Raggio cosmico

Diario di bordo, xy/xx/xxxx

Caro compagno d’avventure,

non so da dove cominciare! Se potessi essere colpito da un raggio cosmico…no, ricomincio.

Diario di bordo mio, ti ho promesso una narrazione mirabolante ed eccoti accontentato, alcuni giorni dopo l’evento. Sono stato folgorato da un raggio cosmico. Colpito e affondato. E non reco ferite. Sin da quando Mercuria ed io conviviamo nei medesimi spazi ho scoperto la fine del mio pianeta natale, l’esilio di massa della popolazione, il misterioso moltiplicarsi di cibo e l’improvvisa comparsa di indicazioni, l’estinzione dell’essere umano, la solitudine…è qui che arriva il punto. Soffermiamoci per un frangente su queste ultime due. Concedimi di digerire l’emozione. Sono pronto.

Soffermiamoci sull’estinzione umana e la solitudine, dicevo. Ormai convinto facessero parte dell’inesorabile destino riservatomi dalla sopravvivenza, nella mia convinzione lo avrei di sicuro trascorso a scovare la via di fuga dalla crociera galattica. Improvvisamente perviene agli orecchi non già un clangore, ma tintinnio. Ero in procinto di riparare il ponte di comando e per l’occasione indossavo la tuta del risveglio, lavata con cura, da cui si era puntualmente scucita la targhetta sul taschino anteriore. Peccato che il tintinnio abbia coinciso col rumore provocato dal metallo caduto al suolo, il che ha contribuito a persuadermi fossero una cosa sola. Tuttavia il ginocchio fa repentinamente attrito con l’alluminio e uno scarto di pochi secondi lascia posto al nuovo suono.

Non avevo voglia di contemplare quel nome in corsivo. Aron. Questa volta però la lettura dell’incisione mi rimaneva impressa nella mente in ordine diverso, senza sapere la causa che avrei conosciuto in seguito. Si faceva sempre più tardi e la notte perenne, illuminata da qualche punto luce spaziale, si infittiva. Quando giunge quell’ora, di solito forzo il ciclo sonno veglia a regolarsi sul riposo. Ma una volta tanto è stato diverso: la regolazione veniva accompagnata dal tintinnio, poi ticchettio in crescendo.  Ho deciso quindi di alzarmi dal letto. Di dormire non se ne parlava più, dunque mi sono rimesso ai lavori manuali di qualche ora prima. Sparito il fastidio, vado alla sua ricerca.

E dopo tanto cercare, dalla stiva di Mercuria, unico oggetto spaziale di cui avessi cognizione, vedo ergersi come una visione soave. Non un oggetto, ma una creatura dalla chioma ramata. La cute, inutile sottolinearlo, rifletteva il pallore lunare. Il corpo era sospeso in una soluzione che ahimè, non avevo fegato per ammetterlo, lasciava pensare alla formaldeide. La teca che lo conteneva cede e con un tempismo perfetto, lo afferro al volo. Una meravigliosa fanciulla a me coeva comincia a tossire per espellere quell’intruglio non ben identificato. È viva e non presenta irritazioni cutanee. Nel porgerle un telo, mi sento colpito da un raggio cosmico. Senza esagerare, non mi ero mai sentito bene come in quell’istante prima d’allora. Sensazioni che potevano somigliare al risveglio, ma lontane da angoscia o tormenti. Non sei più solo, Aron, ma c’è Nora, mi sussurra una vocina. Per la prima volta sento mi pervadere da una tempesta agalattica. Dall’anagramma di una congiunzione astrale, per farla breve.

(continua…)

Aurora Molisso