Quindi, se ho capito bene, da venticinque anni hai fatto tutto questo?
Sì, il primo pezzo è stato l’arrotino. E poi sai come sono queste cose, uno alla volta e siamo arrivati a tutto questo.
Quali altre esposizioni hai fatto? Immagino che questa non sia la prima.
No no assolutamente. Ormai sono 3 o 4 anni che allestisco il mio presepe qui a Garbatella grazie al comitato del quartiere. Poi durante il periodo delle feste spesso sono a casa di mia figlia, in Umbria dove sono nato. Un’esposizione molto importante sono riuscito a farla grazie a un’amicizia col parroco, quando già era diventato un presepe abbastanza grande, lì alla parrocchia di Santa Galla. Un parroco molto severo, non come quelli che ci sono adesso. Un giorno gli ho fatto la proposta del presepe e lui mi ha detto: “Non ti di dico subito di sì, perché se dico sì è sì davvero, non faccio false promesse”. Ha aspettato 2 giorni e mi ha richiamato subito. Ormai sono 12 anni che allestisco da loro, tant’è che l’ultima volta sono arrivato a circa 70 pezzi.
Che cosa hanno pensato i tuoi cari appena hanno visto il tuo primo pezzo?
Sono rimasti tutti sbalorditi! I miei nipoti che urlavano: “venite a vedere cosa ha fatto nonno!” Poi qualcuno lo voleva anche comprare, a mia nipote hanno proposto 150 euro, ma lei ha sempre risposto che era un’opera d’arte che ha fatto nonno per la propria famiglia. Poi da lì lo sai come vanno a finire queste cose. Si inizia con uno e si arriva a un presepe del genere. Poi io sono sempre stato una persona piuttosto pratica e manuale, quando sono arrivato a Roma infatti il primo lavoro che ho avuto era quello di riparare i televisori. Io non amo molto andare al centro anziani, cioè sì ci vado, ma non voglio rinchiudermi sempre e tutte le ore lì. Preferisco stare in cantina a volte. Lì ho il mio laboratorio, i miei strumenti. E passo il tempo a fare ‘ste cose. Piano piano visto che ho combinato?! Praticamente non c’entravo più in cantina per quanti pezzi c’erano.
Quanti pezzi hai fatto in totale?
Mi sembra una settantina di pezzi, qui ne abbiamo allestiti cinquanta.
Qual è il pezzo di cui vai più fiero?
Be’ sì, l’arrotino è comunque stato il primo, quindi sono particolarmente legato a questo. Soprattutto perché è quello che ha dato il via a tutto. Infatti io da quando allestisco non faccio un presepe senza metterlo, come se fosse un porta fortuna. Poi c’è anche questo con il telaio. Questo mi ricorda mia nonna, quando ero piccolo e le facevo compagnia mentre lei stava al telaio perché doveva fare il corredo a tutte e cinque le figlie. Santa donna! Che poi dal seme eh! E poi la battitura e il telaio. Me la ricordo ancora mentre metteva tutte le cose sull’arcolaio. Be’ diciamo che questi due mi hanno riportato in famiglia. Quindi ecco perché sono particolarmente legato a questi.
Hai mai dedicato un pezzo a qualcuno che non fosse della tua famiglia, invece?
Questa qui l’ho dedicata a un mio carissimo amico. Ama molto l’antiquariato, infatti spesso io gli riparo le cose che compra ai vari mercatini o su internet. Roba buona eh! Mica cianfrusaglie. Poi lui di mestiere fa il chirurgo, e gli ho regalato questa statuina quando mi sono fatto operare da lui per un’ernia. Soprattutto guarda la lampada, perché sono quelle vecchie che ormai non si usano più. Infatti anche lui l’ha presa a ridere perché non si capacita di come mi sia venuta in mente.
Dove prendi l’ispirazione? Non so ti ha mai ispirato qualcuno semplicemente per strada o cose così?
Sì, alla fine sì. Soprattutto nel quotidiano. Che ne so, in televisione, per strada. Cose così. Per esempio guarda questa, il salumiere. Quella l’ho dedicata a due sorelle che hanno la pizzicheria in un campeggio nel Gargano, dove vado io ogni estate da circa 20 anni. Siamo grandi amici, infatti ogni volta che vengono a Roma, perché hanno le sorelle qui, mi vengono a salutare, come se fossero parenti. Infatti guarda: “Gina e Maria” ho messo anche i nomi, perché volevo regalargliela. Ma hanno preferito che la mettessi nel presepe.
E la prossima?
Eh, che ne so. In realtà adesso le riparo o modifico quelle che ho già fatto. Ci vuole tanta pazienza e precisione soprattutto.
Diciamo che 92 anni non sono pochi, ci puoi raccontare qualche episodio della tua vita che per vari motivi hanno influenzato la persona che sei adesso?
Be’, ne vorrei raccontare soprattutto uno che per me è stato importantissimo. Soprattutto perché grazie a quello sono diventato nonno Dante oggi e posso divertirmi a fare i personaggi di questo presepe. Fino a quando ero giovane lavoravo in campagna con mio padre, poi lo sai com’era una volta, a un certo punto dovevi formare una famiglia, perché funzionava così. Infatti io mi sono sposato che avevo 24 anni. Io volevo dare una vita migliore a mia moglie e soprattutto costruire un futuro con lei. Quindi abbiamo deciso di trasferirci a Roma dato che tutti venivano qui per lavorare. Però c’era un problema, perché per lavorare qui dovevi avere il libretto del lavoro, per avere il libretto del lavoro a Roma dovevi avere la residenza e per avere la residenza bisognava avere lavoro o almeno avere un certo tipo di reddito. Altrimenti tutti potevano mettersi la residenza a Roma e prendere benefici, era anche giusto sì. Almeno prima c’erano più controlli. Sono venuto qui da alcuni parenti e ho iniziato a lavorare a Porta Portese, riparavo cose, biciclette, motorini, di tutto. Per arrangiarmi insomma. Un giorno volevo ritornare al paese per salutare i parenti. Parte il treno dalla stazione Termini, io ero dentro uno scompartimento dove un signore aveva occupato un sacco di spazio con cesti e altre valigie. A un certo punto entra una bella signora che chiede se può sedersi al posto occupato dall’altro signore con le sue cose. Glielo chiede più volte ma lui non risponde e nessuno le presta attenzione. Sai, sui treni una volta si chiacchierava molto, si urlava, poi i treni facevano un sacco di confusione. Poi io sono sempre una persona che ci tiene a ‘ste cose. Quindi le ho detto: “Signora! Si accomodi, tanto io scendo a Orte”. Lei mi racconta di lei, che veniva da Genova, era piena di bagagli e aveva corso per prendere il treno. Mentre eravamo in viaggio di fianco a noi ma verso l’altra direzione passa uno di quei treni moderni, una littorina, un pendolino, non mi ricordo come se chiamavano. Va be’, quei treni moderni per l’epoca. E uno dentro lo scompartimento dice: “quello è il treno dei papponi! Perché solo i ricchi lo prendono e non pagano mai il biglietto, invece noi siamo qui ammassati e lo paghiamo anche a loro il treno”. La signora allora indispettita gli risponde: “non è vero! Perché io sono la moglie del vice prefetto di Terni e quando mio marito non è in servizio e non si sposta per lavoro, lo paga eccome il treno!”. Non potevo crederci! Mi sono sentito offeso io per le parole del signore, soprattutto davanti a una signora di classe come lei. Allora le ho chiesto: “senta scusi, sa’ siamo una famiglia umile, viviamo in campagna in Umbria. Siamo cinque figli e sono anche sposetto. Non è che potrebbe aiutarmi in qualche modo a ottenere il libretto di lavoro a Roma? Visto che qui è molto complicato. Sai cosa mi ha risposto lei? Mi rispose: “non si preoccupi. Lei è stato davvero educato comunque, vedo quello che posso fare”. Qualche giorno dopo mi è arrivata una lettera a casa ed era lei che diceva che il marito aveva preso in carico la cosa e che vedeva quello che si poteva fare, anche se non era molto semplice. Dopo qualche settimana è arrivata un’altra lettera che diceva: vada al municipio per ritirare il libretto del lavoro. Questo mi ha fatto capire che restare umili ripaga sempre. Perché non sai mai chi puoi avere di fronte. Da quel giorno la mia vita è stata in completa evoluzione tant’è che ho fatto tantissimi lavori.
Nonno Dante