Quando imparare una lingua può salvare una cultura
Proprio come gli esseri viventi, le lingue hanno un loro ciclo di vita: esse nascono, crescono, si diffondono e scompaiono. Negli ultimi anni le numerose iniziative adottate a livello internazionale per la protezione delle lingue minoritarie ha messo in evidenza il problema sempre più diffuso della scomparsa di numerose varietà linguistiche, complici la globalizzazione e gli atteggiamenti linguistici dei parlanti che molto spesso stigmatizzano le varietà locali e conferiscono un maggiore prestigio alle lingue dominanti su scala internazionale. Il rischio è quello di interrompere la catena di trasmissione intergenerazionale: ai bambini viene insegnata una varietà dominante piuttosto che la lingua minoritaria o il dialetto dei genitori, finché il numero complessivo di parlanti di queste ultime si riduce drasticamente. Un’altra possibile causa della scomparsa di una lingua è la messa in atto di una politica di assimilazione promossa da uno Stato a discapito di intere etnie. Una lingua muore con la scomparsa dell’ultimo parlante nativo, che porta via con sé un patrimonio immateriale inestimabile, fatto di usi, costumi, tradizioni, miti e leggende; in altre parole, sono intere culture a scomparire, schiacciate sotto il peso della globalizzazione e dell’omologazione linguistica e culturale. Oggi nel mondo esistono 7.117 lingue, 2.926 delle quali classificate come lingue in pericolo o in via di estinzione, mentre si stima che nel 2050 circa il 90% delle varietà parlate attualmente saranno estinte.
Per proteggere le lingue a rischio di estinzione è fondamentale riconoscere il valore insostituibile delle testimonianze dei parlanti nativi, soprattutto i più anziani, che diventano veri e propri custodi di un tesoro purtroppo destinato a essere dimenticato in mancanza di una politica linguistica adeguata. Oltre a ciò, favorire un processo di codificazione attraverso la pubblicazione di grammatiche e dizionari può aiutare a salvaguardare le lingue minoritarie, che in passato affidavano la trasmissione intergenerazionale alla sola tradizione orale.
Marie Wilcox, classe 1933, è l’ultima parlante di Wukchumni, una lingua amerindiana della famiglia yokuts, una volta diffusa nelle regioni del centro-sud dell’attuale California e oggi classificata ufficialmente come “lingua moribonda” dall’Expanded Graded Intergenerational Disruption Scale, che stabilisce un insieme di parametri per misurare il grado di vitalità di una lingua. La tribù Wukchumni, parte della comunità Yokuts di nativi americani, non è mai stata riconosciuta ufficialmente dal governo statunitense. Prima dell’arrivo dei coloni europei nel continente americano si stima che i membri della tribù fossero circa 50.000; a oggi restano in vita solo 200 persone che si identificano come Wukchumni. “Quando ero piccola parlavo inglese, non ricordo mia madre parlare nella nostra lingua” – racconta Marie – “Ma quando mia sorella ha iniziato a insegnare ai suoi bambini il Wukchumni, ho capito di voler ricominciare a parlare la nostra lingua”. Giorno dopo giorno, per sette anni, Marie cerca di ricostruire il lessico andato quasi perduto del Wukchumni, lavorando tutti i giorni al suo progetto. Preservare la lingua della sua gente, e con essa le sue tradizioni, diventa una vera e propria missione. Esistono culture in cui le storie e il vissuto delle famiglie si intrecciano le une alle altre attraverso la lingua e, quando le lingue scompaiono, le persone perdono quel legame speciale; salvaguardare la lingua è quindi un modo per mantenere quel filo invisibile che lega i membri di una stessa comunità.
Nel 2014, grazie alla dedizione di Marie e di sua figlia, viene pubblicato il primo vocabolario della lingua Wukchumni, uno strumento prezioso per la sua rivitalizzazione e per la riscoperta delle antiche tradizioni della tribù. Dopo aver insegnato la lingua a sua figlia e sua nipote, Marie Wilcox oggi organizza corsi settimanali di lingua Wukchumni per i bambini della sua tribù e gira l’America per sensibilizzare i giovani sull’importanza di salvaguardare il patrimonio linguistico e culturale, sempre più minacciato nell’era della globalizzazione. Claire McGowan, insegnante di una scuola in Ohio, commenta così l’impatto che le parole di Marie hanno avuto sui suoi studenti: “Marie ha aperto gli occhi ai miei studenti su quanto una lingua possa essere importante per preservare – o distruggere – intere culture”.
Vanessa Iudicone
Fonti:
https://www.ethnologue.com/endangered-languages, consultato in data 10/11/2020.
https://www.globalonenessproject.org/library/films/maries-dictionary, consultato in data 10/11/2020.