L’influenza spagnola nel dialetto sardo
La Sardegna e la Spagna non sono solo vicine dal punto di vista geografico ma anche linguistico. Anche in questo caso la presenza ispanica è fortemente sentita in questo angolo italico, analizziamo insieme alcuni termini dialettali:
Rodìglia: dallo spagnolo “rodilla” che indica il ginocchio, dove c’è la rotula che è di forma discoidale come una rotella. La rodiglia sarda è appunto quella rotella, dotata di manico, che serve per intagliare la pasta fresca e resa sottile da una spianatura, ed il cui bordo, seghettato , crea un taglio merlettato.
Assùstas: dallo spagnolo “asustar”, che significa “spaventare, impaurire”.
Ispàntas: dallo spagnolo “espantar”, che significa (come “asustar”) “spaventare, impaurire”. Il verbo “ispantàre”, in sardo, ha assunto anche il significato di: meravigliare, stupire.
Barandìglia: dallo spagnolo “barandilla” che significa “ringhiera, balaustrata”.
Ventàna: dall’identico termine spagnolo, che significa: finestra.
Luègo: dall’identico termine spagnolo, che significa “subito, immediatamente”.
In sardo ha anche l’accezione di: poi, in seguito, più tardi.
Suttèa: dallo spagnolo “azotea” che significa “terrazzo”.
In alcuni centri della Sardegna, l’architettura urbana è impreziosita da molte suttèas. Queste sono delle altane, cioè dei terrazzi, all’ultimo piano delle case, delimitati da un colonnato lungo tutto il perimetro.
Cembràna: dallo spagnolo “chambrana” che significa “intelaiatura e/o ornamento di pietra o legno”, che aggira porte e finestre.
Il termine cembràna ha assunto anche la connotazione di “sbornia, ubriacatura”.
Tzillèri: dallo spagnolo “cillero” che significa “cantina, magazzino, dispensa”.
Mesa: dall’identico termine spagnolo, che significa “tavolo”.
Zostre: dal catalano “sostre” che significa “soffitta”.
Greta Accardi