Le lingue sono come fiumi: maestose e dirompenti. Bisogna lasciarsi travolgere e viverle appieno. Le lingue, infatti, non devono essere solo studiate, ma devono anche essere vissute. Bisogna immergersi in esse. Con la propria “materna lingua”, come la chiamavano i latini, è più facile nel momento in cui si cresce in un Paese in cui si parla tale lingua. Più complesso è lasciare entrare lingue straniere. Sono appunto dei fiumi che arrivano dentro di noi, rendendo la nostra vita infinitamente più ricca, ma anche più complessa. Me ne sto accorgendo sempre di più grazie al nuovo percorso di studi che ho intrapreso. Scegliere una facoltà di lingue è una presa di posizione in qualche modo. Tutti dicono che sia molto importante conoscere le lingue per entrare nel mondo del lavoro e quindi i giovani cercano di affiancarle alle abilità che costruiscono grazie ai percorsi universitari scelti. Ma il tempo non è mai abbastanza. Scegliere lingue all’università vuol dire rendere il loro studio centrale nella propria vita e chi lo fa deve imparare a conoscerle nel profondo se vuole fare la differenza.


Ma cominciamo dall’inizio di questa mia biografia linguistica. Non ho la fortuna di essere bilingue, ma ognuno ha la propria storia e sono tutte uniche.

La lingua con cui sono nata, la mia lingua madre, è l’italiano. È dentro di me e prima ancora è sempre stata anche intorno a me. È ben radicata ed è istintivo utilizzarla. Il processo di apprendimento è stato da una parte naturale, dall’altra guidato dalla scuola e dalla grammatica. Ma una lingua è molto di più. Essendo madrelingua italiana, posso andare oltre la struttura linguistica, oltre il parlato. Penso che sia molto affascinante e interessante apprendere la storia della propria lingua, scoprire le etimologie, i perché che si celano dietro i suoni che pronunciamo. Le parole ci parlano e io voglio ascoltarle.


I miei genitori sono italiani, di Roma, così come i miei nonni materni. Invece, dalla parte di mio padre, mia nonna è marchigiana e mio nonno campano. Avendo vissuto fin da giovani a Roma, hanno perso molto la loro cadenza, soprattutto mia nonna. Hanno cresciuto i loro figli senza un accento particolare. Il dialetto campano, però, è rimasto in tutta quella parte della famiglia che ha continuato a vivere vicino ad Avellino. Ed è lì che l’ho sempre sentito, dai miei parenti “di giù”. Quando ci troviamo in loro compagnia, si verifica un incontro a metà strada: loro parlano in italiano senza termini tipicamente dialettali ma con una forte inflessione e mio padre tende ad assumere il loro “spirito linguistico”. Infatti, pur avendo sempre vissuto a Roma, da ragazzo trascorreva l’estate in Irpinia e quindi in queste occasioni di ritrovo riemerge una sua parte linguistica che di solito è latente. È questo che avviene con i dialetti. Io rimango particolarmente neutrale proprio perché non ho quella parte linguistica che possa rispondere a questo tipo di richiamo.


Con mia madre apriamo un altro capitolo. Parla, oltre all’italiano che è la sua unica lingua madre, l’inglese, lo spagnolo e il francese. Per tutta la sua vita ha usato queste quattro lingue quotidianamente nel suo lavoro. Fin da piccola sono stata colpita da queste sue capacità linguistiche e lei mi ha sempre trasmesso il suo amore per le lingue. Mi ha donato solo l’italiano come lingua madre, ma fin da quando ho memoria mi parlava spesso anche in inglese, spagnolo e francese, anche solo per giocare. Mi ha permesso così di affacciarmi su quei mondi apparentemente lontani, che per la me bambina facevano parte del mio unico mondo. Crescendo, mi divertivo a parlare con lei in una delle tre lingue straniere, soprattutto durante viaggi di famiglia all’estero per fingere di essere del luogo.


Ritornando alla mia scelta universitaria, ho deciso di studiare proprio queste tre lingue: l’inglese, lo spagnolo e il francese.
L’inglese è il mio fedele compagno di vita dall’età di cinque anni. Non mi ha mai lasciata. È stato amore a prima vista e l’ho accolto dentro di me nel corso degli anni. Non essendo una lingua romanza, è abbastanza diverso dall’italiano e questo, ho sempre pensato che fosse un vantaggio per non confonderla con l’italiano stesso. L’ho imparato alle elementari come la maggior parte dei bambini italiani e ho continuato a studiarlo alle medie e al liceo, affiancando corsi pomeridiani per intensificarne lo studio scolastico limitato. Negli ultimi anni ho trovato un grande alleato in YouTube per ascoltare persone madrelingua inglesi che parlano della loro vita vera. Questo mi ha permesso di entrare nella realtà inglese pur rimanendo in Italia.


Il francese è arrivato in prima media. A quel tempo non amavo lo spagnolo (non lo aveva ancora osservato bene) e quindi scelsi il francese, lingua che trovavo alquanto musicale. Tre anni, anche se intensi e con validi risultati, non sono stati sufficienti a far sì che rimanesse in me, non continuandolo al liceo. Lo sto ora riscoprendo all’università.


Per quanto riguarda lo spagnolo, il discorso si fa più complesso e appassionante. Non l’ho mai studiato a scuola, ma durante il mio primo anno di liceo me ne sono innamorata guardando una serie tv argentina. Non volevo guardarla in italiano perché il doppiaggio, pur essendo un’arte, toglie molta veridicità alle storie che vengono raccontate e in più volevo sentire di star facendo qualcosa di utile. E così scoprii una delle lingue più belle al mondo. Capivo praticamente tutto, aiutata anche dal fatto che l’accento argentino è più semplice rispetto ad altri accenti del mondo ispano-americano. Si può dire, quindi, che io abbia imparato l’argentino con la sua pronuncia e il suo lessico. Mi sono follemente innamorata di questa lingua e non ho più smesso di scoprirla. La scorsa estate, l’estate del 2019, sono andata a studiare in Spagna, soprattutto per avere un primo approccio alla grammatica e costruire delle basi solide, e sono rimasta colpita dalle grandi differenze con l’argentino, ma pian piano ho imparato a calarmi nel mondo spagnolo di Spagna e questo mondo mi ha conquistata. Vivendo lì, anche se per poco, mi sono resa conto di quanto sia importante andare all’estero per imparare le lingue e cercare di parlare sempre in quella lingua senza ritornare all’italiano per tutto il periodo della permanenza nel Paese straniero.


Questo studio intenso delle lingue, che si intensificherà sempre di più, è arrivato così prepotente solo nell’ultimo periodo. Infatti, avendo frequentato il liceo classico, negli ultimi anni ho continuato a studiare l’inglese, ma nessun’altra lingua moderna. In compenso, mi sono dedicata al latino e al greco, due lingue che purtroppo si stanno mettendo sempre più da parte. Una delle ragioni è che non possiedono più la sfera orale (a meno che non si tratti di percorsi più specifici e di livello molto elevato). Sono addirittura definite “lingue morte”, quando invece sarebbe più corretto dire “eterne”.


Le lingue sono il mezzo di comunicazione più potente che ci sia, uno strumento fondamentale per entrare in contatto con gli altri in qualsiasi situazione ci si trovi, da un viaggio a un lavoro. Quello che si fa è uno sforzo per andare incontro a coloro che parlano una lingua diversa dalla nostra. È un modo per fare amicizia, per trovarsi in ambienti internazionali, per scoprire le altre culture. Un momento parliamo una lingua e quello successivo passiamo ad un’altra. È sorprendente come il nostro cervello ci consenta tutto questo e come arrivi addirittura a permetterci di pensare nella nostra quotidianità in un’altra lingua, di fare discorsi con noi stessi in un’altra lingua. È una delle cose che preferisco di più al mondo.