Il frutto del drago
Care lettrici e cari lettori,
l’altro giorno, durante una meravigliosa gita in montagna, stavo chiacchierando con un’amica che da poco è tornata da un lungo viaggio in Asia. Questa amica, che chiameremo Anna, è sempre stata molto avversa a mangiare frutta e verdura. Insomma, è rimasta a quella sorta di stadio infantile in cui ti rifiuti di mangiare tutto ciò che può vagamente sembrarti sano. Anna, però, è anche molto appassionata di fantasy: draghi, fate, maghi e folletti fanno parte del suo mondo fanciullesco. A ragione, vi chiederete in che modo queste informazioni possano interessarvi ed essere collegate tra loro. Ve lo spiego subito.
Durante il suo viaggio è stata ospitata da diverse famiglie che, con grande generosità, le hanno offerto quello che loro mangiano quotidianamente. Capirete che è davvero maleducato rifiutare qualcosa per una sorta di capriccio, quindi Anna si è dovuta adattare. Tra i cibi a lei proposti c’era anche il frutto del drago, altrimenti detto pitaya, che ha immediatamente attirato la sua attenzione.
Il frutto del drago, originario delle Ande e successivamente diffusosi in Asia, ha da sempre affascinato l’uomo per il suo colore e la sua forma. Ciò ha stimolato la creatività umana dando vita a diverse leggende. Infatti, sembra che in Cina non fosse considerato propriamente un frutto, quanto piuttosto un uovo formato dal respiro infuocato di un drago. Un’altra leggenda attribuisce alla pitaya poteri energetici: si credeva che i soldati ingerendolo diventassero ancora più forti e valorosi.
La pianta è caratterizzata da fiori bianchi che sbocciano di notte per poi seccarsi e cadere al suolo non appena sorto il sole. Per questo motivo un altro nome con cui è conosciuta la pitaya è “queen of the night”. Cresce negli stessi ambienti adatti alla coltivazione degli agrumi e può resistere anche a temperature che raggiungono i 3 gradi sottozero. Nelle stagioni più fortunate, questa pianta arriva a fruttificare anche 6 volte l’anno. L’esterno del frutto può essere di un colore rosa intenso, viola o giallo, talmente particolare che spesso viene impiegata a mero scopo ornamentale. L’interno, invece, ospita una polpa bianca con piccoli semi neri: se assaporato, come gusto e consistenza ricorda un mix tra kiwi e pera.
Sono certa che anche voi, come Anna, siate rimasti incuriositi dal frutto del drago! Semmai lo proverete, o magari lo avete già provato, fateci sapere se ha avuto qualche effetto particolarmente energetico. Chissà che non possa sostituire i banali magnesio e potassio.
Giulia Giacomino