Iracema, a virgem dos làbios de mel – romanzo portante della narrativa brasiliana
Josè Alencar è il grande scrittore ad aver composto questa meravigliosa opera che racchiude la storia del popolo brasiliano. La narrazione si sviluppa in una cornice secentesca, durante il momento espansionistico europeo per eccellenza.
Iracema, nonché anagramma di America, rappresenta la sottomissione indigena alla cultura europea. Martim invece simboleggia il guerriero portoghese colonizzatore e conquistatore.
La vicenda narra l’avvento dei portoghesi in terra straniera, tra questi vi è il giovane Martim il quale perdendosi nella fitta foresta incontra Iracema, figlia vergine dello sciamano Araquèm della tribù dei tabajaras. Tra i due scoppia immediatamente l’amore ma la situazione si complica in quanto anche Irapuà, capo guerriero dei tabajara, è innamorato dell’indigena e cercherà di uccidere il portoghese straniero.
Contrasti, passioni e segreti saranno parte fondamentale della narrazione. Dall’amore dei due protagonisti nascerà Moacir, simbolo dell’unione di due civiltà diverse. Leggendo l’opera in chiave storica si noterà come la vicenda stessa sia un’allegoria del processo di colonizzazione del Brasile avvenuta da parte degli europei: da un lato vi è Iracema, una donna forte, selvatica, che rappresenta le terre ancora inesplorate e selvagge del Brasile, dall’altro lato Martim, che incorpora l’immagine del colonizzatore cristiano pronto a conquistare nuovi territori. Moacir, il frutto dei due protagonisti, incarna il “primo figlio di razza bianca ad essere stato generato in questa terra libera”, colui che genererà un nuovo popolo e una nuova nazione.
Alencar affronta tematiche differenti: in primis, l’amore proibito dei due protagonisti di diversa etnia, durante tutta la narrazione verranno evidenziate le caratteristiche che uniscono e che distanziano i due amanti. Un amore tortuoso ma languido che purtroppo riserverà un finale spiacevole difatti Martim proverà disinteresse nei confronti dell’indigena e nostalgia per la patria lusitana, e ricercherà nuovi stimoli in battute di caccia e in lotte contro le tribù nemiche. Proprio mentre Martim sarà impegnato in una di queste battaglie, Iracema partorirà il figlio chiamato Moacir, che significa “nato dalla mia sofferenza”. Quando Martim tornerà dal conflitto, troverà Iracema sul punto di morte. Il suo corpo verrà seppellito sotto una palma di cocco, luogo che posteriormente sarà conosciuto come Cearà (attuale stato brasiliano).
Si può notare come l’autore ponga l’accento sulle abitudini conflittuali tra le tribù che popolano l’Amazzonia, conferendo una sorta di documentazione storica di questi popoli pre-coloniali. Inoltre il paesaggio è la vera scenografia della narrazione, risaltano i colori della foresta e del litorale brasiliano, lo scrittore si avvale abbondantemente di metafore e comparazioni per poter descrivere al meglio il quadro paesaggistico.
C’è da aggiungere che Alencar è uno scrittore della generazione del Romanticismo, per questo motivo riscontriamo caratteristiche tipiche di questa corrente letteraria come l’idealizzazione dell’eroe, infatti Iracema viene dipinta come un’eroina mitizzata. L’autore la paragona alla Natura ma le sue caratteristiche superano ancor di più la bellezza della terra stessa. Tuttavia, si nota un indebolimento di questo personaggio femminile che per amore abbandona la propria famiglia, il proprio popolo, la propria religione e Dio. Diventa sottomessa e “colonizzata” dall’invasore portoghese. Alencar ci ha lasciato in eredità questo racconto che narra di un amore che sboccia tra colonizzatore e colonizzato con un finale che lascia l’amaro tra le labbra.
Greta Accardi