area che detiene circa il 40% di biodiversità e il 50% di foreste tropicali del mondo, oltre ad essere una regione che coltiva moltissimi alimenti esportati in tutto il globo.

Watkins afferma che l’obiettivo è quello di arrivare a zero emissioni di carbonio: il percorso è lungo e difficile, ma tanti Paesi stanno già lavorando in quella direzione, in particolar modo il Cile e il Messico che utilizzano l’energia eolica, senz’altro la più economica in assoluto.

Anche le altre nazioni dovranno adoperarsi al fine di diminuire progressivamente l’uso dell’elettricità per cucinare e per il riscaldamento; bisognerà preferire il trasporto pubblico a quello privato, si dovrà avere maggiore cura della vegetazione e della natura in genere. Anche l’alimentazione dovrà assicurare una maggiore introduzione nella dieta di sostanze di origine vegetale; dovranno essere privilegiati materiali riciclabili e nelle costruzioni sarà preferibile utilizzare legno o bambù.

Pinheiro, inoltre, rimarca la necessità di applicare una politica che garantisca la transizione ad una economia sostenibile e senza disparità tra gli Stati sudamericani. Il rappresentante dell’OIT prosegue riconoscendo che ci saranno industrie ed imprese che subiranno grossi tagli, ma sostiene che, per sopperire a tali perdite, occorrerà puntare maggiormente sul turismo e sollecitare la collaborazione con le comunità locali per valorizzare la crescita di tale settore in maniera sostenibile.

L.C., M.D.F. e I.V.

ASIA

APPROFONDIMENTO TEMATICO: Il Gaokao e il sistema educativo cinese

La rivista Cina in Italia, ci racconta qualcosa in più sul sistema educativo cinese, parlandoci di tradizioni e valori tramandati nel tempo.

Innanzi tutto, è bene precisare che il sistema scolastico cinese è molto simile a quello italiano, le principali differenze si trovano nella durata della scuola elementare e della scuola superiore che in Italia durano rispettivamente 5 e 5 anni mentre in Cina 6 e 3 anni.

Altra grande differenza sta nella scuola dell’obbligo: in Italia gli studenti devono avere un’istruzione gratuita e obbligatoria dai 6 anni fino ai 16 anni mentre in Cina invece la scuola dell’obbligo ha una durata di 9 anni: 6 anni di scuola elementare più 3 di scuole medie.

La legge sui 9 anni di istruzione obbligatoria è entrata in vigore il 1 ° luglio 1986 per riuscire a garantire un’educazione universale a tutti i cinesi in età scolare e ridurre il tasso di analfabetizzazione dell’intera nazione, molto elevato prima del 1986.

In Cina, oltre alle materie più classiche, è previsto l’insegnamento del Tai Chi, una disciplina marziale utile per l’elasticità muscolare, per il controllo della respirazione e della postura e per ridurre lo stress.

Fin dalla scuola materna, gli insegnanti e i genitori educano i bambini secondo l’arte del “buon cittadino” perseguendo quei valori di matrice confuciana, quali la collettività, la disciplina, il rispetto delle regole e della gerarchia.

Inoltre, fin da piccoli, gli studenti si dedicano ad attività extra scolastiche, come suonare uno strumento o praticare uno sport, ma soprattutto frequentano lezioni extra di mattutine di matematica, cinese mandarino, storia, geografia e scienze politiche e inglese   per potersi preparare all’esame più temuto dagli studenti cinesi: Il Gaokao.

Data l’importanza che ricopre questo test nella cultura cinese, non sorprende che tutta la didattica, a partire dalle scuole elementari, sia orientata al preparare al meglio gli studenti per questo esame. Superare questo test infatti, significa, nell’ottica degli studenti, degli insegnanti, della famiglia e della società poter aver una vita degna e di successo.

Il Gaokao si tiene ogni anno, una sola volta all’anno e dura due giorni. Quest’anno a causa del coronavirus l’esame è stato rimandato di un mese e sono state adottate diverse misure preventive per garantire la salute degli studenti.

Tante sono le misure di sicurezza per impedire ai ragazzi di barare: la maggior parte delle sale d’esame installano telecamere a circuito chiuso e alcune usano addirittura i metal detector.

In alcune scuole è stata utilizzata anche l’identificazione delle impronte digitali e dell’iride per verificare l’identità degli studenti. È fuori discussione copiare, pena l’impossibilità di ripetere il test per tre anni.

La società cinese è molto competitiva, per questo gli studenti dimostrano una grande forza di volontà, dedizione e concentrazione per poter emergere e poter realizzare il sogno di una vita migliore. Da parte dei genitori, c’è lo sforzo continuo per far sì che i figli possano distinguersi e ad eccellere fra oltre un miliardo di persone.

G.R.

OCEANIA

APPROFONDIMENTO TEMATICO: Gli effetti del movimento Black Lives Matter

Negli Stati Uniti, secondo il New York Times, nel North Side di Minneapolis ci sono opinioni decisamente contrastanti dopo l’uccisione di George Floyd sullo sforzo del Consiglio Comunale per ridurre significativamente le dimensioni e la portata delle forze di polizia di Minneapolis.

I residenti si lamentano dei maltrattamenti dilaganti della polizia, ma anche di crimini e violenze fuori controllo. Dunque, al contempo si ha il disprezzo nei confronti della polizia e la necessità che qualcuno intervenga in caso di violazioni.

Secondo una sondaggio su Gallup, pubblicato a luglio, il 70% degli americani di colore è  favorevole alla riduzione del budget del dipartimento di polizia, mentre il 22% ha sostenuto una misura più drastica: azzerare i budget del dipartimento di polizia.

La maggior parte dei residenti del North Side continua a sperare in importanti riforme.

Il movimento Black Lives Matter, nato a seguito della morte di George Floyd, è stato appoggiato da vari Paesi, tra questi c’è il Regno Unito, luogo di molte proteste antirazziste

Secondo l’Evening Standard, queste ultime sono state caratterizzate da marce pacifiche, canti e discorsi nei quali vengono ricordati anche i crimini del Paese.

Migliaia di manifestanti si sono riuniti e hanno camminato insieme nelle strade di Brighton, con indosso abiti scuri reggendo cartelli con slogan antirazzisti come, ad esempio, quello di “decolonizzare tutto”, come si legge su Indipendent.

Anche l’Australiaha sostenuto il movimento attraverso manifestazioni contro il razzismo, una delle quali, avvenuta a Sydney, è degenerata portando all’arresto di sei manifestanti, secondo DW.

Come riporta ABC News, la polizia locale ha effettuato anche l’arresto dell’organizzatore, Paddy Gibson, per aver violato gli ordini di sicurezza pubblica dovuti al Covid-19.

I manifestanti chiedevano giustizia per David Dungay jr, un ventiseienne aborigeno, morto mentre era in custodia presso il carcere di Long Bay cinque anni fa.

S.C, S.P

Rassegna stampa a cura di:

Ariela Capuano (responsabile lingua inglese)
Salvina Calanducci e Simona Picci (lingua inglese)
Giulia Deiana (responsabile lingua francese)
Silvia Calbi e Elen’Alba Vitiello (lingua francese)
Alessandra Semeraro (responsabile lingua spagnola)
Lavinia Cataldi, Michela Di Franco e Ilaria Violi (lingua spagnola)
Veronica Battista (responsabile lingua portoghese)
Martina Pavone e Diana Fagiolo (lingua portoghese)
Silvia Santini (responsabile lingua tedesca)
Michela Sartarelli e Laura Razzini (lingua tedesca)
Clarissa Giacomini (responsabile lingua russa)
Silvia Noli, Diana Sandulli (lingua russa)
Sara Zuccante (responsabile lingua araba)
Samar Hassan (lingua araba)
Claudia Lorenti (responsabile lingua cinese & coordinatrice del progetto)
Gioia Ribeca (lingua cinese)