Eravamo cinque amici a Siena
Le cose migliori sono quelle inaspettate. Si inizia in una giornata di fine gennaio ricevendo la chiamata di assunzione per un tirocinio, si passa per l’accettazione dei propri colleghi (vi conoscevate bene o male tutti ma non vi eravate mai parlati), un’amicizia nata dal nulla, e ci si ritrova all’inizio di marzo sullo stesso Flixbus in direzione Siena. Alla domanda perché proprio Siena si potrebbe rispondere che due dei componenti del gruppo vacanze hanno frequentato la triennale lì, ma si scoprirà solo a fine giornata che forse c’erano altri motivi in ballo, ma non è questo luogo né tempo per discuterne.
Ci si ritrova nella ridente fermata dei pullman della ancor più ridente Stazione Tiburtina una domenica mattina. Non è facile districarsi per le vie in continuo restauro della zona, vie che da una ventina d’anni a questa parte non sono rimaste uguali per più di un anno. Auto ferme in sosta su una rotonda sbucata dal nulla in un concerto di clacson diretto dal felicissimo autista ATAC, e una pioggia di imprecazioni erogate dalla bocca dei residenti bloccati da forestieri in doppia fila a colazione nei bar. La Roma Est che conosco, non la conosci mai. Da questo paesaggio idilliaco emergono i compagni di viaggio; l’80% del gruppo è composto da fuori sede, ma come ogni fuori sede che si rispetti, conosce la città meglio del nativo e quindi non perde molto tempo nella ricerca del punto di partenza. Alle 8:20 il team si divide sul pullman per andare ognuno al proprio posto: la comunicazione è mediata tramite il gruppo WhatsApp dove tra una nausea e un pettegolezzo, uno dei membri del gruppo compie l’estremo atto di prenotare il ristorante per pranzo. “Ma che dite, prenotiamo in qualche risto?”. Sarà spirito di iniziativa? Sarà ansia di rimanere a digiuno durante la giornata? Quel che conta è che nel gruppo vacanze ci sia quella persona che di spontanea volontà decide di prenotare.
I filari di cipressi ci accolgono in Toscana.
Puntuali come un orologio svizzero, ci troviamo nel Piazzale Rosselli, respirando la prima tosca aria della giornata. Il reparto lavori delle Ferrovie dello Stato fa da sfondo al nostro arrivo. La stazione di Siena non è suggestiva come Tiburtina, ma i mattoni rossi dell’edificio hanno quell’aria industriale che ci piace e quindi ce ne facciamo una ragione. Poi ci apprestiamo a percorrere la lunghissima rampa di scale, anche conosciuta dai locali come la risalita Stazione-Antiporto, che dalla zona della stazione compie il percorso di ascensione verso il centro della città di Siena. Dal momento che nel gruppo abbiamo la fortuna di avere dei senesi doc, cioè un salentino e una calabrese, questi ci conducono alla scoperta della città partendo dalla colazione. La prima tappa è dunque la pasticceria Buti, nata nel 1958, a conduzione familiare e che si impone oggi come uno dei “punti di riferimento per la produzione dolciaria senese”, riportando le loro stesse parole. Ovviamente, non ci possiamo esimere dal provare il rinomato, ma solamente ventenne, caramellato ritrovabile solo lì e che consiste in una sfoglia caramellata ripiena di crema chantilly.
Lo scorrere del tempo ci porta a camminare per la Fortezza Medicea e da lì vedremo soltanto il primo degli innumerevoli romantici panorami della città; a Siena, ogni minimo scalino che si decida di salire è un affaccio a strapiombo con vista. Superata la fortezza, è il momento di entrare in città: parliamone di un’entrata trionfale, ma non oggi. È domenica 5 marzo, si potrebbe pensare a una Siena attraversata dai cavalli delle contrade, l’oca, il drago, la torre, la selva, solo per citarne alcune, e invece no. Per questa domenica 5 marzo ci ritroviamo in una città medievale che ospita le “Strade Bianche, una gara ciclistica su strada che comporta modifiche alla viabilità e ai percorsi delle nostre linee urbane ed extraurbane per la chiusura temporanea di alcune strade”, così riferisce Autolinee Toscane, e infatti. Per una buona mezz’ora rimaniamo bloccati a un passo dalla nostra meta, Piazza del Campo, separati soltanto da un battaglione di ciclisti, alcuni di loro non troppo allenati, e una fila di turisti e senesi che deambulano a fatica e la sottoscritta riceve come souvenir una ruota in testa (non è la prima volta, nel cuore ne conservo una da Berlino). Proprio quando la speranza parrebbe abbandonarci, un tale della sicurezza ci dà il via libera e ci fa correre verso l’altro lato della strada e lasciando Via di Città ci immergiamo in una Piazza del Campo gremita di ciclisti accasciati sulla conchiglia emiciclica che la descrive. Scattiamo qualche foto da turisti alla piazza e tentiamo di chiederne una di gruppo a dei passanti che pensano bene di inquadrarci tagliando di netto la Torre del Mangia che svetta dietro di noi e si riparte verso una nuova avventura: andare a mangiare.
Grotta Santa Caterina da Bagoga è la taverna dove ci fermiamo: un antipasto toscano condiviso, un piatto di pasta e uno scambio sulla storia della lingua italiana con il cameriere all’uscita, e anche questo possiamo segnarlo sul curriculum. Consigliato sia per il cibo che per l’ospitalità. Ovviamente la passeggiata post pranzo è accompagnata da un breve alterco sui turni del tirocinio della settimana dopo; siamo pur sempre colleghi, colleghi che discutono di affari davanti agli occhi di Santa Caterina che sventola le bandiere della contrada dell’Oca e del Drago dal suo Oratorio. Una tarantella napoletana fischiettata e una O mia bela Madunina intonata davanti al Duomo di Siena in estrema coerenza e noi si passeggia per le vie della città.
Gino Paoli parlava di quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo, noi eravamo cinque amici in una tea room affacciati su un altro scorcio della medievale Siena; non eravamo lì per cambiare il mondo, ma almeno ci siamo conosciuti un po’ meglio. Un po’. Una tazzina di tè letterale e metaforica e si ritorna alla stazione per il viaggio di ritorno.
Siena è piccola, ma crea l’atmosfera giusta per qualcosa di più grande. Ce lo rivela a cuore aperto un membro della squadra. Dante nel XXIX canto dell’Inferno scrive: E tranne la brigata, in che disperse/Caccia d’Ascian la vigna e la gran fonda,/e l’Abbagliato suo senno proferse. Con questi versi si riferiva alla Brigata Spendereccia, il gruppo di giovani ricchi senesi che si riuniva intorno alla Casa del Consuma per sperperare i propri denari. Noi con 6€ di Flixbus andata e ritorno abbiamo dimostrato più nobili intenti, dai.
Cinzia De Gregorio