The time is Arctic Monkeys A.M.

Lo so che pensavate di esservi liberate e liberati di me, ma in tal caso ho una brutta notizia per voi: è proprio ora che si comincia!

Come accennato nella presentazione di questa nuova rubrica, nei suoi articoli troverete riflessioni sulla lingua utilizzata all’interno delle canzoni, che si tratti di giochi di parole, termini particolarmente interessanti o, semplicemente, casi di autorialità felicissima. Quale modo migliore per battezzare questa rubrica di un viaggio tra i testi degli artisti che inconsapevolmente le danno il nome?

Negli anni ho accumulato tante passioni a livello musicale, spesso non riuscendo a inquadrare tutto in uno o più generi, fallendo miseramente nel rispondere alla classica domanda: “Ao ma te che ascolti? Chi è il tuo cantante preferito?”. Quando tento di dare una risposta solitamente finisco col fare un elenco della spesa dalla quale non so se si riuscirebbe a tirare fuori un piatto commestibile. Sicuramente variegato ed eccentrico, ma forse un po’ troppo azzardato.

In quella lista, però, difficilmente mancano gli Arctic Monkeys. Da quando due mie amiche me li fecero scoprire nei i primi anni del liceo, non ho mai smesso di ascoltarli. Sono tra quegli artisti per i quali, dopo aver capito che mi piacevano e anche parecchio, ho resettato tutto e ascoltato qualsiasi brano da qualsiasi album avessero fatto uscire, rigorosamente in ordine cronologico di uscita. Ora però, mettendo da parte le mie ossessioni, passiamo al vero motivo per cui scrivo: i testi. Il materiale di partenza è veramente vastissimo, con 7 album all’attivo dal 2006 a oggi, l’ultimo dei quali uscito nemmeno due mesi fa, ma ho raggruppato alcune tra le frasi che più mi colpiscono, spulciando un po’ qui e un po’ lì. Impossibile includere tutto quello che avrei voluto, ma spero che apprezzerete comunque.

Album: Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not

Iniziamo un po’ spocchiosetti, da bravi inglesi:

“Over there there’s broken bones

There’s only music so that there’s new ringtones.

And it don’t take no Sherlock Holmes

To see it’s a little different around here.”

A Certain Romance – 2006

Dico spocchiosetti perché vale un po’ per questi versi, come anche per la canzone intera. L’autore si lamenta e critica i “chavs”, una sorta di categoria antropologica inglese di cui fanno parte ragazzi, solitamente appartenenti alla working class, che vestono ostentando gioielli vari e tute di marche costose – o non così tanto, se sono dei falsi. Altra caratteristica di queste persone, per quanto ovviamente si parli di uno stereotipo, è che sono conosciuti per finire a fare risse nei pub prima o dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo. Nei versi in questione si crea la divisione tra “there”, nei pub con i chavs e “here” tra le persone più ragionevoli e non violente, tra cui chiaramente Alex Turner si inserisce insieme alla sua band. Oltre a questo, il secondo verso citato si riferisce in particolare alla musica che ascoltano i chavs, evidentemente di scarsa qualità E commerciale al massimo, buona solo a tirarne fuori delle suonerie per il cellulare. Oh, l’avevo detto, spocchiosetti.

Album: Favourite Worst Nightmare

“There’s a circle of witches, ambitiously vicious they are

And our attempt to remind them of reason won’t get us that far

I don’t know what it is that they want

But I haven’t got it to give”

If You Were There, Beware – 2007

Questi versi mi sono sempre piaciuti tantissimo, mi veniva sempre da pensare a queste streghe cattive e mi immaginavo mondi lontani e di fantasia. Poi anni fa ho scoperto che, metafora a parte, il mondo descritto è assolutamente reale. Le streghe di cui si parla sono in realtà paparazzi e giornalisti, che non lasciano vivere serenamente Alex e, in particolare, si attaccano in maniera becera a una sua fiamma per tentare di estorcere chissà quali segreti e gossip sul cantante.

Album: Favourite Worst Nightmare

Canzone: 505

Per finire, una chicca non sul testo pur sempre meraviglioso di questa canzone, ma sul titolo e la musica. Nel brano 505 è il numero di una stanza d’albergo, dove evidentemente l’autore è stato con una ragazza che però non è più nella sua vita. Vuole tornare a tutti i costi lì, rievocando momenti felici con lei ma in maniera struggente, questo numero prende vita e assume un significato molto più ampio e profondo delle sue tre cifre. Ho scoperto di recente che il numero non è casuale, ma si tratta di una possibile citazione: si dice che l’allusione sia a “Flight 505” dei Rolling Stones, altra canzone che rimanda alla volontà di viaggiare verso luoghi che racchiudono emozioni, momenti, persone. Inoltre, gli accordi principali sono gli stessi usati dal maestro Morricone per la colonna sonora del celebre film western “Il buono, il brutto, il cattivo”.

Ci sarebbero altre decine di canzoni e versi da citare, ma dovremmo stare qui per una vita. Spero di avervi incuriosito almeno un po’ e alla prossima!

Silvia Costa