Se chiudo gli occhi sogno, ma sono sveglia
Care lettrici e cari lettori,
per l’ennesima volta sono davanti al monitor del mio pc in cerca delle parole giuste da usare. Ci sono un sacco di argomenti che vorrei trattare e innumerevoli sono le emozioni che vorrei riuscire a trasmettervi. Probabilmente a gestire ed esprime quest’ultime non sono mai stata davvero capace (o comunque non come mi piacerebbe esserlo). La sessione giugno/luglio si avvicina inarrestabile e, a ruota, la segue un’estate che spero ognuno di voi possa sfruttare al meglio.
È uno di quei momenti che inconsapevolmente mi costringe a tirare le somme di tutto ciò che ho fatto da un anno a questa parte. Nel caso non ve lo ricordaste, per me è quasi terminato il primo anno di Magistrale e vi confesso di aver vissuto dei momenti (belli e brutti) particolarmente intensi. Di quelli che ti permettono di scoprire lati del tuo carattere che non avresti mai immaginato di avere o che ti danno la conferma che “sì, questo posso farlo anche io”. Non tutto quello che mi succede posso affrontarlo da sola (idea a cui sto cercando di arrendermi) e per fortuna, anche qui a Roma, ho incontrato delle persone meravigliose, di quelle a cui ti affezioni in un battito di ciglia e che ci metti paurosamente poco a definire amici. In effetti se c’è un ambito in cui sono sempre stata particolarmente fortunata è proprio quello dell’amicizia.
In tale sede, però, vorrei ringraziare una persona in particolare: Ilaria. È stata lei ad introdurmi alla fantastica rubrica #Mondayabroad e ad essermi di supporto quando le parole da sole non volevano venir fuori. Poi è andata oltre e i suoi consigli e il suo sostegno hanno abbracciato dolcemente la mia vita privata. Quindi grazie Ila per avermi permesso di migliorare nella scrittura, per essermi stata accanto e per esserti fatta trovare quando ne avevo bisogno (anche al di fuori dell’UNINTBlog).
Chiedo scusa ai lettori più acidi e cinici se si sentiranno inutilmente cosparsi di miele e zucchero filato. Cercate di capirmi: questo è il mio ultimo pezzo prima di una lunga pausa estiva e non mi andava di intrattenervi con un’altra intervista o con uno dei miei viaggi. In fin dei conti abbiamo visitato moltissimi luoghi insieme: dall’esotico Vietnam alle incantevoli e fiabesche luci della Polonia, dalle frenetiche ed immense città di New York e Tokyo alle distese innevate e sperdute della Lapponia, dalle bianche spiagge del Messico al nostro limpido mare pugliese.
Dopo un tuffo così profondo nei miei e altrui ricordi, l’unica cosa di cui ho davvero voglia è continuare a sognare qualcos’altro: luoghi ancora da me inesplorati, lingue inascoltate, profumi e colori diversi. Trasportata dalla mia caratteristica irrequietezza che non mi permette di sentirmi mai permanentemente nel “posto giusto al momento giusto”. Quella necessità che ti spinge a scoprire continuamente qualcosa di nuovo, quella fame insaziabile di conoscenza. Quel desiderio di prendere un volo e partire, basta. Perché se adesso chiudo gli occhi mi scopro piccola di fronte alla maestosità del Perito Moreno, immagino di poter toccare con un dito le stelle del cielo africano, mi ritrovo sbalordita nella “Città rosa” di Petra, poi immersa nella barriera corallina o su una barca in mezzo al mare.
Se adesso chiudo gli occhi (ma anche se li tengo aperti) sogno incessantemente tutti i viaggi che potrei fare e che forse un giorno farò per davvero. Sogno di non appartenere ad un luogo soltanto, ma a tutti i posti in cui mi sento bene. Luis Sepulveda diceva “uno è del posto in cui si sente meglio” e io in giro per il mondo riprendo a respirare.
Giulia Giacomino