21 Marzo: Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale

Oggi, 21 marzo, è la giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale, istituita nel 1966 dalla Nazioni Unite. È quindi la giornata per celebrare l’umanità, gioire delle differenze etnico-culturali che ci sono tra i vari Paesi e che rendono il mondo così variopinto e colorato. Ma che cos’è la discriminazione razziale? Perché l’ONU ha scelto proprio il 21 marzo per celebrarla? C’è qualcosa che noi, nel nostro piccolo, potremmo fare per aiutare nell’impresa? Ebbene, questo articolo cercherà di rispondere a queste domande. Andiamo con ordine.

Che cos’è la discriminazione razziale? Se cerchiamo sulla Treccani la definizione di questi due termini, in entrambi troviamo il riferimento all’altro. Paiono inseparabili, esiste sempre una discriminazione di tipo razziale, e razziale può sempre far riferimento alla discriminazione. In breve, possiamo riassumere il concetto della discriminazione razziale con il termine a cui sempre associamo pensieri negativi, momenti bui della storia: razzismo. Il razzismo è l’idea della divisione umana in base a razze, ossia a gruppi etnici, culturali e/o religiosi; in questa divisione in razze, secondo la definizione del razzismo, alcune sono superiori ad altre. In breve, razzismo implica una gerarchia tra razze, ossia tra etnie e culture. La storia è costellata di esempi di razzismo, noi stessi rabbrividiamo al pensiero, e infatti nel 1950 l’UNESCO, tramite la Dichiarazione sulla razza, ha negato ufficialmente (pensate, c’è stato bisogno di giungere alla formulazione di un decreto internazionale) qualsiasi connessione tra il DNA di un individuo (e quindi il colore della pelle, dei capelli, degli occhi… in breve, tutti quei caratteri fenotipici studiati grazie a Mendel) e le sue proprietà intellettuali (lingua, pensieri, ideologie, ecc). Si rifà un po’ agli studi di Lévi Strauss, rielaborati dall’antropologo nel suo saggio “Razza e Storia”, dove asseriva che le probabilità che due individui appartenenti a culture diverse avessero un DNA simile erano più alte che quelle di due individui della stessa cultura. Ce ne abbiamo messo di tempo noi, in quanto umanità, a renderci conto che non è il colore della pelle o la forma degli occhi a definire il nostro carattere: d’altronde il mondo globalizzato in cui viviamo, con le città multiculturali che emergono, ce lo sbattono in faccia ogni giorno. Quante volte un individuo con caratteristiche fenotipiche cinesi parla meglio l’taliano (perchè è italiano!) meglio del cugino di quinto grado il cui nonno era espatriato nel Brasile e che della cultura italiana sa poco o niente?

Purtroppo però il prezzo pagato per giungere a tali conclusioni è stato enorme: la storia ha visto susseguirsi diversi casi di razzismo, dal genocidio armeno a quello degli ebrei, dall’apartheid alla segregazione razziale degli Stati Uniti d’America, e molti altri esempi che potremmo citare, e altri ancora che magari, ad oggi, non sono ancora perpetrati. La razza forte, la cultura dominante, l’etnia che prevale, tende a soggiogare quella più debole (minoritaria, meno diffusa su quel territorio). È proprio la ricorrenza dell’anniversario di uno di questi eventi che l’ONU ha preso come giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale. Il 21 marzo 1960, 300 poliziotti bianchi, in Sudafrica, uccisero 69 manifestanti che protestavano contro l’Urban Areas Act. Tale decreto prevedeva l’obbligo dei cittadini di colore di esibire un permesso speciale nel momento in cui accedevano alle aree del Paese riservate ai bianchi. Siamo nell’ambito dell’apartheid, l’ennesimo esempio di segregazione razziale, una ghettizzazione a cui erano costretti soltanto gli abitanti di colore, colpevoli in breve di non essere nati bianchi, e non degni quindi di vivere come loro.

Ogni anno l’ONU, in occasione del 21 Marzo, si concentra su una determinata tematica di natura discriminatoria da affrontare. Negli anni precedenti, ad esempio, si è concentrato sul promuovere tolleranza e rispetto per la diversità, sulla lotta alla xenofobia e all’intolleranza. L’edizione del 2020 invece si concentra sul fare il punto della situazione nell’ambito delle popolazioni africane. Nel 2015 infatti è stata firmata tra i vari Stati la carta del Decennio per le popolazioni Africane, che prevede un aiuto ai Paesi più poveri di questo continente, sempre nell’ottica di uno sviluppo e riconoscimento paritario tra i vari Stati. In breve, l’ONU cerca sempre più di promuovere tolleranza e spirito di uguaglianza, in una realtà internazionale globalizzata e realtà nazionali multiculturali, dove l’incontro tra varie culture fa la forza.

Che cosa possiamo fare noi nel nostro piccolo per promuovere questo spirito? È semplice: la prossima volta che ci troviamo di fronte qualcuno diverso da noi, che parla un’altra lingua, crede in un Dio diverso, mangia e vive in maniera diversa, non discriminiamolo. Condividiamo le nostre culture, impariamo ad apprezzarci a vicenda e, magari, riusciremo a diventare interculturali, ad avere più punti di vista sulla stessa tematica, ad accrescere il nostro bagaglio culturale.

La Terra è una sola, ma è variopinta e meravigliosa nelle sue varie sfumature, sarebbe un peccato non imparare ad apprezzarle tutte.  

Emanuela Batir