The story of Diana

Oggi voglio parlarvi di una persona che tutti dovremmo conoscere, e di cui credo non si parli abbastanza: Lady Diana Spencer, principessa del Galles, e lo farò grazie alla miniserie documentaristica di due puntate gentilmente offerta da Netflix, “The Story of Diana”, del 2017.

Questa miniserie figlia della ABC, in collaborazione con People, è come suggerisce il suo titolo, incentrata sulla vita di questa donna che ormai, a 23 anni dalla sua scomparsa, è un vero e proprio personaggio storico.

Nel corso di queste due brevissime e super coinvolgenti puntate impariamo, attraverso le parole e i ricordi di chi l’ha conosciuta, oltre che le parole di Diana stessa, a conoscere colei che sembrava uscita da un libro di fiabe.

Una donna che nel corso della sua vita tutt’altro che rose e fiori, è rinata dalle proprie ceneri fino a trasformarsi non per magia, nella Principessa del Popolo.

Dalle parole di suo fratello Charles:
Di tutte le ironie su Diana, forse la più grande era questa.
Una ragazza che prese il nome dell’antica dea della caccia
diventò, alla fine, la donna più braccata del mondo moderno.

Ho sempre preso le distanze dalla sua storia, perchè come per molti di noi, lei rappresenta nella narrazione di massa un’eroina finita in tragedia, e diciamola tutta, chi avrebbe voglia di ascoltare una storia del genere, se raccontata in questi termini?

Quella di Lady D invece è una storia di riscatto, è la storia di una donna che ha fatto delle sue cadute, radici per germogli di forza, empatia, coraggio e voglia matta di vivere.

Inizia tutto quando la Diana timida e schiva di soli 19 anni viene catapultata in un mondo di tiare, visite diplomatiche e doveri da principessa, accompagnata da nient’altro che un paio di magnetici occhioni blu e la consapevolezza di esser nata per qualcosa di più grande.

A woman who got it all, you’d say? No, rather, she was a bird in a golden cage.

Diana divenne sua maestà in un momento in cui la gente non arrivava a fine mese in Gran Bretagna, e la royal family era ormai un’istituzione obsoleta e fin troppo dispendiosa per gli inglesi, ma lei riuscì a far risplendere di nuova luce la monarchia, proprio perchè non era come loro, cambiò le regole dell’intero gioco.

Se fino ad allora c’era sempre stato un muro altissimo che relegava a due strade parallele la reale famiglia e il popolo, lei costruì un ponte, iniziò ad andare incontro all’altro, a riconoscerlo, ad abbracciarlo.

Tutti la amavano, volevano conoscerla, le ragazze volevano essere come lei, i ragazzi avrebbero voluto sposarla, la Diana fever esplose ovunque.

Ben presto, però l’entusiasmo iniziale lasciò il posto a quella soffocante aspettativa di perfezione, ai doveri di corte, al costante scrutinio degli occhi indiscreti della stessa stampa con cui lei all’inizio flirtava, e quel palazzo scintillante mostrò tutte le sue insidie e sbarre dorate s’innalzarono ad ogni angolo.

Nell’arco di queste due puntate la cosa che notiamo di più è il suo rapporto amore-odio con la stampa britannica, quegli stessi onnipresenti tabloids che lottavano ogni giorno per rubarle uno scatto esclusivo, la seguivano ovunque, un rapporto che lei ha saputo trasformare con gli anni, in megafono per dar voce a chi non l’aveva mai avuta. Agli ultimi della società, a quelli che come lei, erano degli outsiders.

“ Credo che il vero femminismo sia proprio questo, trovare la propria strada e seguirla.”

Lady D non è mai stata la donzella in difficoltà che il principe azzurro dovesse salvare, ha forgiato caduta dopo caduta la sua stessa armatura, ha indossato cotta ed elmo e si è spinta dove nessuno aveva osato prima di lei, ha letteralmente camminato attraverso un campo di mine antiuomo.

Ha usato la sua fama per dirigere l’attenzione dei media verso chi non era mai stato degno di attenzione, aveva il superpotere di percepire subito in una stanza chi aveva sofferto troppo, come lei, per un essere umano. Li attraeva a sè come una calamita.

Era una persona carismatica, voleva a tutti i costi il cambiamento e usò la sua popolarità per rendere il mondo un posto migliore.

Divenne un’icona di stile, una paladina del diritto di opporsi al proprio destino, e fu la donna che nonostante il bilancio finale, toccò e cambiò per sempre le vite di milioni di persone.

Fiorì proprio quando smise di esser vittima delle circostanze e di un gioco più grande di lei, e divenne l’autrice della sua stessa storia.

Diana deserves a place in history.
She was a special person,
not just a beautiful soul.

Worth the hype, isn’t it?
Let me know!
Francesca Nardella