Il Ritorno del Donbass
Il 22 Luglio dello scorso anno è stato ufficialmente dichiarato il cessate il fuoco nel Donbass, la regione dell’Ucraina orientale che, dai tempi del crollo del Muro, è sempre stata il luogo di violenti scontri tra il governo di Kiev ed i gruppi di separatisti filo-russi supportati da Mosca. L’accordo ha segnato sicuramente uno dei momenti più ambiziosi della politica del Presidente Zelenskyi, il cui obbiettivo ultimo era proprio la fine degli attriti tra milizie ribelli e l’esercito ucraino. Ad oggi, il ceasefire non sembra essere mai stato rispettato propriamente da ambo le parti e la possibilità di un nuovo scontro sembra ormai dietro l’angolo. Nei giorni precedenti Zelenskyi ha denunciato agli alleati occidentali pericolosi ammassamenti di truppe russe sul confine con la Crimea; in risposta, Mosca ha affermato di disporre come meglio crede della propria porzione di territorio. Negli ultimi giorni, le due parti hanno raggiunto livelli di massima sopportazione e le questioni irrisolte iniziano a riemergere, rendendo l’equilibrio della regione sempre più precario. Mentre Kiev richiede un intervento della NATO al fine di controllare la regione sul mar Nero, il portavoce della presidenza Russa Peskov tuona che un eventuale coinvolgimento NATO possa soltanto ‘peggiorare la situazione’ di una già complicata guerra civile. Intanto, il 9 Aprile l’US Navy ha comunicato il dispiegamento di due navi da guerra che attraverseranno il Bosforo nella prossima settimana (sicuramente non una passeggiata primaverile).
A che cosa potrà portare tutto ciò? Alcuni parlano di una potenziale Terza guerra mondiale: in realtà, sentiamo parlare di possibili Terze guerre mondiali ormai da un paio di anni. La situazione tra Russia e Ucraina è sempre stata complessa e, da un punto di vista prettamente geopolitico, estremamente affascinante. L’apice della rivalità è stato sicuramente raggiunto nel 2014 con l’annessione della Crimea da parte di Mosca, al seguito della quale la relazione tra governo ucraino e separatisti si è maggiormente inasprita. La regione del Donbass è da sempre territorio di scontro: la popolazione dell’Ucraina orientale filo-russa si oppone alle scelte del governo e rivendica da tempo immemore la propria etnia di appartenenza. Un’occasione ghiotta per la Russia, un Paese estremamente ossessionato dall’esigenza di protezione dei propri confini: la vastità del proprio territorio, che di base tocca due continenti, e la mancanza di barriere ‘fisiche’ che possano proteggere le frontiere ha sempre tormentato profondamente le notti dei Presidenti russi. Non a caso nel continente europeo troviamo rocamboleschi baluardi di ‘protezione’, come la città di Kalilingrad o la Repubblica fantasma della Transnistria: territori ancora contesi e teatri di importanti missioni NATO.
L’Ucraina si inserisce all’interno di questo progetto come un possibile avamposto di difesa: proprio per questo motivo la Russia si diletta da sempre nel sostenere le aspirazioni separatiste del Donbass. La vicenda per altro riprende un po’ la trama dell’episodio dei Sudeti del ‘38: nel nome di un concetto di ‘unificazione etnica’, fornire supporto alle due Repubbliche Popolari di Donec’k e Luhans’k, guadagnando un’espansione territoriale tutt’altro che da disdegnare. Kiev, dal canto suo, continua a rispondere a tono ai separatisti e a voler rivendicare il torto subito nel 2014; tutto ciò condito dalla forte volontà di aderire al progetto NATO e di essere inglobata nel blocco Occidentale. Un progetto che dal 2008 non piace ai russi, i quali non accetteranno mai che un ex-satellite possa diventare parte integrante del blocco americano.
La situazione resta spinosa, soprattutto perché si tratta di un conflitto che ha il potenziale equivalente del vaso di Pandora. Per la prima volta dopo anni lo spettro di un possibile scontro incombe nuovamente sul continente europeo, rappresentando l’ennesima patata bollente per la stessa UE, che sta arrancando su più fronti. Dopo una campagna di approvvigionamento vaccinale alquanto difficoltosa, trovarsi a gestire una Russia che non ha paura di niente e di nessuno potrebbe rappresentare la prova del nove per un’UE che, ad oggi, ha molto da dimostrare.
Martina Noero