Fusion. – Davide Shorty

Scartabellando le pile di dischi che Spotify mi recapita di settimana in settimana (giammai perdere di vista nuove uscite, fosse anche un’innovativa melodia da carillon!), ce n’è uno ad ammiccarmi. Copertina in low-key ritraente il volto del, si suppone, autore. Il titolo: fusion. e basta. Senza indugiare troppo nel discorrere per decriptare. È una parola (sic), che reca un punto (sic). Detto questo, non resta altro che assorbirla nella sua lieve durata e lasciare che sia la musica racchiusa in lei a dire cosa ci sia oltre il punto. Play, fusion.

Stiamo parlando dell’ultimo lavoro musicale di Davide Sciortino, alias Davide Shorty (chissà, forse, oltre a una distorsione del suo cognome, che non sia un omaggio allo Shorty di Scary Movie? Dopotutto tra i due c’è una certa somiglianza. Se così fosse, bella fratello!) rapper e polistrumentista nativo di Palermo, approdato ancor in giovane età a Londra, città d’elezione per la sua crescita musicale.

Per i più avvezzi ai fenomeni di costume di oggidì non sarà certo un nome nuovo, molti ricorderanno la sua presenza ad X Factor nel 2016, in cui si piazzò al terzo posto, ma soprattutto la freschissima partecipazione a Sanremo nella sezione Nuove proposte, dove, oltre a classificarsi secondo, ha riscosso il Premio della Sala Stampa “Lucio Dalla” e il Premio “Enzo Jannacci” (non due pivelli qualunque, per intenderci, per quel che possano valere i premi). Il 5 marzo 2021 Davide aveva pubblicato l’Ep fusion a metà, il lato A del disco, quanto bastasse per introdursi al grande pubblico, se il brano di Sanremo non fosse bastato. La parola ‘fusion’ è sempre protagonista, declinata dall’autore non letteralmente, ad evocare il leggendario genere musicale, ma nel senso di mescidazione di generi, stili, linguaggi, culture, sotto la guida di Santa Madre Hip Hop e della canzone italiana.

L’album si incarna in 13 brani, scritti e musicati da Davide, la metà dei quali brillano della collaborazione di artisti e cantanti di raffinata caratura; un piacevole presagio per chi oserà immergersi nell’ascolto. Ci si umetta le orecchie con Monocromo, uno sgocciolare di note tenui attraverso cui trapassa, costante, la voce calda e melodica di Davide. Ma non è tutto morbido come sembra: Tuttoporto rinfresca la memoria ai concittadini dell’artista sulla missione ancestrale di Palermo, il cui etimo assai significativamente rimanda al greco “Panormos”, ossia “tutto-porto”, e dunque città da sempre votata all’approdo di gente nuova e sconosciuta; tema forse abusato di recente, ma dalle parole di Davide non emana nessuna traccia di buonismo, la sua è solo una prova storica. Alla base di Cervello in fuga, pur placida nei modi (splendido loop di note al piano alla Nujabes) ma diretta nei concetti, sta il vissuto personale ed artistico dell’autore. Il titolo sembrerebbe ribaltare la prospettiva del “fuga di cervelli”, quasi a dire che per alcuni la fuga è il soddisfacimento di un bisogno.

Un incursione di batterie dà in là a Non si mangia una canzone, ekfrasi di una fotografia raffigurante i sogni e le insicurezze di un artista in nuce. Magistrale lo scratch di DJ Gruff, sapiente il trombone delicato di Gianluca Petrella. Il minimalismo strumentale da peso al carico timbrico di Davide in Cioccolato Denso, in un continuo divenire di immagini disegnate in testa. Appena prima della metà del disco arriva Regina, singolo portato all’Ariston. Nella forma e sonorità, il brano suggerisce l’idea di un omaggio alla scuola steviewonderiana, attraverso una contaminazione di elementi jazz ed elementi pop. Il brano è una lettera d’amore a un’amante, o nel senso più lato, ad un amica, figura angelica a cui l’autore si ispira sempre e comunque.

Non respiro è il grido accorato di chi soffoca per via di violenza fisica o sociale: “Porto sulle spalle il peso dell’odio del mondo” rappa Amir, voce di chi vive da invisibile e sovente da invisibile muore. Nel brano Con/fusion viene fuori tutto lo stile classico del rap di Davide – non a caso il testo riporta la citazione di un verso dei Sangue Misto – cadenzato, cristallino, per nulla riempitivo come invece ci ha abituato buona parte della trap nostrana. Domenica è una splendida ballad in downtempo in cui prende forma una matura consapevolezza scaturita da un gentile senso di rivalsa. Prima che faccia notte appartiene all’atmosfera sì notturna ma molto animata del disco, a cui fa seguito un pacato risveglio dell’animo con le note di Battiti in parole, duetto sopraffino con Sans Soucis. Impressione propone un confronto con un’altra splendida voce femminile, quella di Serena Brancale, dando vita ad un inteso abbraccio vocale suggellato da note senza fine. Tutto si scioglie in Abbanìa, sussurro di un dialetto antico, per un finale che sa di preghiera.

fusion. è tutto questo, ma forse anche qualcosa in più. Un progetto che esprime coraggiosamente la necessità di contaminarsi, di dipingere quadri musicali con note e melodie mai uguali, nel tentativo di trasfigurarsi nell’eterna musica. Se questo è l’itinerario che Davide ha pensato per sé, bè, non si può dire che non abbia origliato alla porta di una grande artista italiano, ora angelo della contaminazione, Franco Battiato. Peraltro entrambi siciliani.

Buon ascolto.

Livio D’Alessio