Orvieto è un borgo di rara bellezza e di storia antichissima, dove tutto alimenta il desiderio di osservare, assaporare, esplorare. Ha fatto da sfondo a numerosi film tra cui quelli a cui hanno preso parte Colin Firth, Daniel Craig. È facile incontrare in uno dei tanti ristoranti della zona, anche Martin Scorsese o l’affascinante Richard Gere, ospite fisso di Villa Malva, una splendida costruzione, sede di un moderno studio di registrazione, dove hanno inciso i loro pezzi artisti del calibro di Celine Dion.
Orvieto è una chicca che può essere paragonata a un piccolo fiore in una landa che più verde non si può. È il cuore dell’Umbria, terra di forti colori, di un popolo di storia millenaria, dove tutto sussurra di antiche leggende, di paesaggi infiniti e dove lo sguardo si perde con struggente emozione.

Una storia, quella di Orvieto, cantata e tramandata da mille generazioni che affondano le proprie radici nel popolo etrusco che su quel “sasso che si erge verso le nubi al cielo” (Saxum per nubila coeli surgit), come declamò nel Duecento un poeta orvietano, edificò quella che rimarrà una delle più fascinose e ricche città della loro straordinaria cultura.
Qui svetta maestoso ed imponente il simbolo della città nell’immaginario collettivo, il Duomo di Orvieto detto anche il Giglio d’oro delle cattedrali per i mosaici che ornano la sua impareggiabile facciata e per gli interni, un tripudio di opere d’arte e per un gioiello artistico, la Cappella di San Brizio, sulle cui pareti il cortonese Luca Signorelli affrescò (1499-1504) un Giudizio Universale che è una delle più eccelse testimonianze della pittura italiana, si erge maestoso nel centro della città. Da qui si snoda un percorso di strade, stradine e viuzze, su cui si affacciano, piccole botteghe di alto artigianato e segno di affetto al proprio passato, a cui si affianca l’antica arte del merletto orvietano, tramandato dalle abili donne, il cui ornato è arricchito da foglie d’edera, uva, animali, tutti ben presenti nei bassorilievi del Duomo e che può raggiungere quotazioni di altissimo prestigio.

Ad Orvieto c’è un mondo nascosto dalla luce del sole. Un mondo sotterraneo fatto di cunicoli, grotte e pozzi, nato ben 2.500 anni fa per soddisfare quello che era il reperimento del bene più prezioso, ovvero l’acqua: un bene indispensabile ma purtroppo assente sull’alto pianoro della Rupe orvietana tanto da far nascere l’esigenza di scavare profondissimi pozzi.

Profondi, angusti, a sezione rettangolare, precipitano a strapiombo per decine di metri alla ricerca delle vene sotterranee. Di questi il più suggestivo, il Pozzo di San Patrizio, fortemente voluto da papa Clemente VII nel 1527, un’opera architettonica di sapiente ingegneria di gigantesche dimensioni. Si scende giù, sempre più giù e si getta poi, come vuole la tradizione, una moneta, esprimendo un desiderio, perché, come dice pure l’iscrizione posta all’entrata: “Quod Natura Munimento Inviderat Industria Adiecit”: Ciò che non aveva dato la natura, procurò l’industria! Suvvia, aiutati che il ciel t’aiuta!