#UNINTSIGHTSEEING: CASTEL GANDOLFO

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Tra il verde dei Castelli Romani sorge Castel Gandolfo adagiato sulle pendici del Lago Albano. Una residenza di proprietà pontificia da circa quattrocento anni, nonché il luogo in cui i papi passano tradizionalmente le ferie estive, Castel Gandolfo è uno degli ultimi resti dello Stato della Chiesa: l’unica altra residenza ufficiale fuori dal Vaticano è il Palazzo del Laterano, in piazza San Giovanni, a Roma. Prima dell’annessione di Roma al Regno d’Italia il papa abitava nel palazzo del Quirinale, dove ora c’è la residenza del presidente della Repubblica italiana. Castel Gandolfo (a volte scritto erroneamente Castelgandolfo) è un bellissimo comune di novemila abitanti sulle rive del lago Albano, a circa 25 chilometri dal centro di Roma, nella zona dei Castelli Romani.

Nell’area ci sono infatti i resti, scoperti solo negli anni Trenta, della grande residenza di campagna preferita dall’imperatore Domiziano, che regnò dall’81 al 96 dopo Cristo. Era un enorme insieme di costruzioni, su tre livelli scavati nel fianco di una collina, di cui facevano parte anche un circo, un santuario di Minerva e un teatro. Prima ancora, secondo alcuni, in quel luogo si trovava il centro della città di Albalonga: come ricorda l’Eneide, è quella città fondata da Ascanio, figlio di Enea, poi rasa al suolo dai romani nel settimo secolo avanti Cristo, nelle guerre dei re di Roma per il dominio sul Lazio.

Verso il 1200, nei pressi dell’antica villa imperiale romana si costruì il castello fortificato della famiglia genovese dei Gandolfi: Castrum Gandulphi, da cui prende il nome l’odierna Castel Gandolfo. La rocca era una fortezza quadrata posta al culmine della collina con alte mura merlate ed un piccolo cortile ancora esistente, circondata da un possente bastione che la rendeva pressoché inespugnabile. Dopo alcuni decenni, passò in proprietà dei Savelli che, con alterne vicende, la tennero per circa tre secoli.

Che cos’è?
Le Ville Pontificie di Castel Gandolfo sono un insieme di palazzi e giardini su un’area molto vasta appartenente al Vaticano stesso: circa 55 ettari, cioè 0,55 chilometri quadrati, più della Città del Vaticano nel centro di Roma. È una delle più grandi zone extraterritoriali della Santa Sede in Italia. Ne fanno parte il palazzo pontificio propriamente detto e tre ville storiche (Giardino del Moro, Villa Cybo e Villa Barberini), oltre a giardini, statue, fontane. All’interno dei palazzi ci sono diverse opere d’arte e una biblioteca di circa 22 mila volumi; nell’ala settentrionale del palazzo principale c’è anche la Specola Vaticana, ovvero l’osservatorio astronomico pontificio, che fu spostato a Castel Gandolfo da Roma – si trovava dietro la basilica di San Pietro – negli anni Venti, dato che le luci della città disturbavano troppo l’osservazione.

#PEOPLEOFUNINT:

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Molte persone che mi vedono qui pensano che ormai faccia parte del sistema universitario stesso, poiché sono sempre in Ateneo e amo vivere la vita universitaria: è un po’ come stare a casa mia. Adesso sono quasi alla fine del mio percorso magistrale in Interpretariato e Traduzione inglese e cinese.

Perché hai scelto di studiare le lingue?

All’inizio, nel 2014 ho provato un po’ di tutto: la scuola di preparazione ai test di medicina, per poi capire che quella non fosse la mia strada; poi ho fatto il test alla Sapienza per lingue orientali: volevo fare Giapponese, per me era una fissa. Faccio parte della generazione dei cartoni, dei manga giapponesi, ecco spiegato il mio desiderio di studiarlo. La scelta di iscrivermi a una facoltà linguistica nasce anche dal fatto che mia mamma è insegnante di inglese e in casa si è sempre respirato questo clima.

Avevo passato il test ed ero pronto a iscrivermi, quando mia madre mi ha parlato della UNINT e ho deciso di informarmi. Dopo aver prenotato un colloquio di orientamento per vedere l’ateneo e avere delucidazioni sul mio possibile percorso di studi,m ho deciso che questa era l’università fatta apposta per me nonostante non si studiasse il giapponese, ma solo il cinese. Poiché molti aspetti del giapponese derivano dal cinese, ho pensato che non sarebbe stato poi così male studiare la radice, la lingua da cui ha avuto origine, appunto il cinese.

Nel mio percorso universitario ci sono stati alti e bassi, ma la UNINT e il rapporto con i miei docenti mi ha fatto crescere molto. Quasi alla fine di questi 5 anni, mi sento un po’ Gulliver, un survivor se ci riferiamo allo studio della lingua cinese, che non cambierei per nulla al mondo.

Sei mai stato in Cina e quale aspetto ami della cultura cinese?

Sì, dopo la laurea triennale, nel 2017, ho trascorso 6 mesi in Cina, i più belli della mia vita. Ho incontrato un sacco di persone provenienti da ogni parte del mondo e con molte siamo diventati amici. I primi mesi di vita lì sono stati i più difficili. Quando però dovevo andar via, non avrei più voluto staccarmi da quella realtà. Però ho pesato alla mia istruzione, a quello che poi mi avrebbe permesso di inserirmi al meglio nel mondo lavorativo; ed ecco che ho deciso di proseguire con la magistrale qui alla UNINT. Della cultura cinese mi affascina il fatto che la Cina va scoperta. Ho avuto una forte cultura letteraria fantasy a partire da Tolkien, poi mi sono spostato verso l’esoterismo, verso le cose più assurde e diverse, e nella Cina ho ritrovato proprio questo. Qui vivono in modo diverso, hanno un senso del rispetto e dell’aiutare il prossimo diverso, ci si sente un po’ tutti parenti dell’altro. Amo la cucina cinese, la loro letteratura molto provocatoria, affiancata ad uno scrivere elegante e non scontato. Mi sono innamorato della Cina a 360 gradi, per la mia voglia di scoprire tutto ciò che è nuovo, diverso e particolare;  e lo  è sempre, pertanto ho questa voglia di continuare ad arricchirmi di questa cultura.   

Cosa farai dopo la laurea? Programmi per il futuro?

Nonostante il lavoro da interprete sia molto difficile, io non mollerò, anche se so che sarà dura: pian piano arriverò a conseguire il mio sogno, con la mia “cazzimma” che mi contraddistingue. Dopo la laurea però voglio subito ripartire per la Cina, voglio scoprire se effettivamente è un posto con cui ho voglia di averci a che fare, lavorare lì come insegnate di italiano perché no. Sento il bisogno di spostarmi verso altri luoghi e di parlare le lingue.

Massimo Carchedi

#PEOPLEOFUNINT:

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Mi chiamo Francesca. Sono nata in Italia e posso dire che la mia lingua madre é l’italiano. Nonostante questo, da sempre, le lingue sono state parte integrante della mia vita.
Sono figlia di italiani e anche la loro lingua è l’italiano. O almeno, per mio padre che ha sempre vissuto in Italia lo è stata, anche perché non ha avuto la possibilità di avvicinarsi ad altre lingue; nonostante ciò questo non gli ha impedito di viaggiare e entrare a contatto con altre culture. Invece, mia madre ha avuto la possibilità di vivere, da ragazza, per necessità lavorative dei suoi genitori, in Brasile. Questo gli ha permesso di imparare come seconda lingua, il portoghese. Purtroppo però, la conoscenza parziale e anche poco specifica del portoghese è arrivata a me solo più tardi e questa lingua non mi è stata parlata da bambina, esclusivamente qualche ninna nanna o canzone semplice che mi ha consentito, non di imparare le basi grammaticali, bensì di avvicinarmi a nuovi suoni.
Le lingue straniere mi hanno sempre affascinata , da che no ho memoria, anche l’italiano stesso che per me è sempre stato punto di riferimento perché mia lingua madre, ha sempre qualcosa di interessante e nuovo da scoprire.
Da bambina ho iniziato a parlare molto presto, ero molto loquace e nonostante la mia timidezza e introversione incombenti, alle persone che conoscevo e con cui mi sentivo a mio agio non davo un attimo di respiro con i miei discorsi e chiacchierate infantili.
Potrei definire l’italiano la lingua della mia infanzia ma, entra in gioco un altro elemento fondamentale: mio zio, fratello di mia madre, vive in Inghilterra da quando è un bambino. E cosa poteva fare una bambina curiosa e affascinata dal mondo se non voler imparare un nuovo modo di comunicare? L’inglese per questo è stata la seconda lingua che ho imparato, e fin da subito l’ho utilizzata non tanto per qualcosa di funzionale, ma piuttosto per un po’ di divertimento, perché dopotutto ero molto piccola.
Se penso alla mia infanzia penso alle parole come “cioccolata” e “aereo”, parole tanto semplici e quotidiane quanto, per una bambina piccola difficili da pronunciare. Ricordo le ore passate con mio nonno a fare giochi , o per così dire esercizi, di pronuncia delle mie parole preferite, di quei momenti ricordo tanto affetto e anche tanto divertimento.
Ma quando penso ad una me piccola ricordo, anche, vividamente di aver cantato “Happy Birthday Moon” fino all’ esaurimento dei miei genitori. Non so neanche cosa mi spingesse a cantare la canzone di auguri alla luna.Tuttavia ricordo le risate e gli sguardi divertiti che suscitavo negli adulti della mia famiglia che vedevano una bambina di tre o quattro anni che si impegnava in qualcosa di così apparentemente sciocco ma allo stesso tempo che la faceva ridere così tanto.
I miei genitori avendo notato il mio desiderio di conoscere l’inglese mi hanno dato la possibilità di studiarlo privatamente fin dall’asilo e io non gliene sarò mai abbastanza grata.
Essendo molto curiosa, appena ho imparato a leggere ho cominciato a divorare libri di qualsiasi genere, sia in italiano che in inglese. Il problema era che leggevo così tanto che ho finito presto i libri per ragazzi e ho iniziato a leggere libri per adulti quando già facevo il primo anno di scuole medie. Questo però ha implicato che mia madre dovesse attuare una censura perché alcuni argomenti non erano adatti ad una bambina ancora troppo piccola. Questo pero non mi ha impedito di appassionarmi alle parole più strane: ricordo che per molto tempo la mia parola preferita è stata il verbo ‘defenestrare”. Ricordo che amavo l’idea che qualcuno avesse trovato una parola che a me sembrava così raffinata per dire semplicemente “buttare giù dalla finestra”. O per esempio in inglese trovavo molto affascinante la parola “corpse” che pur significando cadavere per me aveva veramente un bel suono.
Alle scuole medie ho studiato lo spagnolo, ma date esperienze negative con gli insegnanti non sono appassionata più di tanto alla lingua in se, piuttosto alla cultura. E si unì al mio grande amore per la Gran Bretagna anche una grande ammirazione per il Sud America, soprattutto dopo aver letto “La casa degli spiriti” di Isabel Allende. Affascinata dal Sud America ho cominciato ad interessarmi al portoghese, parlato da mia madre,i miei nonni mio zio e sua moglie che è brasiliana.
Quando arrivo il momento di scegliere il liceo optai non per la scelta più ovvia quindi il linguistico, ma decisi di prendere il liceo classico, perché la mia curiosità non si limitava alle lingue moderne, conoscere il latino ma soprattutto il greco antico mi interessava molto.
Ed arrivando ad oggi non ho altro da dire se non che penso proprio di aver trovato la mia strada, studio con passione e interesse e la mia curiosità è sempre più grande, cresce ogni momento di più e a volte mi trovo a desiderare come quando ero bambina di poter parlare tutte le lingue del mondo, perché a mio parere conoscere più lingue è quasi come vivere più vite.

Francesca Merola

#CURIOSITÀDALMONDO: JUSTIN TRUDEAU

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Post da milioni di visualizzazioni, follower scatenati ed esperimenti su Snapchat. Il primo ministro del Canada, Justin Trudeau, è ormai l’indiscussa star del web. Una viralità rincorsa per la necessità, sempre più evidente tra i politici, di essere notiziabili 24 ore su 24.

Simpatico. Carismatico. Al primo posto tra i leader più sexy del mondo, secondo Vogue, e tra quelli più stilosi. Ma soprattutto: virale. Per Justin Trudeau, 43 anni, dal 5 novembre 2016 premier del Canada, ogni frase, parola o scatto è sinonimo di clic. Trudeau in posa con due cuccioli di panda. Trudeau che si dichiara «orgogliosamente femminista» o che fa campagna per il Gay Pride di Toronto. Trudeau che, compito e rilassato, spiega a una platea di giornalisti cosa sono e come funzionano i computer quantistici. È ormai un caso (anche) social. E se il termine «Trudeaumania» esiste dai tempi di suo padre, l’ex primo ministro Pierre Trudeau, icona di stile anni Settanta, celebre tra l’altro per aver avuto love story con Barbra Streisand, Margot Kidder e Kim Cattrall, per Justin la consacrazione è arrivata dal web.

Il New York Times ha parlato di lui come «digital star», «un leader impegnato a dimostrare di essere il miglior Justin al mondo dopo Bieber», ha scritto l’Independent.    

Maestro di snowboard, appassionato boxeur, Trudeau si è fatto fotografare mentre solleva il figlio con una mano sola o mentre si cimenta nella posizione del pavone, in bilico sulla sua scrivania. Una prova, quest’ultima, diventata virale anche grazie a centinaia di migliaia di persone che hanno provato a ripeterla nei loro uffici e poi postando i propri tentativi online.

#MONDAYABROAD: CURIOSITÀ DA SCOPRIRE SUL BELGIO

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Il Belgio è una nazione che presenta sia strange and fun facts che molte curiosità, tra cui Manneken Pis, la statua del ragazzo che urina. Eccone alcuni!

  • La rete stradale del Belgio è l’unica rete stradale visibile dalla luna a causa del numero di luci.
  • L’aeroporto di Bruxelles, Zaventem, vende annualmente tonnellate di cioccolato ed è il più grande punto di vendita di cioccolato al mondo, con una media di 1,6 kg di cioccolato venduti ogni minuto.
  • La città di Durbuy è la città più piccola del mondo, con una popolazione di circa 500 abitanti.
  • Sono ben tre le lingue ufficialmente parlate in Belgio. Anche per questo Bruxelles è soprannominata “Capitale d’Europa”! Difficile perciò arrivare in Belgio e… non riuscir a comunicare.
    Si parla fluentemente l’olandese a nord, il francese a sud e il tedesco a ovest. Conosciuto anche il vallone, un’antica lingua romanza da molti ancora parlata quasi dialetticamente (soprattutto ovviamente in Vallonia, regione a Sud del Belgio) e più che altro tramandata in famiglia, di generazione in generazione.
  • Più di 1000 varietà di birra sono fabbricate in Belgio; puoi bere una diversa varietà di birra ogni giorno per tre anni senza ripetizioni. Non sono solo le patatine fritte e il cioccolato ad esser famosi da queste parti. L’anno scorso l’UNESCO ha inserito la cultura belga della birra nella sua lista del “patrimonio culturale immateriale dell’umanità”. La produzione della birra in Belgio risale al XII secolo e oggi nel paese esistono circa 180 birrifici. Certo, magari ci sono altri paesi che, in termini di quantità, producono più birra, ma il Belgio è noto soprattutto per la grande varietà di tipologie di birra.
  • È importante ricordare che se la sede del Parlamento Europeo si trova a Strasburgo, la maggior parte delle attività delle commissioni parlamentari si svolge a Bruxelles. Per anni, infatti, il Belgio e la Francia si sono contrapposti sulla determinazione della sede ufficiale. È stato in occasione del consiglio europeo di Edimburgo, nel 1992, che è intervenuto un accordo politico, con cui il Belgio accettava che Strasburgo diventasse a termine la sede ufficiale, con dodici sessioni plenarie, a condizione che le altre attività politiche (riunioni delle commissioni, dei gruppi politici e plenarie supplementari) restassero a Bruxelles. Questo accordo è stato ufficialmente sancito dal trattato di Amsterdam (in vigore dal 1999).

#PEOPLEOFUNINT

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La scelta di approfondire lo studio delle lingue scaturisce da un legame con il Brasile. Sono entrata in contatto con la cultura brasiliana sin dall’età di 4 anni in quanto mio padre è originario di San Paolo del Brasile, dunque ho viaggiato tra l’America e l’Europa spessissimo. Mi ha sempre incuriosito tutto ciò che riguardasse la conoscenza delle varie culture nel mondo. Gli insegnamenti acquisiti dal liceo classico mi hanno permesso di venire a conoscenza dell’esistenza di un cosmopolitismo che fondasse le proprie radici nel mondo classico, assorbendo (da esso) l’idea che siamo “dei nani sulle spalle dei giganti” rapportandomi dunque ai classici sempre con curiosità e voglia di imparare.
Ritengo che lo studio delle lingue, e conseguentemente delle culture ad esse correlate, sia una sorta di trampolino di lancio per poter scambiare cultura e conoscenza con altri popoli di cui si studia la lingua, gli usi e i costumi, così da poter dare un contributo proprio (“cogito ergo sum” o il discorso sulla maieutica socratico) al mondo.
Ritengo infine che l’apertura mentale e la conoscenza di altre culture con le quali veniamo in contatto sia fondamentale per arginare l’indifferenza verso i problemi che affliggono le varie etnie nei loro paesi di origine e conseguentemente l’indifferenza culturale. Questo proposito si raggiunge rafforzando i rapporti tra i popoli così da evitare (possibilmente) guerre, poiché laddove c’è ignoranza e voglia di predominare l’uno sull’altro senza un dialogo e guidati dalla mera violenza, quello che si ottiene è proprio l’eliminazione di un popolo e conseguentemente la sua cultura.

È proprio la storia che ci insegna che tramite lo scambio e il contatto con nuove culture e popolazioni è possibile ampliare i propri confini economici (come il commercio delle spezie, la Via della Seta nella storia) e sociali (istituzione degli organi dell’ONU come la FAO, la UNHCR per lottare contro la fame nel mondo, i crimini di guerra e promuovere gli aiuti umanitari). Infatti è grazie alla conoscenza delle culture e alla non indifferenza che si è arrivati all’istituzione di tali organi per garantire la pace tra i popoli che condividono con noi questo fantastico pianeta chiamato Terra.

Clara Leone

#CURIOSITÀ DAL MONDO: PUTIN MADE IN RUSSIA

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Il presidente Vladimir Putin da creatura immortale al mito di Vlad l’imperatore, comunemente noto come il Conte Dracula.

Lo sapevi che..?
Per i cospirazionisti non ci sono dubbi: Putin è immortale, o quanto meno è un viaggiatore temporale che serve da secoli la Grande Madre Russia. I sostenitori di questa tesi hanno lanciato la leggenda che Putin sia una creatura mitologica, immortale e onnipotente, che risiede sul pianeta Terra da secoli, forse millenni.
Ma, a quanto pare, ci sarebbe più di una teoria del complotto. Secondo un’altra teoria infatti, ugualmente bizzarra, Vladimir Putin sarebbe in realtà Vlad l’Impalatore, meglio noto come il Conte Dracula. Queste restano teorie tutt’ora non verificate.

Il presidente preferisce passare le sue brevi vacanze in modo attivo, per esempio nella selvaggia taiga siberiana, andando a pesca in laghi di montagna, discendendo in rafting impetuosi torrenti montani, facendo trekking e così via.
Inoltre gioca a hockey, e gli piace sciare e andare a cavallo.
Ad essere onesti, questo tipo di attività sono un bel grattacapo per gli uomini della sua sicurezza.


Ma non dimenticate che Putin è un maestro di judo e sambo, ed è stato più volte campione di Leningrado. E inoltre è cintura nera di karate, judo e taekwondo! Iniziò ad allenarsi nel sambo (un’arte marziale originaria dell’Unione Sovietica) all’età di 14 anni, prima di passare al judo, sport che continua a praticare tutt’oggi. Suona anche il pianoforte.

#MONDAYABROAD: 5 CURIOSITÀ SU BRIGHTON

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Melting pot di stili e culture, la cittadina affacciata sulla Manica attira ogni anno milioni di turisti. Forse perché, come dicevano i Queen, “qui c’è ancora un po’ di magia nell’aria”. Oggi vi parliamo di cinque curiosità da scoprire sulla residenza estiva sul mare scelta dalla famiglia reale alla fine del XVIII secolo, nell’East Sussex. Da città di pescatori a vivido centro culturale, universitario, artistico e capitale del mondo L.G.B.T., ecco alcune curiosità su Brighton!

  1. Brighton Pier, l’unico rimasto. È stato anche uno degli ultimi moli ad essere costruiti in Inghilterra. Venne realizzato su progetto di R. St. George Moore, che lo disegnò per servire da area di piacere e divertimento locale. Ah..State attenti se mangiate qualcosa mentre siete lungo il molo! Potrebbe arrivare un attacco di gabbiani alla riscossa.
  2. Un Taj Mahal inglese. Brighton è sempre stata la meta turistica più ambita dai Londinesi, in particolare la  Regina Elisabetta, che trascorreva le sue vacanze estive al Royal Pavilion.
    Un palazzo che alcuni sostengono sia simile al Taj Mahal in India, esotico, orientaleggiante.
    Racchiude l’eccentricità britannica e le sinuosità cinesi con un’architettura indiana .
    Come studiavamo sui libri di scuola delle medie, fu costruito fra il XVII e il XIX per volere di Re Giorgio IV. 
  3. Bansky, all’asta il bacio dei poliziotti: venduto per 420mila euro. L’opera “Kissing coppers” è stata venduta alla Faam di Miami, la più importante casa d’aste della Florida. L’acquirente è anonimo. “Kissing coppers” è un fiore all’occhiello per la comunità di Brighton in Inghilterra che per 7 anni l’ha accolta su un muro accanto al pub Prince of Albert. Anche se molti vedevano quell’appassionato bacio tra due uomini in divisa come fumo negli occhi, il murale era comunque diventato una sorta di attrazione turistica. Negli anni, tuttavia, l’opera ha subito anche dei danneggiamenti, cosa che nel 2008, ha convinto il proprietario del pub a venderla ad una galleria newyorkese. Il bacio è stato così trasferito su tela e al suo posto è stato collocato un fac simile, suscitando molte critiche. In generale però graffiti di vario genere si trovano in tutta la città.
  4. Un luogo affascinante dove il vento la fa da padrone, in un paesaggio che più verde non si può: Seven Sisters. Bellissime e maestose, a pochi chilometri da Brighton, sono sette scogliere di gesso che occupano una superficie di 280 ettari, a picco sul mare. Lo sapevi che spesso sono state utilizzate in alcuni film, al posto delle note scogliere di Dover perché molto più bianche e più alte?
  5. Negozi da perderci la testa! Qui a Brighton potrete trovare questo negozio, Choccywoccydoodah, il cui nome è davvero un rompicapo . È sia un negozio che un bar. Choccywoccydoodah è un paradiso per gli amanti del cioccolato ed è situato nel quartiere dei South Lanes. Le sue incredibili vetrine vengono regolarmente aggiornate per adattarsi alla stagione o alla festività del momento e le sue cioccolate calde e le torte al cioccolato sono le migliori della città. Recentemente choccywoccydoodah è comparso in un programma televisivo, diventando così un simbolo della città: è sempre un tesoro ma non più così nascosto.